Herbert Marcuse in Israele

Immagine: Valentin Zaslavski
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da BRUNO FABRICIO ALCEBINO DA SILVA*

Marcuse riconobbe l’ingiustizia commessa contro la popolazione araba indigena durante la creazione dello Stato di Israele nel 1948

L’attuale inasprimento del conflitto tra Israele e Palestina, segnato dall’intensificarsi degli attacchi e del genocidio perpetrato da Israele, pone l’urgenza di rivisitare le riflessioni del filosofo Herbert Marcuse (1898-1979), membro della Scuola di Francoforte. In un contesto storico che risale ai decenni passati, il complesso rapporto tra queste due “nazioni” è fondamentale per comprendere le origini e le prospettive future di questo conflitto.

Herbert Marcuse, un marxista tedesco che affrontò l'esilio negli Stati Uniti a causa del regime nazista, costruì le sue opinioni su Israele e sul sionismo sulla base di una sensibilità politica forgiata nell'oppressione che, come ebreo, visse durante il periodo oscuro dell'Olocausto. Il rapporto di Herbert Marcuse con Israele è stato, quindi, permeato da una dimensione “emotiva” e “personale”, plasmata dalle cicatrici del passato.

Considerando la fondazione dello Stato d'Israele come una condizione per la soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, Herbert Marcuse riconobbe le ingiustizie inerenti alla creazione dello Stato ebraico. La sua prospettiva, espressa negli anni '1960 e '1970, riecheggiava il dilemma tra l'illegittimità storica della fondazione di Israele e la necessità pragmatica di garantire la sicurezza ebraica di fronte a un mondo ostile.

L'intervista rilasciata da Marcuse al giornale Il Jerusalem Post nel gennaio 1972, conservato in Archivio Marcuse di Francoforte, fornisce una finestra sulla profondità delle tue riflessioni. Tradotta in arabo, l’intervista suscitò un intenso dibattito, testimoniato dalle parole dell’allora sindaco di Nablus (1963-1969) [l’attuale Cisgiordania], Hamdi T. Kanaan: “Per quanto mi riguarda, vedo in te il prima personalità ebrea che ammette praticamente la grande ingiustizia commessa contro gli arabo-palestinesi con la creazione di Israele e che, allo stesso tempo, comprende pienamente e logicamente le circostanze presenti e future in cui Israele esiste ed esisterà in questa regione”.

Gli anni '1960 furono testimoni della Guerra dei Sei Giorni, un evento che innescò una riaffermazione del potere militare e politico di Israele nella regione. Herbert Marcuse, consapevole di questa dinamica, insisteva sulla necessità di diffondere la libertà senza adottare forme imperialiste. Nelle sue parole: “Solo un mondo arabo libero può coesistere con un Israele libero”. Questa visione, ancorata all'esperienza di oppressione sotto il nazismo, rifletteva la ricerca di Herbert Marcuse per una coesistenza pacifica tra Israele e i paesi arabi circostanti (MARCUSE, 1977).

Il filosofo proponeva la creazione di uno Stato nazionale palestinese accanto a Israele, considerandolo un passo essenziale verso la coesistenza. Tuttavia, cinquant’anni dopo le sue riflessioni, l’attuazione di questa soluzione resta sfuggente. La storia successiva è segnata da conflitti intermittenti, negoziati frustrati e da una persistente assenza di pace duratura.

Gli anni 2020, in particolare l’anno 2023, sono emersi come un punto di svolta in questo contesto storico. Il genocidio israeliano, iniziato in ottobre, ha riacceso le fiamme di un conflitto che sembrava non cedere ai precedenti tentativi di risoluzione. La superiorità militare di Israele, menzionata da Herbert Marcuse come un fattore che richiederebbe ulteriori responsabilità nella ricerca della coesistenza, si manifesta ora in modo ancora più pronunciato.

La storia funge da intricata narrazione di tensioni, aspirazioni e sfide. Il sogno di Herbert Marcuse di una “federazione socialista degli stati del Medio Oriente”, dove israeliani e palestinesi possano coesistere in condizioni di uguaglianza, rimane una visione lontana. Tuttavia, la sua visione rimane un appello attuale alla lotta per la sicurezza e la libertà in una regione segnata dalla volatilità storica. Secondo il filosofo, la coesistenza dei due popoli non può avvenire se una di queste due “nazioni” viene soppressa dall’altra (LAUDANI & JANSEN, 2004).

Dato lo scenario attuale, è imperativo che la prospettiva storica sia incorporata nell’analisi critica del conflitto israelo-palestinese. Comprendere le radici, gli sviluppi e i fallimenti nel tempo è essenziale per guidare i futuri tentativi di risoluzione. Le riflessioni di Herbert Marcuse, ancorate alla sua esperienza storica, offrono una bussola morale nella complessità di questo conflitto decennale. Le asimmetrie tra Israele e Palestina, in termini di potere militare, politico ed economico, si accentuano in questo contesto, sottolineando la necessità di approcci che considerino la giustizia storica e le disuguaglianze attuali.

