da THIAGO BLOSS DE ARAÚJO*
Lo spettacolo mediatico che circonda la sua caccia e la sua morte rivela la sua origine: l'identificazione. Un'identificazione insopportabile
Nelle ultime settimane il Brasile è stato afflitto da un serial killer, che si muove furtivamente di notte, distrugge famiglie e minaccia l'ordine. Ha causato paura diffondendo la morte tra la pacifica comunità.
Questo serial killer siamo io, tu, il tuo vicino di casa, alcuni calciatori e il Presidente della Repubblica. Sono tutti quelli che, nel cuore della notte, sono stati trovati a feste clandestine o, in pieno giorno, ammassati inutilmente in piena pandemia. Erano tutti i responsabili della diffusione di un virus in modo subdolo e irresponsabile, contribuendo agli oltre 500 morti per covid-19. Tutti noi, nessuno escluso, un giorno ci siamo svegliati con la triste notizia della morte di una persona a noi cara il giorno prima.
Lázaro è un soggetto che ha radici in un aggettivo, “larazento”, il cui significato nel dizionario, tra molti altri, è “insopportabile”. Lo spettacolo mediatico della sua caccia e morte – che ha coinvolto quasi trecento poliziotti – ne rivela l'origine: l'identificazione. Un'identificazione insopportabile.
Il cosiddetto serial killer del Distretto Federale, il cui sterminio è stato voluto da tutto il Paese, rappresenta l'estraneo, ciò che per Freud è estremamente strano, distante, insopportabile e, allo stesso tempo, vicino e familiare. Nei suoi atti brutali, ripetutamente esplorati dai media, delinea la nostra stessa brutalità.
Immagina se Lázaro non fosse stato assassinato e, poco dopo il suo arresto, avesse concesso un'intervista a Fantástico. Immagina se dicesse, alla televisione nazionale, che la cosa giusta “era mitragliare la popolazione di Goiás”, che “non ha violentato una donna perché non se lo meritava”, che non gli importava del persone che ha ucciso, perché “non è un becchino” o che se avesse potuto “avrebbe ucciso 30mila persone”, cosa che la dittatura militare non ha fatto. Certamente ci avrebbe fatto arrabbiare. Un'avversione per l'identificazione.
La costruzione mediatica di un serial killer assolve a una specifica funzione sociale, personificando il malessere che oggi ci è così normale, familiare e insopportabile. La copertura televisiva di un corpo preso di mira da 40 colpi di arma da fuoco, portato via in ambulanza come un oggetto usa e getta, mette in scena come qualcosa di lontano e alieno le tante morti prevenibili che sono state frettolosamente seppellite in fosse comuni, come oggetti pericolosi, di cui siamo direttamente responsabili o indirettamente. D'altra parte, quella scena ci ricorda quello che possiamo diventare (o siamo già diventati): usa e getta.
In questo modo, la morte di Lázaro, il lazarento, l'insopportabile, ci ha portato una sicurezza negata, dando contorni personali di razza, classe e regionalità alla nostra violenza sociale diffusa e familiare, gettandola in un luogo lontano, in mezzo a il Mato de Goiás, nella non familiarità di una figura immaginaria prodotta dall'industria culturale. Con l'esito della sua morte, dimentichiamo persino che c'è una pandemia nel Paese, che abbiamo un presidente genocida e che Lázaro ha servito gli interessi del potere economico dei proprietari terrieri del Midwest, tutti responsabili di morti silenziose nel Paese.
Non sorprende quindi che non appena i petardi si siano zittiti e molti abbiano già dimenticato il motivo della celebrazione.
* Thiago Bloss de Araújo è dottoranda presso la Scuola di Filosofia, Lettere e Scienze Umane dell'UNIFESP.