Geoanalisi

Immagine: Lars Englund
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da CLÁUDIO LUIZ ZANOTELLI*

Commento al libro recentemente pubblicato di Roberto Garcia Simões.

Proponiamo che, ispirandoci a Deleuze e Guattari in mille altipiani, questo libro può essere letto con una qualsiasi delle diverse combinazioni di scala e piattaforma, che possono essere lette indipendentemente. Questo perché il libro non ha capitoli, poiché i capitoli rimandano alla “capitale” anche ciò che viene prima, ciò che gerarchizza, subordina.

Il libro non si basa sulla dialettica, sull'idea di trascendenza, di unità superiore, di evoluzione gerarchica del pensiero che inizierebbe con una struttura ben definita e che passando per capitoli terminerebbe in una conclusione apoteosi; si tratta piuttosto di un lavoro artigianale, che lascia lungo il percorso le impalcature delle sue costruzioni, alcune aporie, i segni dell'elaborazione della scrittura, gli indecidibili, poiché lo scopo non è quello di produrre una tesi, ma molteplici tesi e molteplici mondi concettuali , ingressi molteplici, con lampi e illuminazioni improvvise che ci avvicinano ad aforismi, genealogie o geologie delle morali e dei mondi e della Terra.

Tuttavia, in premessa, vi consiglio di leggere prima l'Ambulo della tesi, dove c'è, come scrive l'autore, “[…] un girovagare con qualche scrittura, scritto in preda alla tesi, e perciò il "pre" viene cancellato. Si vola attraverso temi, concetti, (in)incontri che ritornano nella confezione della tesi o delineano contorni per le successive valutazioni di questa ambulanza”.

I lettori avranno capito che siamo di fronte a una nuova forma di libro, che cerca, in modo immanente, di incollare il suo contenuto con la sua forma, cioè all'improvviso ci troviamo di fronte a un pensiero che rompe con la gerarchia e la rappresentazione, oltre a cancellare l'opposizione delle idee profonde in relazione alle idee superficiali. Si cerca, inoltre, di superare la divisione fittizia tra quadro teorico, da un lato, e studio empirico, dall’altro. Ciò rende la scrittura un evento, una creazione. L’atto di scrivere-pensare-in-processo è già un modo di problematizzare il pensiero e la forma canonica di un libro – o di una tesi. Un'opera eccezionale quindi per la sua forma espressiva e per il suo contenuto.

Roberto Garcia Simões ci invita in un viaggio attraverso scale e piattaforme e le loro molteplici linee e derive attraverso territori, spazi e tempi. Più precisamente, interroga, sulla base della geoanalisi di Gilles Deleuze e Félix Guattari, fagocitati e trasformati in un esercizio antropofagico, concetti canonici della geografia.

Tra gli altri temi, mette in discussione le gerarchie del e nel pensiero, nonché le gerarchie sociali. In relazione alle scale, indica che il termine ha un'etimologia basata sulla parola “scala”, che si riferisce alla verticalità, alla gerarchia, e che, spesso, con l'utilizzo di diverse forme del concetto di scala, anche quelle più critiche , reitera se uno Stato-pensiero, un pensiero generato dall'immagine dello Stato-pensiero. Quando si crede che con le “riprogrammazioni”, con le “trans(inter)scalarità”, ecc., si sta producendo qualcosa che tenta di tenere conto della complessità del mondo, delle categorie di pensiero pensate dallo Stato, che generano delle gerarchie, della trascendenza.

Ma “ci sarebbe allora bisogno di 'senza scala'?”, si chiede l'autore. Dirà “no”; piuttosto, pensare con “cento scale” o con mille piattaforme e altipiani, cioè con la molteplicità di voci scalari non gerarchiche, non significa, in effetti, ricostruire nuove opposizioni, nuove dualità.

Il libro è un contributo sui generis, per la critica sistematica della pretesa dominante nell'ordine del pensiero della totalità, di ciò che, prima ancora di costruire la propria problematica, elimina già la possibilità di pensare, che prestruttura la forma dell'universo e del mondo e che costruisce cerchi , scale, reggitori e regole, che imprigionano il pensiero.

L’opera cerca piuttosto – seguendo l’esempio di Deleuze e Guattari, filosofi ai quali, tra una folla mormorante di altri pensatori, Roberto Garcia Simões affida la sua avventura di navigare in mari calmi e turbolenti –, a pensare agli strati e agli assemblaggi come “complessi di linee” in rizoma che tracciano un piano che non ha più dimensioni di quelle che lo percorrono, volti disegnati sulla sabbia della spiaggia che scompaiono con l'andirivieni delle onde. Così, la molteplicità che queste linee attraversano non è più subordinata all'Uno, costituendo molteplicità di masse e non più di classi, nomadi e non normali, molteplicità di divenire e non più di relazioni ordinate.

