Nota al documento “Linee guida nazionali generali per il blended learning”

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da MARISA DE OLIVEIRA*

La teoria e il metodo che incarnano la proposta approvano solo un'educazione individualista e orientata al mercato

Il documento “Linee guida nazionali generali per il blended learning” [I], predisposto dal Consiglio Nazionale dell'Istruzione (CNE), è stato diffuso il 16 novembre 2021 non come proposta di rigida regolamentazione di questa “metodologia”, ma, come indica il titolo, come “linee guida generali in materia” (p. 12 ) in materia di istruzione di base e superiore.

la commissione bicamerale[Ii] della Giunta avvierà a breve una consultazione pubblica sulle linee guida e fisserà il 26 novembre 2021 come termine ultimo per l'invio dei commenti alla proposta: ha dato quindi alla società dieci giorni per esprimersi sul contenuto del documento.

Il documento si compone di una relazione e di una bozza di delibera. Sottolinea che la pandemia di COVID-19 ha portato alla discussione "revisioni, investimenti e incentivi per innovazioni metodologiche" ricercate da decenni, dando spazio a un processo inarrestabile che istituisca la flessibilità non solo del curriculum - che era già in essere con il BNCC approvato a dicembre 2017 –, ma anche didattica, attraverso la modalità a distanza.

Quanto a cosa sia “l'apprendimento ibrido”, la definizione più chiara del “metodo”, in mezzo a un'argomentazione piuttosto diffusa, è presentata a pagina 8, nello stesso paragrafo in cui sono esposti gli obiettivi della commissione:

“[…] la proposta proposta mira a rendere le attività didattiche più flessibili, intenzionalmente e in modo pianificato mescolando o alternando momenti di insegnamento e apprendimento in presenza e non in presenza.”

Su come avverrà questa “fusione” o “alternanza”, c'è un breve passaggio, rivelatore, a pagina 10:

“L'adozione di questo Apprendimento Ibrido implica [sic] incorporarlo nel Progetto Pedagogico dell'istituzione scolastica, cambiare il prototipo del suo disegno curriculare, essere responsabile di stabilire per ogni corso e ogni situazione concreta la dosimetria tra faccia a faccia e attività non faccia a faccia.” .

Il documento ribadisce che l'"apprendimento ibrido" sarebbe contemplato nell'articolo 23 della LDB (legge n.o 9.394, del 20 dicembre 1996) e che si tratta di un metodo, non di una modalità. In questo modo non va confusa con la modalità EaD, già regolamentata e molto presente, soprattutto, nell'istruzione superiore. Tuttavia, come ha osservato la professoressa Zara Figueiredo Tripodi, in un articolo pubblicato sul quotidiano O Estado de São Paulo, “[...] il sottotesto che occorre leggere è: mancava il metodo per la modalità già creata, così che l'insegnamento ibrido sarebbe di fatto pensato nella sua interezza e potrebbe così diventare una modalità definitiva.[Iii]

 

La difesa della proposta

La relazione con cui la commissione intende difendere la proposta è sconcertante sotto tutti gli aspetti, come l'uso abbondante e superficiale di parole come “nuovo”, “innovazione”, “flessibilità”, “dinamico”, “audacia”; nella valutazione distorta dei problemi dell'educazione brasiliana; nella disonestà con cui cita il pensiero di intellettuali come Paulo Freire, Lev Vigotski, Emilia Ferreiro, tra gli altri. Con tutto ciò, il documento non nasconde una visione dell'educazione come mezzo per accogliere i pochi in un sistema sempre più insostenibile, né che, con la proposta, mira allo svuotamento fisico e simbolico della scuola e dell'università. Un ulteriore passo, facilitato dalla chiusura delle scuole durante la pandemia, verso la “riforma della formazione aziendale”[Iv] a lungo auspicato da istituti privatisti e fondazioni rappresentate nel CNE.

Una proposta deleteria che si presenta come una proposta tesa a garantire “migliori risultati di apprendimento” non può che avere nella trama un insieme di fallacie. Senza ulteriori considerazioni, associa l'insegnamento faccia a faccia con "'aulismo' basato sulla memoria dello studente" (p. 11), "apprendimento significativo" con conoscenza meramente strumentale, lentezza con ritardo, agilità con progresso, connettività con la democratizzazione della conoscenza, ascoltare con l'essere passivi. Sul primo punto, emerge dalla relazione che nella scuola fisica non sono possibili “relazioni dinamiche” tra insegnanti e studenti, “apprendimento significativo” o “valorizzazione dell'esperienza extrascolastica”. Queste esperienze, che configurano l'educazione in linea con le “esigenze contemporanee” (che non vengono discusse, ma solo accolte), sarebbero irrealizzabili in un processo che non preveda un “apprendimento ibrido”.

