Incitamento al mancato rispetto dei diritti sociali

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da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*

La questione del lavoro ha da tempo cessato di essere un argomento giuridico nelle dichiarazioni dei ministri del Tribunale federale.

Le posizioni adottate dalla maggioranza dei ministri della STF, in materia di lavoro, sono guidate da una comprensione della natura economica di tipo neoliberista che, come sappiamo, è contraria all’effettività dei diritti sociali e, anche, un affronto al diritto sociale Progetto statale stabilito nella Costituzione federale.

Non esiste alcuna base giuridica per tali decisioni. Si tratta sempre di argomenti basati su un sentimento personale improntato all'adesione agli interessi del potere economico e alle offese contro i lavoratori, il Tribunale del Lavoro e il Pubblico Ministero del Lavoro.

La fragilità delle argomentazioni giuridiche delle decisioni emesse dalla Corte Suprema in materia di lavoro ha portato al proliferare di numerose critiche e ha addirittura preservato una posizione giudiziaria con ripetute posizioni in direzione opposta.

Forse per questo motivo, Luís Roberto Barroso e Alexandre de Moraes, cercando di dare una base alle posizioni assunte dai ministri della STF, hanno deciso di apportare nuovi elementi argomentativi al “problema”, ma, così facendo, sono riusciti solo a rendere la situazione peggiorò.

Hanno inaugurato la fase di incitamento al mancato rispetto dei diritti sociali.

Il 12 ottobre 2024, durante il II Esfera Internacional Forum, a Roma, in Italia, parlando con i rappresentanti del settore economico (Eugenio Mattar – Localiza); Daniele Vorcaro – Maestro del Banco; Flavio Cattaneo – ENEL; Roberto Azevêdo – Ambipar; Lucas Kallas – Cedro Participações; Alberto de Paoli – “Direttore Resto del Mondo Enel”; José Antonio Batista – Picpay; Fábio Coelho – Google; João Adibe – Cimed; Carlos Sanchez – Gruppo NC; Wesley Batista – Gruppo J&F; Rubens Menin – MRV, CNN Brasile e BancoInter; Il presidente della Corte Suprema Federale (STF) e del Consiglio Nazionale di Giustizia (CNJ), ministro Luís Roberto Barroso, ha affermato che le difficoltà che incontrano gli imprenditori in Brasile sono il risultato di “una legislazione sul lavoro complessa e spesso obsoleta”.

Senza dimostrare in modo specifico quale sarebbe tale complessità e, inoltre, dimenticando, sintomaticamente, che la legislazione del lavoro ha subito negli ultimi tempi enormi cambiamenti, che hanno compreso, tra l’altro, il soddisfacimento delle esigenze del settore imprenditoriale, Luís Roberto Barroso è andato oltre e ha praticamente giustificato la commissione di illegalità da parte dei datori di lavoro, affermando che “la struttura giuridica rende difficile il rispetto delle regole”.

Per il ministro, se il datore di lavoro non rispetta la legge, la colpa è della legge. In tal modo, a ogni cittadino e a ogni azienda del Paese verrebbe riconosciuto il “diritto” di sospendere il rispetto della legge in considerazione soggettiva della sua “complessità”. Inoltre, ai giudici verrebbe data la prerogativa di non applicare una legge per motivi di “complessità” o “obsoletezza”, come, di fatto, i ministri della STF hanno fatto su questioni relative ai diritti dei lavoratori, e vale la pena ricordare che, per quanto riguarda la questione del lavoro, ciò che si “allontanano” non sono solo leggi, ma soprattutto norme integrate nella Costituzione federale nel Titolo dei diritti fondamentali.

E la cosa peggiore è che lo sostengono in nome della “sicurezza giuridica”!

Secondo Luís Roberto Barroso, la visione antiquata e arretrata che ancora persiste nei confronti degli imprenditori e della libera impresa in Brasile è ciò che danneggia lo sviluppo economico e l'innovazione, creando un ambiente di incertezza giuridica che scoraggia gli investimenti e limita la crescita del paese. Pertanto, è sufficiente dire che abbiamo in mente una visione non superata e non arretrata, affinché l'agente sia libero di smettere di applicare la legge e la Costituzione.