Ma non c'è processus un'opposizione di un albero, un'arborescenza gerarchica, di scala, per esempio, necessariamente con la radice, con il rizoma, con l'assenza di squame del caos, poiché dagli alberi emergono innumerevoli connettori, filamenti sotterranei o aerei che li collegano, costituendo un elemento variabile e rete multipla.

Si tratta quindi di delineare un piano di coerenza o composizione tra elementi intensivi di affetti, percetti e concetti più che un piano di organizzazione e sviluppo (forma e sostanza).

Il libro e la tesi da cui trae origine sono una macchina da guerra astratto-concreta composta da materie informi e funzioni non formali che determinano le singolarità, che sono i diversi aspetti degli altipiani/piattaforme che designano un certo stato di riflessione. Questa macchina da guerra concettuale cerca, attraverso i flussi che scorrono sulla superficie di altipiani e piattaforme con intensità diverse, di costruire una geografia del pensiero e una logica del pensiero che, dalle profondità senza fondo del pensiero, interroga l'organizzazione dell'universale, il Uno, quello globale, della dualità, della trascendenza di concetti come scala, spazio e territorio in estensione.

Giunto, provvisoriamente, in un porto in mare aperto, in questo viaggio in cui i concetti sono protagonisti accanto a ciò che viene designato come reale, Roberto Simões si interroga proprio su T(t)erra e sui suoi spazi e territori, suggerendo un periodo in cui egli chiama “Terracene”, in cui “la combinazione di 'Una macchina da guerra che non aveva altro oggetto che la guerra' e un'altra rete distruttiva – una sorta di 'macchina distruttiva' sulla Terra – che genera il Terracene” è inquietante. Domanda: cosa fare? Come fare? Credi in un altro mondo? Come possiamo invocare una “nuova terra” che sia diversa dal Terracene o dal Capitalocene o dall’Antropocene in cui ci troviamo? Quali geoazioni?

L'autore risponde, attraverso la “produzione desiderante”, e, citando Deleuze e Guattari da mille altipiani, scrive: […] “la peggiore macchina da guerra del mondo ricostituisce uno spazio liscio, per circondare e racchiudere la terra. Ma la terra afferma i propri poteri di deterritorializzazione, le sue linee di fuga, i suoi spazi levigati che vivono e scavano la strada verso una nuova terra”. Oppure Simões cita la coppia di pensatori in Cos'è la filosofia?: “'Il divenire è sempre doppio, ed è questo doppio divenire che costituisce il popolo che verrà e la nuova terra', con 'deterritorializzazione e riterritorializzazione che si intersecano nel doppio divenire'”.

E poi, in relazione alle “fini” del pianeta Terra che si annunciano, con i cambiamenti climatici, l’inquinamento diffuso, la sesta grande estinzione delle specie, in mezzo ai discorsi apocalittici dominanti che, paradossalmente, stimolano una sorta di desiderio di distruzione e di morte – il che, tra l’altro, spiegherebbe la “cecità collettiva” di fronte alla disinibizione di fronte alla distruzione a cui assistiamo –, scrive Roberto Garcia Simões: “Scansionando le linee distruttive e mortali di fuga, le linee o maglie delle vie di fuga creative devono essere lanciati attraverso la generazione di spazi e tempi fluidi, il salvataggio e il recupero di quegli spazi distrutti, la difesa dei popoli che possono essere alleati nella nuova terra e nei nuovi popoli che verranno – e, il salvataggio di un slogan di Deleuze e Guattari (2011a, p. 48): 'Sii veloce, anche da fermo!'.

Questo libro è un'avventura rinvigorente. In tempi così disperati, apre lacune, crepe nel consenso ed è la rivelazione del pensiero in azione e un contributo unico al pensiero e all’azione ben oltre il bene e il male. È, in alternativa, un pensiero antifascista e antiautoritario, una ventata di vento fresco!

Claudio Luiz Zanotelli È professore di geografia presso l'Università Federale dell'Espírito Santo (UFES).

Riferimento

Roberto Garcia Simões. Geoanalisi: terrazzamenti e deterritorializzazione e spazi (-, e) tempi. Cento scale e mille piattaforme. San Paolo: Dialética, 2024. 460 pagine. [https://amzn.to/4668YTc]


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