Umanesimo e diritto in tempo di pandemia

Rubens Gerchmann, La vita al lavoro, 1967.
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da JULIANA PAULA MAGALHÃES*

Nel capitalismo, con la costituzione e l'universalizzazione della forma merce, il legame tra sfruttati e sfruttatori acquista carattere giuridico.

Introduzione

Nell'attuale scenario di crisi e pandemia si pone la sfida di ragionare sul ruolo del diritto e dello Stato nell'affrontare le difficoltà che si presentano. In questo contesto, è consuetudine sottolineare l'importanza delle garanzie costituzionali a favore della salute pubblica e dei diritti sociali, nonché la necessità di una politica umanista che guidi l'azione degli agenti dello Stato.

Tuttavia, dalla piattaforma teorica marxista, è possibile verificare che diritto, Stato e capitalismo sono strutturalmente intrecciati. Pertanto, qualsiasi risultato in ambito legale, nonostante la relativa importanza che può avere, da un punto di vista immediato, non sarà sufficiente a promuovere un cambiamento strutturale nella società. Allo stesso modo, anche se ci sono progressi in termini di aiuto ai più bisognosi, attraverso le politiche statali, questo non è sufficiente, da solo, a sradicare la struttura che genera miseria, esclusione sociale e sfruttamento.

L'umanesimo borghese, basandosi sulla nozione astratta dell'uomo, proclamando gli ideali di libertà e di uguaglianza come inerenti alla condizione umana, nonché intendendo porre l'uomo come soggetto della storia, si lega indissolubilmente all'ideologia giuridica, che consente la riproduzione stessa del capitalismo. In questa prospettiva, l'essere umano si presenta come soggetto di diritto, a causa della propria condizione umana. Tuttavia, un tale quadro ideologico impedisce di comprendere il fatto che la soggettività giuridica è una specificità del modo di produzione capitalistico, che si basa sullo sfruttamento del lavoro salariato, attraverso la separazione del lavoratore dai mezzi di produzione.

La libertà, quindi, significa puramente la possibilità di contrattare liberamente, in un modo che consenta l'acquisto e la vendita di forza lavoro, e l'uguaglianza emerge come un attributo necessario per i contraenti. Pertanto, qualsiasi presunta politica umanistica, guidata da tali concezioni, è strutturalmente limitata, in quanto non attacca i fondamenti del capitalismo e, quindi, non è sufficiente a dare luogo alla costruzione di un'organizzazione sociale, in cui pratiche veramente umanitarie possano essere presente. .

Il capitalismo è segnato dalla costituzione della forma merce, proprio per il fatto che i rapporti di produzione vengono mercificati, a differenza di quanto avveniva nei modi di produzione precedenti. Da lì, c'è la costituzione della forma giuridica e della forma politica statale. Nella schiavitù antica e nel feudalesimo medievale, i lavoratori non avevano un rapporto contrattuale con i loro padroni e lo sfruttamento avveniva direttamente. È solo nel capitalismo, con la costituzione e l'universalizzazione della forma merce, che il legame tra sfruttati e sfruttatori acquista carattere giuridico. Allo stesso tempo, la forma politica statale si erige a garante degli scambi mercantili.

Karl Marx, nella sua opera matura, dipana i meccanismi di funzionamento della società capitalista, e altri pensatori marxisti, come Evguiéni Pachukanis e Louis Althusser, avanzano sulla via aperta da Marx, stabilendo, ciascuno a suo modo, la critica della forma diritto e l'ideologia giuridica ad esso collegata. Sulla base di questo quadro teorico fondamentale, nel nostro articolo cercheremo di analizzare la crisi attuale e le sue possibilità di superamento, dimostrando che il nostro orizzonte di lotte per la trasformazione sociale deve mirare oltre le forme sociali del capitalismo.

Umanesimo, diritto e capitalismo

Nella lettura proposta da Alysson Leandro Mascaro, il pensiero giuridico contemporaneo può essere suddiviso in tre principali direttrici: positivismo giuridico, positivismo non giuridico e critica.[I]

Il giuspositivismo, insomma, identifica il diritto al quadro normativo fissato dallo Stato, scomponendolo in aspetti rigorosi, eclettici ed etici. Il giuspositivismo rigoroso ha come principale esponente il giurista austriaco Hans Kelsen, sebbene abbia anche altri rappresentanti di spicco. Kelsen intendeva elaborare una pura teoria del diritto, dissociata da elementi sociali, politici e storici, in una prospettiva riduzionista e basata su una metodologia analitica.

Il giuspositivismo eclettico, invece, tiene conto di fattori e valori culturali, pur non perdendo di vista l'orizzonte normativo. A loro volta, i rappresentanti del giuspositivismo etico iniziano a integrare le questioni etiche nella comprensione del fenomeno giuridico e, per questo, tengono conto non solo del formato normativo, ma anche del substrato etico che ne costituisce il contenuto, anche se lo fanno non prendere le distanze dai quadranti del diritto positivo.

