Il feticcio contemporaneo del denaro

Immagine: Bugg digitale
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da FABIO LUIZ SAN MARTINS*

L'uomo medio contemporaneo “idolatra” il denaro come un feticcio, ma paradossalmente questa idolatria ha una forte componente di realtà e necessità.

“Il denaro è la divinità visibile (…) è la meretrice generale, il ruffiano degli uomini e dei popoli. L'inversione e la confusione di tutte le qualità umane e naturali, il gemellaggio delle impossibilità -la forza divina- del denaro sta nella sua essenza di essenza generica, alienante e autoalienante dell'uomo. Il denaro è la capacità alienata dell'umanità” (Karl Marx. Manoscritti economico-filosofici)

“Non è altro che un certo rapporto sociale tra gli uomini stessi, che qui per loro assume la forma fantasmagorica di un rapporto tra cose. Pertanto, per trovare un'analogia, dobbiamo viaggiare nella regione nebulosa del mondo della religione. Qui i prodotti del cervello umano sembrano dotati di vita propria, figure autonome che intrattengono rapporti tra loro e con gli uomini. Così, nel mondo delle merci, accade con i prodotti della mano umana. Questo lo chiamo il feticismo che si attacca ai prodotti del lavoro non appena vengono prodotti come merci, e che è quindi inseparabile dalla produzione di merci" (Karl Marx. La capitale).

Questo maggio ricorre il 205° anniversario della nascita di Marx. Uno dei pilastri dell'analisi critica di Marx del funzionamento del capitalismo è la sua riflessione sul denaro e le sue funzioni nel sistema del capitale. Il denaro, secondo lui, agisce sulle decisioni e le motivazioni degli individui a tal punto che finiscono per attribuire poteri quasi divini al denaro. Marx chiama “feticistico” questo rapporto che gli individui del sistema capitalista intrattengono con il denaro: nelle società moderne il denaro è, allo stesso tempo, adorato e temuto, ricordando il culto che certe comunità primitive (“politeiste”) avevano per certi materiali (“ feticci”) che, secondo la credenza generale, avrebbero il potere di curare le malattie, eliminare i parassiti dai raccolti o addirittura concedere agli uomini la vita eterna.

Uccidi Bill 2, produzione cinematografica americana del 2004 diretta dal celebre Quentin Tarantino, non è solo un clamoroso film d'azione e d'avventura: ci sono anche diversi brani e dialoghi che invitano a riflettere sul nostro tempo, così ricco di orizzonti e possibilità, ma paradossalmente intriso di così molte brutalità, barbarie e oscurantismi. Tra le scene che compongono il film, ce n'è una particolare che richiama l'attenzione per porre in modo superficialmente critico una questione sulla vita umana, ma che, esaminata in profondità, rivela una concezione rassegnata e cinica del mondo.

A grandi linee, Kill Bill narra la storia della “sposa”, una pericolosa assassina, che dopo quattro anni di coma, intende vendicarsi di Bill (ex capo e amante) e del gruppo di assassini professionisti di cui è entrata a far parte. Ad un certo punto della storia, la “sposa” cerca di uccidere Budd, il fratello di Bill, e fallisce, perché, con un'abile mossa, Budd cattura la “sposa” e, poco dopo, la seppellisce viva (in uno di quegli innumerevoli scene di violenza esplicita e gratuita del film).

Poco dopo, Budd si impadronisce della potente e ambita spada da samurai utilizzata dalla "sposa" nella sua inarrestabile sete di vendetta e la vende, per 1 milione di dollari, a Elle Driver, una delle assassine del gruppo di Bill. Segue poi una scena impressionante: Budd apre la valigia dove era depositata la straordinaria somma, rimescola le mazzette di dollari con una gioia incontenibile, quando, poi, un serpente soprannominato “la morte incarnata”, gli salta in faccia, pungendolo mortalmente.

Esaminando più da vicino la scena, ci si rende conto di quanto Budd idolatri il denaro ei suoi poteri, e lo si vede anche nel modo in cui si accomoda sulla poltrona, dimostrando un atteggiamento di riverenza per la valigia piena di carte che rappresentano il denaro. È contento di quello che vede, perché l'idolo gli darà poteri inimmaginabili su uomini e cose, lui che fino a quel momento era un insignificante agente di sicurezza in un lugubre locale notturno.

L'idolo dei tempi moderni, però, è anche vendicativo con i suoi adepti, maledicendo con la morte chi sminuisce i suoi poteri e i suoi incantesimi: il serpente "incarnazione della morte" che fugge da mazzette di dollari è, mi sembra, un creativo metafora delle “bolle” finanziarie che, scoppiando, rovinano la vita a tanti che credevano nella sicurezza e nella comodità di un infinito “effetto ricchezza”, come nella crisi immobiliare nordamericana del 2008.