Inoltre, per attrarre investimenti e “promuovere lo sviluppo economico e l’innovazione”, il ministro offre esplicitamente “sicurezza giuridica” in caso di rottura del patto costituzionale stabilito sulla dignità umana; i valori sociali della libera impresa; la prevalenza dei diritti umani; la costruzione di una società libera, giusta e solidale; lo sradicamento della povertà e dell'emarginazione; ridurre le disuguaglianze sociali; promuovere il bene di tutti, senza pregiudizi basati su origine, razza, sesso, colore, età e ogni altra forma di discriminazione; la funzione sociale della proprietà; l'ordine sociale basato sul primato del lavoro, che ha come obiettivo il benessere sociale e la giustizia; dell’ordine economico basato sulla valorizzazione del lavoro umano, con l’obiettivo di assicurare a tutti un’esistenza dignitosa, nel rispetto dei dettami della giustizia sociale.

E in questa “missione” Luís Roberto Barroso non è stato solo. Era accompagnato, tra gli altri, dalle seguenti autorità: il presidente del Senato, Rodrigo Pacheco (PSD-MG); il presidente della Corte dei conti federale, Bruno Dantas; il ministro della STF, Dias Toffoli; il Procuratore Generale della Repubblica, Paulo Gonet; il Ministro della Giustizia e della Pubblica Sicurezza, Ricardo Lewandowski; il Ministro delle Miniere e dell'Energia, Alexandre Silveira; il senatore Davi Alcolumbre (União-AP); il senatore Ciro Nogueira (PP-PI); il deputato federale Dott. Luizinho (PP-RJ); l'ambasciatrice Carla Barroso; l'ambasciatore Renato Mosca; il direttore generale della Polizia federale, Andrei Rodrigues; il direttore commerciale di Infraero, Tiago Chagas Faierstein; e il direttore dell'Agenzia nazionale per i trasporti terrestri, Lucas Lima.

È opportuno rendersi conto di quanto questo fatto riveli come il potere economico internazionale assuma la sua natura predatoria e di sfruttamento, in particolare in relazione ai paesi alla periferia della capitale.

Nel contesto di questo rafforzamento dei legami tra capitale e istituzioni pubbliche nazionali, il ministro Luís Roberto Barroso, nella sua dichiarazione, più che giustificare il mancato rispetto della legge, ha finito per incitare alla commissione di illegalità nel campo dei rapporti di lavoro, arrivando, altrettanto, la sfera dei delitti contro il sistema tributario, poiché la frode contro i diritti sociali rappresenta una tipologia di evasione fiscale, in termini tributari e contributivi, che, in un certo senso, ci riporta al contenuto dell'art. 286 del codice penale.

E l'effetto fiscale delle irregolarità lavorative è, ovviamente, pienamente noto ai ministri della STF, come dimostrato anche nel discorso del ministro Alexandre de Moraes, espresso nel corso dell'udienza del processo del 22 ottobre.

Ancora una volta fomentando la confusione tra outsourcing e “pejotizzazione”, Alexandre de Moraes, per la gioia dei media mainstream desiderosi di notizie false in materia di lavoro si è espresso così: “Outsourcing: in quel momento tutti sono d'accordo a firmare, soprattutto perché si pagano molte meno tasse di un privato. Dopo la risoluzione del contratto, arriva l’azione sindacale. Ma, forse, se la giurisprudenza cominciasse a richiederlo non avremmo così tante lamentele. La persona che ha accettato l'outsourcing e ha firmato il contratto, quando il contratto viene risolto e presenta il reclamo, dovrebbe pagare anche tutte le tasse come individuo. Allora forse non avremmo più né il primo problema, accettare l’outsourcing, né il secondo, presentare un reclamo. Perché è una cosa che, direi, alla fine non funziona, perché al Tribunale del Lavoro finisce per vincere la denuncia, ma lì ha riscosso tutte le tasse come persona giuridica e poi vince tutti i fondi come individuo. O si tratta di una persona giuridica o di un individuo. O lo hai esternalizzato, oppure non lo hai esternalizzato…”

In breve, il ministro sa che il “pejotização”, da lui erroneamente chiamato “outsourcing”, genera un mancato pagamento delle tasse.

