Lezioni su fascismo e antifascismo

Immagine: Liubov Popova
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram
image_pdfimage_print

da MARCOS AURÉLIO DA SILVA*

Presentazione del libro Gianni Fresu

Il libro che Gianni Fresu dedica allo studio del fascismo, intitolato Nelle trincee dell'Occidente: lezioni su fascismo e antifascismo, rappresenta un buon contributo all'approfondimento delle conoscenze sull'argomento in almeno due ambiti. Sono la storiografia sul fascismo, che l'autore esplora con acuto senso critico, mostrando i progressi e i problemi di diverse interpretazioni, e quella degli studi gramsciani, favorita soprattutto dall'abilità che l'autore dimostra nel rapportare il tema al contesto storico in che Antonio Gramsci ha forgiato il suo ricco patrimonio concettuale.

Infatti, come indica il sottotitolo dell'opera, è proprio l'approccio gramsciano che consente di organizzare le diverse interpretazioni storiografiche, il più delle volte di carattere liberale, operando in esse una sorta di superamento dialettico. Come rileva Gianni Fresu, le interpretazioni liberali, tendenti a una lettura fortemente reazionaria, hanno cercato di presentare il fascismo come una semplice parentesi della storia europea (tesi di Benedetto Croce, ma con molti echi fuori dall'Italia), insistendo sempre sulla perdita di coscienza e nella la crisi morale provocata dalla prima guerra, o anche nelle mobilitazioni di massa e nella vittoria del bolscevismo (tesi sostenuta nella storiografia tedesca da Ernest Nolte).

Antonio Gramsci, invece, senza trascurare gli elementi ideologici rivelati dalla crisi morale della borghesia europea, un tempo sorretta dal materialismo storico, sottolinea anzitutto i rapporti di questi elementi con quelli di estrazione economica e sociale. Sarebbe opportuno, quindi, prestare attenzione a dispositivi istituzionali come lo Statuto Albertino, l'espressione più compiuta di una rivoluzione passiva e ai problemi del trasformismo – vale a dire le debolezze della classe dirigente italiana –, così ben studiati di Gramsci nel quaderni carcerari.

Con questa ingegnosità fu forgiato un ordine parlamentare che, sfociato in una forte unione tra il Re e il Legislativo, finì per concedere al primo ampi poteri, come nell'esempio della nomina dei ministri e persino dello scioglimento del Parlamento. Ricordiamo che, dopo la messa in scena della Marcia su Roma, fu Vittorio Emanuele III a nominare capo del governo Benito Mussolini.

Sempre a confronto con le tesi di Gramsci, è anche la lettura liberale di Benedetto Croce che mira a evidenziare un altro elemento centrale del fascismo. Mentre Benedetto Croce sostiene che il regime di Mussolini non è l'espressione di una sola classe, ma appare in tutte le classi, Gianni Fresu recupera l'enfasi di Antonio Gramsci sugli strati medi - un punto, va notato, che lega il regime italiano a quello guidato da Hitler.

È qui che l'autore apre lo spazio per esplorare il grande contributo del comunista sardo, ovvero l'interpretazione del fascismo non solo come regime di coercizione, ma che si fonda contemporaneamente sul consenso, i due nuclei centrali del concetto di egemonia. È da questo punto di vista che si possono comprendere gli sforzi del fascismo per assorbire tutta una fascia di studenti inadatti, ufficiali di guerra privi di funzione sociale, piccola borghesia in via di proletarizzazione – utilizzando generalmente il mito della “vittoria mutilata” enunciato dal poeta Gabriele D'Annunzio, che ha esplorato il rifiuto degli Stati Uniti alle aspirazioni italiane nella penisola balcanica e in Africa dopo la fine della prima guerra mondiale.

