Marx ad Araraquara

Immagine: Alexey Wineman
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da RENATO ORTIZ*

Marx parlava di una situazione limitata a una parte di un paese chiamato Inghilterra, nel nord della Francia, e forse di una regione che integrerebbe una futura Germania

I termini sono spesso usati come equivalenti, addirittura come sinonimi, ma esiste una sottile differenza tra i concetti di scherzo e di aneddoto. Uno scherzo è un racconto con l'intento di far ridere, finisce con la risata che provoca, ed è lì che sta la sua fine. La tua vita è breve, lo splendore è effimero.

La battuta ha un obiettivo simile, ci porta però oltre l'esplosione della risata; contiene una dimensione che trascende ciò che viene detto in un dato momento. L'aneddoto ha la virtù dell'universalismo, è capace di sfuggire al contesto che lo imprigiona. Quando dico “siete d'accordo con i russi”, non mi riferisco solo ad una storia di calcio (in origine vi era coinvolto Garrincha); si applica a situazioni diverse che evocano lo stesso atteggiamento: il fatto che qualcuno immagini che sia possibile compiere un'impresa senza la partecipazione attiva degli altri.

La massima funziona come la morale di una favola (“l'uva è acerba”), ha un aspetto che la spiazza dalla memoria in cui è stata formulata. Le storie sono così – ovviamente non tutte –, alludono a un luogo che non era prefigurato nel comunicato originale. Non è necessario che abbiano la durata di un romanzo e nemmeno di un racconto, possono essere frasi brevi, concise, che ci portano fuori dal “qui e ora”, proiettandoci davanti a qualcosa di inaspettato. In questo senso funzionano come metafore.

Mi piacciono le storie, ne raccolgo diverse nei miei quaderni. A volte qualcuno mi racconta qualcosa di suggestivo, altre volte assisto ad una scena e la fotografo con una penna stilografica; Ci sono, tuttavia, momenti in cui invento semplicemente una trama. Sono trame molto brevi, poche frasi che contengono il potenziale di sospendere la realtà.

Qualche tempo fa – i miti sono situati in una temporalità ineffabile – ero al College e mi presentarono un collega italiano che venne a trovarci. Ero al bar e ci siamo seduti al tavolo per parlare. Non ricordo il suo nome, ma lo ricordo bene, era un filosofo e marxista. Sapeva del mio interesse per il tema della globalizzazione ed era curioso di capire la mia “posizione teorica” in merito.

La difficoltà più grande in quel periodo fu accettare l’esistenza del fenomeno, molti pensavano fosse solo un’ideologia. Mentre parlavamo, ho notato nella sua espressione che le mie argomentazioni non erano convincenti, rimbalzavano sulla superficie liscia del suo viso senza penetrare nella pelle. È stato allora che ho fatto ricorso al potere della metafora. Ricordavo che Jean-Paul Sartre, quando era tra noi, al ritorno dall'Avana, era andato a vedere la rivoluzione da vicino, aveva tenuto la sua famosa conferenza ad Araraquara. Nella sua escursione filosofica fu accompagnato da diversi intellettuali brasiliani, tra cui Jorge Amado.

Ho pensato, perché non Marx? Nel secolo scorso (il narratore era nel XX secolo) nella stessa città ebbe luogo un grande incontro di pensatori. Gli atti dicono, senza ulteriore precisione, che sarebbe stato nell'agosto 1862/63. A quel tempo aveva già scritto due volumi di La capitale e preparò il terzo. La sua conferenza è stata un successo, la profondità del suo pensiero ha lasciato inebriato il pubblico. Quando ebbe finito il suo discorso, qualcuno chiese di parlare e disse: “Il Dott. Marx (gli piaceva chiamarsi così), la sua mostra era magnifica, però qui ad Araraquara non c'è niente del genere”.

Un giapponese, che aveva attraversato i mari asiatici e l’Atlantico, rifletteva: “Il dott. Marx, in Giappone ci sarà la rivoluzione Meiji nel 1868, per ora queste cose a cui hai accennato non esistono”. Poi sono intervenuti rappresentanti di diversi paesi per dire esattamente la stessa cosa: la tesi presentata non si rifletteva nell’attualità mondiale. Domanda: di cosa parlava Marx?

Risposta: una situazione limitata a un paese chiamato Inghilterra, al nord della Francia e forse a una regione che farebbe parte della futura Germania. La sua certezza però si basava su una premessa: era un processo. Catturando la logica di questo processo, ha realizzato qualcosa che non era ancora stato realizzato. Il mio interlocutore mi ha guardato con attenzione e stupore, ci siamo stretti la mano, ho finito il caffè e non ci siamo più visti.

* Renato Ortiz È professore presso il Dipartimento di Sociologia di Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di L'universo del lusso (Alameda). [https://amzn.to/3XopStv]

Originariamente pubblicato su Blog BVPS.


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