da ALIPIO DESOUSA FILHO
Introduzione dell'autore al libro appena uscito
In Brasile, i meticciato che hanno prodotto e producono il meticcio brasiliano (“nell’anima e nel corpo”, si è detto[I]) e che producono forme di coscienza e pratiche che hanno la logica delle mescolanze, delle giunzioni, delle approssimazioni, sono state, nel corso della storia e fino ai giorni nostri, concepite come minacce alle gerarchie e alle separazioni di classe e di status, quanto minacce alle distinzioni e alle le separazioni di “razze” (immaginarie).
Intese come, contemporaneamente, rotture nelle “separazioni” di “classe” e di “razza”, i meticciato venivano, continuamente, attribuiti alle classi popolari, come un vero e proprio atavismo dei loro individui, non essendo associati alle abitudini di coloro che provenivano dal “ extra”.
Così, squalificata come “abitudini della gente comune”, “costumi delle classi inferiori”, la sfiducia nei confronti del meticciato produsse non solo il suo disprezzo, da parte di settori della classe dominante, della classe media e di alcune élite sociali, ma, principalmente, ha dato origine a quello che io chiamo “elitarismo razzista”, che, nella società brasiliana, esiste come un’ideologia che guida le disposizioni ad agire che opprimono persone, gruppi e classi sociali a causa delle loro origini etniche, regionali e di classe.
Per elitarismo razzista, individui delle classi popolari (“razza mista nell’anima e nel corpo”; qui con disprezzo, e non come riconoscimento positivo) mescolano “ciò che deve rimanere separato”, sfidando “principi razionali”, “codici di civiltà”, “etichette di buona educazione” ecc. Si tratterebbe di strati sociali ostinati nel praticare “approssimazioni indesiderate” tra valori, regole, credenze, ecc., e, parimenti, tra classi sociali “non confondibili”, divise ideologicamente in “superiori” e “inferiori”, e subito anche concepiti come “miscugli” di “razze” diverse, ecco che scatta l’allarme di discriminazione razzista elitaria.
Questo perché, nelle disuguaglianze e gerarchie sociali che esistono nella società brasiliana, coloro che si considerano “superiori” lo fanno immaginandosi “socialmente e razzialmente superiori”; e, quindi, doversi dotare di tutto (segni di distinzione, dalla parola all'abbigliamento, spazi, possedimenti, ecc., a cui si aggrappano come le radici dell'edera si aggrappano ai muri) per garantire la separazione rispetto ad altre classi che, pur non essendo “superiori”, sono concepiti come “socialmente e razzialmente inferiori”. Quindi, quando la classe diventa “razza” e la “razza” diventa classe – un’intersezione che produce quello che io chiamo snobismo di classe razzista.
Potrei dire che l'elitarismo razzista è praticato da persone con pregiudizi sociali nei confronti dei neri, degli indigeni, dei meticci e dei bianchi delle classi popolari, i quali sono tutti sommariamente condannati all'abbassamento del loro status sociale a causa della loro condizione di classe e del colore della pelle , e ai quali vengono attribuite abitudini ataviche di meticciato, che disturbano “l'ordine delle cose”. Associando “classe” ad una “razza” immaginata, per questo elitarismo, chiunque non sia (l'immaginario) “bianco” delle presunte “classi superiori” si situa ideologicamente come appartenente alle “classi inferiori”, perché l'origine della classe nella le cosiddette “classi popolari” e il colore della pelle nera, meticcia o indigena indicano un posto inferiore nella struttura di classe della società; con cui si stabiliscono distinzioni e discriminazioni sociali che producono violenza quotidiana soprattutto contro i più poveri, colpendo la stragrande maggioranza dei meticci e dei poveri bianchi e neri della società brasiliana.
Ma come spiegare la sfiducia e il disprezzo per il meticciato che hanno dato origine a un tale elitarismo in una società fortemente costituita dal meticciato, fin dalle sue origini, e nella quale, in larga misura, concezioni del mondo, forme di coscienza e modi? dell'essere e dell'agire Sono pratiche di mescolanza di persone, idee, codici, valori, usi, cioè pratiche di avvicinare e non di separare, portate avanti senza disagio dalla stragrande maggioranza della società?
