Il Brasile dello sviluppo e la traiettoria di Rômulo Almeida

Janet Ledger, Il giorno del bucato
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da LEONARDO BELINELLI*

Commento al libro recentemente pubblicato di Alexandre de Freitas Barbosa

I paesi periferici tendono ad essere esigenti con i loro intellettuali. Primo: chiedono ainvenzione analitica”, perché i suoi soggetti sociali, politici e culturali sono contrari a molti dei presupposti che sostengono teorie forgiate nelle nazioni centrali, solitamente universalizzate in modo errato. D'altra parte, anche i paesi periferici tendono a invitare i propri intellettuali ad agire concretamente – sia in politica (in posizioni elettive o tecniche, o anche nella burocrazia di partito) sia in istituzioni socialmente capillarizzate, come i mass media. Insomma, richiedono anche un'abilità"politica dell'invenzione. In tali condizioni, i legami tra pensiero e vita sociopolitica diventano chiari.

È il caso del Brasile, dove dall'indipendenza – che quest'anno compie 200 anni – si è formato un pensiero originale, anche se non sempre sistematico, dedicato tanto a coglierne le specificità, spesso in connessione con influssi esterni, come il guidare pratiche capaci di superare le condizioni lasciate in eredità dalla colonizzazione.

Molte delle difficoltà e delle potenzialità coinvolte in questo processo teso sono indicate in due recenti libri dell'economista e storico Alexandre de Freitas Barbosa, Il Brasile dello sviluppo e la traiettoria di Rômulo Almeida (Alameda) e Un nazionalista riformista alla periferia del sistema: riflessioni sull'economia politica (Bella traccia).

Prima di esaminare ciascuna delle pubblicazioni, vale la pena richiamare l'attenzione sugli evidenti contrasti tra i due. Il vasto libro sulla traiettoria dell'economista bahiano Rômulo Almeida – originato dalla tesi di abilitazione dell'autore, difesa presso l'Istituto di studi brasiliani (IEB) dell'Università di São Paulo (USP) – rappresenta perfettamente lo stile di lavoro richiesto dalla routine Università. In essa troviamo una ricerca dettagliata su un personaggio importante, anche se poco conosciuto, nell'elaborazione intellettuale e politica di quello che l'autore chiama “Brasile evolutivo”, categoria sulla quale torneremo più avanti.

Già Un nazionalista riformista alla periferia del sistema: riflessioni sull'economia politica è un libro di un ordine completamente diverso. Contrariamente alla ricerca specialistica che ha dato origine al libro menzionato nel paragrafo precedente, Un nazionalista riformista raccoglie più di 40 testi da intervento Dl'autore, che trattano temi diversi come la storia intellettuale brasiliana, i dilemmi del Brasile contemporaneo (compreso il colpo di stato contro Dilma Rousseff e l'ascesa del bolsonarismo), il commercio internazionale, l'ascesa dell'economia cinese e la crisi globale che stiamo attraversando attraverso dal 2008.

In quanto non economista, cito in particolare gli articoli che trattano di economia politica, molti dei quali sono apparsi su riviste come Valore economico e Folha de Sao Paulo. Non solo rivelano la natura pubblica che presiede al pensiero di Barbosa, che non esita a proporre alternative, ma cercano anche di sintetizzare e spiegare i dibattiti economici e di renderli accessibili al pubblico non esperto in materia. Diventa così l'orientamento valutativo democratico della riflessione modo di pensare democratico, la cui forza acquista un effetto speciale se si tiene conto che i testi circolavano, il più delle volte, in spazi dominati dall'ortodossia economica.

Fatte le prime osservazioni, le domande che sorgono subito sono due: c'è unità in questa diversità? E cosa rivelano i libri sulla posizione dell'autore? Cominciamo con la tesi di abilitazione.

