da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*
Stabilire i rapporti di forza necessari per cambiare la realtà della sottomissione agli eccessi sempre più spudorati e illimitati del grande capitale
1.
Negli ultimi anni, dal 2017 al 2022, la classe operaia ha subito attacchi estremamente forti e diversificati. In questo contesto si inserisce la PEC della “fine del mondo” (CE 95/17); la “riforma” del lavoro (L. n. 13.467/17); la “riforma” delle pensioni (CE 103/19); e, durante la pandemia, i deputati 927 e 936 del 2020.
Durante la pandemia, infatti, gli attentati si sono posti al livello di un’autentica necropolitica, attraverso la quale è stata tolta la vita a migliaia di lavoratori o indebolita la salute di migliaia di lavoratori.
In quell’occasione, il 1 maggio 2020, ho pubblicato un testo (qui) in cui, ricordando che la giornata in questione segna le lotte dei lavoratori per il miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro e ricordando anche che da anni la classe operaia viveva già da anni la situazione di lottare semplicemente per la conservazione dei diritti conquistati , ha attirato l'attenzione sul fatto che in quel momento di estrema tragedia c'era un'opportunità per la ricostruzione della coscienza di classe e l'unificazione della classe operaia, che le avrebbe dato maggiore forza per affrontare il capitale, poiché, almeno retoricamente, la società borghese ammetteva l’essenzialità del lavoro e, di conseguenza, la rilevanza del lavoratore e della lavoratrice, puntando soprattutto sui segmenti finora più invisibili.
Ha sostenuto la necessità di una ricostruzione della classe operaia, al fine di considerare come autentici solo quei movimenti operai (nel settore pubblico o privato) che: (a) non hanno come scopo la difesa esclusiva degli interessi immediati di un una certa 'categoria' di lavoratori (sovrapponendosi ancora di più agli interessi di un'altra “categoria”). La “categoria”, infatti, era un concetto formale, giuridicamente stabilito, per dividere la classe operaia;
(b) organizzarsi al fine di difendere gli interessi della classe operaia nel suo insieme, integrando necessariamente coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro; (c) si basino sulla piena uguaglianza dei diritti e sull'equa divisione dei compiti tra uomini e donne, coprendo gli ambienti pubblici e privati, compresa la lotta contro tutte le forme di discriminazione basate sul genere e sull'orientamento sessuale;
(d) “avere come punto di partenza fondamentale l'uguaglianza dei diritti tra i lavoratori in generale e i lavoratori domestici, integrati, in breve, nella classe operaia politicamente organizzata; (e) superare la divisione in classi determinata dall'outsourcing; (f) affrontare in modo obiettivo e senza compromessi tutte le questioni (anche nella vita privata) legate al razzismo e al sessismo; (g) integrare i lavoratori informali e, soprattutto, coloro che forniscono servizi attraverso applicazioni al centro delle loro preoccupazioni, nella richiesta di parità di trattamento e di espansione dei diritti.”
2.
Tuttavia, le cose in ambito sindacale non si sono mosse in questa direzione, per cui abbiamo continuato a sperimentare le lotte di frammenti sconnessi e talvolta anche contraddittori di categorie di lavoratori.
Il 1° maggio 2021 siamo giunti alla fase profonda della strage e, in un nuovo testo (qui), sosteneva che “il rovesciamento della tragedia umanitaria, sociale ed economica nella quale ci troviamo dipende essenzialmente dalla reazione collettiva della classe operaia”. Ha denunciato anche i mali dell’immobilità causati da un certo uso della tragedia come argomento per la successione elettorale che sarebbe arrivata, nel 2022.
Come spiegato nel testo: “Ma vale anche la pena dire che la smobilitazione e il mantenimento dello stato di cose attuale sono ugualmente promossi dalla difesa e dalla speranza che tutto si risolva – e solo allora accadrà – nelle elezioni del 2022”. , anche perché ogni vita perduta fino ad allora non potrà essere recuperata.
Dobbiamo ammettere con urgenza che stiamo vivendo una tragedia, che impone a tutti noi azioni di emergenza”.