La premonizione di Marcuse

L'anno 1971 rappresentò una pietra miliare nella vita di Herbert Marcuse, quando, invitato a tenere lezioni all'Università Ebraica di Gerusalemme, visitò Israele per la prima volta. Questo evento gli ha permesso di confrontarsi direttamente con la complessità della questione palestinese, dialogando con la popolazione locale, sia araba che israeliana. L'intervista risultante, pubblicata in Il Jerusalem Post il 2 gennaio 1972, aggiunge uno strato importante alle riflessioni di Herbert Marcuse.

In questa intervista, Herbert Marcuse riconosce l'ingiustizia commessa contro la popolazione araba indigena durante la creazione dello Stato d'Israele nel 1948. Sottolinea che la fondazione dello Stato ebraico ha comportato il trasferimento, in parte forzato, della popolazione palestinese. Inoltre, la popolazione araba rimasta in Israele si trovò relegata allo status economico e sociale di cittadini di seconda classe, nonostante i diritti formalmente riconosciuti.

L'analisi di Herbert Marcuse, basata su una prospettiva storica, evidenzia che le origini dello Stato di Israele non differiscono fondamentalmente dalla creazione di altri Stati nella storia, comportando conquiste, occupazioni e discriminazioni. Anche l’approvazione delle Nazioni Unite (ONU), pur ratificando di fatto la conquista, non ha cambiato l’essenza della situazione, poiché l’atto politico che ha portato alla creazione di Israele è stato sostenuto dalle grandi potenze dell’epoca.

Il filosofo ha affrontato come condizione preliminare la precarietà della soluzione militare e la necessità di un trattato di pace con la Repubblica Araba Unita [Egitto]. Ha proposto il ritiro delle forze israeliane dal Sinai e dalla Striscia di Gaza, con la creazione di una zona smilitarizzata sotto la protezione delle Nazioni Unite. Herbert Marcuse credeva che la potenza più forte, rappresentata da Israele, potesse fare importanti concessioni per raggiungere la pace.

Gerusalemme, con la sua profonda carica religiosa, fu individuata da Herbert Marcuse come un possibile ostacolo alla pace. Come alternativa propose l'internazionalizzazione della città, una volta riunificata. Il teorico vedeva anche la necessità di una “equa soluzione al problema dei rifugiati”, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite.

Herbert Marcuse ha affrontato due possibilità per affrontare il problema dei rifugiati: il ritorno in Israele di coloro che desiderano ritornare, limitato dalla trasformazione delle terre arabe in terre ebraiche; e la creazione di uno Stato nazionale palestinese accanto a Israele, decisa attraverso un plebiscito supervisionato dalle Nazioni Unite.

La questione centrale, secondo Herbert Marcuse, era se Israele, nella sua configurazione attuale e con la sua politica attuale, potesse raggiungere il suo obiettivo di esistere come società progressista con relazioni pacifiche con i suoi vicini. Il filosofo sosteneva che l’annessione della terra, qualunque fosse la forma, sarebbe stata una risposta negativa, trasformando Israele in una fortezza militare, diventando un ambiente ostile.

In breve, la visione di Herbert Marcuse, modellata dall'esperienza storica e dalla sua visita in Israele nel 1971, evidenzia la necessità di riconoscere le ingiustizie del passato, negoziare trattati di pace fondamentali e cercare un'autentica coesistenza tra israeliani e palestinesi. Le sue parole, sebbene pronunciate decenni fa, risuonano con forza nei tempi contemporanei, offrendo una guida preziosa per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese.

Bruno Fabricio Alcebino da Silva Si sta specializzando in Relazioni Internazionali presso l'Università Federale della ABC (UFABC).

Riferimenti


Laudani, R., & Jansen, P. E. (2004, 1 aprile). Marcuse, Il sionismo e gli ebrei. Le Monde Diplomatique Brasile. Disponibile in: https://diplomatique.org.br/marcuse-o-sionismo-e-os-judeus/

Le Monde Diplomatique. (2004, marzo). Un pensiero premonitore: Marcuse, Israël et les Juifs. Le Monde Diplomatique, P. 27. Disponibile presso: https://www.monde-diplomatique.fr/2004/03/MARCUSE/11079

MARCUSE, Erberto. La fine dell'utopia (1967), Francoforte a. M., Nuova critica, 1980.

MARCUSE, Erberto. Solo un mondo arabo libero può coesistere con un Israele libero, introduzione all'edizione ebraica di “L?Chayim, vol. IV, n° 2, 1977.


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