Josephine Baker

Maurice Greiffenhagen, Alba, 1926
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da WALNICE NOGUEIRA GALVÃO

Considerazioni sulla traiettoria artistica e politica della cantante e attrice

Con una mossa insolita, Joséphine Baker (1906-1975) è stata condotta trionfalmente al Pantheon di Parigi, dove non entrano le donne, né i neri, tanto meno le attrici di rivista. Nell'età del jazz, gli anni '1920 chiamavano anche il leggere années folles, Joséphine si aggirava intorno al Charleston, con nient'altro che un perizoma di banana intorno ai fianchi. Pieno di verve e malizia, era un po' caricaturale, deridendo le istituzioni e criticando le convenzioni borghesi.

Allora com'è andata a finire Pantheon? Dove sono persone come queste non benvenute? E le donne allora, solo una mezza dozzina fino ad oggi?

Tra le poche donne, due sono universalmente conosciute. La prima, la scienziata Marie Curie, scopritrice dell'elemento radio che ha dato origine ai raggi X dagli infiniti vantaggi medicinali, polacca naturalizzata francese, ha vinto non solo uno ma ben due premi Nobel per le scienze, uno per la fisica e uno per la chimica. Quanto a Simone Veil, una sopravvissuta ad Auschwitz, è stata il ministro della Salute che ha depenalizzato l'aborto in Francia e sarebbe poi diventata la prima presidente del neonato Parlamento dell'Unione Europea. È in questa illustre compagnia che ora riposa Joséphine.

Tra le sue realizzazioni, che sono numerose, ci sono i dodici bambini adottati, di tanti colori, tante nazionalità e tante religioni. Li ha cresciuti nel castello di Milandes (Dordogna), che ha acquistato dopo essere diventato una delle più grandi star del mondo. Li chiamava la “Tribù dell'Arcobaleno”: diceva che sarebbero stati un esempio di fraternità tra gli esseri umani, a dimostrazione che, pur essendo tutti diversi, vivevano naturalmente in pace. Ora in Francia è partita una petizione che ne rivendica l'ingresso nel Pantheon, presieduta da uno dei dodici e sottoscritta da circa 40mila persone.

Joséphine era americana. Era nato a St-Louis, Missouri, nello stato del sud, un'area dove l'ignominia del trattamento riservato ai neri non aveva eguali. Al tempo delle “Jim Crow Laws”, la segregazione era totale ei neri potevano essere linciati al minimo pretesto, o anche senza alcun pretesto. In fuga dal razzismo, all'età di 19 anni si trasferisce a Parigi, dove inizia la sua vita di artista professionista. Sono rimasti alcuni film, sia muti che parlati, in cui ondeggia e balla, tra cui il famoso perizoma a banana. Ha anche registrato album, rendendo possibile ascoltare la sua voce nei classici dei canzonieri francesi come “La vie en rose”, “Sous les toits de Paris”, “Clopin-clopant”. Era la protagonista indiscussa del cabaret più rinomato del mondo, ancora oggi in funzione, il Folies Bergère.

Poiché in Francia l'oscurità era più tollerata, questa è stata la ragione per cui Joséphine ha sviluppato la sua carriera lì, così come il grande jazzista Sidney Bechet; o Paul Robeson, attore e cantante, la cui eredità è una magistrale interpretazione di "ciao manriver” nella sua bella voce di basso; o Nina Simone, cantante jazz di prim'ordine. Joséphine si innamorò del suo paese ospitante e alla fine divenne cittadina francese. Indimenticabile la sua interpretazione più celebre, quella con la quale verrà identificato: “J'ai deux amours: mon pays et Paris”. È la sua dichiarazione d'amore alla città che l'aveva adottata, permettendole di sviluppare in pace i suoi talenti, senza perseguitarla per il colore della sua pelle.

Per gli straordinari servizi resi al Paese durante la seconda guerra mondiale, ricevette le più alte onorificenze che la Francia gli conferisce: la Croix de Guerre, la Legion d'Onore, la Medaglia della Resistenza. E ha vinto il grado militare con il diritto di indossare l'uniforme – come vediamo in tante foto. Persiste nella sua militanza antirazzista, recandosi a parlare alla marcia su Washington presieduta da Martin Luther King, culmine della campagna per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti. Visiterebbe Hanoi sotto i bombardamenti americani, per mostrare solidarietà ai vietnamiti durante la guerra del Vietnam.

A lui è già stata dedicata una fiction americana per la tv, dal titolo La storia di Giuseppina Baker (1991), in cui la sua vita è romanzata. Ora, a causa del tuo ingresso nel Pantheon, TV 5 Monde propone un documentario di due ore, con preziosi filmati d'archivio e dal bellissimo titolo suggestivo di Joséphine Baker - Il fleur au fusil. Buona occasione per rivisitare una grande artista, una grande donna.

*Walnice Nogueira Galvao è professore emerito presso FFLCH presso USP. Autore, tra gli altri libri, di leggere e rileggere (Senac/Oro su blu).

 

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