Un paradosso apparente, ma dissipato quando si sa che, nella società brasiliana, le idee e le pratiche vigenti (oggi e in passato) nell’azione della classe dominante, dei settori delle élite intellettuali e politiche e dei settori della classe media , così come attraverso l’azione dei vari poteri sociali, che eccellono in “separazioni” di ogni tipo, sono riproduzioni e aggiornamenti dei discorsi e delle pratiche del colonizzatore europeo, che, proprio all’inizio della colonizzazione, espresse il suo disprezzo per meticci e meticci brasiliani (accusati di non avere la “nozione di distinzione”).
Una produzione di proprietari di schiavi, governanti, missionari e viaggiatori che fu assimilata e divenne senso comune per alcuni settori sociali della società brasiliana, in particolare gli intellettuali. Come dimostrerò più avanti, un discorso che ha “fatto le menti” degli studiosi ed è stato assimilato, quasi senza sosta, anche dai ricercatori universitari, in particolare nei settori delle scienze umane. L’esistenza di pratiche di mescolanza razziale come modalità di azione sociale nella società brasiliana, dalle sue origini ad oggi, non ha impedito l’emergere simultaneo di sfiducia, pessimismo e disprezzo.
Mentre l’elitarismo razzista corrisponde all’ideologia delle separazioni di “ciò che non può essere confuso” (principalmente “classi” e “razze”), e con la quale l’immaginario su strutture, istituzioni e relazioni sociali rimane lo stesso, il meticciato corrisponde alle pratiche di congiunzioni e approssimazioni (di individui, classi e gruppi nell'uso degli spazi e nella circolazione dei corpi, dei valori, delle credenze, delle regole, ecc.), i cui effetti simbolici rappresentano – anche se non necessariamente – nuovi sensi e significati nell'immaginazione/immaginario sociale. Ma l’effetto simbolico delle congiunzioni e delle approssimazioni – nelle loro materializzazioni pratiche – è tale, nello spazio di una società autoritaria e gerarchica come quella brasiliana, da fare del meticciato oggetto di maledizioni, rappresentazioni dispregiative e repressioni, in quanto rappresentano la rottura delle separazioni che l’ideologia (dominante) cerca di farci credere che siano “necessarie”, “immodificabili”, “insostituibili”.
L’elitarismo razzista porta con sé ciò che io chiamo “meticciato di meticciato”. Un disagio identitario che colpisce i settori di classe sopra citati, a causa del disagio provocato dal meticciato, così come dalle pratiche socio-culturali che promuovono incroci dove l’ideologia elitaria agisce per istituire e mantenere le separazioni. Malcontento che prende anche la forma di disgusto di sé da parte di alcuni settori delle élite e settori delle classi dominanti e medie, perché sanno di essere anch'essi di razza mista (nel corpo e nell'anima), anche se lo negano. Un fenomeno psichico prodotto dalla coercizione mentale operata dall'ideologia razzista elitaria che queste classi sostengono e mettono in pratica.
Questo elitarismo, che si è costituito fin dai tempi del Brasile come colonia portoghese, crescendo nel fango del suo aggiornamento permanente, come disprezzo per i meticci, i meticci e i popolari, è arrivato fino ai giorni nostri. E forse ha trovato la sua espressione più pubblica, spudorata e cruda negli ultimi anni politici in Brasile, con quello che venne chiamato “bolsonarismo”, un’ideologia di estrema destra. Ciò non significa che non si sia manifestato prima politicamente e in molti modi o che sia solo un attributo dell'estrema destra politica o dei conservatori.
Lo snobismo razzista elitario è molto più diffuso nella società brasiliana. Tanto per fare un esempio, in un ambiente fantasiosamente progressista come le università, le manifestazioni di questo elitarismo razzista si verificano spesso attraverso gli atteggiamenti di professori e studenti, mascherati da mille eufemismi, manierismi, deittici e salami. Il lettore troverà questi argomenti trattati più avanti da me.
