Il Brasile visto dall'Albania

Immagine: Adir Sodré
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da DANIELE BRASILE*

Commento al romanzo “Dossiê H”, di Ismail Kadaré

Ismail Kadaré è una figura notevole nel mondo della letteratura. Il fatto che sia albanese lo rende una specie di ornitorinco, un rarissimo esemplare endemico. Se fossi nato a Java o alle Isole Fiji, luoghi remoti che conosciamo solo attraverso le immagini del National Geographic, sarebbe comprensibile. Ma l'Albania è in Europa, confina con la Grecia, e solo poche miglia di Adriatico la separano dal tacco di uno stivale italiano. Tra Greci e Romani, dunque. Come mai un paese come questo è stato isolato per così tanto tempo dalla cosiddetta cultura occidentale? È vero che dopo la seconda guerra mondiale ha attraversato un'oscura dittatura comunista, ma che dire dei venti secoli precedenti?

Kadaré è diventato noto ai brasiliani dopo il suo bellissimo romanzo aprile in frantumi è stato sceneggiato per il grande schermo da Karim Ainouz e diretto da Walter Salles. Una tragica storia di tradimenti e vendette, in un'atmosfera quasi medievale, è stata trapiantata nel nordest brasiliano con talento e rispetto per la trama originale.

Ma Kadaré non è solo tragedia. Fascicolo H, scritto nel 1991, dieci anni prima di Abril Despedaçado, è molto divertente. Almeno fino alla prima metà della storia...

Due giovani irlandesi, studenti di lettere a New York, negli anni '1930, decidono di andare in Albania (allora regno, governato dal re Zog). Credono che lì ci siano accenni alla tradizione omerica, cioè l'Iliade e l'Odissea. Vogliono dimostrare che i rapsodi della cultura popolare albanese portano con sé i segni ancestrali della grande epica. I ricercatori prendono un dispositivo di nuova invenzione, un registratore, dove intendono registrare i canti omerici.

L'ambasciata albanese concede i visti, ma sospetta che si tratti di spie. Il sindaco della remota regione in cui si stabiliranno è incaricato di vegliare su di loro. La moglie del sindaco vede negli irlandesi l'occasione per una storia d'amore proibita, capace di portarla fuori dalla monotonia in cui vive.

La trama è creata. A poco a poco ci si immerge nella cultura contadina albanese, nella tradizione dei rapsodi, nell'isolamento della penisola balcanica. I conflitti tra tradizione e modernità, cultura erudita e popolare, scienza e superstizione sono sapientemente messi in tavola.

Per i membri di una fanatica setta oscurantista, il dispositivo che registra le voci deve essere distrutto, e questo aggiungerà una svolta sinistra alla trama. Kadaré riprende un tema ancestrale dello scontro tra scienza e conservatorismo: la verità non può essere rivelata.

Rileggendo l'opera nel 2020, in Brasile, non si può fare a meno di avere l'impressione che la storia si stia ripetendo, ancora una volta. L'avanzata di “sette di fanatici oscurantisti” è visibile in tutte le aree. La minaccia di cancellare video, film, registrazioni e cineteche è presente, ed è alimentata dalla fazione attualmente al potere. Il disinteresse per il sapere e la ricerca accademica è evidente, con tagli ai finanziamenti, attacchi alle università e abbandono dei musei e chiusura dei programmi di promozione della cultura. Abbiamo visto il grottesco sindaco di Rio de Janeiro formare una banda, pagata con soldi pubblici, per impedire registrazioni e segnalazioni sulla situazione sanitaria. Il diverso, sia esso nero, donna, gay, sindacalista o indigeno, è trattato come un nemico.

Una lettura distorta del libro 22 dell'Odissea, mesterofonia, dove Odisseo (Ulisse, nella versione latina) uccide tutti i pretendenti alla mano di Penelope - o al trono - potrebbe far nascere desideri mitologici per gli attuali detentori del potere. Poiché la lettura dei classici non fa parte del loro ristretto repertorio, si accontentano di ripetere procedure storiche condite di ignoranza, arretratezza e comportamenti da banda, con la connivenza della giustizia venale e di una legislatura corrotta. res publica dei Romani, è stimolata da chiese che anelano a un nuovo Medioevo, di crociate contro il “nemico”.

Em Fascicolo H, Kadaré ci coinvolge con il suo senso dell'umorismo, ea poco a poco svela la barbarie, portando a un finale drammatico, dove fonde magistralmente la leggenda del poeta epico cieco con la realtà che facciamo fatica a vedere. Delizioso romanzo, scritto da uno dei grandi maestri della letteratura contemporanea.

* Daniele Brasile é scrittore, autore del romanzo seme di re (Penalux), sceneggiatore e regista televisivo, critico musicale e letterario.

Riferimento


Ismail Kadare. dossier H. San Paolo, Companhia das Letras.

 

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