Un altro errore degno di nota è quello che associa l'educazione digitale all'uso delle risorse digitali come mediatori nella didattica a distanza. Si afferma, a pagina 3, che “la tecnologia migliora l'agilità e aiuta a organizzare l'apprendimento, oltre a offrire l'opportunità allo studente di svolgere un ruolo attivo nell'uso delle risorse digitali. Nella scuola contemporanea, la tecnologia è una componente importante della pratica pedagogica, fornendo strumenti per agire e interagire con il mondo, che è sempre più connesso, ampliato e richiede nuove pratiche di apprendimento”.

Il documento non spiega perché l'educazione digitale come oggetto debba necessariamente essere mediata da risorse digitali in modalità remota. Come se non fosse possibile o opportuno che questi e altri contenuti vengano insegnati in privato[V] dello spazio fisico della scuola, dove insegnanti, studenti e altri partecipanti della comunità scolastica interagiscono tra loro.

Si sostiene inoltre che l'"apprendimento ibrido" secondo le linee presentate sia il contrappunto all'"educazione bancaria" contro la quale si è battuto l'educatore Paulo Freire. In nessun momento, però, viene esplicitato in che misura la “miscela” tra didattica in presenza e didattica a distanza contribuisca a un cambiamento in questa direzione, e nemmeno perché lo sviluppo di “nuove dinamiche e nuove forme di relazione” ( p.3) tra insegnanti e studenti non poteva svolgersi nello spazio fisico della scuola.

Sempre sul riferimento a Paulo Freire, uno stralcio a pagina 2 fa riflettere sull'“influenza” del pensatore sul disegno della proposta nel suo insieme:

“I rapidi cambiamenti richiedono un riposizionamento dell'educazione, nell'affrontare nuovi profili di relazioni allargate, forme di uso flessibile di spazi e tempi in presenza e fuori, con l'uso (o meno) delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, progettualità e modi di insegnare e Imparare. È necessario integrare conoscenze provenienti da tutti gli ambiti, unendo metodologie, attività, progetti e altre strategie, per comprendere i movimenti o gli eventi del mondo di oggi, in netto contrasto con la lentezza delle scuole tradizionali”.

È molto difficile sostenere che l'educazione per la quale ha lavorato Paulo Freire sia quella che prepara le persone ad adattarsi alle "esigenze di questo nuovo scenario" (p. 3), che non è nemmeno brevemente descritto, ma che, lo sappiamo, è caratterizzata dalla precarietà delle condizioni di vita sul pianeta, che colpisce in modo particolarmente brutale la classe operaia. E che dire della sezione in cui gli autori si interrogano su “come affrontare questa generazione ibrida, plurale e flessibile, senza conflitti generazionali e divergenze sociali”, a pagina 3? Un'educazione che certamente non prepara al conflitto e alla divergenza non sarebbe approvata da Paulo Freire; ancor meno un'istruzione che escluda gli studenti dai poveri.

A proposito di quest'ultimo aspetto, va notato che la disuguaglianza economica e sociale brasiliana è raramente menzionata nel documento. Per quanto riguarda gli studenti che non hanno accesso alle risorse necessarie per partecipare ad attività mediate dalle tecnologie digitali, come attrezzature, connessione internet e persino spazi adeguati per lo studio, tale “diversità” non disorienta i proponenti delle linee guida.

A pagina 7, in due sorprendenti paragrafi, si legge: “Questa mediazione di natura tecnologica, non necessariamente obbligatoria per l'effettiva difficoltà di connettere gran parte della popolazione brasiliana, finisce per diventare obbligatoria, poiché la cultura digitale è sempre più necessaria e essenziale nello scenario attuale. Tuttavia, il contesto non è pienamente presente, a causa della grande diversità della popolazione brasiliana, a causa della mancanza di garanzia di equità effettiva, sebbene questo sia un diritto costituzionale e legale.

È opportuno rilevare, invece, che tutte queste attività di carattere educativo possono e devono essere considerate come scolastiche e curriculari, nei termini definiti dal comma 1 dell'articolo 1 della LDB. Queste attività didattiche di Blended Learning contribuiscono efficacemente allo sviluppo del curricolo, in quanto gli ambienti di apprendimento non sono esclusivi di quelli rappresentati da ciò che accade nelle scuole, nelle loro aule o in altri spazi”.

Dallo stralcio emerge che gli studenti che non hanno le risorse tecnologiche per l'interazione a distanza rimangono nella modalità ibrida, cioè a distanza, senza interazione, come avvenuto durante il periodo della pandemia. Sembra che questi studenti in particolare possano fare a meno dell'apprendimento essenziale fornito dall'interazione con compagni e insegnanti attraverso le “tecnologie dell'informazione e della comunicazione”. Al CNE sembra ragionevole farlo.

A proposito, è anche molto significativo che non ci sia una sola riga sugli studenti che hanno bisogni speciali.

