da OMERO SANTIAGO*
Considerazioni sul senso della vita intellettuale e politica del filosofo.
Non appena i colleghi del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Brasilia mi hanno comunicato l'onorevole invito a partecipare a questa cerimonia di conferimento a Marilena Chaui del titolo di dottore causa onoraria di UnB a Brasilia, sono stato colto dalla gioia dal compito di esprimere la stima e l'ammirazione che tutti abbiamo per Marilena Chaui, i suoi libri, il suo insegnamento, la sua persona. Bisogna però ammettere che, con il passare dei giorni, la gioia, a poco a poco, ha lasciato il posto alla reticenza che germogliava ad ogni tentativo di riempire il foglio. I dubbi si sono insinuati inesorabilmente. Dove iniziare? Quali parole scegliere? Da un'opera poliedrica ed enorme, che aspetto ci vuole per capire e, soprattutto, per esprimere il senso di questo evento, visto che un personaggio pubblico come Marilena non viene omaggiato gratuitamente? Vi prego benevolenza con l'oratore. Il compito affidatomi è particolarmente spinoso.
Le opere che Marilena dedicò al fenomeno ideologico, alla sua essenza e alla sua critica, produssero contributi decisivi e di grande originalità, come i concetti di ideologia della competenza e di controdiscorso, che si associarono all'analisi della costituzione e della riproduzione del “società autoritaria”, soprattutto per quanto riguarda le loro rappresentazioni ideologiche. Marilena è riuscita come poche altre a mettere in luce la nostra vita sociale segnata dall'uso della violenza e dell'esclusione, curiosamente controbilanciata, nell'immaginario, dal mito della nostra cordialità.
Nel corso dei decenni, Marilena ha svolto, in contrasto con i nostri mali autoritari (a volte ringiovaniti, mai estirpati) una vigorosa meditazione sul carattere della democrazia, giungendo alla cruciale comprensione che questa democrazia, più che una mera forma di governo, è una forma sociale formazione. Una società democratica è quella che, affrontando gli inevitabili conflitti derivanti dalla sua costituzione storica, crea e istituisce diritti.
Questa riflessione sulla democrazia, Marilena l'ha sempre accompagnata con una partecipazione militante, prendendo posizione ferma nei vari ambiti della vita sociale in cui ha agito: sulla stampa mainstream, nel Partito dei Lavoratori, nella Commissione Teotônio Vilela per i Diritti Umani, che merita una menzione particolare per averla condotta, insieme a colleghi e amici, ma senza la guida di un benefico Virgilio, a scendere nei gironi infernali della nostra società; esperienza le cui impressioni sono ancora conservate in testi di grande forza che simboleggiano la sua indignazione, come quello in cui narra la condizione delle donne internate nell'ospedale psichiatrico di Juquery e conclude con parole che potrebbero essere profilattiche per i seguaci della moda del umilianti diritti fondamentali : “Cieli di misericordia! Come possono gli esseri umani fare questo ai loro simili? O permettere che sia fatto? Fino a che punto arriva la nostra crudeltà e codardia per accettare tale infamia? Con quale diritto usiamo la nostra ragione per escludere dal mondo coloro che consideriamo irragionevoli? Chi ci ha dato il diritto a tanta violenza?
I testi di Marilena sulla condizione femminile, le potenzialità politiche del femminismo, i problemi insiti nel divieto di aborto e, più in generale, le questioni legate all'esperienza della sessualità, indipendentemente dal genere, pur provenendo da contesti non più esattamente i nostri detengono, sia sul piano teorico che politico, prospettive che hanno molto da offrire ai dibattiti attuali.
I suoi studi dedicati al tema della cultura popolare ci hanno insegnato a percepire l'intera dimensione politica, cioè di potere, ivi presente, e ci permettono di comprendere come la conformazione (e quindi la riproduzione dell'autoritarismo) a volte vada di pari passo con la resistenza (e quindi l'anelito al cambiamento che nasce dalla tragica consapevolezza che il mondo potrebbe essere diverso da quello che è). Si tratta di studi che trovano una naturale e brillante estensione nel lavoro teorico e pratico in materia di politica culturale, sviluppato dal Segretariato della Cultura della città di San Paolo e capace di elaborare un concetto di primaria importanza come quello di “cittadinanza culturale”.
In decenni di insegnamento, Marilena, “docente di filosofia” (così più volte ha dichiarato di volersi chiamare) ha esercitato una pratica didattica impegnata che, considerando il proprio lavoro, le sue possibilità e vicissitudini, ha plasmato un'accorata meditazione sul pubblico e l'educazione democratica, che è ancora attuale e ha tutto per ispirarci.
Infine, come dimenticare le notevoli opere di storia della filosofia, che hanno innovato in tutto ciò su cui ha lavorato il filosofo? Numerosi temi e autori; Merleau-Ponty, Voltaire, La Boétie e, in primis, Bento de Espinosa. Testi che hanno formato e continuano a formare generazioni di studenti e professori e hanno ottenuto, per Marilena, il riconoscimento del mondo accademico brasiliano e straniero.