Il malcontento riguardo al meticciato, lo snobismo di classe, l’elitarismo razzista... tutto questo è nato e si è sviluppato come pratiche delle élite economiche, sociali, politiche e intellettuali e dei membri della classe dominante o della classe media, che hanno continuamente prodotto la squalificazione dei sindacati e approcci che corrispondono a pratiche di incrocio di razze, come uso io il termine, e di squalificazione dell’essere umano meticcio brasiliano, inferiorizzato come “moralmente ambiguo”, “debole”, “un ibrido privo delle qualità delle razze che mescola”, di “classe inferiore”, stigmatizzato come qualcuno che ha l'abitudine a pratiche non “virtuose” e “irrazionali” di mescolanze e approssimazioni, espressioni di “passioni”, “mancanza di buon senso”, “incultura”, “inciviltà”.
Elite e settori di classi dotati di potere di dire e di fare che si sono dedicati a trasmettere, all'intera società, il proprio disagio identitario rispetto al meticciato, attraverso vari mezzi, diffondendo credenze e rappresentazioni che squalificano il meticciato praticato nella vita quotidiana – il che include queste stesse élite; ma fanno di tutto per mascherare il fatto che sono anche meticci nel corpo e nelle pratiche. Meticciato che costituirebbero “ostacoli allo sviluppo economico, sociale e culturale del Brasile”, a causa del suo “ritardo” rispetto alla “modernità” e perché non siamo una società con le “istituzioni forti” dei paesi “sviluppati e civilizzati” società”.
La stigmatizzazione del meticciato come “pratiche di popolo”, e questo percepito come le “classi popolari” che praticano unioni, mescolanze e approssimazioni non volute, uniscono ideologicamente, nello stesso pensiero, conservatori, poteri di ogni tipo (politico, militare, ecclesiastico) , ecc.), liberali, politici “moderni”, intellettuali presumibilmente progressisti. La motivazione, più o meno palese, è sempre stata quella di impedire che “il popolo” restasse nelle abitudini di meticciato (le mescolanze insensate, scomode e non volute), che lo mantenessero nell'irrazionalità, nell'ignoranza e nell'arretratezza.
Pur avendo forza, l’ideologia della separazione non è riuscita, almeno finora, con la sua fantasia della “fine dei meticciato”, a tenere lontani i “due Brasile” dagli incontri per impedire ogni contatto, scambio, riavvicinamento, “contagi”. Le antropologie o sociologie della vita quotidiana nella società brasiliana forniscono un ampio resoconto di scambi, incontri, mescolanze, convivialità, comunicazioni e fusioni tra individui di diverse classi sociali, diversi gruppi etnici o diversi segmenti di status. Gli esempi abbondano nelle pratiche economiche, religiose, culturali e sessuali, evidenziati e analizzati da vari studi, ieri e oggi.
Così, l’immagine di un “Brasile meticcio”, che utilizzo per il titolo del mio libro, non è altro che un’allegoria, volta a portare in superficie il fantasma di certe élite e di certi settori della classe media e della classe dominante. che agiscono per squalificarlo come la parte inferiore e indesiderabile del Brasile, il che rappresenterebbe anche una minaccia per il Brasile presumibilmente non meticcio, il paese della “razza superiore” – presto fantasticato come “ceppo di origine europea”, “senza. piede in cucina”, “senza miscele”.
Il fatto è che, per la mentalità razzista, mescolare un uomo italiano con una donna svedese non è un meticciato; Ciò si verifica solo quando c'è una mescolanza di un uomo europeo con una donna africana o asiatica o latinoamericana; o anche quando si verificano “miscugli” di “gocce di sangue” di classi sociali dissimili. Il Brasile meticcio, quindi, non è una regione specifica, né una parte evidenziata della società, ma un insieme di pratiche disperse e forme globali di coscienza praticate nella vita quotidiana dalla sua porzione più ampia, se non da tutta.