Il positivismo non giuridico avanza verso una comprensione del diritto che cerca di dipanare i rapporti di potere che lo sottendono e, pur non raggiungendo il sostrato materiale ultimo che lo determina, consente una comprensione più accurata del fenomeno giuridico, proprio perché non non ridurlo al quadro normativo. Vale anche la pena notare il fatto che alcuni pensatori in questo senso danno origine a una comprensione esistenziale del diritto. Il positivismo non giuridico è un campo molto molteplice, ricco di sfumature, in cui spiccano, ad esempio, giuristi come Carl Schmitt e Michel Villey, o filosofi come Martin Heidegger e Michel Foucault, tra gli altri.

Nonostante la raffinatezza teorica di molti pensatori che cadono sulla via del positivismo non giuridico, lo svelamento della complessità del fenomeno giuridico è possibile, nella sua interezza, solo attraverso l'orizzonte della critica. Tale è il percorso teorico del marxismo, che comprende diversi studiosi delle relazioni sociali, con conseguenze immediate per la comprensione del diritto e del suo intreccio con il modo di produzione capitalistico. A partire dallo stesso Karl Marx, una tale piattaforma teorica ha diversi pensatori, con il giurista russo Evguiéni Pachukanis come suo principale esponente, riguardo alla comprensione del diritto da una prospettiva marxista.

A partire dai fondamenti teorici posti da Marx nella sua critica dell'economia politica, Pachukanis stabilisce una critica della teoria generale del diritto tradizionalmente affermata, dimostrando la necessaria sovrapposizione tra diritto, Stato e capitalismo. Sebbene il fondamento di tale pensiero possa già essere trovato nell'opera di Marx, è Pachukanis che ne dà i contorni definitivi, approfondendo la dimostrazione che la forma giuridica è direttamente derivata dalla forma merce.

Pachukanis sottolinea che "il soggetto è l'atomo della teoria giuridica",[Ii] dunque, il nucleo del diritto, per il giurista russo, non risiede nella norma, ma nella soggettività giuridica che si costituisce a partire dalla forma-merce. In questo senso la forma giuridica, nella sua pienezza, è una specificità del capitalismo, in quanto strutturata a partire dai rapporti di produzione ad essa inerenti. Così, Pachukanis presenta la “comprensione della forma della legge come equivalente e riflesso della forma della merce”.[Iii] Il giurista russo è fedele al metodo di Marx, cercando di estrarre la comprensione del fenomeno giuridico dalla concretezza sociale presieduta dalla logica del capitale.

Sulla base della lettura pachukaniana, è possibile rilevare che il carattere distintivo del diritto nel capitalismo risiede proprio nella soggettività giuridica e che tale strutturazione ha zavorra nella materialità sociale. Si stabilisce, quindi, una rottura con le visioni idealizzate del fenomeno giuridico, dimostrando che il diritto è una forma sociale del capitalismo, che ne consente la riproduzione, in quanto, in questo modo di produzione, l'assoggettamento non avviene in modo sistematico. diretta, perché in essa gli individui sono “soggetti di diritto”.[Iv]

Anche lo Stato, per Pachukanis – e per altri teorici che avanzarono sulla via da esso aperta, a partire da Marx –, è ben lungi dall'avere come scopo il bene comune. Pachukanis sottolinea il ruolo dello Stato nella riproduzione del capitalismo, sottolineando il fatto che, in questo modo di produzione, una classe non esercita un dominio diretto sulle altre, poiché “l'apparato di coercizione statale non si costituisce come apparato privato di classe dominante, ma se ne distacca, assumendo la forma di un impersonale apparato di potere pubblico, separato dalla società”.[V]

Alysson Leandro Mascaro, sulla scia di Pachukanis e del derivazionismo,[Vi] sostiene che la forma politica statale deriva direttamente dalla forma merce e quindi specifica del capitalismo. Per quanto riguarda il rapporto tra forma giuridica e forma politica statale, il seguente stralcio è abbastanza illuminante: «Il nucleo della forma giuridica, il soggetto del diritto, non viene dallo Stato. La sua comparsa, storicamente, non è nel suo sigillo da parte dello Stato. La dinamica dell'emergere del soggetto di diritto è legata, necessaria e diretta, ai rapporti di produzione capitalistici. […] Lo Stato provvederà successivamente all'approvazione formale della condizione di soggetto di diritto, ma tale procedura è un ultimo accoppiamento tra forma giuridica e forma politica che mantiene, però, le sue specificità. Il circuito capitalista pienamente insediato opera una coniugazione del giuridico e del politico statale solo sul piano tecnico: le sue forme derivano, ciascuna, dalle stesse relazioni capitaliste, ma, nella gestione tecnica immediata, di diritto, la legge statale sarà inteso, aborrendo se stesso e perseguendo consuetudini o atti che si confrontano con le forme di riproduzione sociale imposte dallo Stato. Funzionalmente, le società capitaliste, durante le rivoluzioni borghesi, gestiscono lo Stato e la legge come se fossero lo stesso complesso. Ma questo processo, che è solo un processo di arrivo ea livello tecnico, non impedisce di vedere la lunga maturazione storica delle sue diverse formazioni. […] Non è sbagliato trovare uno stretto legame tra forma politica e forma giuridica, perché, infatti, nel processo storico contemporaneo, il diritto è plasmato dalle norme statali e lo Stato stesso è forgiato dagli istituti giuridici. Accade così che il legame tra forma politica e forma giuridica sia di conformazione, operando tra di esse una sorta di derivazione di secondo grado, a partire da un primo e necessario sfondo che deriva direttamente dalla forma-merce. Sono l'apparato statale già necessariamente esistente e le forme giuridiche socialmente annunciate che si incontrano per costituire poi un complesso fenomenico politico-giuridico”.[Vii]