Colleghe e amiche mie, carissima Marilena, ho delineato questo brevissimo giro unicamente nella speranza che possiate comprendere l'angoscia che mi è venuta quando ho capito che nessuna faccia di questa vera mole di attitudine al multiplo simultaneo mi permetteva di salirla verso l'alto; anzi, la scelta di un punto ha sempre rischiato di tenerne in un'ingiusta oscurità altri che integrano, di diritto e di fatto, la stessa vita pensante. Fu lì, però, nel momento in cui, per usare il linguaggio comune, stavo per gettare la spugna, che mi resi conto del mio errore; Immediatamente ho preso la ferma decisione di non parlare troppo di tutto questo, per poter parlare un po' di tutto questo.
Tra le varie cose che ho letto, riletto, riletto, per prepararmi alla giornata di oggi, a un certo punto mi è venuto in mente di sfogliare alcune pagine che, a mio giudizio, costituiscono uno degli omaggi più belli che si possano essere pagato a un padrone. Questo è il saggio di Merleau-Ponty intitolato “Il filosofo e la sua ombra”. Era uno di rivelazione e sollievo. La mia totale incapacità e la conseguente disperazione di fronte all'imponente lavoro di Marilena esprimevano forse un aspetto positivo. Proprio perché il lavoro del pensiero non può essere ridotto a un inventario. “Chi crede in questo”, ci avverte Merleau-Ponty, “sbaglia sul lavoro e sul pensiero”.
Nessun profilo, nemmeno la raccolta simultanea del maggior numero di profili, tanto meno la riproduzione pretenziosamente completa di tutti i temi, permetterebbe mai di contemplare la natura geometrica dell'opera. Il desiderio di piena comprensione e di perfetta coincidenza, oltre alla vanità dei cattivi lettori, è una follia che, se realizzata, culminerebbe in qualcosa di simile a quel mostro cartografico immaginato da Borges: una “Mappa dell'Impero che delinea l'immensità dell'Impero stesso”. Nulla di tutto ciò. È solo il senso che ci permette di comprendere l'opera, in quanto ci fa sperimentare proprio la sua essenziale inesauribilità.
Lungi da me suggerire che, nell'opera di Marilena, non ci siano priorità, motivi ispiratori, intenzioni polemiche date dal tempo (forse con dispiacere di nietzscheani e deleuziani, Marilena non è certo una filosofa estemporanea); Dico solo che, a mio parere e come spero che tutti qui siano d'accordo, siamo di fronte al felice risultato del lavoro del pensiero e di una vita pensante, cioè siamo di fronte a un lavoro del pensiero.
Sono convinto che non ci riuniamo oggi per onorare un inventario di titoli e temi, né i tanti anni di insegnamento di Marilena Chaui. Non fare errori. Siamo venuti a riconoscere e dare prestigio a ciò che, costituito da tutto ciò che ho accennato poc'anzi, è più grande di ciascuna delle sue parti; il pensiero che si esprime nella capacità di lavorare e nella dignità; il pensiero che si manifesta nella sua interezza e profondità quando dà forma a uno stile di vita pensante, generoso e combattivo; in questo caso, la vita capace di riunire i più alti desideri di felicità e libertà in un fermo impegno suggellato dal pensiero.
Questo, mi sembra, è lo scopo di questa cerimonia. In un'istituzione concepita da Darcy Ribeiro e Anísio Teixeira come un'università pubblica, innovativa e democratica; invenzione accademica che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale, non nella costruzione del Paese, poiché già esisteva, ma nella costruzione di un Paese decente, poiché non esisteva e non esiste ancora. Questo è ciò che celebriamo: la presenza di Marilena Chaui. Non solo la fisica, la voce altisonante e i gesti agili che ci incantano, ma anche la presenza dell'opera del pensiero. Nel senso rigoroso che tante volte ci ha insegnato: perché impariamo a pensare sulla scia degli altri, i nostri tentativi possono iniziare solo quando il discorso degli altri nomina ciò che è l'oggetto delle nostre interrogazioni. Ciò che onoriamo è soprattutto l'opera di pensiero di Marilena; la presenza del pensiero, dell'insegnamento, dell'esempio.Assicuriamoci tutti che, nella frequenza del suo lavoro, abbiamo ancora molto da imparare; scoprire parole che saranno di grande valore per nominare gli oggetti delle nostre domande e ispirare i confronti e tentativi che il tempo ci carica.
