Innovazione istituzionale e sperimentalismo

Immagine: Eugenio Barboza
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da JOSÉ CELSO CARDOSO JR.*

Una proposta per ricostruire il sistema di pianificazione federale

Dopo un lungo e burrascoso periodo di intenzioni autoritarie, negazione dei diritti e altri attacchi alla Costituzione federale, in particolare lo smantellamento dello Stato, delle organizzazioni e delle politiche pubbliche federali, il governo Bolsonaro, Guedes e compagni, è giunto al termine in Brasile. Purtroppo, però, il fallimento di questo malgoverno non è stato solo elettorale. Al termine di questo periodo buio, come diretta conseguenza del tentativo di distruggere gli apparati e le istituzioni dello Stato, si registra un immenso indebolimento politico-istituzionale e un quasi collasso delle condizioni di vita economico e sociale di vaste fasce di popolazione e di regioni del Paese.

Così, di fronte a questo scenario di terra bruciata, si presentano sfide folli per il neoeletto governo Lula. Per affrontarli, praticamente tutto, a livello statale, dovrà passare attraverso profondi e rapidi processi di ricreazione/ricostruzione, o altrettanto profondi e rapidi processi di innovazione e sperimentalismo istituzionale.

Tra questi, mi riferisco qui alla necessità – sempre più imperativa – di dare centralità politica e capacità istituzionale alla funzione di pianificazione strategica governativa, senza la quale lo stesso processo di governo sarà a rischio nella futura amministrazione Lula (2023-2026). Sebbene la funzione di pianificazione rientri negli assetti istituzionali di quello che venne chiamato centro di governo, sottolineiamo qui che la centralità politica e la capacità di pianificazione statale superano il concetto di centro o nucleo di governo, essenzialmente per due motivi.

Ma prima, una rapida spiegazione sul contesto della nascita e dello sviluppo dell'idea di un centro di governo. Si può dire che sia emersa negli anni '1990, momento di grande diffusione del neoliberismo come ideologia dello Stato minimo e come mantra dell'economia di mercato nel mondo. Tuttavia, dati i suoi scarsi risultati in termini economici e sociali in quasi tutti i paesi che l'hanno applicata (soprattutto quelli della periferia capitalista), membri e ideologi dei paesi centrali – in particolare quelli dell'OCSE – hanno cercato di giustificare il fallimento neoliberista additando il supposta inefficienza dello Stato come causa.

Inventarono così l'idea di un centro di governo come soluzione magica, nell'errata convinzione che solo razionalizzando la spesa pubblica e riducendo al minimo possibile l'azione dello Stato, il sistema economico del libero mercato avrebbe riguadagnato protagonismo e comando globale recupero. Non stupisce, quindi, che per la realizzazione di questo ideale, gli enti e le funzioni pubbliche deputate ai conti di Stato (come le banche centrali nella gestione valutaria e le tesorerie nazionali nella gestione del debito) e ai controlli burocratici dello Stato (controllo interno delle procedure e del controllo esterno dei conti) doveva essere ulteriormente potenziata, costituendo il nucleo decisionale dei centri di governo.

In questo disegno istituzionale, le istanze progettuali e gestionali sarebbero chiaramente subalterne o sussidiarie. Con ciò, invece di attaccare le cause dei problemi, chiaramente derivanti dal modello economico neoliberista che produce un regime di finanziarizzazione disfunzionale del reddito e della ricchezza, l'aumento esorbitante della concentrazione e delle disuguaglianze economiche e sociali, il processo ormai quasi irreversibile di collasso ambientale planetario e la crisi delle democrazie rappresentative con la delegittimazione della politica, gli artefici dell'idea di un centro di governo hanno cercato palliativi retorici con scarso o nullo fondamento empirico per, sempre nella storia mondiale, accusare lo Stato – le sue dimensioni e le sue funzioni – di essendo inefficiente e inefficace, uno spaventapasseri a cui tutti dovrebbero lanciare le loro pietre.