Pertanto, la lettura marxista più avanzata del diritto sottolinea il fatto che il quadro normativo non è incarnato nel nucleo del fenomeno giuridico, in quanto la forma giuridica è un fatto materiale, imposto dalle relazioni sociali concrete. In questo contesto resta evidente la mancanza di primato della norma giuridica nel processo di strutturazione del diritto. Come afferma Mascaro: “Lo scambio delle merci e il lavoro reso merce sono i dati che danno forma alla forma-soggetto del diritto. La normatività statale opera su questa forma già data, conformandola».[Viii]

Sempre nell'ambito del marxismo, è possibile evidenziare la critica del filosofo francese Louis Althusser all'ideologia giuridica. Sulla base di una combinazione di marxismo e psicoanalisi, Althusser stabilisce una lettura sofisticata dell'ideologia, che, per lui, non appare come il risultato di un atto di volontà, ma opera nell'inconscio, costituendo le proprie soggettività, basate su pratiche materiali. ribadito. Il filosofo francese sottolinea l'esistenza di apparati statali ideologici, che operano principalmente attraverso l'ideologia, differenziandoli dagli apparati statali repressivi, che hanno come caratteristica fondamentale l'uso della forza. Althusser sottolinea che gli apparati ideologici dello Stato si diramano in diversi campi, come il sistema religioso, scolastico, sindacale, politico, culturale, giuridico, tra gli altri.

Per quanto riguarda il diritto, Althusser osserva che esso appartiene peculiarmente allo stesso tempo agli apparati statali ideologici e agli apparati statali repressivi. Sottolinea che l'ideologia giuridica è il risultato del capitalismo e ha un carattere essenziale per la riproduzione stessa di questo modo di produzione. Per Althusser, l'ideologia legale è il nucleo del quadro ideologico nel capitalismo. In questa prospettiva, la soggettività giuridica è precisamente il risultato di un processo di interpellanza, attraverso il quale gli individui si costituiscono come soggetti di diritto, come risultato della logica stessa del capitalismo.

Nelle parole di Étienne Balibar, uno dei principali discepoli di Althusser, “l'ideologia giuridica “prova” che l'ordine sociale non poggia sull'esistenza delle classi, ma proprio sugli individui ai quali la legge si rivolge”.[Ix] Su questo punto, l'althusseriana Nicole-Edith Thévenin chiarisce che “questa funzione mistificante dell'ideologia giuridica è necessaria per la riproduzione del modo di produzione capitalistico: mantiene gli individui in una rappresentazione isolata, nascondendo il processo congiunto del capitale”.[X]

È interessante notare che, nella lettura althusseriana, l'ideologia non risulta semplicemente da un processo di distorsione della realtà, ma ha una zavorra materiale. Di qui il fatto che l'ideologia del capitalismo è eminentemente legale, proprio perché è direttamente intrecciata con i rapporti di produzione capitalistici. Gli ideali borghesi di libertà e uguaglianza sono legati all'ideologia giuridica, cioè al bisogno materiale di soggetti giuridici liberi ed eguali per l'acquisto e la vendita di forza lavoro.

A proposito dell'ideologia giuridica, vale la pena sottolineare le seguenti osservazioni di Thévenin: “[...] se il diritto assicura il funzionamento e l'efficacia materiale dell'ideologia, si può dire che, in ultima analisi, le categorie del diritto costituiscono il fondamento dell'ideologia giuridica ideologia, ideologia borghese, quella giuridica struttura ideologia borghese, gli assicura la sua permanenza, che è la permanenza stessa dello Stato borghese.[Xi]

Althusser si affermò come critico della lettura umanista del marxismo, che postula l'esistenza di un umanesimo marxista. Il filosofo francese fa notare che Marx, nella sua opera matura, scopre un nuovo continente scientifico, il continente storico, con categorie e metodologie specifiche.[Xii]

Per Althusser il marxismo non si basa su un concetto generico di uomo o su una presunta essenza umana, ma su strutture materiali: “Famose erano le polemiche intorno all'umanesimo nel Partito Comunista Francese e anche al di fuori di esso su questo tema. nel mio libro Marxismo, umanesimo e diritto: Althusser e Garaudy Mi occupo dei dibattiti sull'umanesimo nell'ambito del marxismo e delle sue implicazioni per la comprensione del fenomeno giuridico. I difensori dell'idea che il marxismo è un umanesimo, come, ad esempio, Roger Garaudy, postulavano l'esistenza dell'alienazione attraverso il lavoro nel capitalismo, incarnata nella perdita della condizione propriamente umana degli individui, cosicché il socialismo significherebbe la possibilità di realizzazione di tutto l'uomo”.

La lettura umanistica del marxismo si basa sul Manoscritti del 1844. A sua volta, Althusser postula l'esistenza di una rottura epistemologica nell'opera di Marx, separandola in lavoro giovanile (1840-1844), lavoro di corte (1845), lavoro di maturazione (1845-1857) e lavoro di maturità (1857-1883).[Xiii] L'attenzione di Althusser è eminentemente sull'opera matura di Marx, in particolare su La capitale. Il filosofo francese sostiene che il marxismo è un antiumanesimo teorico, proprio perché i concetti fondanti del marxismo non hanno alcuna relazione con le concezioni umanistiche. Si esprime addirittura quando afferma che: “La rottura con ogni antropologia o con tutto l'umanesimo filosofico non è un dettaglio secondario: è costitutiva della scoperta scientifica di Marx”.[Xiv] Althusser osserva che Marx, nella sua maturità, abbandonò le costruzioni umanistiche e iniziò a lavorare con concetti scientifici, come merce, modo di produzione, forze produttive, rapporti di produzione, tra gli altri.

Per il campo del diritto, la rottura con la visione umanistica del marxismo è fondamentale, perché, nel postulare una scissione tra soggetto e oggetto, intesa come rapporto di proprietà, il socialismo è visto come un mero processo di estinzione della proprietà privata. Tuttavia, attraverso la critica althusseriana antiumanista, si raggiunge il nucleo della soggettività giuridica, dipanando le complessità della sua stessa costituzione.

Così, in una lettura combinata di Althusser e Pachukanis, basata sull'opera matura di Marx, si presenta la necessità di rompere con la struttura stessa che genera lo sfruttamento. Pertanto, un cambiamento meramente quantitativo in ambito legale è evidentemente insufficiente. È necessario introdurre un cambiamento qualitativo per smantellare gli stessi rapporti di produzione capitalista.

Pandemia, crisi e limiti dell'orizzonte giuridico

In tempi di crisi e pandemia come quelli attuali, il volto più oscuro del capitalismo si rivela solitamente, sia aprendo le disuguaglianze sociali, sia attraverso la possibilità – come sottolinea Pachukanis – della tendenza della borghesia a lasciare da parte la “maschera della stato di diritto”, a causa dell'“eccezionale aggravamento della lotta di classe”.[Xv] Tuttavia, va notato che lo scenario attuale non costituisce esattamente un'eccezione nel capitalismo, in quanto questo modo di produzione porta la crisi nella sua stessa struttura.

Su questo punto Mascaro chiarisce: “Le crisi del capitalismo non sono eccezionali per questo modo di produzione, ma piuttosto per le sue caratteristiche strutturali. In un regime di sfruttamento, composto da molteplici agenti della produzione e dello scambio, radicato nelle disuguaglianze reali e nelle lotte di classe e di gruppo, permeato da forme e istituzioni sociali necessarie e relativamente estranee all'interesse immediato degli agenti stessi, le contraddizioni sono molteplici, sia economicamente che politicamente. […] All'interno delle dinamiche capitaliste, i periodi di stabilità si rivelano solo come consolidamenti parziali della riproduzione sociale. I vari regimi di accumulazione capitalista non realizzano, con il proprio motore, una riproduzione infinita nei propri termini. Una legge di tendenza alla caduta del saggio di profitto porta l'agire economico – se ipoteticamente fosse preso senza controtendenze, cosa che non avviene nelle sue attuali radici storiche – a un continuo decadimento delle sue basi. I regimi di accumulazione, tuttavia, si stabiliscono intrecciati con modalità di regolazione che li sostengono, li riformano, li vincolano, li modificano o li minano. Né le modalità di regolazione sono dotate di stabilità o progettualità al di là dei loro vincoli o contingenze, in modo tale che non vi sia un accoppiamento perfetto tra il regime di accumulazione e la rete istituzionale che possa fungere da supporto. […] Se i regimi di accumulazione seguono una tendenza al loro vincolo economico, le modalità di regolazione si basano su una molteplicità di interessi, forze e relazioni sociali”.[Xvi]

Molto più che semplici dati biologici, la pandemia di COVID-19 è il risultato di una società basata sullo sfruttamento. Nei paesi capitalisti periferici, dove le contraddizioni sociali sono ancora più evidenti, è facile notare le difficoltà materiali per l'attuazione delle misure igienico-sanitarie e di isolamento sociale. Tuttavia, anche nei Paesi considerati “sviluppati”, come gli Stati Uniti, la pandemia ha colpito soprattutto gli individui più poveri.