Ma, innanzitutto, non si tratta di un “vantaggio” che riguarda solo il lavoratore, come suggerito. L’impresa che si avvale dei servizi di una persona fisica attraverso la formalizzazione di un contratto con la persona giuridica creata dalla stessa persona, viene “avvantaggiata” in diversi modi, sia per il mancato rispetto delle norme a tutela del lavoro, compresa la FGTS, che per ha una funzione sociale rilevante; o a causa del mancato pagamento di varie tasse e contributi sociali.

In secondo luogo, non è esattamente una scelta che hanno le persone fisiche o giuridiche, se pagare o meno per intero le tasse e i contributi sociali. L’incidenza fiscale deriva dalla legge e implica obblighi a cui le persone colpite non possono semplicemente sottrarsi, tanto più cercando strategie fraudolente per farlo. Costituisce, infatti, reato porre in essere qualsiasi forma di tentativo di impedire l'applicazione degli obblighi tributari.

Ai sensi della legge n. 8.137/90, che definisce i reati contro la fiscalità, l'economia e i rapporti di consumo, gli atti diretti a sopprimere o ridurre imposte, o contributi sociali e tutti gli accessori, sono definiti reati e si identificano, tra gli altri, nelle seguenti condotte: (i ) omettere informazioni o rendere dichiarazioni mendaci all'amministrazione finanziaria; (ii) frodare controlli fiscali, inserendo elementi inesatti, o omettendo operazioni di qualsiasi natura, in un documento o libro previsto dalla normativa tributaria; (iii) falsificare o alterare fatture, fatture, duplicati, note di vendita o qualsiasi altro documento relativo ad un'operazione imponibile; e (iv) predisporre, distribuire, fornire, rilasciare o utilizzare un documento che è noto o dovrebbe essere noto essere falso o inesatto (art. 1).

Stabilisce inoltre che costituisce reato della stessa natura: (a) dichiarare il falso o omettere dichiarazioni su redditi, beni o fatti, o porre in essere altre frodi, per esentarsi, in tutto o in parte, dal pagamento delle imposte; (b) non riscuotono, entro il termine di legge, l'importo dell'imposta o del contributo sociale, dedotti o addebitati, come soggetto passivo d'obbligo e che dovrebbero essere riscossi dalle casse pubbliche (art. 2).

Inoltre, come espresso da André Gustavo Souza Fróes de Aguilar, nel testo “Pejotização: frodi, rischi fiscali e penali per dipendenti e datori di lavoro”, esistono diverse altre tipologie criminali applicabili alla situazione in cui si tenta, attraverso la “pejotização”, di evitare il pagamento integrale delle tasse e dei contributi sociali.

Come spiega André Fróes Aguilar, “non spetta ai privati ​​decidere se esista o meno un rapporto di lavoro, né possono escludere gli effetti fiscali derivanti dai rapporti da essi instaurati, conformemente a quanto disposto dall'articolo 123 del Codice tributario nazionale – CTN (legge n. 5.172 del 25 ottobre 1966 – pubblicata nel DOU del 27 ottobre 1966 e rettificata nel DOU del 31 ottobre 1966)”, che prevede: “Art. 123. Salvo disposizione contraria della legge, le convenzioni private relative alla responsabilità tributaria non possono essere opposte all'Erario per modificare la definizione giuridica del contribuente dei corrispondenti obblighi fiscali.

Nella “pejotizzazione”, che è, come sappiamo, la trasformazione artificiale di una persona fisica in una persona giuridica, per generare l’impressione che non si tratti di un lavoro svolto dal lavoratore ma piuttosto di un servizio fornito dal suo soggetto aziendale, ciò che viene promosso costituisce un autentico tentativo di eludere l'incidenza fiscale, in quanto le fatture emesse dalla persona giuridica costituiscono, di fatto, ricevute di remunerazione.

