da RICARDO EVANDRO S. MARTINS*
Essere bambini è questo potere di resistere al potere, il “potere di non giudicare” e di non condannare l'altro.
In Brasile, il giorno del patrono del paese può trovare molte coincidenze. Il 12 ottobre coincide con la Giornata dei bambini e il giorno di Nossa Senhora da Conceição Aparecida. L'UNICEF ha stabilito che il 20 novembre sia la Giornata mondiale dell'infanzia, ma in Brasile, per ragioni politiche e commerciali, dal 1924 questa data è diversa. E altra curiosa coincidenza, il 12 ottobre è anche la data in cui viene “celebrata” la cosiddetta scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo.
Nella città di Belém, nell'Amazzonia brasiliana, è possibile anche un'altra coincidenza. Ottobre è il mese della più grande processione cattolica del mondo, un culto di origine portoghese, portato dai colonizzatori: il Círio de Nossa Senhora de Nazaré. Infatti, la data del Círio ricorre ogni seconda domenica di ottobre, ogni anno, dal XIX secolo. Pertanto, poiché non esiste un giorno specifico del mese, non è raro che il Círio de Nazaré coincida con quello di Nossa Senhora de Aparecida e con la Giornata dei bambini.
Le storie delle immagini di Maria sono simili. Implicano l'apparizione insistente di una piccola immagine della Madonna in modo soprannaturale. Nel caso di Nossa Senhora de Nazaré, la sua storia potrebbe essere anteriore al culto portoghese e potrebbe aver avuto origine in Palestina, nella regione di Nazareth. Nell'immagine c'è Maria, che tiene in grembo Gesù. Gesù, bambino, un piccolo Cristo, il Dio-bambino generato da una donna umana, Vergine Santa.
Em Genera Dio (2017), il filosofo italiano Massimo Cacciari porta nel suo libro un'importante riflessione filosofica su “colei che partorisce, la Donna che ha generato il Figlio e, però, è anche colei che lo ha atteso, che lo genera senza saperlo lui, che lo cerca senza trovarlo, che lo trova e lo perde, che lo piange e lo ritrova o spera di ritrovarlo”. Massimo Cacciari ricorda che anche i filosofi che più hanno cercato di interpretare l'Europa e il cristianesimo, «gli Hegel e gli Schelling», però, «lo hanno quasi sempre ignorato».
Allora, partendo da Massimo Cacciari, in questo saggio intendo riflettere un po' di più su questo rapporto madre-figlio, Babbo-Cristo, Madonna-Dio, Maria-Gesù, ma, soprattutto, Maria-Bambino Gesù, nel suo grembo: Maria e il bambino, l'infante che è Dio, e quella soglia tra i due, il luogo dove il loghi si fece carne, dove «l'ombra di Maria lo protegge e nella quale medita, facendolo maturare e crescere verso il giorno», essendo anche il luogo dove «quel bambino è l'ombra che entrò in Maria».
L'immagine di un Madona, di una Madonna che porta un bambino, ci ricorda che Dio era un bambino nel suo grembo. Anche sotto la cura di San Giuseppe, suo santo patrigno, questo Dio-bambino è un soggetto tutt'altro che casuale nel vangeli. Poco si sa dell'infanzia di Gesù. Anche la teosofia ei vangeli apocrifi hanno cercato di far luce su questo periodo. Canonicamente, vale la pena ricordare l'opera di Papa Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù. di Vangelo, è possibile vedere che il bambino è l'infante, il nepios, quel piccolo che non può parlare, non può parlare. Massimo Cacciari ricorda i passaggi di Matteo (11,25) e Luca (10,21), in cui Gesù loda il Signore, il Padre, perché ha nascosto “queste cose ai sapienti e agli intelligenti” per rivelarle “a coloro che non possono parlare”.
non ancora Vangelo di Matteo, c'è un brano in cui a Gesù viene chiesto dai suoi discepoli: "Chi è il più grande nel regno dei cieli?" (Matteo, 18,1). In risposta, Gesù dice, chiamando un bambino e ponendolo in mezzo a loro: «In verità vi dico, se non tornate ad essere come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi si fa umile come questo bambino, quello è il più grande del cielo” (Matteo, 18, 2-5).
Ma cosa significa questa umiltà infantile? Perché loro, i piccoli, sono dialetticamente i “più grandi” nel Regno dei cieli?
Massimo Cacciari interpreta che c'è una saggezza dei bambini – nascosta ai saggi e agli intelligenti –, un linguaggio proprio di questi, di quelli che non sanno parlare, una certa “povertà del bambino”: “Quella di non giudicare , non dividendo, quello di sym-ballein [unire], la stessa sapienza di Maria, la più originale di tutte crisi [limite, decisione], come il silenzio è di ogni parola”.
nel vangelo apocrifo Libro dell'infanzia di Gesù, si narra che una volta Gesù fosse seguito da molti bambini per giocare con lui. Tuttavia, c'era un padre di uno di questi ragazzi che ha arrestato suo figlio quando ha saputo che usciva a divertirsi con il piccolo Gesù. Allora, «affinché non lo seguisse più, lo imprigionò in una torre fortissima e solidissima, senza buco né altra entrata se non la porta e una finestrella strettissima, che lasciava entrare solo un po' di luce».