In tal modo, tornando poi alle due ragioni suggerite, la prima di esse deriva proprio da quanto sopra detto. È che, contrariamente all'idea di attivismo presente nella tradizione e nelle teorie della pianificazione del governo, l'idea del centro di governo ha implicitamente una visione statica o accomodante del processo di governo. La ragione principale di ciò è che, essendosi sviluppata concettualmente negli ultimi due decenni dagli studi e dalle proposte dell'OCSE, l'idea di centro di governo si riferisce non tanto alle necessarie trasformazioni nell'assetto centrale del potere esecutivo, responsabile della coordinamento ed esecuzione delle politiche pubbliche, ecc., ma soprattutto ad un insieme di procedure gestionali che, applicate razionalmente (in modo efficiente ed efficace) nell'interazione tra alcuni organi ritenuti essenziali a quel centro di governo, accrescessero la capacità e la qualità del processo da governare, sia dal punto di vista del dialogo politico che del coordinamento delle politiche pubbliche.

Certo, anche se non è poco, non dice quasi nulla sulle necessarie trasformazioni della struttura e del modus operandi di governo, tali che maggiore capacità di governo dal punto di vista politico o di governabilità, e maggiore capacità di realizzazione dal punto di vista di vista del progetto di sviluppo che sta alla base dell'elezione di un dato schieramento politico. Di qui il carattere statico o accomodante che porta con sé l'idea di un centro di governo.

Invece di essere concepito come un assetto istituzionale dinamico o malleabile alle esigenze dell'attuale situazione del Paese e alla dimensione dell'ambizione trasformatrice del progetto politico che ha vinto le elezioni, il centro di governo, così come è stato difeso dai recenti governi brasiliani e da enti egoistici quali il TCU, il CGU, il STN, il SOF e la stessa OCSE, tra gli altri, rappresenta un'ulteriore moda manageriale e una disposizione formale per un ulteriore empowerment di queste organizzazioni, con scarsa capacità di fatto di aumentare la capacità di governo di fronte al mondo dei problemi complessi di oggi.

A sua volta, la seconda delle ragioni per cui la pianificazione supera la nozione di centro di governo è che, storicamente, è stata la funzione strategica di pianificazione governativa che, dotata di centralità politica e capacità istituzionale, in Brasile e altrove, è stata di fatto in grado di promuovere trasformazioni nella struttura dello Stato, nel campo delle politiche pubbliche, nei metodi e nelle tecniche di governo, insomma nelle dimensioni della governabilità e del governo, tali che, con audacia politica e visione del futuro (per inciso, due attributi assenti dall'idea di un centro di governo), è stato possibile promuovere cambiamenti strutturali (quantitativi e qualitativi) sia nel processo di governo stesso che, soprattutto, nei parametri economici, territoriali e nelle condizioni sociali di enormi segmenti della popolazione.

In altre parole: mentre la visione del centro di governo è dotata di una natura statica e legata alle dimensioni di breve/medio termine e di efficienza economica degli atti di governo, la visione della pianificazione strategica è associata a una dimensione intrinseca/non delegabile funzione di governo che è teoricamente e storicamente dinamica, incentrata sul processo di costruzione delle capacità statali per la trasformazione economica, territoriale e sociale del Paese, confondendosi con una parte imprescindibile dello stesso processo di governo.

Di conseguenza, intendiamo la pianificazione come un processo quotidiano e dinamico di conduzione del governo; non può essere confuso con documenti, libri e progetti, sebbene questi, se ben preparati, aiutino come parte necessaria del registro documentario, nonché nella comunicazione interna ed esterna al governo, ecc. Prima di tutto, la pianificazione è l'arte della buona politica. La pianificazione è, dunque, un processo tecnopolitico – continuo, collettivo e cumulativo – attraverso il quale si concretizzano progetti politici scaturiti dalla società, incanalati da gruppi che legittimamente e democraticamente contestano lo svolgimento dell'azione di governo.

In questo senso, è possibile elencare sette dimensioni strutturanti e concrete che modellano lo spazio e il ruolo della pianificazione strategica governativa – e, di conseguenza, quella della partecipazione sociale e della gestione pubblica – nei processi di governo altamente complessi, finalizzati allo sviluppo nazionale. Sono loro:

(1) Centralità politica: implica dotare la funzione di pianificazione di un forte contenuto strategico. Si tratta di fare della funzione progettuale di governo il campo unificante di proposte, linee guida, progetti, insomma di strategie di azione, che annunciano, nei loro contenuti, le potenzialità implicite ed esplicite, cioè le traiettorie possibili e/o auspicabili per l'azione ordinata e pianificata dello Stato nel perseguimento dello sviluppo nazionale.