 

Un'analisi, due progetti

Dove iniziare? A cominciare dal titolo Il Brasile dello sviluppo e la traiettoria di Rômulo Almeida può essere appropriato perché rivela chiaramente gli elementi che articolano l'impresa di Barbosa. Elementi, tra l'altro, molto diversi, ma ugualmente importanti per la struttura del libro. In altre parole, sebbene la pubblicazione sia il prodotto della ricerca sulla “traiettoria di Rômulo Almeida”, in realtà è molto di più. Per interpretare il percorso dell'economista bahiano, l'autore si è trovato nella contingenza di costruire un ampio schema storico-interpretativo con diverse conseguenze.

Quindi il ruolo della nozione – o sarebbe un concetto? –“Brasile sviluppista”. A un lettore disattento potrebbe sembrare che questo sia solo il nome coniato da Barbosa per designare il periodo storico brasiliano compreso tra il 1945 e il 1964, classicamente noto come “Repubblica populista”. Il rifiuto dell'autore di designarlo in questo modo illumina il suo intento, reso esplicito nel sottotitolo dell'opera: richiamare l'attenzione sull'articolazione tra progetto, interpretazione e utopia (concetto ripreso da Karl Mannheim) sviluppata dagli "intellettuali organici del Stato" intorno ai legami tra "sviluppo" e "nazione". Sono le vicissitudini coinvolte in questa articolazione, e il ruolo svolto da Rômulo Almeida, ad essere in gioco nel libro.

Notiamo le polemiche implicite nella nozione di “Brasile in via di sviluppo”. Il primo, in una certa misura classico, è il rifiuto dell'interpretazione marxista gestata tra i sociologi dell'Università di São Paulo (USP) – detti “intellettuali critici dell'accademia” – per spiegare “il crollo del populismo”, come indicato in un famoso libro di Octavio Ianni, Il crollo del populismo. Invece di un handicap strutturale del progetto di sviluppo formulato da bohémien civici e altri intellettuali, l'autore sottolinea i problemi ciclico responsabile del colpo di stato del 1964.

Di qui l'enfasi data al agenzia di individui – in particolare, di intellettuali –, ben rappresentati nell'attenzione riservata all'ampia gamma di personaggi del dramma politico del periodo. Tra l'analisi della struttura sociale e la traiettoria unica di Rômulo Almeida, il libro, consapevole che una traiettoria politica e intellettuale non si svolge nel vuoto delle relazioni sociali, finisce per costruire una prosopografia del intellighenzia Brasiliano del periodo.

Più decisiva, invece, è la seconda polemica, che consiste nel negare che l'accumulazione di capitale operata dai militari debba essere intesa alla luce del concetto di “sviluppismo”. Più precisamente, questo non sarebbe un periodo di sviluppo, nonostante la partecipazione dello Stato allo sviluppo economico, proprio perché manca il utopia egualitarismo evolutivo. In termini mannheimiani, il 1964 rappresenterebbe il passaggio dall'utopia all'ideologia. Se è così, siamo, come si può vedere, di fronte a un concetto impegnativo di “sviluppismo”, che implicherebbe qualcosa di più della combinazione di pianificazione economica e enfasi sull'industrializzazione. Ciò richiederebbe un'invenzione politica, che è possibile solo da una combinazione di orientamento valutativo e immaginazione analitica.

Il ragionamento ha conseguenze di vasta portata e ci porta alla terza dimensione della polemica. In acque koselleckiane, stabilisce polemica con la storia stessa del concetto di “sviluppismo” in Brasile, basata, secondo l'autore, su un'insufficiente comprensione del suo significato originario - il che implica la messa in discussione di un altro canone storiografico, che interpreta i cinquanta anni compresi tra il 1930 e il 1980 alla luce dello “sviluppismo”. Si riverbera anche nel dibattito contemporaneo tra gli economisti brasiliani di sinistra, che discutono della dimensione “sviluppista” dei governi del PT (2002-2016). Nella prospettiva di Barbosa, la chiave sarebbe la presenza – o meglio, l'assenza, come vedremo più avanti – di un “progetto nazionale”. Insomma, la polemica sulla storicizzazione della storia, per così dire, non avviene per capriccio individuale, ma per un orientamento teorico e valutativo che le dà senso articolando una certa visione del passato ai dilemmi del presente.

