da PAOLO FRANCHETTI*
Critica ad un articolo apparso sul Folha in difesa della lista Fuvest
1.
In un post sulla mia pagina Facebook ho registrato le mie prime impressioni sulla lettura di a articolo scritto da Maria Arminda do Nascimento Arruda, Aluísio Cotrim Segurado e Gustavo Ferraz de Campos Monaco, pubblicato a p. 3 del giornale Folha de S. Paul, il 17 dicembre 2023, dal titolo “Fuvest e la marginalità degli scrittori”. Sono rispettivamente il vicerettore dell'USP, il vicerettore degli Studi Universitari e il direttore esecutivo del Fuvest.
Mi ha colpito la mancanza di coerenza del testo, la leggerezza delle argomentazioni e l’arroganza con cui tre professori – nessuno dei quali noto per il suo lavoro di teoria o di critica letteraria – hanno affrontato una questione complessa, che ha innescato un dibattito serio, riunendo diversi intellettuali di indiscussa rilevanza nel settore.
2.
Quello che ho scritto, con tono coerente con il veicolo, è stato questo:
Ho appena letto, un po' divertito e perplesso, un articolo firmato da tre autorità dell'USP. L'argomento è l'elenco degli autori di lettura obbligatoria per l'esame di ammissione. Vi leggo, ad esempio, che “tradizionalmente il canone letterario ha valorizzato gli autori già affermati”. È difficile immaginare cosa intendessero gli autori. Tradizione, canone e consacrazione vi appaiono in una ridicola lapissada. Possiamo apportare variazioni a questi termini. La tradizione valorizza gli autori rinomati, la tradizione è la consacrazione degli autori, gli autori rinomati sono tradizione; il canone valorizza la tradizione, il canone è tradizione, il canone è consacrazione.
Potremmo pensare dal lato opposto: il canone ha valorizzato gli autori non consacrati, il canone ha valorizzato le opere non tradizionali, la tradizione è composta da autori non consacrati o non canonici. Mi chiedo quali concetti di tradizione, canone e consacrazione siano stati mobilitati in questa affermazione. Ma confesso che non posso... Comunque leggere altri passaggi dell'articolo permette di capire. È lì che puoi trovare l'orgoglio nella sua interezza.
È vero che sembra che ci sia stato un tempo in cui l'Università di San Paolo aveva, dalle sue cattedre, il potere o l'illusione di creare o guidare il canone. Ma credo che sia arrivato il momento in cui si potrebbe dire con certezza che l'emarginazione degli autori nelle scuole superiori è dovuta al fatto che essi “non rientrano nei requisiti del Fuvest”.
Si precisa inoltre che l'impegno del Fuvest è quello di “seguire il progresso della conoscenza e favorire l'assorbimento della ricerca più avanzata” da parte dell'istruzione secondaria. Ora, oltre a quanto ho già evidenziato, è sufficiente contrapporre questa affermazione ai nomi che compongono la petizione a cui questo testo risponde. Vi troviamo infatti un elenco di critici e professori (la maggior parte dei quali della stessa USP) che indubbiamente sviluppano ciò che si intende per “ricerca più avanzata” nel campo degli studi letterari.
Infine, è altrettanto infantile dire che la lista delle donne è nata come rimedio al fatto che gli studenti leggono i riassunti e non le opere (perché se così è, è chiaro che ora leggeranno i riassunti dei libri delle persone indicate) autori), in quanto la scelta non ha un carattere apparentemente militante – il che è vero solo se ammettiamo che la demagogia e il populismo si oppongono alla militanza aperta.
Il che, a pensarci bene, corrisponde a questa brillante scoperta che “tradizionalmente, il canone letterario ha valorizzato autori già affermati”. Il livello argomentativo delle tre autorità dell’USP non solo corrobora quanto già evidente nei colloqui con il direttore esecutivo del Fuvest, cioè l’impreparazione e lo scarso controllo sul campo letterario, ma anche l’autonomia della burocrazia ( le edicole sono uno dei segreti meglio custoditi!), a scapito del dibattito aperto e della valorizzazione della competenza scientifica in quello che era, un tempo, un modello dell'Università brasiliana.
3.
Ci sarebbe però altro da dire riguardo al superficiale articolo commentato dal post.
Un punto che merita attenzione viene involontariamente evidenziato nell'articolo. Vi si afferma infatti che “comporre la bibliografia obbligatoria del Fuvest conferisce prestigio agli autori, alle case editrici ed è una componente della costruzione del canone letterario”. La continuità è un tipico non sequitur: “La reazione alla lista recentemente pubblicata è un esempio eloquente in questo senso”. In altre parole: le reazioni alla lista costituiscono un esempio del potere di prestigio del Fuvest? Solo se è nel senso comune nelle agenzie pubblicitarie che qualsiasi menzione, positiva o negativa, pubblicizza e promuove il prodotto.
Perché è proprio un prodotto di cui si parla quando si parla di “case editrici”. Perché quando si tratta di opere “classiche” di pubblico dominio, nominarne una non promuove nessuna casa editrice. Ciò avviene solo quando vengono indicate opere pienamente valide sotto il diritto d'autore, cioè opere che sono monopolio degli editori che hanno stipulato contratti di esclusiva con gli autori o i loro eredi. Credo che in questo caso non sarebbe ingiusto o inappropriato sostituire il “prestigio” con il “profitto”.
Questo problema non viene affrontato nemmeno dalle autorità dell’USP, estasiate dal loro stesso presunto potere di canonizzazione e dimenticando opportunamente che le case editrici i cui autori sono scelti come letture obbligatorie da migliaia di studenti sono grate, perché guadagnano molto più del semplice prestigio. Così anche gli autori viventi o i loro eredi.
L’intero articolo si basa sull’arrogante vanteria del (presunto, ripeto) potere culturale dell’USP, dimenticando che la cosiddetta commissione segreta che elegge autori e case editrici è contestata, almeno in questa scelta della lista femminista, da molti dei insegnanti di lettere più importanti dell'università stessa.
Un altro punto importante su cui discutere, tenendo presente una lista così messa in discussione non solo per ciò che esclude, ma anche perché include un’opera non di fantasia, ma di antico attivismo femminista, è la stessa necessità o esigenza di liste di libri obbligatori.
Il testo affronta nuovamente il problema, senza apparentemente tenerne conto, quando afferma che «negli ultimi anni si è visto che le nuove generazioni non sono abituate a leggere le opere integralmente, preferendo informazioni provenienti da sintesi che finiscono per impoverire l'educazione dei lettori. studenti, eliminando lo spazio di riflessione e di immaginazione che offre l’accesso diretto alle opere”. Ora, credo che la pratica delle sintesi sia una funzione diretta dell'esistenza delle liste.
E un punto molto importante per la discussione sugli effetti sull’istruzione secondaria non viene nemmeno evidenziato: perché avere elenchi di opere? L'esame di ammissione è un esame pubblico. Essendo una competizione, ha un programma. Non vi sembra molto più sensato elencare in programma problemi e argomenti che stimolino la lettura, la fantasia e la riflessione? Dal mio punto di vista l'elenco dei libri obbligatori è una semplificazione che non fa nulla per diffondere il gusto della lettura o della riflessione sulla letteratura e sulla cultura.
A chi serve allora? Serve la stessa illusione, che lascia traccia in tutto l'articolo e ne è l'unica zavorra: che l'USP (o Unicamp, che pubblica anche le liste) possa, in questo modo, influenzare positivamente l'istruzione secondaria. Ma il documento stesso smentisce ogni speranza, nella misura in cui riconosce che i riassunti (e l’industria delle scuole cram, direi) soddisfano le esigenze dell’esame di ammissione. In questo senso non ci vuole un grande sforzo intellettuale per concludere che la raccomandazione dei libri al posto dei problemi letterari e culturali funziona nella direzione opposta a quella intesa dagli autori.
Resterebbe da dire, forse, che il direttore esecutivo del Fuvest presenta, dello studio e dell'insegnamento delle lettere, una visione altrettanto banale quanto l'articolo che condivide con gli altri: in un'intervista rilasciata in occasione della pubblicazione della lista, sostenne che, con questi autori e questi libri si potrebbe continuare a insegnare nelle scuole letterarie. Da quello che abbiamo visto, forse si tratta dello stesso livello della commissione segretissima che ha redatto l'importantissima lista, poiché nessuno dei suoi membri ha fornito alcun aiuto alle tre autorità, per evitare che si esponessero al ridicolo.
In effetti, non credo valga la pena continuare ad analizzare e commentare questo debole articolo scritto a sei mani (quattro maschili e due femminili, tra l'altro). Ciò che è già venuto alla luce sembra bastare a dimostrare pienamente quanto sia più conveniente, nell’ambito del Fuvest (e, per fortuna, come dimostra il Lettera aperta pubblicato sul sito web la terra è rotonda, non nei dipartimenti competenti dell'USP) la discussione sul ruolo formativo o informativo della letteratura a scuola.
*Paolo Franchetti È professore nel dipartimento di Teoria della Letteratura presso Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di Informazioni sull'insegnamento della letteratura (editore Unesp). [https://amzn.to/47cgf2M]
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