(2) Temporalità e direzionalità: la pianificazione dello sviluppo nazionale è, per sua natura, un'attività a breve, medio e lungo termine. È quindi necessario consentire al PPA di organizzarsi e operare secondo diversi livelli di temporalità e indirizzo strategico. Concretamente si tratta di lasciare che gli orizzonti temporali delle diverse politiche e programmi di governo si esprimano liberamente all'interno di uno stesso strumento di pianificazione. Di conseguenza, tutti i piani settoriali considerati solidi e corretti, dal punto di vista della politica e della strategia di sviluppo nazionale, verrebbero automaticamente incorporati nel piano, indipendentemente dal rispettivo orizzonte temporale o dal grado di maturazione istituzionale in ciascun caso.

Le sottofunzioni di bilancio, monitoraggio, valutazione e controllo terrebbero conto, per le rispettive attività, della specificità e della temporalità di ciascun caso. Inoltre, è fondamentale che, anche con temporalità diverse, sia garantita la coerenza tra i diversi strumenti, sulla base di un indirizzo strategico, considerando elementi comuni o dialoganti tra loro. Deve esistere un'unica visione, costruita da diverse prospettive, che guidi i diversi piani settoriali e le linee guida che stanno alla base dei diversi piani territoriali, regionali o locali.

(3) Articolazione e coordinamento: oltre alla coerenza nella direzione dei piani, è necessario dedicare notevoli sforzi istituzionali ai compiti di articolazione e coordinamento anche nelle strategie attuative, a vari livelli e contemporaneamente: intra e inter-politiche, programmi, ministeri ed enti; istanze intra e interfederali; intra e interpoteri della Repubblica, tra gli altri.

Il lavoro di articolazione istituzionale e di coordinamento generale delle azioni e delle iniziative progettuali è necessariamente complesso perché, in ogni caso, deve coinvolgere molti attori, ciascuno con un proprio pacchetto di interessi diversi e con differenti risorse di potere, in modo che gran parte della le possibilità di successo della programmazione di governo oggi dipendono, infatti, dalla capacità dei politici e dei dirigenti pubblici di svolgere in modo soddisfacente questo sforzo di articolazione istituzionale ai diversi livelli.

(4) Partecipazione sociale: oggi, qualsiasi iniziativa o attività di pianificazione governativa che intenda essere efficace deve accettare – e persino fare affidamento su – un certo livello di impegno pubblico da parte degli attori direttamente coinvolti nella questione, siano essi la burocrazia statale, politici e accademici., sono i beneficiari dell'azione prevista.

In altri termini, l'attività progettuale deve prevedere nella sua concezione una dose non trascurabile di orizzontalismo, vale a dire di partecipazione diretta e coinvolgimento concreto di – ove possibile – tutti gli attori appartenenti all'arena in questione. Il suo coinvolgimento dovrebbe includere anche attività di monitoraggio e valutazione, al fine di garantire la partecipazione a tutte le fasi cruciali della progettazione e disporre di modalità che consentano il miglioramento continuo delle politiche pubbliche in modo trasparente, con partecipazione attiva, mantenendo alti livelli di fiducia e supporto dagli attori sociali alle azioni pianificate.

(5) Dimensione territoriale: introdurre la dimensione territoriale nella pianificazione implica considerarla un elemento intrinseco nel disegno delle politiche pubbliche, considerandone le specificità, le esigenze e le potenzialità, andando oltre le soluzioni a scaffale e le offerte da banco. Significa, inoltre, considerare il territorio come una piattaforma di integrazione delle politiche pubbliche, che converge con la prospettiva del coordinamento multisettoriale.

Inoltre, è un forte canale di promozione della partecipazione sociale, dato che il territorio è un elemento concreto e vivo in cui si svolgono le relazioni sociali. Inoltre, il territorio, in quanto soggetto centrale e, al tempo stesso, oggetto della strategia di sviluppo in una prospettiva multiscalare, è suscettibile alle mediazioni delle diverse temporalità della pianificazione, poiché richiede un lungo periodo per la completa realizzazione della strategia, mentre richiede il breve termine per risolvere esigenze urgenti.

(6) Cambiamenti effettivi nella realtà: è necessario che l'attuazione, la gestione delle politiche pubbliche e l'effettiva erogazione di beni e servizi dello Stato alla popolazione siano i veri criteri per misurare e perseguire le performance istituzionali (settoriali, territoriali e aggregate) dei lo stato brasiliano. Solo così sarà possibile, infatti, calibrare le azioni progettuali rispetto ai risultati intermedi (misurati dall'efficacia dell'azione di governo) e finali (misurati dall'efficacia trasformatrice dell'azione) delle politiche pubbliche nazionali, verso il consolidamento di un progetto di sviluppo integrale per il Brasile nel XXI secolo. Ciò che conta sono i risultati dell'azione pubblica, referenziati in politiche ben disegnate, adeguatamente finanziate, monitorate e valutate caso per caso con la necessaria frequenza.

(7) Integrazione tra gli strumenti e i processi di pianificazione e budgeting: l'esercizio quotidiano di pianificazione e la sua traduzione in piani generali, settoriali o territoriali, deve essere strettamente collegato ai processi di budgeting, non solo nell'elaborazione, ma anche coinvolgendo il dialogo e le iniziative federative articolazione e tra i Poteri nella discussione del bilancio al Congresso nazionale. Negli ultimi anni, il Parlamento ha acquisito centralità nel processo di bilancio in Brasile, dato il peso degli emendamenti impositivi (RP 6 e RP 7) e la dimensione degli emendamenti del relatore (RP 9).

È importante rivedere il processo di bilancio in modo che consenta di reagire agli input di pianificazione e gestione, anche recuperando la capacità di influenzare le scelte parlamentari. Allo stesso modo, i processi di monitoraggio e valutazione, volti a garantire l'orientamento e la qualità della spesa pubblica, devono influenzare il processo di allocazione. Infine, i meccanismi di partecipazione sociale devono essere molteplici, raggiungendo, direttamente e/o indirettamente, il budget. Pertanto, gli strumenti ei processi devono essere pensati in modo integrato, come parte dello stesso processo di governance di bilancio, governato dalla più ampia direzione di pianificazione.

Pertanto, si sostiene che l'organo centrale di pianificazione strategica dovrebbe essere situato accanto all'ufficio presidenziale. Deve essere un organo integrante della Presidenza della Repubblica, con una configurazione simile a quella mostrata nella figura 1 allegata.

In questi termini, quanto qui presentato fa nascere una ferma volontà di vedere il governo salire a livelli più alti di direzionalità ed efficacia globale. Riteniamo che il momento sia opportuno, che è nel periodo di transizione tra i governi che i progetti di cambiamento trovano un ambiente più favorevole per ottenere la considerazione dei leader.

In questo modo si rafforza la possibilità stessa di cambiamento, mentre al contempo si facilita la progressiva introduzione di miglioramenti nel funzionamento del sistema.

Dai il via al 2023!

 

Allegati

Figura 1: Struttura organizzativa proposta del Segretariato Speciale per la Pianificazione e il Coordinamento Generale nell'ambito della Presidenza della Repubblica Federativa del Brasile.

Come contropartita di questa ristrutturazione, verrebbe organizzato un Ministero della Pubblica Amministrazione e della Riforma dello Stato, che assorba le attribuzioni di innovazione e gestione pubblica, relazioni e condizioni di lavoro nel settore pubblico, modernizzazione tecnologica e governo digitale, gestione patrimoniale e articolazione e sostegno a unità della federazione.

Figura 2: Struttura organizzativa proposta del Ministero della gestione pubblica, dell'innovazione e dell'ammodernamento dello Stato.

 

*José Celso Cardoso jr., dottore in economia all'Unicamp, è funzionario pubblico federale all'Ipea e attuale presidente di Afipea-Sindical.

 

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