Inoltre, la trasformazione artificiosa di una persona fisica in una persona giuridica rientra perfettamente nell'ipotesi di cui al comma I dell'art. 1 della Legge n. 4.729/65, costituisce reato di evasione fiscale, “dichiarando false dichiarazioni o omettendo, in tutto o in parte, informazioni che devono essere prodotte ad agenti di persone giuridiche di diritto pubblico interno, con l'intento di esentarsi, in tutto o in parte, dal pagamento delle imposte, dei diritti e di ogni ulteriore onere dovuto per legge”.

Parimenti, agli articoli 71, 72 e 73 della Legge n. 4.502/64: “L'art. 71. L'evasione è qualsiasi atto o omissione intenzionale tendente a impedire o ritardare, in tutto o in parte, la conoscenza da parte dell'autorità fiscale: (1) del verificarsi dell'evento che fa sorgere l'obbligazione fiscale principale, della sua natura o delle circostanze materiali; (2) le condizioni personali del contribuente, che possono incidere sull’obbligo fiscale principale o sul corrispondente credito d’imposta”.

"Arte. 72. La frode è qualsiasi atto o omissione intenzionale diretta a impedire o ritardare, in tutto o in parte, il verificarsi dell'evento che fa sorgere l'obbligo fiscale principale, o ad escludere o modificare le sue caratteristiche essenziali, al fine di ridurre l'importo dell'imposta dovuta per evitare o differire il pagamento."

"Arte. 73. La collusione è l'accordo intenzionale tra due o più persone fisiche o giuridiche, finalizzato a conseguire uno qualsiasi degli effetti di cui agli articoli. 71 e 72."

Ed è bene insistere: il lavoratore non impone all'impresa appaltatrice la condizione di accettare la prestazione solo se svolta sotto la veste di persona giuridica. È l'impresa contraente che, detenendo il potere economico e il dominio della legge della domanda e dell'offerta, determina quale sarà la forma della contrattazione, ed è quindi sua piena responsabilità la commissione della pratica illecita.

Tuttavia, Alexandre de Moraes, ignorando la realtà; ignorando l’insieme di norme giuridiche applicabili alla situazione concreta in cui la “pejotização” è presentata in modo dimostrabile come un modo per eludere l’applicazione della legislazione sul lavoro, sulla previdenza sociale e sulla tassazione; e chiudendo un occhio sugli effetti punitivi, anche penali, dell'astuzia praticata, vede nella situazione solo l'occasione per esprimere una sorta di pubblico rimprovero morale alla condotta del lavoratore, definendolo, in altri termini, falso, disonesto o ipocrita, al fine di rendere legittime e giustificate tutte le illeciti commessi dall’impresa appaltatrice.

Secondo la logica del ministro, una volta che il lavoratore ha ricevuto l'indebito beneficio di pagare meno tasse, dovrebbe essere punito non ricevendo i diritti del lavoro. Una logica, dunque, che rimanda al periodo di anomia giuridica dell'“occhio per occhio” e che implica l'effettiva inosservanza del dovere funzionale di applicazione della legge ai fatti. Alexandre de Moraes ha respinto l'applicazione delle norme al caso in esame e, peggio ancora, ha sostenuto senza alcuna ripercussione punitiva i vari reati commessi dalla società nella frode tentata contro il diritto del lavoro, della previdenza sociale e del diritto fiscale.

L'atteggiamento, del resto, riflette un sentimento di punizione del lavoratore per aver chiamato la Magistratura, cosa che, di fatto, è stata trattata dal ministro come un “problema”, e questo è molto grave perché viola il precetto fondamentale della cittadinanza che è il diritto d’azione costituzionale.

La campagna di Luís Roberto Barroso contro quello che ha definito un “conflitto eccessivo” ha provocato un autentico odio da parte dei ministri nei confronti dei lavoratori (denuncianti) nei procedimenti lavorativi, come se fossero uomini e donne, per il semplice fatto di muovere la macchina giudiziaria dello Stato, criminali o, quanto meno, presunti litiganti in malafede, mentre allo stesso tempo le aziende vengono riservate come vittime innocenti, cariche di tutte le virtù.