Il vero leader iniziale dell'interventismo, sottolinea Gianni Fresu, è di D'Annunzio che il Duce ci vogliono la retorica, le pose teatrali, le liturgie funebri e militari, l'iconografia e infine gli slogan, tutti mezzi per mobilitare e disciplinare la base di consenso del regime. Ed ecco i rapporti tra consenso e militarismo, quest'ultimo asse centrale del fascismo e dell'esistenza stessa del partito, ma anche suo vero punto di arrivo, cioè una geopolitica aggressiva, inscritta in una politica estera apertamente imperialista.

Certo, il consenso è servito anche ad assorbire la classe operaia nello Stato borghese, soprattutto attraverso l'assimilazione delle organizzazioni della società civile da esso forgiate, come le istituzioni corporative – strutture di associazione economica e sociale sviluppatesi già a partire dagli anni '1920. riflettere criticamente sulle interpretazioni settarie prevalenti nell'Internazionale Comunista (IC) nel periodo 1928-1934 – esse ebbero origine dalle tesi del Partito Comunista Tedesco, allora sotto la guida di Ernst Thälmann. Queste interpretazioni tendevano a presentare il fascismo come una semplice reazione antiproletaria e, da lì, condannavano la socialdemocrazia come mero socialfascismo.

Infatti, la lettura del testo di Gianni Fresu ci permette di concludere che il fascismo conteneva un quadro molto più complesso. Si presentava come una “ideologia senza ideologia” e, in questo senso, non sorprende che raccogliesse le dottrine più diverse. Non solo D'Annunzio e la prontezza alla guerra, ma anche gli economisti nazionalisti e la loro enfasi sulle corporazioni come mezzo per superare il conflitto sociale; l'irrazionalismo e il futurismo di Marinetti, con il suo nichilismo apparentemente innovativo, artefice di un debole programma liberale; e anche il nazionalismo di Enrico Corradini e la tesi della lotta tra nazioni proletarie e capitaliste, premessa per l'uso della teoria tragica di Habitat, o "spazio vitale". Una formulazione, come sappiamo, maturata dalla penna del geografo Friedrich Ratzel nella Germania bismarckiana, lo stesso Ratzel che fu ispiratore sia del marxismo volgarizzato della II Internazionale – capace di sostenere la guerra e il colonialismo – sia della scuola di geopolitica tedesca, espansionista e razzista.

Se abbiamo detto prima che è nello sviluppo del fascismo che hanno senso molte delle categorie di Gramsci, va detto che la lotta antifascista non può essere ben compresa senza conoscere i testi del comunista sardo. Indubbiamente, come dimostra Gianni Fresu, tutta la lotta di liberazione e lo stesso ruolo svolto dal Partito Comunista Italiano (PCI) si svilupparono in stretta relazione con le riflessioni di Gramsci. Un fatto, peraltro, che chiama in causa le tesi che cercano di stabilire una discontinuità tra le fasi pre e post carcerazione di Gramsci, e questo nonostante l'universalità del suo contributo categorico - sempre da leggere con il criterio della traducibilità, cioè diciamo, per evitare “astrattismi meccanicistici”.

Illustrativa, in tal senso, la dimostrazione degli sviluppi seguiti al caso del deputato Giacomo Matteoti, leader del Partito Socialista che, denunciando i brogli e le violenze che portarono alla vittoria di Mussolini alle elezioni del 1924, fu barbaramente assassinato dal regime. Di fronte a un'ampia reazione da parte dei ceti medi e anche dei vertici del mondo industriale e bancario, il PCI lancia la proposta di uno sciopero generale e di un parlamento alternativo, non accolta però dall'insieme dei liberali e dei cattolici, che volevano una mera opposizione morale al fascismo. La conseguente smobilitazione delle masse permise a Mussolini di aprire una seconda fase del regime, instaurando dall'ottobre 1926 una dittatura aperta, che mise fuorilegge tutti i suoi oppositori, compreso Gramsci e diversi comunisti, condotti in carcere.