Tuttavia, la tesi secondo cui le nostre abitudini di meticciato derivano dal fatto che siamo “un popolo che ha copiato i suoi peggiori costumi dal colonizzatore portoghese” è diventata un senso sociale, accademico e “scientifico” comune, inclusa la “consuetudine delle mescolanze”. la “propensione a equiparare classi e “razze”, il “disprezzo per le abitudini di distinzioni e separazioni”.
Non è così che il saggista Sérgio Buarque de Holanda, nel 1936, descriveva, con pessimismo, la formazione della società brasiliana, difendendo la tesi che abbiamo copiato dai portoghesi “la sua incoercibile tendenza al livellamento delle classi” e la sua “completa assenza [ …] di qualsiasi orgoglio di razza”?[Ii] Incredibile, vero?! Sì, l’autore sottolinea che abbiamo ereditato dal colonizzatore portoghese l’“assenza” di distinzioni di classi e l’assenza di tale “orgoglio di razza”. Il lettore avrà l'opportunità di vedere la mia analisi di questa idea e altre che l'autore ha pensato nella parte di questo libro che ho evidenziato per la critica alle interpretazioni del Brasile portata avanti da lui e da altri nostri interpreti.
Sintetizzerò così la massima dell’elitarismo razzista nel suo disagio rispetto al meticciato: affermiamo “l’orgoglio di classe e di razza che ci manca”, che, a causa della sua mancanza, a causa della colonizzazione, la società brasiliana è turbata (e irresoluta!), perché in lei prevale la primitiva pulsione atavica delle mescolanze che il suo “popolo” si rallegra di praticare, minacciando le separazioni “necessarie” e “insostituibili”! Per questo elitarismo razzista, è opportuno mantenere le distanze, le separazioni, le distinzioni di classe e di “razza”, come si immagina avvenga nelle società che avrebbero raggiunto “standard civilizzati”, “standard di urbanità”, “modernità” (sic ).
Per tutto ciò che rappresentano, il meticciato è una vittoria contro il razzismo. La nozione stessa di meticciato è un’antinozione (o antidoto) alle nozioni razziste di “razza”, “purezza” e “superiorità” razziale, così come alle pretese razziste di “miglioramento razziale” (e si dice anche che sia “miglioramento morale” per “razza”). Poiché, negli incontri umani tra individui di popoli ed etnie diverse, non è possibile stabilire arbitrariamente la prevalenza dell’uno o dell’altro genotipo o variazione fenotipica, la biologia ha il compito di fare il suo bellissimo lavoro, dando vita ai tipi umani più diversi .
In questo senso, le lotte degli indigeni e dei neri brasiliani (ma non solo) contro il razzismo si ritrovano nelle pratiche di meticciato, di approssimazioni, giunzioni, unioni, contro ogni ideologia di separazione ed elitario “orgoglio di classe e di razza”, alleato ad una maggiore spessore antropologico e storico.
Basandosi su un'archeologia del discorso del (del) colonizzatore e sull'analisi del ventriloquismo di questo discorso da parte di alcuni intellettuali brasiliani, cerco di criticare e dimostrare come, nella società brasiliana, il disprezzo per il meticciato come pratiche di scambio di diversità si è storicamente costituito, di mescolanze, sincretismi, giunzioni, approssimazioni, stigmatizzate come “cultura popolare”, “consuetudine della gente comune”.
E, allo stesso tempo, come questo disprezzo per il meticciato e le persone popolari diventi l’origine di un elitarismo razzista di alcuni settori delle élite intellettuali, politiche ed economiche, della classe dominante e della classe media brasiliana, perseguitati dal (immaginato, fantasticato) o reali) minacce alle separazioni e distinzioni di classe e di “razza”, cercando di offrire un contributo alla comprensione del fenomeno nella società brasiliana.
Nel corso del tempo, il discorso del colonizzatore di negare la società brasiliana a causa della sua razza mista e della sua gente ha fatto sì che, ancora oggi, questi settori soffrano di disagio con la propria cultura e identità. Il colonizzatore andava da un capo all’altro nelle sue rappresentazioni della nuova terra e della sua gente – dal paradiso all’inferno o da un popolo innocente e buono a un popolo incapace e incorreggibile – e questi settori, almeno finora, non sembrano disposti rivedere queste rappresentazioni, mantenendo considerazioni sulle persone dalla prospettiva del loro disprezzo.
