da JORGE LUIZ SOUTO MAIOR*
Ci sono stati diversi movimenti e mobilitazioni per recuperare l’ordine democratico, ad eccezione della “riforma” del lavoro
In una recente decisione, il ministro della STF, Dias Toffoli, ha classificato l'arresto di Lula come “uno dei più grandi errori giudiziari nella storia del Paese”. Come ha affermato il Ministro: “A causa della gravità delle situazioni spaventose presentate in questi atti, sommate alle numerose altre decisioni emesse dalla STF e rese pubbliche e note, sarebbe ora possibile concludere, semplicemente, che l'arresto del denunciante, Luiz Inácio Lula da Silva, fino a poter essere definito uno dei più grandi errori giudiziari nella storia del Paese”.
Il 21 agosto, la TRF (Tribunale Regionale Federale) della I Regione, a Brasilia, ha confermato una decisione che intentava un'azione di improbabilità contro l'ex presidente nel caso di “pedali fiscali”, come si è saputo dell'apertura del credito di bilancio. senza l'approvazione del Congresso.
Il 28 agosto, il banco del PT alla Camera ha presentato un progetto per annullare simbolicamente l’impeachment dell’ex presidente Dilma Rousseff, subito nel 2016. Secondo la notizia: “L’obiettivo è riparare il recente passato, correggendo uno dei più grandi errori legali errori che i politici hanno perpetrato contro una donna seria, onesta e dedita alla causa pubblica, Dilma Vana Rousseff, quando le è stata ingiustamente sanzionata la perdita della carica di Presidente della Repubblica”.
Il fatto è che ci sono stati diversi movimenti e mobilitazioni, con ricadute mediatiche e istituzionali, per recuperare l’ordine democratico. In questo modo potrebbero svolgersi le elezioni per la presidenza e il candidato eletto potrebbe effettivamente prestare giuramento. Il tentativo di colpo di stato non ha avuto alcun effetto e, attualmente, alcuni dei responsabili degli attacchi agli edifici pubblici, alle istituzioni e alla democrazia vengono puniti.
In altre parole, la difesa della democrazia è all’ordine del giorno, generando anche la creazione di improbabili eroi; e, in un certo senso, le persone pubbliche più direttamente colpite vengono riparate.
Ma c’è ancora molto da fare per una completa riparazione storica, poiché queste “correzioni” ignorano solennemente le enormi sofferenze subite da milioni di lavoratori brasiliani nello stesso periodo, cioè dal 2016 in poi, quando iniziarono a verificarsi attacchi alla democrazia. .
Una sofferenza che, peraltro, si è aggravata durante la pandemia, visto il disprezzo per la vita promosso dall’allora Presidente della Repubblica e la sua necropolitica, peraltro adottata, che ha colpito migliaia di lavoratori, soprattutto uomini e donne neri, la maggioranza nei settori più precari attività – che, contraddittoriamente, sono state dichiarate “essenziali”, affinché i servizi forniti non venissero paralizzati.
In effetti, anche sotto questo aspetto le “correzioni” previste non hanno tenuto conto della sofferenza vissuta da milioni di uomini e donne (lavoratori) brasiliani, poiché l’interesse politico immediato e l’inserimento mediatico di alcuni agenti prevalgono sull’interesse pubblico e sui postulati del primato. dei diritti umani. Questo perché, invece di dare priorità all’azione mirata all’effettiva applicazione delle sanzioni civili e penali contro l’ex Presidente, per gli abusi commessi contro la vita di milioni di persone durante la pandemia, ciò che vediamo è l’accontentarsi della “ineleggibilità” dei ex Presidente, a causa della commissione del reato di appropriazione indebita nella custodia dei gioielli.
Ciò, sebbene idealmente ancora giusto e necessario, non raggiunge lo scopo di una riparazione minima per le vittime dell’incuria del governo, servendo, più precisamente, la gioia di alcuni e le aspirazioni elettorali di altri. E, se visto come un obiettivo unico e soddisfacente, tende a nascondere sotto il tappeto tutte le numerose e gravi irregolarità amministrative e giuridiche commesse durante la pandemia e che hanno causato la morte di migliaia di persone.