E quando Gesù passava davanti alla torre, il suo amichetto esclamò: “Gesù, carissimo compagno, sentendo la tua voce gioiva l'anima mia e mi sentivo pieno di sollievo! Perché mi lasci imprigionato qui?”. Allora il bambino Gesù andò là e disse: “'Stendimi una mano o un dito attraverso il buco'. E fatto ciò, Gesù prese la mano del fanciullo e lo condusse per quella finestrella strettissima. Appena lo avesse tirato fuori dalla finestra, questo Gesù, tanto malizioso da far uscire l'amico dal castigo e dalla prigione impostigli dal padre, gli avrebbe detto: “Riconosci la potenza di Dio e nella tua vecchiaia racconta ciò che Dio ti ha fatto nella tua infanzia.".
Questa potrebbe essere una storia sull'incapacità dei bambini di giudicare e condannare qualcuno. Oltre a poter liberare qualcuno da una punizione, una punizione. Questo per la difficoltà che il bambino ha con quel dispositivo con il quale ancora non opera bene, non capisce molto bene le sue regole, il suo gioco: il linguaggio umano più ordinario, il linguaggio fatto di giudizi, che accusa, condanna, imputa, categorizza, aggettivi, punisce e imprigiona.
A proposito di questo, in il fuoco e la storia (2014), ispirandosi ai testi di Walter Benjamin, Giorgio Agamben afferma che “il mistero della colpa e della pena è, insomma, il mistero del linguaggio”. Il linguaggio è “ciò che unisce colpa e castigo”, ed è il mistero a cui misteriosamente partecipiamo quando cominciamo a parlare, quando siamo sulla soglia tra l'ingresso nel linguaggio e l'uscita da quello stato infantile. Questo mistero lo chiama Giorgio Agamben Mysterium burocratium; forse lo stesso mistero a cui fu sottoposto Gesù davanti a Pilato, san Francesco davanti al padre terreno, K. prima del processo a cui lui stesso va sempre dietro – e che lo punisce “come un cane!”.
Essere bambino, dunque, essere neonato, o essere “bambino” – come si dice comunemente in Brasile – è proprio questo potere di resistere al potere, il “potere di non” giudicare e non condannare l'altro. Essere ragazzi è riuscire a non accusare l'altro di un delitto, a non “demonizzare” cose e persone, imputandogli una pena e una colpa. Per entrare nel Regno dei Cieli bisogna diventare bambini, bisogna essere in quello stato tra il grembo materno e la maturità. Se le cose stanno davvero così, allora si può dire che, se la strada verso Dio è Gesù, una porta su questa strada è essere bambini, essere bambini.
Ma ciò che vengo a sostenere in questo saggio è che lo stato infantile è uno stato le cui madri possono provvedere, proprio come Maria accudiva e sosteneva suo Figlio, un bambino. Per entrare nel Regno dei Cieli, Gesù è la via, la verità. Ma sua madre, il suo esempio, il suo paradigma, possono guidarci nella necessità di essere “Parola Bambino”. Su questo Massimo Cacciari dice: “Entra nel Regno solo chi diventa come lui, come quel bambino che succhia il latte di sua madre. Immagine escatologica: la condizione finale, l'ultimo stato, sarà una festa degli innocenti.
La fine dei tempi e, poi, il tempo nella Gerusalemme celeste, nel Regno dei cieli, si possono dunque comprendere anche dallo stato infantile di Gesù e, ancor più, dal suo rapporto con la Madre. Lei, che ha redento Eva dalla disobbedienza originaria, è il luogo dove è sorto un Dio-bambino, il Verbo-bambino. La storia della venuta del Messia non è registrata solo attraverso le profezie dell'Antico Testamento, ma anche attraverso la storia naturale e soprannaturale che inizia con la sua gestazione nel corpo di Maria, Vergine, immacolata.
La Madonna, di Nazaré o Conceição Aparecida, Maria, figlia di Santa Ana, è proprio ciò che Massimo Cacciari designa: “la giovane madre e sorella, che si prende cura del ragazzo”. La misteriosa incarnazione rende Maria, la Madonna, incinta di Dio; la santifica: “[l']incarnazione del Loghi disincarna Maria”.
Lei è ciò che il monaco italiano Enzo Bianchi, in Maria, la benedetta fra tutte le donne (2021), chiama “Terra del cielo”. Maria è la “Terra dei Cieli”. Perché è la condizione per la possibilità della venuta terrena di quella dimensione umana di Dio. Maria è la donna che accoglie il Dio-bambino. È lei che la educa, con san Giuseppe, il ragazzo che crescerà e che risorgerà – ad incontrare per prima “Maria Maddalena e l'altra Maria”, che andarono a vedere la sua tomba (Matteo, 28,2).
Infine, le immagini di Nossa Senhora de Nazaré e Nossa Senhora Aparecida, a San Paolo e in Amazzonia, ci ricordano il “sì” che hanno dato all'angelo che annunciava il Messia, ma anche l'infanzia in grembo alla madre, come condizione di essere il più grande nel Regno dei Cieli: essere bambino, essere bambino, giocare con il linguaggio giudicante, disattivarne il mistero burocratico; Maria è la “Nostra Avvocata”, che aiuta, con la sua misericordia divina, a sovvertire e disattivare il satanismo dell'atto di accusare e di essere colpevoli.
*Ricardo Evandro S.Martins è professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federale del Pará (UFPA).
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