handel nel vangelo

Immagine: Elyeser Szturm
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Di Walnice Nogueira Galvao*

Gospel è il canto religioso che predomina nelle chiese protestanti nere degli Stati Uniti. Come il jazz, creato da schiavi, viene dal profondo dell'anima oppressa che nel canto trova liberazione.

L'ultimo concerto della stagione 2018 di Osesp è stato spettacolare: nientemeno che il Messia di Handel trascritto nel vangelo.

Il direttore di Osesp, Marin Alsop, ha incaricato Bob Christianson e Gary Anderson di esibirsi, che hanno realizzato gli arrangiamenti orchestrali, strumentali e vocali. Hanno mantenuto le melodie, che rimangono riconoscibili, ma hanno profondamente alterato l'armonizzazione e i ritmi, aggiungendo altre dimensioni e sbocciando in uno swing irresistibile.

La messa corale è stata impressionante: il Coro Osesp si è aggiunto al Coro Accademico, superando le cento voci. I solisti, venuti dall'estero – tenore, soprano e contralto – erano specialisti di gospel e jazz, poiché la giocoleria vocale non è la stessa cosa del canto lirico. Chiunque abbia ascoltato il vangelo sa cos'è questo canto religioso ispirato, che predomina nelle chiese protestanti nere negli Stati Uniti. Come il jazz, creato da schiavi, viene dal profondo dell'anima oppressa che nel canto trova liberazione.

La regina del gospel, Mahalia Jackson, ha regnato per tutta la sua vita su adoratori e fan allo stesso modo, avendo scatenato la sua voce potente in occasioni che hanno risuonato: all'inaugurazione di John Kennedy; in marcia su Washington a favore dei diritti civili del suo popolo, quando Martin Luther King pronunciò il famoso discorso “Io ho un sogno”; e al funerale di questo leader.

Il gospel, anche se con esiti diversi, è legato al blues, che è un canto di banzo, di tristezza, di nostalgia. Il Vangelo, invece, è pieno di Spirito, pieno di energia, di persone che trovano gioia nell'esprimere il proprio dolore. In queste chiese, la crescente vibrazione del canto, che si impadronisce di tutti i fedeli, porta presto a danzare, anche in uno spazio sacro, ricordandoci di Davide, re e poeta, che cantava e danzava i salmi della propria creazione davanti all'altare dell'Altissimo...

Se non fosse per il canto e la danza canale privilegiato di espressione, induttore di trance ed estasi, comune ai rituali di tutti i popoli, compreso il Brasile – sia nei culti sacri degli orixás, sia in forme profane come la batucada, la scuola di samba e carnevale.

O Messia nel gospel contagiava i presenti, traducendosi in una forma di partecipazione diversa da quella statica e contemplativa dettata dal galateo nei concerti di musica classica. Nell'occasione la partecipazione richiedeva, dall'incitamento dei cantanti, che applaudissero ritmicamente e scoppiassero in applausi (cosa inaudita!) alla fine di ogni sequenza. Tale comportamento è in buona forma nell'opera, con ogni aria particolarmente ben eseguita, o nel balletto per salutare la perfezione di a passo a due. Ma non a un concerto sinfonico, dove è considerato un passo falso applaudire prima della fine.

Dal jazz non è mancato scat cantando, che Ella Fitzgerald o Louis Armstrong potrebbero improvvisare a perdita d'occhio (o sentire). Sono stati innestati anche alcuni assoli strumentali: pianoforte, sassofono, tromba. Ma la cosa più clamorosa è stata la batteria, che è durata diversi minuti, gli altri strumenti in silenzio, ricordando gli assoli storici del batterista Gene Krupa e tanti altri. O, più vicino a noi, quello che ci ha appena lasciato, il grande Naná Vasconcelos, otto volte eletto il più grande percussionista del mondo dal pessimistico e detentore di otto Grammy.

L'unico problema è che in Sala São Paulo non c'è visibilità da parte del pubblico. Nonostante la batteria si trovasse in seconda fila, quindi vicinissima, si è solo sentito il bellissimo assolo, nessuno ha potuto vedere nulla della bravura dell'esecutore. Dal pubblico potevo vedere i membri della messa corale, in piedi sul palco, che guardavano incantati il ​​batterista.

A parte l'entusiastica partecipazione del pubblico, c'era un embrione di danza nella ginga, nel linguaggio del corpo e nella gestualità dei cantanti solisti. Tutto ciò ha creato l'aspettativa che in qualsiasi momento lo Spirito avrebbe visitato il conclave attraverso i suoi fedeli, come nelle chiese protestanti nere dove il vangelo fa parte della liturgia. Oppure, come nel candomblé, il santo si abbassava...

Ed è stato vicino, perché la convergenza di tutti questi elementi con la bellissima musica di Handel è stata mozzafiato.

*Walnice Nogueira Galvao è Professore Emerito presso FFLCH-USP.

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