Facendo ulteriori passi indietro, è essenziale ricordare che gli eccessi di Lava Jato, il golpe del 2016, l’arresto e l’ineleggibilità di Lula avevano scopi che andavano ben oltre questi, che di fatto erano loro strumentali, e che si sono concretizzati con la La brusca ascesa al potere di Michel Temer è stata completata dall'elezione di un rappresentante dell'estrema destra, impegnato in questo progetto.
E di quale progetto e per quali scopi si trattava? In breve, imporre una riduzione generale del costo del lavoro, per rispondere all’esigenza di preservare i tassi di profitto delle grandi imprese multinazionali, cosa che evidentemente presupponeva la riduzione delle garanzie legali sul lavoro, l’indebolimento dei sindacati dei lavoratori, il indebolimento delle politiche di forza della classe operaia e l’eliminazione dello Stato e della il Tribunale del Lavoro dai rapporti di lavoro, oltre ad aprire maggiori spazi all’iniziativa privata in termini di servizi pubblici essenziali.
E, concretamente, tutti questi obiettivi sono stati raggiunti e sono ancora oggi in vigore. E la cosa peggiore è che, senza questa percezione di causa ed effetto, tutte le ripercussioni di queste aberrazioni giuridiche ed eccessi politici vengono legittimate dagli stessi agenti che si presentano come difensori della democrazia e della regolarità giuridica.
Ecco come, quindi, resta indenne: la PEC della fine del mondo (CE 95/17); “riforma” del lavoro e “riforma” delle pensioni.
È importante rendersi conto che tutte queste iniziative legislative (imposte dall'alto al basso, in un momento di evidente rottura democratica) sono al servizio di un progetto sociale basato su: privatizzazione dei servizi pubblici; aumento del potere del capitale nei rapporti di lavoro; indebolimento dei sindacati e della forza politica della classe operaia; priorità del tasso di profitto delle grandi aziende; condizioni di lavoro precarie.
Questo progetto ha colpito milioni di lavoratori e lo si può vedere nei dati riguardanti: (a) del ricorrente abbassamento del salario medio; (B) l’aumento dell’informalità; (C) l'aumento dei casi di lavoro in condizioni simili alla schiavitù, anche a seguito dell'esternalizzazione; (D) aumento della sofferenza sul lavoro; (È) aumento degli infortuni e delle morti sul lavoro.
Per non parlare delle migliaia di vite perse durante il periodo pandemico, derivanti dall’incuria istituzionale e anche dal condizioni di lavoro precarie.
Sì, ci sono milioni di persone (lavoratori) che hanno sofferto e soffrono ancora le conseguenze delle aberrazioni giuridiche e degli abusi politici commessi in Brasile dal 2016 in poi, e non possiamo quindi parlare di correzione di rotta finché non avremo gli occhi puntati su questa realtà e sul gli effetti prodotti da allora non vengono invertiti.
Affinché non vi siano dubbi sui collegamenti sopra menzionati, è importante rinfrescare un po' la memoria sul processo storico in questione, soprattutto perché la cronologia dei fatti è, di per sé, rivelatrice.