Di fronte all’approfondimento delle formule di lavoro precario, all’approccio radicale adottato dal governo per servire esclusivamente gli interessi del grande capitale e all’assenza di una reazione forte in termini di organizzazione sindacale, azione politica o intervento istituzionale, la classe operaia, atomizzata , si è trovata nell'emergenza di mobilitarsi per difendere, come poteva, la propria vita. Era il tempo dei cosiddetti “scioperi sanitari”. Scioperi il cui unico obiettivo era l'imposizione di condizioni di lavoro che potessero ridurre i rischi per la salute e la sopravvivenza dei lavoratori.
E la reiterazione degli attacchi ai diritti dei lavoratori stava diventando così gigantesca che era ancora necessario instaurare un dibattito giuridico sulla legittimità di una mobilitazione in difesa della vita. Ho dovuto esprimere, contraddicendo le posizioni opposte, che, ovviamente, i lavoratori sono persone come le altre e che, quindi, hanno il diritto inalienabile di proteggere la propria vita, sia che questa difesa si chiami “sciopero” o qualunque altro nome…
Ecco perché nel citato testo si afferma che: “Gli scioperi della salute e della solidarietà (di qui, compresa, l’essenzialità dello sciopero generale della sanità) trovano fondamento giuridico nel principio secondo cui la difesa dei diritti fondamentali, come il diritto alla vita (la principale), non dipende da una legge che lo garantisca o ne definisca le modalità di esercizio”.
Per quanto riguarda le atrocità commesse contro la classe operaia durante il periodo della pandemia, è molto importante sottolineare ora un aspetto, al quale ho fatto riferimento anche in diversi testi scritti all’epoca: come il calcolo elettorale, finalizzato alle elezioni del 2022, abbia promosso una stato di anestesia e immobilità di fronte alla tragedia umana vissuta nella pandemia e quanto ciò abbia contribuito ad aggravare e prolungare la sofferenza della classe operaia (Vedi esempio qui).
Ciò che si cercava di farci credere era che la situazione strutturale sarebbe cambiata solo con l’elezione di un nuovo governo, guidato da Luiz Inácio Lula da Silva. Nello specifico, non è stato fatto nulla contro l’intero massacro della classe operaia perché, dal 2023, con la vittoria elettorale, tutto si sarebbe corretto.
3.
E ora, 1 maggio 2024, a più di un anno dalla vittoria elettorale, cosa resta per la classe operaia? Subisci più attacchi! Questa risposta non è il risultato di un’interpretazione o di una valutazione soggettiva. È la spiegazione di fatti che, del resto, parlano da soli.
Ora, quello che si è visto è che: (a) tutti i termini della “riforma” del lavoro sono stati mantenuti; (b) tutti i termini della “riforma” pensionistica sono stati mantenuti; (c) non è stata attuata alcuna iniziativa per assumersi la responsabilità storica della necropolitica portata avanti dal governo precedente;
d) non è stata intrapresa alcuna iniziativa per ampliare i diritti: stabilità o garanzia dell'occupazione: abrogazione della legge incostituzionale sullo sciopero del 1989; eliminazione dell'esternalizzazione, anche nel settore pubblico; revoca della banca del tempo; espansione e applicazione dei diritti dei lavoratori domestici; garantire l'autogestione dei sindacati, compreso il finanziamento;
(e) è stata attuata una “riforma” fiscale che non risponde alla logica di distribuzione della ricchezza socialmente prodotta; (f) è stata inviata al Congresso una “riforma” amministrativa che non dà priorità al servizio e ai dipendenti pubblici; g) è stato presentato al Congresso un disegno di legge che esclude il rapporto di lavoro mediante ricorso e la cui difesa è stata portata avanti, dallo stesso Presidente della Repubblica, con attacchi al CLT, sullo stile di Paulo Guedes, ministro dell'Economia dell'ultimo governo.
