da FLAVIO AGUIAR*
Maradona ha carnevalizzato il calcio e carnevalizzato se stesso, facendosi il Grande Clown, dove il Clowning non è retrocessione, al contrario, è riconoscimento e assoluzione della precarietà umana
Ho letto molte osservazioni sul rapporto tra Maradona e Dio. Si andava dal ricordo del suo gol contro l'Inghilterra, nel 1986, “con la mano di Dio”, a quello in cui Maradona dimostrò che Dio può essere umano, e viceversa. Quest'ultimo, surrettiziamente, lo avvicinava a Cristo, Dio fatto uomo, all'Ecce Homo, nella frase attribuita a Pilato nel Vangelo di Giovanni. Maradona, esuberante, ma sacrificato sull'altare della fama e, per la gioia dei suoi oppositori ideologici, anche sulla droga.
Nessuno dei confronti mi ha soddisfatto. Hanno perso tutti per miglia. Perché il Dio di Maradona, se rivelato, è precristiano. È Dioniso, o Bacco. Erroneamente, questo Dio è associato all'illusione dell'ubriachezza, che è una dipendenza del consumatore. Il vino di Dioniso è quello della lucidità, “in vino veritas”, e la sua ebbrezza è quella del teatro, il fascino per l'illuminazione della vita attraverso lo spettacolo.
Dioniso era il Dio dai molti nomi; Bacco, o Bacco era uno di essi, associato a torto oa ragione all'arcaico dio Iacco che, per quanto si sa o si ipotizza, era venerato in maniera residua nelle processioni che celebravano i Misteri di Eleusi, uno dei riti più antichi dell'antica Grecia.
Potrebbe esserci infatti un legame arcaico con il Cristo dei Vangeli, perché i Misteri di Eleusi si discostavano dai culti agrari anteriori all'antica Grecia, che celebravano la morte e la rinascita delle forze della natura. Lo stesso Dioniso, si credeva, nasceva due volte, includendo nella sua traiettoria il superamento dello stigma della morte, come Cristo e, in certo modo, il teatro stesso: il personaggio tragico, morendo, rinasce su un altro piano, e per sempre, perché sarebbe colui che muore in uno spettacolo per rinascere in un altro poi e, come Dracula, succhiare il sangue dell'attenzione degli spettatori dediti alla lucidità estasiata delle passioni illuminate, pallido specchio nella platea di ciò che divinamente accade sul piano della finzione che ci allucina nel tempo, per riportarci più lucidi sul piano della “realtà”.
Così è stato con Maradona, che nasceva, moriva e rinasceva continuamente, che ha segnato un gol con la mano contro gli inglesi e un altro in cui ha dribblato l'intera squadra inglese, compreso il portiere, e allo stesso tempo ha riscattato il suo paese dalla sconfitta e dalla stupidità della Guerra delle Malvinas, provocata da una dittatura che stava morendo senza altra via d'uscita. Vietato l'accesso.
Maradona ha carnevalizzato il calcio e carnevalizzato se stesso, facendosi il Grande Clown, dove il Clowning non è retrocessione, al contrario, è riconoscimento e assoluzione della precarietà umana, è vendetta di uomini veri contro falsi dei dai piedi d'argilla, è concessione di dignità alla nostra debolezza di esseri umani, riconoscendo i nostri limiti, le nostre manie, elevandoci a una condizione di lucidità di fronte a ciò che siamo, abbiamo cessato di essere e vogliamo diventare: sopravvissuti.
Maradona era un sopravvissuto. Sopravvivere alla povertà, sopravvivere alla dipendenza chimica, sopravvivere alla deificazione capitalista del suo status di famoso calciatore. Ha negato il calcio come arricchimento per gli altri, ne ha fatto una gioia per sé e per la sua gente.
Maradona, il Dio che ha fatto della vita uno stadio dove ha ballato e ballato per sempre.
*Flavio Aguiar è giornalista, scrittore e professore in pensione di letteratura brasiliana all'USP. Autore, tra gli altri libri, di Cronache del mondo alla rovescia (Boitempo).