Quindi, vediamo:
– dal 2003 al 2015: c’è un movimento di molteplici cambiamenti giurisprudenziali favorevoli agli interessi dei lavoratori; – 2012: la CNI (Confederazione Nazionale dell’Industria), in reazione a questo movimento, pubblica il documento “101 proposte per la modernizzazione del lavoro”, attaccando direttamente ed esplicitamente i progressi del lavoro; – 29/10/15: il PMDB annuncia il suo programma “Un ponte verso il futuro”, in cui, anche come parte del governo, si offre come alternativa al settore economico, promettendo di realizzare riforme del lavoro e della sicurezza sociale;
– 02/12/15: Eduardo Cunha accetta la richiesta di accusa di Dilma Rousseff; – 04/12/15: inizia il processo di impeachment alla Camera;
– 14/12/15: FIESP e CIESP si esprimono espressamente a favore del accusa, cogliendo l'opportunità di realizzare le riforme promesse da Michel Temer; – 05/04/16: la CNA si pronuncia a favore incriminazione; – 14/04/16: il CNI e la CNT si pronunciano a favore del accusa; – 16/04/16: il Presidente della FIESP, Paulo Skaf, in un'intervista al quotidiano Lo Stato di San Paolo, annuncia: “Con la ripresa della fiducia [leggi: con l'impeachment di Dilma e un governo Temer], l'economia riprenderà a crescere, e non ci vorrà molto. È necessario dare credito al presidente che subentra. (…) Non c’era modo di risolvere l’economia senza cambiare il governo”.
– 17/04/16: l'apertura del processo di accusa; – 12/05/16: Michel Temer assume la presidenza, ad interim; 21/05/16: meno di 10 giorni dopo aver assunto la presidenza, Michel Temer annuncia la “riforma del lavoro”;
– Successivamente, nel contesto di una serie di progressi e insuccessi da parte del governo in relazione all’attuazione delle riforme e al fine di “convincere” il governo e i politici dell’urgenza delle “riforme”, è possibile verificare ripetute notizie pubblicazioni di politici impegnati nel Lava Jato, soprattutto quando la questione delle riforme appare mancare di forza (vedi, al riguardo, il testo: “Come Lava Jato ha promosso la “riforma” del lavoro”, di Jorge Luiz Souto Maior, pubblicato il 18/04/21;
– 15/06/16: proposta PEC 241 (la “PEC della fine del mondo”); -10/12/16: è trapelata la notizia alla stampa (direttamente e convintamente interessata alla “riforma”) che il nome di Michel Temer era stato menzionato 43 volte nelle dichiarazioni di Odebrecht; – 13/12/16: approvata PEC 214; – 15/12/16: Pubblicato l’emendamento costituzionale nº 95 (CE 95). Il tetto alla spesa pubblica, a scapito degli investimenti nei servizi pubblici – sarà in vigore per venti anni finanziari; – 17/12/16: il governo Temer (tramite il Ministro del Lavoro) annuncia che tornerà sul tema della “riforma” del lavoro;
– 22/12/16: si tiene un grande palco al Palácio do Planalto, per annunciare la presentazione del disegno di legge di “riforma” del lavoro (ed esce di scena il telegiornale Lava Jato); – Febbraio 2017: inizia l’elaborazione della proposta di legge in questione; – 11/07/17: a meno di sei mesi dall’avvio del processo, la “riforma del lavoro”, che modifica (sostituisce e aggiunge) oltre 200 norme del CLT, tutte a favore degli interessi imprenditoriali, viene definitivamente approvata in sede Senato federale;
– Nel voto al Senato, notevole l’intervento del senatore Romero Jucá, che riconosce l’incostituzionalità della PL, ma tuttavia la approva: “Per garantire l’approvazione del testo, che modifica punti importanti del Consolidamento delle leggi sul lavoro ( CLT), il leader del governo e relatore della riforma del lavoro in Plenaria, senatore Romero Jucá (PMDB-RR), ha affermato ancora una volta che il Palácio do Planalto deve promuovere adeguamenti alla PLC 38/2017, sia tramite veto che con misura provvisoria. https://www12.senado.leg.br/noticias/materias/2017/07/11/aprovada-a-reforma-trabalhista);
– 12/07/17 (il giorno dopo, quindi): Come una sorta di trofeo e di gratitudine per l’obiettivo raggiunto, Moro pubblica la sentenza di condanna di Lula; – 13/07/17: grande cerimonia a Planalto, quando il governo sancisce il disegno di legge “riforma”; – 14/07/17: Pubblicata la Legge nº 13.467/17 – mentre i media si limitano a evidenziare la condanna dell’ex Presidente; – 02/08/17: la denuncia contro Michel Temer viene respinta alla Camera dei Deputati (e nessuna indagine continua contro Temer).
