Giornale Nazionale

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da EUGENIO BUCCI*

Un giornalismo di qualità, dedicato alla verità fattuale, ha impedito che porzioni più ampie della popolazione venissero inghiottite dal fanatismo

Dopo il trauma dell'8 gennaio, si è cominciato a ringraziare istituzioni e personalità che hanno contribuito a cancellare le avventure golpiste dall'orizzonte nazionale. Nessuna sorpresa. C'era da aspettarselo. D'altronde era necessario. Questi segni di gratitudine espressi, oltre ad essere doverosi, rafforzano la cultura democratica e assolvono alla preziosa funzione di chiarire il valore delle libertà e dei diritti fondamentali.

In questa ondata salutare, i tributi al Tribunale federale e alle sue autorità sono i più frequenti. Il Tribunale federale e il Tribunale elettorale sono stati decisivi nel proteggere la credibilità delle macchine per il voto elettronico, credibilità senza la quale le elezioni si sarebbero trasformate in aceto. Nell’ambito della Corte costituzionale, le indagini sull’industria della disinformazione hanno contribuito a smantellare enormi bufale che minacciavano di seppellire l’opinione pubblica. La democrazia brasiliana è debitrice al coraggio e alla correzione dei magistrati e, per tutte le ragioni, è positivo che ciò venga proclamato ad alta voce.

Ci sono eccessi in alcuni dei procedimenti legali in corso? Forse sì. A cavallo tra il 2022 e il 2023, abbiamo vissuto un tumulto di eccessi ed estremismo in termini di fatti, che hanno minato la normalità istituzionale. Detto questo, le reazioni di ordine pubblico agli attacchi di ispirazione fascista non hanno avuto nemmeno lo spazio per comportarsi senza incorrere in alcuna forma, per così dire, di esasperazione giudicante. Il tempo, la storia e la giustizia stessa ci diranno, presto, dove la mano cieca è stata troppo pesante. Lo stato di diritto democratico, che è stato mantenuto, dispone degli strumenti regolari per correggere il corso procedurale, qualunque esso sia. Nell'ampio spettro, tuttavia, la toga ha capito bene.

Su un altro fronte, anche i partiti politici e i leader nazionali meritano un elogio perché, mettendo da parte i loro interessi immediati, hanno lavorato per creare un fronte allargato, senza il quale l’ex presidente avrebbe ottenuto la rielezione. Oggi la maggior parte degli analisti ammette che, se la riconferma dovesse avvenire, la demolizione della macchina amministrativa e l’approfondimento dei comportamenti autoritari, alimentati dal culto delle armi e della violenza, avanzerebbero ancora di più, mettendo a rischio il mantenimento delle basi della Repubblica. Riconosciamo quindi il merito di chi ha reso possibile unire le sigle contro il deterioramento della politica.

C’è però un’istituzione che non ha ricevuto gli applausi che avrebbe meritato. Quella istituzione è la stampa. Le redazioni professionali, dedicandosi alla missione di informare in modo obiettivo, imparziale e critico, hanno svolto l'opera insostituibile di mantenere vivi, nel tessuto della cosiddetta sfera pubblica, i legami vitali tra i processi decisionali processo di cittadinanza e una zavorra minima di ragione. Il giornalismo di qualità, dedicato alla verità fattuale, ha impedito che porzioni più ampie della popolazione venissero inghiottite dal fanatismo.

Attenzione qui: chi ha fatto questo lavoro non è stato il sistema giudiziario, non sono stati i gruppi politici e i loro leader, ma la stampa. Solo lei. Nessun altro. La differenza, rispetto agli altri attori, tutti essenziali, è che i giornalisti non hanno raccolto allori civici per il loro impegno – non nella proporzione che sarebbe opportuno.

Se l'improbabile lettore ha bisogno di esempi, diamogli un'occhiata. Pensiamo alle insidie ​​della copertura della pandemia di Covid-19. I giornalisti si sono esposti in strada per denunciare quanto stava accadendo. Erano negli ospedali, fotografavano e ascoltavano le vittime. Hanno mostrato tutto, coraggiosamente. Durante questo periodo, il Giornale Nazionale ha portato a termine una vera e propria “operazione di guerra”, se si perdona la metafora un po’ guerrafondaia. In un viaggio eroico, ha cercato i numeri, ha incorniciato i volti di chi ha sofferto, riportato le linee guida più responsabili e fondate. Tra una cosa e l'altra, mostrava le fosse allineate che venivano riempite da assurde terne.

Quando, nel giugno 2020, la Presidenza della Repubblica ha interrotto la fornitura dei dati consolidati sulla pandemia, con il chiaro scopo di impedirne la messa in onda in prima serata, le società giornalistiche si sono consorziate, sostituendo alla concorrenza commerciale una cooperazione disinteressata. Ancora una volta, il Giornale Nazionale si notava. Anche i sospetti di corruzione da parte dell'ex presidente e della sua famiglia sono stati denunciati in modo accurato e fermo. Ti ricordi. Tutti ricordano.

Durante quei giorni orribili, Globo prese le distanze dalle altre reti televisive, che preferirono evitare lo scontro diretto con l'agenda del Palazzo. L’ex presidente l’ha addirittura intimidita apertamente, come quando, nel febbraio 2021, ha tenuto tra le braccia un poster con la scritta “Globo Lixo” (una goffa riedizione del Stampa sdraiata Nazista). O Giornale Nazionale Ha navigato contro corrente e ha fatto quello che doveva fare. A modo suo, protesse il Brasile dalla furia fascista.

Adesso quasi nessuno lo riconosce. Perché? Forse perché lo stesso telegiornale è stato aggressivo nel coprire altri funzionari governativi? Gli errori del passato, se sono esistiti, cancellano un successo recente? Un po' di maturità, per favore.

* Eugenio Bucci È professore presso la School of Communications and Arts dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di L'incertezza, un saggio: come pensiamo all'idea che ci disorienta (e orienta il mondo digitale) (autentico).
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