Forse questa è la spiegazione del mantenimento, in Brasile, di un sistema sociale profondamente autoritario e repressivo nei confronti delle classi popolari. Nelle sue azioni, una società che mantiene l’idea di un “popolo disordinato” e “incorreggibile”, meritevole di sfiducia permanente nei confronti dell’apparato statale, dei diversi poteri sociali (militare, politico, ecclesiastico…) e di tutti.
L’autoritarismo e la violenza dell’azione di polizia in diversi stati e città, i sistemi giudiziari e carcerari che si sono mantenuti, fino ad oggi, fortemente orientati alla condanna, alla repressione e all’incarcerazione dei più poveri, siano essi neri, bianchi o di razza mista, sono esempi di il modo in cui la società brasiliana utilizza l'apparato statale per esercitare la repressione e il controllo delle classi popolari.
Non c’è dubbio, sulla base di tutti i dati, che abbiamo una delle forze di polizia che uccide di più al mondo. Uccidere è diventato una politica pubblica nelle concezioni e nelle pratiche delle forze di polizia brasiliane. Ma gli obiettivi di questa politica pubblica di uccisione, applicata dall’apparato di polizia brasiliano, sono soprattutto i corpi dei più poveri: quelli la cui classe già li fa appartenere a una “razza” o la loro “razza” già li fa appartenere a una classe. E la vita di tutti i giorni lo dimostra: la “classe” e la “razza” sono uccidibili…
L’elitarismo razzista ha la stessa disuguaglianza sociale come infrastruttura materiale e ideologica, nonché meccanismo di esistenza e ripetizione: un punto di partenza per far funzionare il gioco delle sue esclusioni sociali, simboliche e politiche. La disuguaglianza sociale in tutte le sue forme intersecanti: reddito, status di classe, istruzione, livello intellettuale, accesso ai consumi, identità di genere, sessualità, ecc.
O status persone ideologicamente retrocesse a causa del loro status di “classe inferiore” è solo l'inizio di ogni sorta di discriminazione: disattenzione nel servizio, opinioni dispregiative, espressioni offensive, discorsi di odio, insulti vengono lanciati per umiliare più facilmente i più poveri rispetto a quelli più favoriti per risorse e status sociale. E se a queste si aggiungono prima altre condizioni, come i casi delle donne povere, dei gay, delle lesbiche e dei transessuali e dei neri o dei meticci, è molto peggio.
Recentemente, nel Paese si è cominciato a parlare di razzismo “strutturale” o “istituzionale”. È importante sottolineare che in Brasile non esiste il razzismo istituzionale. Non esistono leggi che istituzionalizzino il razzismo nel Paese; Oggi non abbiamo l’istituzione dell’ apartheid. Il concetto di “razzismo strutturale” è pensabile solo se non viene confuso con l’idea che si tratti di qualcosa di strutturato con supporto legale statale. Tuttavia, con l’avvertenza, possiamo concepire l’esistenza di un razzismo strutturale e strutturante delle relazioni sociali nella società brasiliana, poiché, con il malessere elitario e razzista in relazione al meticciato e al popolare così radicato, struttura veramente mentalità, atteggiamenti, azioni , che comprende anche, ma senza supporto giuridico, le pratiche degli agenti dello Stato.
Nelle recenti elezioni nazionali, nel 2022, la xenofobia di alcune parti della società brasiliana si è manifestata apertamente e chiaramente nei confronti degli abitanti del Nordest, presumibilmente a causa delle loro scelte elettorali. Non si tratta di un fatto recente, anche se ha avuto maggiore visibilità nelle più recenti campagne elettorali del Paese. Ma diventa un errore considerare gli insulti xenofobi lanciati contro i cittadini del Nordest durante le elezioni come solo parte delle “dispute politiche” nazionali. Le elezioni sono solo una delle occasioni in cui si manifesta l’elitarismo razzista di parti della società brasiliana, quando assume anche la forma esplicita dell’incitamento all’odio della xenofobia regionalista.