– Da allora in poi è evidente la fretta di evitare l'elezione di Lula, per non mettere a rischio la “riforma” del lavoro approvata e anche per portare avanti il progetto di approvazione della “riforma” delle pensioni, che non è ancora stato completato; – 24/01/18: con notevole celerità si svolge il processo a Lula in 2° grado (TRF4), con la conferma della condanna: – 05/04/18: Decisione STF (6×5) – Rigetto dell’Habeas Corpus – Autorizza l'arresto del paziente (Lula), anche senza che la decisione diventasse definitiva, rompendo una tradizione giuridica brasiliana; – 07/04/18: Lula viene portato in carcere; – 1/9/18: il TSE respinge la registrazione della candidatura di Lula.
Ciò che ha l’effetto è l’elezione di un candidato che si impegna a portare avanti la “riforma” della previdenza sociale e a mantenere e addirittura approfondire la “riforma” del lavoro, cosa che ha fatto anche durante la pandemia attraverso la MP 927 e la MP 936, successivamente riprodotto in MP 10.045 e MP 10.046.
Questo presidente eletto per continuare il processo di rottura democratica iniziato nel 2016 inizia nel suo primo giorno (01/01/2019), attraverso una misura provvisoria, che estingue il Ministero del Lavoro. E, il 13 novembre 2019, propone al potere economico la “riforma” della Previdenza Sociale.
Vale la pena sottolineare che, a seguito della “riforma” del lavoro, i lavoratori soffrono e un numero enorme ha perso la vita nella pandemia a causa della precarietà: – indebolimento dei sindacati; – ostacolo all’accesso alla giustizia; – punizione dei lavoratori che si sono rivolti al tribunale con spese e onorari per il difensore del datore di lavoro; – meccanismi legali per l’aumento dell’orario di lavoro, anche senza pagamento del rispettivo straordinario; – riduzione dei diritti attraverso la negoziazione (negoziata sulla legislazione); – agevolazione dei licenziamenti; – espansione dell’outsourcing; – lavoro intermittente; – fine dell’ultraattività; – influenza sull’orientamento della magistratura del lavoro (assediata dai media mainstream e dal rafforzamento del potere economico), al fine di far prevalere gli interessi economici; – naturalizzazione delle frodi e delle irregolarità lavorative.
Sulla scia di questo shock giuridico per la tutela giuridica dei lavoratori e in opposizione al postulato normativo del diritto sociale di porre limiti al potere economico, sono state adottate numerose decisioni, nell’ambito della TSF, che hanno autorizzato la revoca dei diritti dei lavoratori, come l'espansione dell'outsourcing (ADPF 324 e RE 958252); il negoziato invece che il legiferato (tema 1046); la consacrazione degli ostacoli all'accesso alla giustizia (ADI 5766), oltre alla mirata rimozione (nelle sentenze monocratiche – RCL 59.795, per esempio) del Giudice del lavoro nella risoluzione dei conflitti inerenti al riconoscimento del rapporto di lavoro.
È certo, quindi, che la ripresa dell’ordine democratico, sorretta dal rispetto della Costituzione, non potrà completarsi se si manterrà questo livello di abbassamento dei diritti sociali, che sono, come visto, causa ed effetto di tutte le aberrazioni giuridiche ed eccessi politici commessi dal 2016 in poi.
E come ulteriore informazione per dimostrare il legame tra rotture democratiche, priorità degli interessi economici e “riforma” del lavoro Questa settimana è stata diffusa la notizia che uno di quelli che si autodefinivano “padre della riforma del lavoro” è stato rimosso dal suo incarico perché è rimasto in un ambiente virtuale in cui gli imprenditori tramavano gli attentati dell’8 gennaio. Quello che è successo è, di per sé, abbastanza illuminante. Ma ce ne sono altri…
Il fatto concreto è che mantenere invariati i termini della “riforma” rappresenta un modo per legittimare tutte le illegalità e le atrocità politiche commesse. È come dire che gli attacchi alla democrazia possono essere sostenuti se gli effetti sono quelli che servono gli interessi del capitale e servono a opprimere ulteriormente la classe operaia. È importante ricordare che la rottura democratica per attuare la “riforma” del lavoro si è verificata espressamente difeso da uno dei media che si dichiara difensore della democrazia.
Di più: senza invertire la situazione, per nessun motivo (difficoltà congressuali, convenienza elettorale, ecc.), si promuove una sorta di alleanza storica con tutte le forze conservatrici ed esploratrici che si sono unite per imporre la accusa dell'arresto di Dilma Rousseff e di Lula. Non c'è quindi alcuna legittimità nelle argomentazioni riparatorie di questi personaggi se non si intrecciano con l'abrogazione degli effetti prodotti sulla classe operaia nello stesso contesto.
La debolezza nella difesa della Costituzione, per quanto riguarda gli interessi della classe operaia, è, del resto, ciò che ha favorito l’indebolimento istituzionale e democratico e ha addirittura minato le forze politiche necessarie per realizzare la promessa dello Stato sociale di migliorare le condizioni sociali, economiche e umane di lavoratori.
Si veda, ad esempio, come, anche dopo nove mesi dall’insediamento del governo eletto dal popolo, non è stato possibile condurre un processo politico per attuare un regolamento che garantisca ai fattorini e agli autisti che forniscono servizi alle aziende che possiedono piattaforme digitali il riconoscimento di il rapporto di lavoro e tutti gli altri diritti del lavoro.
Tanto meno si è potuto comprendere l’importanza di nominare alla STF persone la cui storia è, appunto, legata alla difesa degli interessi della classe operaia, e, soprattutto, un giurista nero, affinché il processo di portare nella Magistratura e nelle altre istituzioni la visione del mondo dei neri, vittime storiche della violenza del potere economico e delle forze conservatrici.
È urgente e necessario che le forze sociali si mobilitino in questo senso, adottando come priorità assoluta l’agenda intransigente di revocare la “riforma” del lavoro e la “riforma” della sicurezza sociale.
L’abrogazione totale della “riforma”, come forma minima di riparazione per milioni di persone che sono state (e sono tuttora) vittime del golpe del 2016, dell’arroganza del capitale, degli slanci autoritari e dei ricorrenti errori giudiziari, è il punto basilare ed essenziale in modo che tutta questa storia possa essere chiarita.
Altrimenti, se la “riforma” del lavoro verrà mantenuta, anche dopo la vittoria elettorale del 2022 e con l’attuazione di misure che riparino Dilma e Lula e puniscano coloro che hanno attaccato la democrazia l’08 gennaio, gli sfruttatori, gli opportunisti e i nemici dichiarati della classe operaia continueranno ad essere i grandi vincitori di questo intero processo.
Una situazione simile, dai toni meno gravi, si è verificata nel periodo dal 2003 in poi, in cui i governi e tutte le istituzioni giuridiche e politiche, particolarmente attenti all’attuazione della Costituzione, nella quale i diritti del lavoro sono affermati come Diritti Fondamentali e integrati nei principi di progressività e di non regressione, non sono stati in grado (o addirittura si sono preoccupati) di invertire la situazione del lavoro precario imposta nel periodo neoliberista degli anni ’1990.
Ora, di fronte ad una situazione molto più grave dal punto di vista degli effetti e molto più evidente per l’origine antidemocratica del degrado giuridico, economico, sociale e politico imposto alla classe operaia, e nel contesto in quali forze si uniscono per riparare i danni personali e gli sconvolgimenti democratici sperimentati, è inconcepibile che la storia si ripeta.
Questa volta non sarà una semplice tragedia. Sarà una grande farsa!
*Jorge Luiz Souto Maior è docente di diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'USP. Autore, tra gli altri libri, di Danni morali nei rapporti di lavoro (Redattori dello Studio).
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