Il ragionamento ci fornisce lo spunto per passare al grande personaggio del libro, Rômulo Almeida. La scelta non è scontata. Come sottolinea lo stesso Barbosa, l'economista bahiano, oltre ad essere poco ricordato, non è autore di saggi o opere classiche. Al contrario, i suoi scritti sono sparsi e di varia natura. In un certo senso, quindi, l'autore cerca di esaminare il “Brasile evolutivo” dalla prospettiva di un personaggio periferico (e/o periferizzato?) nella storiografia, sebbene centrale nella storia.

Spiccano due conseguenze di questa scelta. La prima: esaminando la storia da un punto di vista “prassista” (il termine deriva dallo stesso Almeida), il libro indica che essa è meno interessata a cogliere la coerenza ideologica forgiata in un sistema di idee e più interessata al processo storico. quindi in corso e nel modo in cui gli agenti interagiscono. Senza disprezzare il pensiero – in fondo, cosa sarebbero l'interpretazione, il progetto e l'utopia se non le idee? –, l'autore attacca il luogo in cui essa diventa forza produttiva, una volta articolata agli interessi dei diversi gruppi in conflitto.

In questo senso, ed è questa la seconda conseguenza su cui vale la pena richiamare l'attenzione, la poliedrica traiettoria di Rômulo Almeida permette di indicare che la posta in gioco non era ristretta al piano economico, sebbene questo fosse fondamentale. Nel criticare i presupposti di routine della periodizzazione storica sul periodo 1930-1980, Barbosa chiarisce: “Si parte dal presupposto che lo sviluppo è una questione di economisti ed è, quindi, limitato alla sua matrice economica. Niente potrebbe essere più lontano dal modo in cui pensavano Rômulo Almeida e gli intellettuali organici dello Stato» (BARBOSA, 2021, p. 521).

In questa prospettiva, è impossibile non notare l'affinità tra l'iconoclastia di Almeida e il modo in cui lo studio stesso è stato costruito. A differenza di chi cerca nelle nozioni canoniche sicurezza teorica e peer validation, Barbosa non esita a coniare concetti che, intrecciati, danno al libro un tono del tutto particolare. Oltre al già citato “Brasile evolutivo”, troviamo “frammenti di generazioni”, “intellettuali di mercato”, “intellettuali organici di Stato”, tra molti altri. Qui non è in gioco il dettaglio concettuale, ma la deliberata costruzione di una cassetta degli attrezzi utile a trasmettere il messaggio. Insomma, siamo di fronte a una concezione “prassista” del lavoro intellettuale.

Le osservazioni precedenti permettono anche di evidenziare l'importanza che Barbosa attribuisce agli intellettuali. Non perché li scelga come oggetti di studio in sé o perché porti, implicitamente, una concezione elitaria del processo di produzione e circolazione delle idee. Al contrario: nella prospettiva dell'autore, simile a quella dei suoi maestri ispiratori, gli intellettuali contano per il posto privilegiato che occupano nel processo di formulazione delle idee e per la capacità di metterle in pratica. Contano, quindi, non in se stessi, ma per loro posizione e funzione sociale. Siamo lontani da una concezione ingenua e acritica di questi personaggi, oggi in declino. Infatti, come vedremo nel testo che segue, Alexandre trae conseguenze teoriche e pratiche da questa concezione.

*Leonardo Belinelli ha conseguito un dottorato in scienze politiche presso l'USP, ricercatore associato presso il Centro per lo studio della cultura contemporanea (CEDEC) ed editore della rivista brasiliana di informazioni bibliografiche nelle scienze sociali (BIB/ANPOCS).

Originariamente pubblicato su Notiziario Luna Nuova.

 

Riferimenti


Alessandro de Freitas Barbosa. Il Brasile evolutivo e la traiettoria di Rômulo Almeida: progetto, interpretazione e utopia. San Paolo, Ed. Alameda, 2021, 580 pagine.

Alessandro de Freitas Barbosa. Un nazionalista riformista alla periferia del sistema: riflessioni sull'economia politica. Belo Horizonte, Fino Traco, 2021.

 

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