La teoria di Karl Marx del “feticcio del denaro” acquista così una veste cinematografica nelle scene che coinvolgono Budd (che rappresenta l'uomo medio contemporaneo) e la valigia piena di dollari accompagnata dall'“incarnazione della morte”.

L'uomo medio contemporaneo “idolatra” il denaro come un feticcio, ma paradossalmente questa idolatria ha una forte componente di realtà e necessità. Non si può vivere nel mondo del capitale senza denaro, poiché praticamente tutti i rapporti sociali sono basati su rapporti mercantili e, quindi, di “regolamento” di acquisti e vendite a pronti ea termine; il denaro funge anche da deposito di valore, può essere tenuto come garanzia contro eventualità future.

L'uomo contemporaneo “percepisce” il denaro come qualcosa di vitale nella sua vita, perché con esso non solo ha accesso al mondo dei beni e dei servizi, ma grazie ad esso è socialmente riconosciuto come persona. È come se la sua individualità e personalità trovassero espressione solo attraverso il denaro e le proprietà del denaro: l'uomo è uomo, pensa, si relaziona con gli altri, ama e vive, mette in atto il suo potenziale umano solo con e attraverso il denaro.

Il denaro, per quanto vitale nelle relazioni sociali, è percepito anche dall'uomo contemporaneo come una maledizione, come il serpente infido che incarna la morte. L'uomo contemporaneo percepisce il denaro come qualcosa di essenziale, come una chiave che apre tutte le porte, ma allo stesso tempo lo maledice, come una “cosa che non ha nome”, la morte stessa. In termini storici, basti ricordare le recenti e antiche guerre che furono combattute, con o senza travestimenti, in suo nome, del “vile metallo” e dei suoi segni monetari.

La percezione da parte dell'uomo contemporaneo dei poteri divini del denaro ricorda l'inizio dell'introduzione delle macchine alla fine del XVIII secolo. Le macchine arrivarono con la promessa di liberare l'uomo dal peso di un lavoro monotono e insignificante, ma per almeno la prima metà del XIX secolo nei paesi di industrializzazione all'avanguardia, i lavoratori non solo furono costretti a lavorare di più (svolgendo compiti più ripetitivi rispetto a quelli che esercitavano quando si lavora con utensili manuali) in quanto guadagnano salari relativi inferiori.

La macchina all'inizio della rivoluzione industriale era per gli operai la stessa “incarnazione della morte”: avevano il potere divino di generare ricchezze immensamente maggiori, impiegando sempre meno uomini, sostituendo i vecchi operai con grande qualificazione manuale. I lavoratori della vecchia rivoluzione industriale hanno maledetto i poteri divini delle macchine con le uniche armi a loro disposizione agli albori del movimento operaio: la distruzione di macchine ed edifici industriali.

Si vede, quindi, che la percezione media che l'uomo contemporaneo ha del denaro, raffigurato in Uccidi Bill 2, è legato alla lotta ingenua dei lavoratori luddisti nell'Inghilterra della metà del diciannovesimo secolo. Come i luddisti, le relazioni sociali che fanno del denaro un prodotto sociale, il risultato di relazioni sociali storicamente determinate e, quindi, creature sociali, non si riconoscono dietro il “velo monetario”. Il denaro, quando viene “feticizzato” come un idolo, mostra come l'uomo, il creatore, si sia arreso alla sua creatura: le transazioni monetarie tra individui sembrano avere poteri quasi divini, inspiegabili dalla ragione, come “l'incarnazione della morte” al tempo stesso che rende la vita possibile.

Il merito del film Uccidi Bill 2 doveva additare il problema, mostrando alla grande massa di spettatori gli stati di miseria e di sconsiderato allontanamento in cui vivono.

Siccome però l'origine dei poteri feticistici del denaro non viene compresa in tutto il film, che potrebbe consentire una critica veramente radicale del sistema del capitale, la sequenza delle azioni e la conclusione della scena con la morte dello sfortunato personaggio lascia la sensazione che l'umanità finché esisterà si sottometterà a una vita senza senso, dominata da cose essenzialmente prodotti del suo stesso lavoro che, tuttavia, la soggiogano come se ne fossero i signori e i creatori.

Da qui il carattere cinico di Uccidi Bill 2 (che si può estendere senza esagerare alla produzione cinematografica in genere): il film sembra gettare una luce critica sulla realtà quando ritrae, per immagini e dialoghi, la miseria e la stupidità della vita sociale contemporanea; riesce però a malapena a mascherare, di fatto, la presa in giro rispetto alle possibilità di trasformazione dell'odiata realtà, come se l'umanità, rivedendosi nei personaggi del film, non avesse altra alternativa che ridere delle proprie disgrazie e disgrazie . La critica della realtà capitalista nella “migliore” produzione cinematografica contemporanea è solo una copertura per un corteo di personaggi rassegnati, noiosi e beffardi.

* Fabio Luiz San Martins ha conseguito un dottorato di ricerca in economia presso l'Università Federale del Paraná (UFPR).


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