Ed è nel clima di crescente tensione seguito all'assassinio di Matteoti che si tenne al Pci (gennaio 1926) il celebre Congresso di Lione, opponendosi alle linee di Bordiga e di Gramsci, e, come sappiamo, con esito vittorioso per il secondo. Come dimostra Gianni Fresu, la corrente bordigiana non aveva nulla da offrire alla Resistenza che si organizzò a partire dagli anni '1930 e, attenendosi alle tesi dominanti dell'Internazionale Comunista, fu incline ad indicare nel riformismo, e non nel fascismo, il nemico da combattere sconfitta, compreso quello che chiamava “fascismo intermedio”, un raggruppamento di costituzionalisti, democratici e anche socialdemocratici.

D'altra parte, la corrente di Antonio Gramsci, valorizzando il dibattito intorno ai Fronti Uniti, svoltosi al III e IV Congresso dell'Internazionale Comunista (rispettivamente 1921 e 1922), era aperta alla vittoriosa idea leninista negli anni della NEP, cioè l'idea delle alleanze e la questione contadina come questione strategica. Del resto, un modo per non trascurare le differenze tra contesti democratici e reazionari (o democrazia e fascismo). Vittorioso a Lione, la nuova posizione del PCI fu determinante per il cambio di valutazione della stessa Internazionale Comunista dal 1934 in poi, con Palmiro Togliatti che vi svolse un ruolo importante, sebbene anch'egli si aggrappasse a una sorta di impazienza rivoluzionaria nei primi anni '1930. accettando la tesi della fine della relativa fase di stabilizzazione del capitalismo, posizione forse comprensibile alla luce del contesto di isolamento dei comunisti e della stessa Unione Sovietica.

Infatti, riprendendo la linea di altri leader (Angelo Tasca, Umberto Terracini e lo stesso Gramsci), sarà proprio Palmiro Togliatti ad aprire la critica all'Internazionale Comunista in merito all'assenza di una politica di attrazione della piccola borghesia rurale e urbana , e persino la trascuratezza dell'importanza della difesa delle libertà democratiche nelle nazioni libere e nei paesi fascisti. Ed è in questo senso, sottolinea Fresu, che nell'Italia ancora dominata da Mussolini, lo stesso Palmiro Togliatti sosterrà l'inserimento nei sindacati fascisti come mezzo per far avanzare la lotta di massa, imponendo anche il compito di indagare la nuova politica economica di il regime, inoltrato nel 1927 con il Carta del Lavoro e corporativismo - elementi, date le sue richieste di una base di massa e consenso passivo, per distinguerlo dai tradizionali regimi autoritari.

Vengono qui descritte le radici della politica del Fronte Unito, capace di riunire comunisti, socialisti e repubblicani. Si sperimentò nelle oltre 500 formazioni partigiane che, alla fine della guerra, e di fronte alla lentezza delle forze alleate, presero in mano il compito di liquidare i residui del nazifascismo, formando una struttura unitaria che corrispondeva al “grande blocco democratico e politico” dei partiti antifascisti, al quale il Pci doveva integrarsi, secondo Palmiro Togliatti. A rigor di termini, lo stesso blocco che è stato alla base della costruzione della socialdemocrazia italiana post 1948, una democrazia che, radicata nella lotta popolare della Resistenza, porta al superamento dei limiti dello Statuto albertino attraverso una sintesi post-liberale tra le concezioni di giustizia formale e sostanziale – fondate rispettivamente sull'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e sul superamento delle differenze economiche e sociali.

Come si vede, il libro di Gianni Fresu ci conduce ad una panoramica ampia e insieme rigorosa non solo della storia del fascismo e del più grande partito comunista d'Occidente, ma anche dello stesso movimento comunista internazionale e del duro contesto in cui quali vaste legioni di militanti.

Quando, oggi in Brasile, e nonostante le particolarità del tempo, socialisti e comunisti sono ancora una volta il bersaglio dei movimenti oscurantisti; quando, in questa stessa formazione sociale, il piccolo stato sociale che cercava di organizzarsi è preso di mira da un'ampia gamma di politiche regressive nei campi più diversi della vita sociale, niente di meglio che visitare un'opera come questa, dotata di alto contenuto teorico e storiografico rigore, ma anche, certo, un superiore impegno sociale e storico.

