da CELSO FAVARETTO*
Commento al libro di Maria Cecília Loschiavo dos Santos
Gli studi sull'integrazione del moderno in Brasile hanno ricevuto un contributo rilevante, e in un campo che, data la sua evidenza, è stato poco trattato. Il libro di Maria Cecília Loschiavo dos Santos, proponendo una sistematizzazione storiografica e iconografica della moderna produzione di mobili in Brasile, non solo colma una lacuna ma stimola anche una riflessione su aspetti e modalità della spinta alla modernizzazione. Componendo un panorama, situando problemi e analizzando la produzione, il libro lascia intendere che, anche nella cultura materiale, gli imperativi dell'aggiornamento si sono imposti attraverso gli stessi movimenti e disegni che comandavano le arti.
Volendo identificare le origini e lo sviluppo del design industriale brasiliano, in particolare nel settore del mobile, Maria Cecília sottolinea l'emergere della figura del designer in linea con le trasformazioni del processo di industrializzazione e associato alla progettazione architettonica. Non si intende tracciare la storia sociale del mobile di uso estensivo, in quanto ciò richiederebbe analisi sociali, valori simbolici e abitudini culturali, oltre che aspetti estetici ed espressivi.
Piuttosto, si concentra sulla sfida del designer: trovare soluzioni formali e tecnologiche per la progettazione e l'esecuzione di mobili e altri servizi domestici, richiesti dal desiderio di modernizzazione generale e scopi specifici degli architetti. Dalla produzione artigianale, spesso di oggetti unici dalla pretesa artistica, alla produzione industriale, rivolta a un pubblico di consumatori in formazione, la traiettoria descritta cerca una possibile specificità del mobile brasiliano, sottolineando a volte l'inventiva dei designer, a volte le vicissitudini del design del prodotto in di fronte alle esigenze della moda e del marketing.
La storia raccontata da Maria Cecília è interessante; pur fatti delle mosse tipiche della modernizzazione forzata, furono icone e inventori leggendari. Dalla Cama Patente alla linea Peg-leve, da Warchavchik a Sérgio Rodrigues, dalla Poltrona Mole a Gaivota, da John Graz a Tenreiro, da Geraldo de Barros a Fulvio Nanni, l'impegno per affermare un mobile che vuole essere moderno e brasiliano è delineato. , bello e confortevole, sofisticato e, se possibile, conveniente. Il percorso, noto come esempio di sforzi di modernizzazione in tutti i settori, è segnato dalle fluttuazioni del gusto, dall'irruenza dei progetti, dalla razionalità delle proposte e, non ultime, dalle difficoltà di attuazione, dati i ritmi improvvisati dello sviluppo .
La tipicità della linea evolutiva tracciata da Maria Cecília è evidente nel modo in cui vede il passaggio del mobile, da oggetto artigianale e opera d'arte a prodotto; oppure, da genere minore al design, essenziale nella progettazione architettonica. Dagli anni '20 ad oggi, l'evoluzione del mobile segue i cambiamenti avvenuti nella letteratura, nelle arti visive e nell'architettura. Le esperienze moderniste di Warchavichik, John Graz e Flávio de Carvalho; il progettualismo inaugurato a partire dagli anni '30 dall'architettura e la “specifica di progetto”, che risponde alle esigenze del binomio arte-tecnico degli anni '50/'60, trovano giustificazione nei progetti culturali e nelle trasformazioni strutturali di ogni situazione storica. Infine, la storia del mobile moderno in Brasile è un effetto dell'integrazione capitalistica e della modernità che rappresenta, anche se allucinata dal tema della “realtà brasiliana”.
Nel periodo 1950/60, giustamente considerato eroico, il design del prodotto raggiunse la maggiore età, in quanto l'affermazione di principi formali e lo sviluppo tecnologico consentirono la padronanza dei materiali e della produzione seriale e, contemporaneamente, una certa differenziazione nel mercato. assimilare un pubblico in cattività. E questo pubblico target era lo stesso che, culturalmente e politicamente, sarebbe stato in sintonia con il tumulto delle arti e del comportamento. Si capisce allora perché questa enfasi non venga mantenuta quando si tratta della produzione successiva, quella degli anni '1970/'90.
Una lettura totalizzante della più recente produzione di furniture design non è possibile, come avviene in ambiti affini, essa è dispersa, preponderantemente ricodificante e, spesso, nostalgica. La tanto ricercata articolazione di forma, funzione e produzione dei progetti moderni è stata fagocitata dal vortice del consumo di moda.
L'opera sembra costruire l'idea che, allo stesso modo in cui le arti hanno creato qui una particolare figura del moderno, unendo libertà sperimentale e critica culturale, a suo modo il design industriale ha offerto una produzione abbastanza significativa da cambiare abitudini e stili nel settore mobili domestici e funzionali; e ancora di più, che le vicissitudini dei progetti hanno esemplificato le disavventure della modernizzazione.
Tuttavia, forse non basta sottolineare che la specificità dei mobili brasiliani, ricercata in questi progetti, è dovuta principalmente alla “persistenza della presenza della lavorazione artigianale del legno”, all'apprezzamento di alcuni materiali brasiliani, cuoio e legno, dominanti nel periodo dell'affermazione, e il riferimento degli oggetti, soprattutto delle poltrone, a temi altrettanto brasiliani. Ciò non ha tuttavia impedito l'eccellenza e l'originalità del lavoro dei mobilieri moderni: progetti come Unilabor, Hobjeto e Mobília Contemporânea; di stili, come quelli di Joaquim Tenreiro e Sérgio Rodrigues; di soluzioni, come Poltrona Leve, Poltrona mole, Candango, per esempio. Questi non traducono un mobile brasiliano, piuttosto la sorprendente avventura dell'inventiva brasiliana.
*Celso Favaretto è critico d'arte, professore in pensione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'USP e autore, tra gli altri libri, di Tropicália: allegoria, gioia (Studio).
Originariamente pubblicato su Giornale delle recensioni, no. 02 del 01/05/1995.
Riferimento
Maria Cecilia Loschiavo dos Santos. Mobili moderni in Brasile. San Paolo, Studio Nobel/Edusp, 198 pagine.