È comune che valutazioni superficiali traggano conclusioni nel senso che tutto andava bene prima della pandemia e che il nuovo coronavirus è l'unica causa del caos che si sta verificando attualmente. Tuttavia, la comparsa di Sars-Cov-2 è ben lungi dall'essere l'unica responsabile di tutti i disordini e le morti degli ultimi tempi.

Va anche notato che l'emergere di nuovi virus è qualcosa di prevedibile dal punto di vista biologico e non è esattamente una situazione di anormalità, come affermato da Alysson Leandro Mascaro, sulla base della filosofia sanitaria di Georges Canguilhem: “Se avanzi oltre la visione della salute come media o normale, quindi la pandemia non è altro che una possibilità come altre per i corpi umani. È una malattia, in quanto diminuisce qualitativamente le possibilità vitali, grave ed estrema in termini di contagio e risvolti sociali, ma non è un'eccezione a una presunta normale regola di salute. L'attuale pandemia non si presenta filosoficamente, in medicina, come una situazione anomala”.[Xvii]

La crisi era già presente prima dell'avvento della pandemia e questo evento non ha fatto altro che potenziarne gli effetti. Inoltre, proprio le difficoltà imposte per il pieno rispetto delle misure sanitarie necessarie al contenimento della diffusione del virus hanno dato luogo alla sua diffusione e, conseguentemente, alla costituzione dello stato pandemico.

In generale, i critici della situazione attuale tendono a sottolineare la necessità di adottare una politica umanista e, quindi, misure legali per combattere i flagelli sociali che si presentano. Tuttavia, tale prospettiva è prigioniera dell'ideologia giuridica e non raggiunge le determinazioni strutturali della realtà odierna.[Xviii]

I mali dell'attuale crisi e pandemia sono, in ultima analisi, generati dallo stesso modo di produzione capitalista, che, a sua volta, è strutturato in base a specifiche forme sociali. La forma giuridica e la politica statale derivano direttamente dalla forma merce, pertanto resta evidente che l'uscita definitiva da tale situazione non può avvenire da tali forme.

Molti anelano a un ritorno alla cosiddetta normalità, dimenticando che la norma del capitalismo è lo sfruttamento e la disuguaglianza. Prima dell'attuale pandemia, i numeri globali di fame, miseria ed esclusione sociale erano già allarmanti. Inoltre, gli stessi rapporti di produzione nel capitalismo, segnati dalla separazione tra lavoratori e mezzi di produzione, vietano le possibilità di una piena emancipazione.

Il capitalismo è esplorativo nella sua stessa struttura, come sottolinea Jorge Grespan, quando si tratta di plusvalore o più valore – a seconda della traduzione –, sulla base dell'opera matura di Marx: “Il fatto che il valore della forza lavoro sia inferiore all'intera giornata è una “circostanza”, una “fortuna” per il capitalista, è una realtà creata dal sistema sociale e non dal capitalista come individuo. Il plusvalore non risulta da un atteggiamento immorale, per cui non c'è “ingiustizia nei confronti” del lavoratore. […] Indubbiamente, poiché il sistema è costituito sulla differenza tra lavoro “retribuito” e “non retribuito”, apre la possibilità alla pratica della sottoremunerazione – quando il salario effettivo è inferiore a quello che la forza lavoro dovrebbe ricevere per il suo mantenimento – e per immoralità di ogni tipo da parte dei capitalisti più avidi. Ma se così non fosse, se tutti gli individui fossero perfettamente morali, si estrarrebbe comunque plusvalore. La mancanza di scrupoli individuale può anche aumentare l'entità del surplus che un capitalista ottiene, ma lo otterrebbe anche se fosse scrupoloso. Marx sottolinea questo punto quanto basta per chiarire che una semplice riforma morale degli individui non altererebbe sostanzialmente il sistema sociale in cui vivono. Il sistema ha bisogno di essere completamente e profondamente cambiato. […] Il sistema in questione è quello della produzione di merci, in cui si sa ancora contenere non solo valore, ma plusvalore”.[Xix]

È innegabile che, in un contesto di crisi e pandemia come quello attuale, le misure a favore dei più bisognosi siano fondamentali, poiché, se non adottate, viene messa a rischio la stessa sopravvivenza degli individui. Tuttavia, è necessario rendersi conto che tali "benefici" scarsi e temporanei sono insufficienti e possono persino servire da pretesto per mantenere le persone dipendenti dalle briciole e incapaci di lottare per un'effettiva trasformazione sociale.

Nel caso brasiliano, ad esempio, abbiamo avuto l'emblematica concessione di aiuti d'urgenza, che è stata anche il risultato di molte pressioni sociali e, paradossalmente, ha finito per presentarsi come una risorsa politica dell'attuale governo. Ciò non fa che rafforzare la tesi secondo cui le misure meramente assistenziali sono sempre insufficienti, in quanto non aggrediscono le cause della povertà estrema.