Ma, sempre in tema di elezioni, non posso fare a meno di ricordare cosa accadde nelle elezioni per la scelta del Presidente della Repubblica, nel 1994, quando la mentalità razzista elitaria si espresse in termini arroganti per squalificare la candidatura di Luís Inácio Lula da Silva , in competizione per il posto con il sociologo Fernando Henrique Cardoso. Durante la campagna elettorale, un'attrice brasiliana ha detto questo durante un pranzo con i sostenitori della FHC: "in queste elezioni ci sono due opzioni: votare per Sartre o scegliere un idraulico"[Iii].
Nella stessa campagna, il sociologo francese Alain Touraine dichiarava: “se Cardoso non vince le elezioni, il Brasile rischia di sprofondare nel caos e nella violenza”.[Iv] Ebbene, l'internazionale dell'elitarismo razzista funziona e non spreca un'occasione: mette in azione voci interne ed esterne al Paese. L’elitarismo razzista non ha patria!
Non è nemmeno una coincidenza che alcune parti della classe dirigente, della classe media e delle élite brasiliane, fino ad ora, rimangano fortemente distanti da un progetto di società democratica in Brasile. La paura di perdere lo status di classe alimenta il panico di questi strati sociali con la semplice alternanza, attraverso le elezioni, di gruppi politici divergenti nel controllo politico dello Stato.
Il modello democratico di scelta dei governanti e dei rappresentanti politici è messo in discussione e la sua permanenza è minacciata, poiché visto come un meccanismo rischioso che può favorire la “venuta al potere” di forze sociali e politiche che modificano i loro privilegi. Sebbene parlino “a favore della democrazia”, la considerano un pericolo: una minaccia alla conservazione delle istituzioni e delle politiche che queste parti della società mantengono come se fossero immodificabili e insostituibili.
L’elitarismo razzista è così incompatibile con la democrazia che semplici politiche pubbliche di inclusione sociale da parte di questo o quel governo vengono ossessivamente soprannominate “comunismo” da segmenti della classe dominante, della classe media e di alcuni settori delle élite. E il fatto non è recente nella storia brasiliana. L’orrore delle politiche che mirano a migliorare le condizioni di vita dei tanti esclusi è tale che c’è ostilità verso le azioni volte a prevenirle.
Nato dal disprezzo per il Brasile meticcio e popolare, l’elitarismo razzista ha prodotto un disprezzo per l’inclusione sociale di coloro che sono esclusi da quasi tutto nella vita sociale, a causa delle strutture, delle relazioni e delle politiche prodotte e mantenute da questo stesso elitarismo.
*Alipio De Sousa Filho, scienziato sociale, è professore presso l'Istituto Humanitas dell'UFRN.
Riferimento
Alipio De Sousa Filho. Il disprezzo per il Brasile meticcio e popolare: genealogia dell’elitarismo razzista nella società brasiliana. Santos, Editora Intermeios, 2024, 160 pagine. [https://l1nq.com/uMmub]
note:
[I] Questa è una dichiarazione dell'autore del Pernambuco Gilberto Freyre, in Casa Grande e Senzala. Rio de Janeiro: Record, 1990, p. 283; il brano completo è: “ogni brasiliano, anche quello bianco, con i capelli biondi, porta nell'anima, se non nell'anima e nel corpo […] l'ombra, o almeno la sfumatura, dell'indigeno o del nero”
[Ii] PAESI BASSI, Sérgio Buarque de. Radici del Brasile. Rio de Janeiro: José Olympio, 1990, pag. 22.
[Iii] Come riportato, la frase è stata pronunciata dall'attrice Ruth Escobar. Vedere Folha de S. Paul,“Gli intellettuali criticano l'attrice Ruth Escobar”, edizione del 6 agosto 1994.
[Iv] In un articolo pubblicato da Folha de S. Paul, “Cardoso e la nascita del Brasile”, scrive il sociologo Alain Touraine. Folha de S. Paul, edizione del 31 luglio 1994.
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