È importante rendersi conto che questo modo di razionalizzare i rapporti di lavoro è strettamente legato agli argomenti utilizzati per giustificare la riduzione in schiavitù prima degli indigeni e poi, allo stesso tempo, degli africani trafficati in Brasile. Il degrado morale imposto ai lavoratori è direttamente collegato alla sensazione che i neri e i poveri possano essere sfruttati senza alcun limite e che non possano nemmeno pretendere il rispetto dei loro diritti di esseri umani, tanto più quando “accettano” le condizioni che vengono imposte loro imposti dal proprietario dello schiavo, o meglio, dall'appaltatore.

Il razzismo, tragicamente, continua a dominare le menti della classe dirigente brasiliana, in tutte le sfere dell’attività istituzionale e nella vita privata in generale.

Per completare la situazione di paura riguardo al diritto di azione, il 22 ottobre, la Plenaria del Consiglio Nazionale di Giustizia (CNJ) ha approvato all'unanimità la proposta di raccomandazione presentata dal presidente Luís Roberto Barroso, che regola, come espresso nel documento, gli abusi o contenzioso predatorio, riportando, in allegato, un “elenco esemplificativo di condotte procedurali potenzialmente abusive”, tutte (venti in totale) relative al ricorso iniziale, cioè nulla che possa inquadrare la posizione dell'imputato.

Il Consiglio nazionale di giustizia parte dal presupposto che i problemi strutturali del sistema giudiziario (perché questa è una delle preoccupazioni) saranno risolti inibendo l'accesso alla giustizia, lasciando i debitori persistenti e gli aggressori recidivi e commessi della legislazione senza alcuna valutazione, in particolare nella sfera del lavoro. Per fare ciò, infatti, va incontro ad un'altra preoccupazione, quella di lasciare il settore economico libero di autogovernarsi senza le limitazioni apportate dalla legislazione sociale.

Tutto ciò serve allo scopo palese di diffondere tra i lavoratori e le lavoratrici sentimenti di impotenza e di conformismo, generando una sorta di sottomissione consensuale provata dallo scoraggiamento e dalla paura di subire conseguenze ancora maggiori se si lamentano.

Allo stesso tempo, questa situazione incoraggiata e legittimata dalla Suprema Magistratura, che certamente ha ricadute su altre istanze, promuove tra i datori di lavoro la certezza di non aver più bisogno di “riforme” legislative per eliminare i diritti del lavoro e l’indebolimento dei sindacati, poiché, in pratica, la legislazione sociale non li vincola più.

L'ordinamento giuridico applicabile ai rapporti di lavoro è sancito in diversi diplomi e, soprattutto, nella Costituzione federale, ma è come se, in pratica, non esistesse.

Questa nuova escalation di attacchi ai diritti sociali rivela ulteriormente il sentimento che la maggioranza dei ministri della Corte Suprema Federale ha nei confronti della classe operaia e, certamente, quanto questa sia alleata con gli interessi di sfruttamento e predatori del potere economico.

Si scopre che l'istituzione, il Tribunale federale, che è al di sopra dei suoi membri, è la custode della Costituzione e gli stessi ministri devono sottostare a questo precetto.

Il massacro commesso dalla maggioranza dei ministri della STF contro la classe operaia è un affronto all’ordine legale e democratico. Ed esprimendosi attraverso un’inversione di valori sempre più aggressiva, sta già diventando un caso di esplicita violenza verbale, ledendo anche l’integrità di altre istituzioni repubblicane costituzionalmente garantite.

Per parafrasare lo stesso Alexandre de Moraes, se i ministri della STF applicassero le leggi e la Costituzione federale, forse non avremmo così tanta evasione fiscale e così tanta mancanza di rispetto per i diritti sociali e del lavoro. E, come lui stesso suggerisce, non c'è via di mezzo: o vale, oppure no!

*Jorge Luiz Souto Maior è docente di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Danni morali nei rapporti di lavoro (Redattori dello Studio) [https://amzn.to/3LLdUnz]


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