Ecco perché, prima di concludere, mi concedo una piccola indiscrezione. Qualche mese fa, parlando con Marilena delle disgrazie del paese, mi ha detto più o meno così: “sai, quello che mi rattrista, mi rende malinconico, è che sembra che tutto quello che ho fatto e per cui ho lottato sia stato vano ”. Non saprei riprodurre esattamente le parole; quelli che mi sono rimasti impressi nella memoria sono stati questi ed è da loro che mi chiedo: è stato tutto vano, davvero, Marilena? Mi permetto di rispondere con un sonoro NO; meno perché intendo sgridarlo che perché credo che la smentita sia condivisa da tutti qui, in occasione che l'Università di Brasilia, su richiesta del Dipartimento di Filosofia e con l'approvazione dei suoi direttori, lo onora con un dottorato causa onoraria.
Se mi permetti di continuare la mia audacia, Marilena, ti suggerirei di prendere le distanze dai tentennamenti, anche se comprensibili alla luce degli abomini quotidiani, abbracciando per te quanto di profondo c'è in questi versi di Fernando Pessoa: “dell'ardire lavoro, la parte fatta è mia / ciò che si deve fare è solo con Dio”.
Non preoccuparti. Tra i lettori e gli estimatori di Spinoza, non c'è il rischio di leggere sotto questo "fare" né un appello alla provvidenza divina né l'indolenza di una sapienza solipsistica che credeva di avere il diritto di dire: ho fatto la mia parte, resta con noi volontà divina. Al contrario, ciò che si dovrà fare sarà inteso come un invito alla continuità del lavoro. Una vera opera di pensiero non è un repertorio di tesi che acquisiamo e ripetiamo a pappagallo; è, se effettivamente un lavoro di pensiero, un invito a pensare, a pensare senza rassegnazione e sapendo, dalla coscienza di cosa fare, ad assumere nuovi compiti.
Questo è il tuo lavoro, un lavoro di pensiero, quello in cui possiamo sentire e sperimentare il vigore della nostra parte migliore, che è l'intelletto capace di esprimere fortezza di fronte alla fortuna, potenza benefica che affronta il male che - tu mai ci ha permesso di dimenticare – non viene né dagli dei né da noi, ma dal tessuto che abbiamo tessuto nelle nostre relazioni e che assume ogni volta le forme più diverse, e può anche mostrare rango militare, come ieri e oggi. No, Marilena, non sarà stato vano. Un ex studente, un attuale collega, un eterno amico e ammiratore, ti prega di capire che nulla è stato vano. Non c'è vicenda che possa cancellare l'esempio e l'opera dell'opera che afferma la dignità del pensiero e invita a continuarla.
E così è perché l'opera del pensiero di Marilena Chaui, la tua opera, Marilena, al di là di tutte le sue ramificazioni e date, è principalmente quella in cui e attraverso la quale la donna saggia si rivolge a noi come capaci di saggezza. Capace di quella saggezza che custodisci e di cui ci dimostri il possesso in ogni momento, senza mai ostentare esclusività. La saggezza è un bene comune. Non perché tutti ne siano dotati, come sarebbe il buon senso cartesiano, ma perché è condivisibile; ben comunicabile che tutti possono avere senza macchiare nessuno. È qualcosa a cui tutti aspiriamo e che, ne siamo convinti, avete accettato; e senza dimenticare per un solo istante che, come insegna Spinoza, la saggezza (e di conseguenza la libertà e la felicità) si raggiungono al massimo livello solo quando si raggiungono insieme agli altri, con il maggior numero possibile di altre persone.
Nel momento oscuro in cui il desiderio represso di esclusivismo ritorna con violenza e dà origine a ogni sorta di meschinità, pregiudizi e odio; quando i sedicenti “buoni cittadini” immaginano che portare un'arma e godere del diritto di distruggere gli altri sia una condizione per la felicità; In questi tempi, Marilena, la tua lezione è un balsamo: la certezza che o la felicità e la libertà sono beni comuni e condivisibili, oppure non sono assolutamente veri beni.
Questo credo costituisca l'oggetto e soprattutto il senso del nostro incontro di oggi. Celebriamo Marilena Chaui: autrice di un'opera robusta e ammirevole, nonché donna felice e libera, una saggia nel preciso senso di Spinoza.
Carissima Marilena, pur sapendo che “tutto ciò che è magnifico è tanto difficile quanto raro”, auspico che noi, colleghi, studenti, amici, siamo all'altezza dell'invito che ci rivolgi attraverso il tuo lavoro di pensiero e la tua persona. Per ora non posso che, a nome mio e di tutti coloro che mi hanno affidato questo difficile e dignitoso incarico, salutarvi e ringraziarvi molto affettuosamente. Marlene, grazie mille.
PS Questo testo è stato letto in occasione della cerimonia di assegnazione a Marilena Chaui del titolo di dottore honoris causa da parte dell'Università di Brasilia, il 24 settembre 2018. Renderlo pubblico nel momento in cui la filosofa compie 80 anni è il mio modo di onorarla, ribadendo le parole di Poi.
*Omero Santiago È professore presso il Dipartimento di Filosofia dell'USP.