Come se ciò non bastasse, in veste di datore di lavoro, il governo ha offerto ai professori e ai dipendenti delle università federali un “riadeguamento” dello 0,0%, rafforzando allo stesso tempo la logica neoliberista sostituendo la politica salariale con un aumento dei benefici, le cui l’esistenza si fonda sulla violazione del patto di solidarietà, dal momento che da esso è stato strategicamente e artificiosamente escluso il concetto di salario, sul quale, come sappiamo, gravano contributi sociali e imposte.
Dal punto di vista concreto, questo 1 maggio 2024 sarà segnato:
– per lo sciopero nelle università federali.
– a causa del numero record di morti di motociclisti (corrieri, quasi tutti), nella città di San Paolo, nel primo trimestre (https://www1.folha.uol.com.br/cotidiano/2024/04/apesar-de-expansao-da-faixa-azul-mortes-de-motociclistas-crescem-na-cidade-de-sp.shtml).
– per il lavoro ancora ricorrente in condizioni simili alla schiavitù (https://noticias.uol.com.br/cotidiano/ultimas-noticias/2024/04/30/operacao-resgata-70-garimpeiros-em-situacao-analoga-a-escravidao-no-am.htm).
– per il dato concreto che il 78% dei 1.132 scioperi effettuati in Brasile nel 2023 avevano ancora come obiettivo centrale la difesa dei diritti già conquistati(https://www.dieese.org.br/balancodasgreves/2024/estPesq109Greves.html).
– e per la totale assenza di lotta contro tutto questo stato di cose, per non destabilizzare, come si suol dire, la governabilità.
Ma ancora peggio è stato vedere la realizzazione di un atto unitario, organizzato da CUT, Força Sindical, UGT, CTB, NCST, CSB Intersindical Central da Classe Trabalhadora, previsto allo stadio Corinthians, alla presenza del Presidente della Repubblica, in oltre a leader sindacali, ospiti rappresentanti dei movimenti popolari e della società civile organizzata, parlamentari, leader di partito, ministri e autorità del governo federale, e artisti, con l'agenda generica della lotta “'Per un Brasile più giusto', con un focus sull'occupazione dignitosa , la correzione della tabella delle imposte sui redditi, la riduzione dei tassi di interesse e la rivalutazione dei dipendenti pubblici” (https://www.brasildefato.com.br/2024/04/30/com-lula-em-sp-1-de-maio-tem-atos-em-todo-o-pais-confira-programacao), senza cioè citare tutte le situazioni sopra elencate, la cui esistenza è sintomo sia della preservazione, a vantaggio del capitale, di tutti i meccanismi al servizio del supersfruttamento del lavoro, sia del controllo delle organizzazioni operaie dalla classe politica al potere.
Dopo tanti attacchi e enormi sofferenze, sarebbe ora che, con l’essenziale unità di classe, cioè senza escludere nessuno, i lavoratori dimostrassero la loro forza, che senza dubbio può anche stabilire i rapporti di forza necessari per cambiare questa realtà di sottomissione agli eccessi sempre più spudorati e senza limiti del grande capitale e che, di fatto, ha costituito causa ed effetto del colpo di stato del 2016 e che si è solo consolidato con l’arresto arbitrario e illegittimo del presidente Lula.
Tuttavia, il 1° maggio annunciato, quando viene chiarito che importanti rappresentanze della struttura sindacale brasiliana non propongono un capovolgimento della realtà esistente nel mondo del lavoro, non si oppongono alle attuali iniziative dei sindacati sociali e sindacali. regressione e sono ancora soggetti alle vicissitudini della politica di negoziazione congressuale, in cui gli ordini del giorno graditi al capitale vengono accettati come parte del processo negoziale, ciò che ha come effetto è un atto politico che finisce per significare una forma di legittimazione di tutti gli effetti dannosi del crollo dell’istituzionalità a cui siamo sottoposti dal 2016, compresa la deposizione di Dilma Rousseff e l’arresto del presidente Lula, oltre a costituire un’esplicita negazione del potere storico della classe operaia.
Meno male di, in altre mobilitazioni, la lotta continua...
Jorge Luiz Souto Maior è docente di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Danni morali nei rapporti di lavoro (Redattori dello Studio) [https://amzn.to/3LLdUnz]
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