José Cavalcante de Souza (1925-2020)

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da PAOLO BUTTI DE LIMA*

Ritratto di insegnante e traduttore greco

Per ricordare José Cavalcante de Souza, possiamo prendere in prestito quanto disse un poeta parnassiano a proposito di un ellenista francese del XIX secolo: “nessuna difficoltà del greco poteva fermarlo, e la sua voce esprimeva una passione che non ho conosciuto in nessun altro uomo della nostra generazione. La vista dei soli caratteri greci lo trasportò di gioia; nella lettura si vedeva che era animato interiormente; nel commento, era un entusiasmo. Il suo volto nobile si illuminò. Con il suo piacere di parlare dei greci, si entusiasmava al punto da dimenticare le esigenze materiali dell'esistenza e del benessere”.

Chi frequentava la Facoltà di Lettere dell'USP all'inizio degli anni '1980 poteva ancora seguire i corsi del professor Cavalcante presso l'edificio Colmeias. Al suo fianco, un gruppo di professori era incaricato dell'insegnamento del greco e del latino che furono responsabili di un importante rinnovamento negli studi classici in diverse università brasiliane e che suscitarono un ampio interesse per le lingue antiche nel paese.

Cavalcante allora leggeva brani del Iliade in lingua originale, e ha fatto brevi commenti sugli aspetti più complessi del poema omerico, il suo metro e, in generale, la sua struttura poetica, rivolgendosi a un ristretto pubblico di iniziati. Oltre a Omero, dedicò particolare attenzione ad autori come Pindaro, Platone e poi Aristotele. Molti di coloro che frequentavano con una certa frequenza le sale Letras provenivano dal corso di Filosofia, dove siamo stati introdotti alla riflessione presocratica grazie all'edizione da lui curata per la raccolta “Os Pensadores”.

Non è un caso che José Cavalcante de Souza abbia scelto di pubblicare, tra le opere platoniche, due traduzioni di dialoghi sull'amore: il Banchetto e Fedro. Si potrebbe, infatti, descrivere il suo rapporto con tutta la letteratura greca antica come un'intensa storia d'amore.

Più curiosi sono i temi che ha esplorato come introduzione a questi dialoghi. Nella traduzione di Banchetto, apparso nel 1966, spiega la natura di un'edizione critica del testo antico. In altre parole, prepara il lettore a cosa non può trovare in una traduzione. Esprimeva così la speranza che una futura ristampa di quest'opera potesse includere l'oggetto a cui il lettore era indirizzato: il testo originale. O meglio, il risultato dell'incessante ricerca della lezione originaria, come testimonia l'apparato critico.

Già nella traduzione di Fedro, pubblicato in anni molto più recenti, presenta una delicata, sottile parafrasi, riferita alla parte iniziale del dialogo. È chiaro al traduttore che, di fronte a questi testi filosofici, ci troviamo nel vestibolo di un palazzo. Il traduttore è una specie di guida, o anche di amministratore, che ci prepara a un'esperienza che non può, come traduttore, offrire ai suoi lettori. Deve solo annunciarlo, con gesti insieme timidi e solenni. Evocando l'immagine del vestibolo per il testo platonico, Cavalcante la descrive come “un ampio ragionamento sulle principali forme culturali e culturali del delirio, responsabili dei maggiori benefici per gli uomini”. L'ingresso all'edificio è adornato da divinità: Apollo, Dioniso, le Muse ed Eros. Tuttavia, non devono essere le statue che ammiriamo in questo viaggio architettonico verso il lavoro filosofico, ma le divinità stesse del mondo pagano.

Curiosamente (sempre secondo Cavalcante), Platone, dopo averci posto davanti a questo tesoro, ci conduce non all'interno del palazzo, come ci si aspetterebbe, ma… “all'esterno”. Che viene presto spiegato: "per la dimostrazione dell'immortalità dell'anima" e la scoperta dell'ordine dell'universo. Questa guida e traduttrice riverente e timorosa dell'opera antica, dopo aver indicato il vestibolo della casa e ciò che sta fuori, tace discretamente su ciò che resta dentro, nella dimora del filosofo.

* Paolo Butti de Lima è professore all'Università di Bari, Italia. Autore, tra gli altri libri, di Platone: una poetica per la filosofia (Prospettiva).

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