* Marcos Aurelio da Silva è professore presso il Dipartimento di Geoscienze dell'Università Federale di Santa Catarina (UFSC).

Riferimento


Gianni Fresu. Nelle trincee dell'Occidente: lezioni su fascismo e antifascismo. Ponta Grossa, Editora UEPG, 2017, 256 pagine.

Il sito la terra è rotonda esiste grazie ai nostri lettori e sostenitori. Aiutaci a portare avanti questa idea.
Clicca qui e scopri come

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

La distopia come strumento di contenimento
Di Gustavo Gabriel Garcia: L'industria culturale usa narrazioni distopiche per promuovere paura e paralisi critica, suggerendo che sia meglio mantenere lo status quo piuttosto che rischiare il cambiamento. Pertanto, nonostante l'oppressione globale, non è ancora emerso un movimento che metta in discussione il modello di gestione della vita basato sul capitale.
Premio Machado de Assis 2025
Di DANIEL AFONSO DA SILVA: diplomatico, professore, storico, interprete e costruttore del Brasile, uomo di cultura, letterato, scrittore. Non si sa chi sia il primo. Rubens, Ricupero o Rubens Ricupero.
Aura ed estetica della guerra in Walter Benjamin
Di FERNÃO PESSOA RAMOS: L'"estetica della guerra" di Benjamin non è solo una cupa diagnosi del fascismo, ma uno specchio inquietante della nostra epoca, dove la riproducibilità tecnica della violenza è normalizzata nei flussi digitali. Se un tempo l'aura emanava dalla distanza del sacro, oggi svanisce nell'istantaneità dello spettacolo bellico, dove la contemplazione della distruzione si confonde con il consumo.
La prossima volta che incontrerai un poeta
Di URARIANO MOTA: La prossima volta che incontrerete un poeta, ricordate: non è un monumento, ma un fuoco. Le sue fiamme non illuminano i corridoi, ma si spengono nell'aria, lasciando solo l'odore di zolfo e miele. E quando se ne sarà andato, vi mancheranno persino le sue ceneri.
La riduzione sociologica
Di BRUNO GALVÃO: Commento al libro di Alberto Guerreiro Ramos
Conferenza su James Joyce
Di JORGE LUIS BORGES: Il genio irlandese nella cultura occidentale non deriva dalla purezza razziale celtica, ma da una condizione paradossale: il saper gestire splendidamente una tradizione a cui non si deve alcuna particolare fedeltà. Joyce incarna questa rivoluzione letteraria trasformando la normale giornata di Leopold Bloom in un'odissea senza fine.
Economia della felicità contro economia del buon vivere
Di FERNANDO NOGUEIRA DA COSTA: Di fronte al feticismo delle metriche globali, il "buen vivir" propone un pluriverso di conoscenza. Se la felicità occidentale si adatta a fogli di calcolo, la vita nella sua pienezza richiede una rottura epistemica – e la natura come soggetto, non come risorsa.
Tecnofeudalesimo
Di EMILIO CAFASSI: Considerazioni sul libro appena tradotto di Yanis Varoufakis
Donne matematiche in Brasile
Di CHRISTINA BRECH e MANUELA DA SILVA SOUZA: Ripercorrere le lotte, i contributi e i progressi promossi dalle donne nella matematica in Brasile negli ultimi 10 anni ci aiuta a comprendere quanto sia lungo e impegnativo il nostro cammino verso una comunità matematica veramente equa.
Non c'è alternativa?
Di PEDRO PAULO ZAHLUTH BASTOS: Austerità, politica e ideologia del nuovo quadro fiscale
Sindrome di apatia
Di JOÃO LANARI BO: Commento al film diretto da Alexandros Avranas, attualmente nelle sale cinematografiche.
Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI