da RENATO ORTIZ*
Qualcuno senza ombra si sarebbe liberato dalle tentazioni oscure, dalla macchia che ci corrompe, non sarebbe più necessario indossare la maschera che ci distorce di fronte allo sguardo compiacente degli altri, camuffando chi siamo veramente
La prima volta che se ne accorse fu quando il sole era alto; Si fermò immobile al centro del giardino, senza muovere un muscolo, e quando guardò a terra rimase estasiato nel rendersi conto che non c'era ombra. Fu sopraffatto da un sentimento di gioia e di piacere, un caldo sentimento di completezza lo invase. Non mi ero mai risentito per nulla del genere. Il sole era allo zenit e formava una linea retta perpendicolare alla sua testa, la luce proiettata sul suo corpo opaco veniva assorbita dall'erba ai suoi piedi.
Lasciò le braccia incollate al corpo e dondolò le gambe da una parte all'altra, il movimento non alterò minimamente il suo stupore, l'ombra rimase nascosta. Da allora la sua vita cambiò, ogni giorno alla stessa ora camminava in giardino aspettando la luce, pensava di aver scoperto il respiro per la sua vita banale. Tuttavia i suoi inutili sforzi non servirono a nulla, i vari tentativi di allinearsi ai raggi solari risultarono frustranti; L'orbita della stella si era inclinata leggermente, abbastanza però da illuminare le ombre della sua esistenza sulla terra.
Lo zenit desiderato era un punto fuggitivo sulla sfera celeste. Un profondo mare di malinconia si impadronì di lui, nulla riempiva il vuoto del suo essere spezzato. Passarono mesi di tristezza e desolazione senza che lui riuscisse a ritrovare se stesso. Fu allora che si imbatté in qualcosa di sorprendente quando accese la lampada sulla scrivania. Da tempo desideravo mettere in ordine i fogli di carta sparsi, i libri disordinati ammucchiati uno sull'altro e quel dizionario enorme e scomodo che avevo ricevuto in regalo e non avevo mai consultato.
Quando guardò l'ombra della sua mano proiettata sul muro, si rese conto che era mutilata. Ha ripetuto più volte il gesto; posizionandolo davanti alla fonte luminosa, l'ombra appariva chiara, scura, ma il contorno scarabocchiato sullo schermo rivelava l'assenza di un dito. Mancava l'indicatore. Sorpreso e felice, rimase lì per ore.
Cominciò allora a frequentare regolarmente l'ufficio, non dipendeva più dalle infedeltà del sole. Durante il giorno aspettavo con ansia la notte; Nel buio della stanza il fascio di luce era intenso, allontanando da sé la parte amputata. Rituale, senza perdere un solo giorno, ripeteva l'esperienza che lo aveva incantato. Dopo diversi mesi qualcosa è cambiato, un altro dito è scomparso. Stordito, si rese conto che a poco a poco anche il resto del suo corpo conosceva un destino simile; Si tolse i vestiti e si sistemò nudo tra il percorso della luce e il muro. Tutto era scomparso.
Adesso poteva passeggiare per la casa e il giardino senza il disagio che lo tormentava; Anche durante il giorno il suo lato oscuro se n'era andato, niente oscurava la sua vera presenza. Tuttavia lo stupore si accompagnava ad inquietudine, era invaso da una stanchezza persistente e languida, una debolezza morbosa lo avvolgeva. Fece appena pochi passi e la stanchezza lo consumò, inciampò e perse l'equilibrio e si sedette per riposare. Si accorse però, quando rimase immobile, che il suo umore ritornava, l'immobilità gli restituiva la sua energia stagnante.
Da allora in poi si spostò il meno possibile, trascorrendo la giornata in riposo, lontano dalle frivolezze della vita. L'inerzia e la solitudine divennero compagne inseparabili. Sapeva che gli psicologi chiamano ombra la regione dell'inconscio in cui si annidano desideri dannosi e inconfessati; Lì erano nascoste le emozioni e le sensazioni represse dell'Io. Prendere coscienza di questa condizione di imperfezione sarebbe la strada verso il superamento, verso l'affermazione personale.
Qualcuno senza ombra si sarebbe liberato dalle tentazioni oscure, dalla macchia che ci corrompe, non sarebbe più necessario indossare la maschera che ci distorce di fronte allo sguardo compiacente degli altri, camuffando chi siamo veramente. L’interno e l’esterno condividerebbero le stesse virtù. Soddisfatto, pose la sedia a dondolo in giardino, il sole era alto, e godette della tranquillità dell'Essere, eppure aveva ritrovato la sua essenza: divenne prigioniero di se stesso.
* Renato Ortiz È professore presso il Dipartimento di Sociologia di Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di L'universo del lusso (Alameda). [https://amzn.to/3XopStv]
Originariamente pubblicato su Blog BVPS.
la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE