Il cinema da vicino

Gerda Osteneck, trota siberiana, 2016
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da JOSÉ GERALDO COUTO*

Commento al libro postumo recentemente pubblicato di Carlos Drummond de Andrade

Per chi ama la poesia e il cinema (a chi non piace?), è appena arrivato nelle librerie un prezioso volume: Il cinema da vicino, che riunisce testi in prosa e in versi di Carlos Drummond de Andrade dedicati all'argomento.

Organizzato da Pedro Augusto Graña Drummond, nipote del poeta, e dall'editore e scrittore Rodrigo Lacerda, il libro presenta cronache e poesie pubblicate tra il 1920 e il 1986, cioè dal 18° all'84° compleanno dell'autore. Oltre sessant'anni, quindi, di un rapporto discontinuo ma intenso con l'arte di muovere le ombre. In questo lungo periodo è cambiato il cinema, è cambiato il mondo, è cambiato il poeta. Ma la passione persisteva.

Spettatore insolito

Il lettore non deve aspettarsi riflessioni approfondite sul linguaggio o sulla storia del cinema. A differenza di colleghi come Vinícius de Moraes e José Lino Grünewald, o anche Caetano Veloso, Carlos Drummond de Andrade non era un critico che pensava in modo sistematico agli autori, agli stili, alla cinematografia. Il suo rapporto con l'ambiente era essenzialmente quello di uno spettatore tra gli altri. Non si considerava nemmeno un cinefilo, ma un “direttore della fotografia”.

Si scopre che non era uno spettatore normale, perché non era un uomo normale. La sua esperienza con il cinema è filtrata attraverso un vissuto, una sensibilità e un'intelligenza unici – ed è questo che i testi del libro mettono in luce.

Greta Garbo e Charles Chaplin

C'è, da un lato, una celebrazione allo stesso tempo appassionata e ironica dell'idolatria cinematografica, che nel suo caso si concretizza nel culto delle grandi muse dello schermo: Joan Crawford, Marlene Dietrich, Gloria Swanson, Claudia Cardinale, Catherine Deneuve e, soprattutto, Greta Garbo, alla quale ha dedicato pagine e versi infiniti. Il poeta inventò addirittura la visita della stella, in incognito, a Belo Horizonte. Quello che era uno scherzo sincero è diventato reale ed è durato decenni, anche dopo che l'autore lo ha negato.

La fissazione drummondiana per le muse cinematografiche è impressionante. La poesia “Retrolâmpago de amor visual”, pubblicata nel Giornale Brasile nel 1975 e incluso nel libro Discorso di primavera e alcune ombre (1978), elenca i nomi di ben 103 attrici, molte delle quali ormai dimenticate.

La passione per Greta Garbo è paragonabile solo all'ammirazione per Charles Chaplin, al quale Carlos Drummond de Andrade ha dedicato innumerevoli poesie e cronache, esaltando il personaggio di Carlitos come “forse l'unico mito permanente del nostro tempo”. In questo caso si tratta dell'armonia tra due immensi poeti impegnati nel dolore e nella gioia dei loro simili.

Pur non proponendo molto di pensare al cinema come mezzo espressivo specifico – come arte, insomma –, Carlos Drummond de Andrade è sempre stato attento al suo aspetto di fenomeno culturale, di modellatore e trasformatore di comportamenti. L'atto di andare al cinema, di condividere sogni, paure e desideri con estranei in una stanza buia: questo era ciò che interessava al poeta, che non si poneva al di sopra, ma al centro del pubblico.

Il fatto di aver seguito il cinema fin dall'epoca del muto, inizialmente nelle sale di provincia, e di essere stato testimone di tutte le sue trasformazioni nel corso dei decenni – l'avvento del suono, del colore, del cinemascope, dello splendore e della decadenza – ha dato a Carlos Drummond de Andrade una prospettiva ampia, segnata dalla nostalgia. e la malinconia provocata dalla percezione dello scorrere del tempo. Questi sono temi ricorrenti nella poesia in generale, e nella tua in particolare.

Nella malinconica riflessione sul tempo che non passa, ha un posto speciale il lamento per la fine dei cinema di strada, visti come templi della socialità, dell'educazione sentimentale, dei sogni collettivi.

Una cronaca pubblicata nel 1984 in Giornale Brasile inizia con il paragrafo seguente: “Questa Rio de Janeiro! L'uomo è passato davanti al cinema Rian. Al suo posto c'era un cantiere. In Copacabana Avenue, palo 6, l'uomo è passato davanti al Cinema Caruso. Non c'era Caruso. C'era un buco nero, in attesa del cantiere. Poi qualcuno gli ha detto: ‘L’ha comprato la banca’”.

Chiunque abbia vissuto negli ultimi decenni in una città brasiliana di grandi o medie dimensioni si identificherà in questo passaggio, come si è identificato nel bellissimo documentario ritratti di fantasmi, di Kleber Mendonça.

Colore e voce

Pur ignorando le specificità del linguaggio cinematografico, ed esprimendo addirittura una mancanza di pazienza nei confronti di autori come Godard, Pasolini, Antonioni e Bergman (“a causa dell'eccessivo genio delle sue creazioni”), Carlos Drummond de Andrade non manca di dimostrare qui e c'è un'acuta percezione della forma. Ad esempio in questo commento sul colore: “In bianco e nero le cose brutte fanno meno male, e le cose belle restano belle, con la possibilità di vestirci con abiti ancora più belli, creati dalla nostra fantasia. Il cinema in technicolor tende ad avere una volgarità che offende la nostra modestia”. Mi ha ricordato una citazione di François Truffaut: “Nel cinema a colori, il brutto entra da tutte le parti”.

Più che il colore, ciò che preoccupava il poeta era il doppiaggio dei film stranieri, contro il quale lanciò una vera e propria crociata, soprattutto dopo che un deputato presentò un disegno di legge che, se approvato, obbligherebbe tutte le produzioni a essere doppiate in inglese.

Tenendo presente la statura di Carlos Drummond de Andrade nella cultura brasiliana, il numero di film ispirati dalla sua opera è relativamente piccolo: una mezza dozzina di lungometraggi di finzione, altrettanti documentari. Il clou è ovviamente Il prete e la ragazza (1966), capolavoro di Joaquim Pedro de Andrade al quale il poeta dedica alcune pagine orgogliose e commosse. A proposito: il film Il prete e la ragazza È interamente gratuito su YouTube, in una copia molto ragionevole.

C'è molto umorismo e ironia nello sguardo che questo “cronista cinematografico attivo” rivolge al cinema, come lo definisce Sérgio Augusto nella sua illuminante prefazione al libro. A Itabira, Belo Horizonte e Rio de Janeiro, Carlos Drummond de Andrade ha vissuto il cinema come fenomeno culturale, come stimolo alla fantasia e come abitudine quotidiana. Vale la pena “ascoltare” la deliziosa conversazione di questo regista.

* José Geraldo Couto è un critico cinematografico. Autore, tra gli altri libri, di André Breton (brasiliano).

Originariamente pubblicato su blog di cinema do Istituto Moreira Salles.

Riferimento


Carlos Drummond de Andrade. Cinema da vicino: prosa e poesia. Organizzato da Pedro Augusto Graña Drummond e Rodrigo Lacerda. Rio de Janeiro, Record, 2024, 308 pagine. [https://amzn.to/3CE4ng4]


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