Anche il discorso neoliberista del ministro Paulo Guedes si consolida in un'esca, poiché l'uscita definitiva dalla crisi non sta certo nelle tanto decantate privatizzazioni, che mirano solo a soddisfare gli interessi di determinati gruppi economici e del capitale straniero. A ciò si aggiunga il fatto che l'adozione di una tale politica – sebbene possa portare all'arricchimento di alcuni – rappresenterà l'approfondimento dell'abisso sociale tipico della società brasiliana, del capitalismo periferico.

Tuttavia, l'antidoto a questa situazione disastrosa non è nemmeno all'ordine del giorno proclamato da molti settori della sinistra, che ripongono le loro principali speranze nella legge e nello Stato. Nella situazione attuale, il discorso della sinistra è stato quasi completamente cooptato dall'ideologia giuridica e si muove solo al suo interno. Si difendono ardentemente il diritto, le istituzioni e la democrazia, dimenticando che anche da esse passa lo sfruttamento e le sue possibilità di perpetuazione.

Sebbene, nello scenario attuale, la lotta per il mantenimento dei servizi pubblici e dello stato di diritto democratico sia molto attuale, non si può perdere di vista la necessità di un cambiamento strutturale che possa incidere sugli stessi rapporti di produzione. Il crescente ritiro dei diritti del lavoro e sociali rivela la fragilità delle conquiste in campo legale, che sono le prime a crollare nei periodi di crisi acuta. Tuttavia, anche se tali diritti fossero stati preservati e persino ampliati, ciò non annullerebbe la natura sfruttatrice del capitalismo stesso, che li costituisce strutturalmente.

I maggiori mass media, a loro volta, in generale, oscillano tra la disapprovazione dell'”incitamento all'odio” propagato dal bolsonarismo e la vigorosa difesa di una sempre maggiore espansione dell'azione di governo guidata dalla piattaforma neoliberista. Parallelamente a ciò, l'estrema destra mostra la sua forza nei social network e in un gran numero di entità religiose e dei loro seguaci, evidenziando un crescente atteggiamento reazionario.

L'orrore del tempo presente è ben lungi dall'essere pienamente combattebile in termini di umanesimo e diritto. La prospettiva critica più avanzata indica la necessità imperativa di mobilitare le masse per un'azione concreta nel senso di una rottura con le forme sociali del capitalismo. Lo scopo delle lotte sociali più avanzate deve essere proprio quello di combattere la struttura sociale presieduta dalla merce. Se la lotta non si svolge in queste trincee, il massimo che otterranno le politiche di sinistra – se riusciranno a tornare al potere – sarà il “ghiaccio secco”.

Conclusione

Nel nostro testo, cerchiamo di portare un breve approccio all'attuale contesto di crisi e pandemia e di evidenziare i limiti dell'orizzonte legale per promuovere una trasformazione strutturale nella società. Affrontiamo il tema da una prospettiva marxista, con zavorra soprattutto in Louis Althusser, Evguiéni Pachukanis e Alysson Mascaro.

Diritto, Stato e capitalismo sono strutturalmente intrecciati, dato che forma giuridica e forma politica statale derivano direttamente dalla forma merce, la quale, a sua volta, si costituisce storicamente solo quando i rapporti di produzione diventano capitalistici, come osservava il giurista russo Evguiéni Pachukanis. La separazione tra lavoratori e mezzi di produzione li costringe a vendere la loro forza lavoro per sopravvivere. Nel capitalismo, i lavoratori perdono il controllo del processo produttivo, in un processo chiamato sussunzione reale del lavoro al capitale, e quindi l'apparizione della forma merce.

La soggettività giuridica, a sua volta, deriva direttamente dalla forma merce, in quanto, affinché i proprietari dei mezzi di produzione e i lavoratori, proprietari della forza lavoro, possano stipulare contratti e scambiare beni, è necessario che assumano la forma dei soggetti giuridici. . La forma politica statale è anche una specificità del capitalismo, in quanto è solo in questo modo di produzione che la figura dello Stato si presenta come entità terza, separata dalle classi e garante dei rapporti di produzione capitalistici.

Il filosofo francese Louis Althusser, in una combinazione di marxismo e psicoanalisi, sottolinea che l'ideologia opera nell'inconscio e costituisce le proprie soggettività dalle pratiche materiali. Pertanto, nel capitalismo, la soggettività è eminentemente legale, proprio perché questa risulta dai rapporti di produzione ad essa inerenti, cosicché il nucleo del quadro ideologico nel capitalismo è l'ideologia legale, che costituisce soggetti di diritto liberi ed eguali per gli scambi commerciali.

Il contributo di Althusser consiste anche nello studio degli apparati di Stato ideologici, che differiscono dagli apparati di Stato repressivi, in quanto operano principalmente attraverso l'ideologia. Il diritto, per Althusser, ha la particolarità di diffondersi in entrambi.

Il filosofo francese propone l'esistenza di una rottura epistemologica nell'opera di Marx, evidenziando il fatto che, nella sua maturità, Marx abbandona le concezioni umanistiche che hanno caratterizzato la sua opera giovanile. Per Althusser, l'umanesimo ha un carattere puramente ideologico, che interdice un'analisi concreta delle relazioni sociali, quindi il marxismo non è un umanesimo. Nella lettura althusseriana, gli ideali borghesi di libertà e uguaglianza si intrecciano necessariamente con il capitalismo, stabilendo un rapporto diretto tra umanesimo e ideologia giuridica.

In una lettura combinata di Althusser e Pachukanis, è possibile verificare che una trasformazione sociale strutturale deve avvenire al di là della legge e dello Stato, rompendo con l'ideologia giuridica. In questa prospettiva, l'orizzonte delle lotte deve essere il socialismo, che non può essere raggiunto attraverso pratiche meramente riformiste.

Il capitalismo è strutturalmente basato sullo sfruttamento e sulla crisi. Pertanto, lungi dal presentarsi come mere contingenze, le crisi sono inerenti a questo modo di produzione. Alysson Leandro Mascaro è uno dei pensatori marxisti che sviluppano le riflessioni più avanzate al riguardo e che sono servite da base per il nostro articolo.

La pandemia odierna va ben oltre un evento di origine meramente biologica, ma è il risultato della logica stessa del capitalismo, poiché la diffusione del nuovo coronavirus sarebbe facilmente contenuta se venissero rapidamente attuate misure sanitarie e di isolamento sociale. Nei paesi capitalisti periferici come il Brasile, dove le disuguaglianze sociali sono esacerbate, la situazione è ancora più catastrofica, culminando in migliaia di morti e un immenso sconvolgimento sociale ed economico.

La sinistra, in generale, è solita additare il neoliberismo come il problema centrale da combattere – quando raggiunge tale raffinatezza nell'analisi, poiché, in molti casi, abbraccia in parte l'agenda neoliberista –, non rendendosi conto che il problema centrale è proprio la modo di produzione capitalistico. Si tratta di una limitazione dell'orizzonte teorico e pratico che impedisce l'attuazione di una piattaforma d'azione effettivamente critica e trasformatrice che possa mobilitare le masse.

Pertanto, l'antidoto al caos del tempo presente non è nella difesa dei diritti umani, dell'ordine costituzionale democratico, del lavoro e dei diritti sociali e dei servizi pubblici. Sebbene queste linee guida siano di grande importanza dal punto di vista congiunturale, ciò che è fondamentale è la ricerca di un cambiamento strutturale nella nostra società, pena il perpetuarsi all'infinito di un circolo vizioso di sfruttamento, oppressione, dominio, crisi e miseria.

*Juliana Paula Magalhaes PhD in Filosofia e Teoria Generale del Diritto presso l'USP. Autore di Marxismo, umanesimo e diritto: Althusser e Garaudy (Ideias & Letras).

Originariamente pubblicato nel libro Dimensioni critiche della condizione pandemica: trasformazioni e percezioni, organizzato da Juliana Teixeira Esteves (Belo Horizonte: RTM, 2020).

Riferimenti


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BALIBAR, Etienne. Sulla dittatura del proletariato. Madrid: Siglo XXI, 1977.

GRESPAN, Jorge. Marx. San Paolo: Publifolha, 2008.

MAGALHÌES, Juliana Paula. Marxismo, umanesimo e diritto: Althusser e Garaudy. San Paolo: idee e lettere, 2018.

MAGALHÃES. Giuliana Paola. "Politica umanista?" Disponibile in: https://dpp.cce.myftpupload.com/politica-humanista/.

MASCARO, Alysson Leandro. Stato e forma politica. San Paolo: Boitempo, 2013.

MASCARO, Alysson Leandro. "Presentazione". Rivista della Rive Gauche, NO. 30. San Paolo: Boitempo, 2018.

MASCARO, Alysson Leandro. Filosofia del diritto. 7. ed. San Paolo: Atlas, 2019.

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PACHUKANIS, Evguiéni. Teoria generale del diritto e marxismo. Traduzione di Paula Vaz de Almeida. San Paolo: Boitempo, 2017.

THEVENIN, Nicole-Edith. Ideologia giuridica e ideologia borghese (ideologie e pratiche artistiche). Tradotto da Márcio Bilharinho Naves. In: NAVES, Márcio Bilharinho (Org.). La presenza di Althusser. Campinas: Istituto di Filosofia e Scienze Umane, 2010.

note:


[I] MASCARO, Alysson Leandro. Filosofia del diritto. 7. ed. San Paolo: Atlas, 2019, p. 271-278.

[Ii] PACHUKANIS, Evguiéni. Teoria generale del diritto e marxismo. Traduzione di Paula Vaz de Almeida. San Paolo: Boitempo, 2017, p. 117.

[Iii] MASCARO, Alysson Leandro. Filosofia del diritto. 7. ed. San Paolo: Atlas, 2019, p. 410.

[Iv] “Insisto sempre nel proporlo soggetto di diritto è solo e solo un altro modo di dire soggetto per legge.” (MASCARO, Alysson Leandro. Presentazione. Rivista Margem Esquerda, n. 30. São Paulo: Boitempo, 2018, p. 30).

[V] PACHUKANIS, Evguiéni. Teoria generale del diritto e marxismo. Traduzione di Paula Vaz de Almeida. San Paolo: Boitempo, 2017, p. 143.

[Vi] “Il dibattito sulla derivazione dello Stato nasce in Germania, negli anni '1970, durante la crisi dei welfare state europei. La riflessione di autori come Rudolf W. Müller, Christel Neusü, Elmar Altvater e, in particolare, Joachim Hirsch ha cercato di superare la tradizione marxista sullo Stato derivato dallo stalinismo o, al contrario, di evidenziare i limiti della politica economica interventista e opinioni politiche come i keynesiani. Questo dibattito, con una varietà di dispute teoriche e controversie, si è allargato fin dall'inizio al Regno Unito, sulla base del pensiero di Bob Jessop, John Holloway e Sol Picciotto, tra gli altri. […] La comprensione della forma politica dello stato come derivata dalla forma merce è in linea con la più radicale tradizione marxista di comprensione del diritto, che ha il suo punto nodale in Pachukanis. Lo stesso processo di derivazione avviene tra la forma della soggettività giuridica e la forma merce. In tale materialità fondante delle forme sociali, le letture idealistiche – lo Stato come bene comune, il diritto come giustizia o ordine – si allontanano in modo tale che la natura capitalistica della forma politica statale e del diritto rimane palese. Derivate dalla stessa determinazione sociale da parte della merce, forma politica statale e forma della soggettività giuridica non possono essere confuse. Né lo Stato crea la legge né il contrario, in contrasto con il giuspositivismo. La soggettività giuridica è materialmente dovuta alla circolazione delle persone e dei beni sotto il capitalismo. Lo Stato si erige a rapporto sociale che si distingue per la valorizzazione del valore stesso. Tra la forma politica dello Stato e la forma della soggettività giuridica, invece, c'è un processo di accoppiamento, di aggiustamento reciproco e di accomodamento. Derivate dalle stesse dinamiche sociali e dalle loro determinanti forme di base, tali forme sociali tendono ad essere implicate in seguito”. (MASCARO, Alysson Leandro. Philosophy of Law. 7th ed. São Paulo: Atlas, 2019, p. 511-513)

[Vii] MASCARO, Alysson Leandro. Stato e forma politica. San Paolo: Boitempo, 2013, p. 40-41

[Viii] MASCARO, Alysson Leandro. Stato e forma politica. San Paolo: Boitempo, 2013, p. 40-41

[Ix] Nell'originale: “Nell'originale: “l'ideologia giuridica, 'prueba' che l'ordine sociale non poggia sull'esistenza delle classi, ma proprio sugli individui ai quali è rivolto il diritto”. (BALIBAR, Étienne. Sobre la dictadura del proletariado. Madrid: Siglo XXI, 1977, p. 45.)

[X] THEVENIN, Nicole-Edith. Ideologia giuridica e ideologia borghese (ideologie e pratiche artistiche). Tradotto da Márcio Bilharinho Naves. In: NAVES, Márcio Bilharinho (Org.). La presenza di Althusser. Campinas: Istituto di Filosofia e Scienze Umane, 2010, p. 68.

[Xi] THEVENIN, Nicole-Edith. Ideologia giuridica e ideologia borghese (ideologie e pratiche artistiche). In: NAVES, Márcio Bilharinho (Org.). La presenza di Althusser. Campinas: Istituto di Filosofia e Scienze Umane, 2010, p. 70.

[Xii] ALTHUSSER, Luigi. Versa Marx. Parigi: La Découverte/Poche, 2005, p. 264.

[Xiii] ALTHUSSER, Luigi. Versa Marx. Parigi: La Découverte/Poche, 2005, p. 27.

[Xiv] Nell'originale: “La rupture avec toute toute anthropologie ou tout humanisme filosofico n'est pas un détail secondaire: elle fait un avec la découverte scientifique de Marx. (ALTHUSSER, Louis. Pour Marx. Paris: La Découverte/Poche, 2005, p. 234).

[Xv] PACHUKANIS, Evguiéni. Teoria generale del diritto e marxismo. Traduzione di Paula Vaz de Almeida. San Paolo: Boitempo, 2017, p. 151.

[Xvi] MASCARO, Alysson Leandro. Stato e forma politica. San Paolo: Boitempo, 2013, p. 125-126.

[Xvii] MASCARO, Alysson Leandro. Politica e diritto nella pandemia. In: WARDE, Walfrido; VALIM, Raffaello. Le conseguenze del COVID-19 nella legge brasiliana, edizione digitale.

[Xviii] MAGALHÃES. Giuliana Paola. Politica umanistica? Disponibile in: https://dpp.cce.myftpupload.com/politica-humanista/. Accesso a: 03 set. 2020.

[Xix] GRESPAN, Jorge. Marx. San Paolo: Publifolha, 2008, p. 30-31.

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