da FERREIRA GOLLAR*
Commento al libro di Alfredo Bosi
Sebbene questo libro di Alfredo Bosi non sia stato scritto, come sembra, secondo uno schema prestabilito, credo che mantenga una unitarietà peculiare e, forse anche perché non segue uno schema, ci offre una lettura ancora più completa , ricco di riflessioni, conclusioni e scoperte.
Il libro obbedisce a una metodologia di lettura che va dal generale al particolare, dal passato al presente e, con ciò, ci insegna come le questioni che coinvolgono la letteratura e l'ideologia, la storia e la creazione individuale, siano alla base stessa della nostra cultura formazione.
Nell'Ottocento i concetti di nazione e progresso, derivanti dall'ascesa della borghesia, sono stati presenti, da un certo momento, nella letteratura europea, ma in paesi come il Brasile, dove la borghesia non c'era, hanno preso piede colore specifico e maggior peso: rivelava la nostra mancanza e sottintendeva la nostra affermazione come popolo. Ciò ha aggravato la necessità di sottoporre la valorizzazione dell'opera letteraria alle esigenze ideologiche del nazionalismo e di intendere il processo letterario non come la storia delle opere, ma come semplici momenti di un processo evolutivo.
Bosi ci mostra come ciò avvenga e come l'apprezzamento dei fattori formali e le nuove concezioni estetiche abbiano reso insostenibile la sottovalutazione da parte dei teorici dell'autonomia della stessa creazione artistica. I primi passi in questa direzione furono mossi in Brasile da pensatori emersi con il modernismo, come Mário de Andrade e Tristão de Athayde, la cui riflessione si è poi ampliata e approfondita con Otto Maria Carpeaux, Antonio Candido e, aggiungerei, Alfredo Bosi lui stesso.
Coerente con la sua tesi secondo cui il fondamento della storia della letteratura è l'opera come creazione individualizzata, è dedicata all'analisi di alcuni libri in cui l'atteggiamento di resistenza dell'autore di fronte alle forze che negano l'umanesimo, come l'oppressione, si manifesta in modo esemplare e la discriminazione razziale o sociale. Anche qui parte dalla precedenza storica soffermandosi soprattutto su il regno di questo mondo, opera in cui padre Antônio Vieira resiste alle accuse del Sant'Uffizio e riafferma la profezia dell'avvento del Quinto Impero.
Vai da lì a Uruguay, di Basílio da Gama, un autore che è portato, contraddittorio, a difendere lo sterminio degli indios da parte dei colonizzatori mentre condanna il colonialismo. In il murato, di Cruz e Sousa, rileva l'anticonformismo con la discriminazione nei confronti dei neri, ritenuti dalla pseudoscienza dell'epoca biologicamente inferiori ai bianchi. Questa discriminazione assume nel romanzo un carattere più evidentemente sociale Isaia Caminha, dalla mulatta Lima Barreto.
Già dentro memorie carcerarie, di Graciliano Ramos, negli anni Cinquanta, la resistenza assume la forma di testimoniare le volontà della dittatura di Vargas contro il diritto di pensare e agire politicamente. È un momento in cui si esprime non solo nel tema ma anche nella scrittura stessa, nello stile letterario. Bosi allarga il discorso del problema addentrandosi nell'“età degli estremi” – l'epoca attuale – in cui alcuni intendono presentare l'opera letteraria, non più come una prima creazione, ma come una mera citazione o pastiche – che egli confuta.
Non sarebbe possibile, in un semplice “orecchio”, cercare di riassumere il patrimonio di conoscenze e di idee che questo libro racchiude. Proprio per questo non posso che indicare al pubblico l'unico modo possibile per fruirlo: leggerlo.
*Ferreira Gullar (1930-2016) è stato scrittore, poeta e drammaturgo. Autore, tra gli altri libri, di Poesia sporca (Companhia das Letras).
Riferimento
Alfredo Bossi. Letteratura e resistenza. San Paolo, Companhia das Letras, 2002, 304 pagine.