 

Frequenza

Il documento mostra grande preoccupazione per la creazione di meccanismi di registrazione della frequenza delle attività svolte da remoto. Come alle pagine 7, 8 e 9: “Riguardo a questa frequenza, infatti, l'Hybrid Learning, per la sua flessibilità in relazione a tempi e spazi, porta alla reinterpretazione del suo concetto, che va oltre la presenza fisica dello studente nella ambienti scolastici, generando la necessità di strumenti diversificati e adeguati per la sua misurazione e calcolo nel corso seguito dallo studente per consolidare il suo apprendimento. […] “Con lo sviluppo accelerato della modernizzazione delle attuali tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), si creano opportunità inedite e insolite per generare situazioni di apprendimento imponderabili. Nuove alternative di frequenza sincrona e asincrona possono essere conteggiate come attività in frequenza al di fuori dell'ambiente scolastico, 'qualora il processo di apprendimento lo suggerisca', ribadendo che la frequenza legalmente prescritta per i diversi corsi va oltre la presenza fisica dello studente nell'ambiente della scuola, valorizzare risultati di apprendimento più efficaci.”

Insieme a questa preoccupazione, si osserva ribadire che anche l'apprendimento extrascolastico è importante, se non fondamentale. I riferimenti ai teorici della postmodernità e alla LDB, su questo punto, servono a giustificare lo svuotamento della scuola e dell'università, questa volta del loro ruolo di trasmettitori di un sapere sistematizzato e legittimato e di promotori di dibattiti critici su questi contenuti la cui trasmissione è intraprende. Questo non vuol dire che ciò che impari al di fuori della scuola non ha valore. Si tratta solo di affermare che il processo scolastico comporta il contatto con procedure e saperi tipici di questa dimensione dell'educazione.

La “flessibilizzazione” del contatto degli studenti con questi saperi li priva di apprendimenti importanti, non necessariamente strumentali, e contribuisce alla dequalificazione delle istituzioni educative; conteggiando l'attività extrascolastica come attività scolastica, ottengono il carico di lavoro previsto dalla normativa per il completamento della formazione senza che la scuola e l'università adempiano al loro ruolo – e senza “gravare” sponsor pubblici e privati.

 

Insegnante

Certo, in questo scenario, il ruolo dell'insegnante diventa un altro, non di autorità, ma di “partner”. Spetterebbe a lui essere una sorta di mentore di “apprendimento attivo” in cui gli studenti si impegnerebbero con la forza della loro volontà. Del resto, secondo il documento, la conoscenza è sempre più disponibile a causa della maggiore connettività, e quindi l'insegnante perde il suo ruolo di “trasmettitore”. Si basa sul presupposto che l'insegnante, nella vita quotidiana della scuola, non fa altro che “trasmettere informazioni”, e anche che le persone apprendono da sole, motivate da “autonomia” e senso di “protagonismo”, in che ci deve essere "investimento". Il professore diventa un accessorio, in quanto la sua espressione di detentore di conoscenze insegnabili suona autoritaria. E facciamo attenzione al fatto che il documento non tratta di “insegnamento misto” ma di “apprendimento misto”. Niente di meno allineato alla teoria storico-culturale elaborata da Lev Vygotsky – citato qui solo perché citato, nel documento, come garante di quelle che la commissione chiama “metodologie attive”.

In ogni caso, la teoria e il metodo che incarnano la proposta avallano solo un'educazione individualista basata sull'idea di autosufficienza e sull'illusione della personalizzazione, al fine di preparare bambini e giovani a un ordine economico e sociale sempre più irrealizzabile. In pratica, la proposta che implica lo svuotamento della scuola e dell'università – e apre ampie opportunità di business agli imprenditori dell'educazione –, aggrava l'esclusione degli studenti dalle fasce più povere e rende ancora più precarie le condizioni di lavoro e di vita degli insegnanti.

* Marisa de Oliveira è un insegnante di lingua portoghese.

 

note:


[I] Documento disponibile su: http://portal.mec.gov.br/index.php?option=com_docman&view=download&alias=227271-texto-referencia-educacao-hibrida&category_slug=novembro-2021-pdf&Itemid=30192. Accesso: nov. 2021.

[Ii] Poiché riunisce le due camere che compongono il consiglio: la Camera dell'istruzione di base (CEB) e la Camera dell'istruzione superiore (CES).

[Iii] Apprendimento misto e Black Friday dell'istruzione. Disponibile in: https://politica.estadao.com.br/blogs/fausto-macedo/ensino-hibrido-e-a-black-friday-da-educacao/.

[Iv] Il concetto è presentato e sviluppato in FREITAS, LC Riforma aziendale dell'istruzione: nuovo diritto, vecchie idee. San Paolo: espressione popolare, 2018.

[V] La questione è trattata in questa prospettiva nell'articolo “Didattica ibrida: chi controlla gli algoritmi?”, di Luiz Carlos de Freitas, disponibile all'indirizzo: https://avaliacaoeducacional.com/.

 

 

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