Regicidio e arte moderna – parte finale

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da LUIZ RENATO MARTIN*

Per quanto sorprendente possa sembrare a molti, tra i legatari della cultura organizzativa dello stalinismo c’è la nuova cultura imprenditoriale del neoliberismo.

Cosa fare?

Dobbiamo quindi prendere effettivamente il regicidio nel senso radicale e massimo così come avvenne nel 1793. Vale a dire come un giudizio meditato e trasparente di soppressione di ogni traccia di diritto divino a favore della costituzione di un nuovo soggetto sociale collettivo. , la cui modalità di enunciazione avrebbe dovuto realizzarsi attraverso i nuovi dispositivi repubblicani di manifestazione della “volontà generale”, secondo i parametri di allora, o l'affermazione di prospettive di classe per parlare in termini nati dalla crisi storica del 1848 .

Nel caso specifico dei discorsi visivi, pratiche e prodotti devono corrispondere alle esigenze concrete per la costituzione di un nuovo soggetto sociale collettivo. In altre parole, superando giustificazioni e criteri di contenuto antistorico o trascendente, nonché superando processi e mezzi produttivi basati sull’artigianato, che tendono oggi, in un modo o nell’altro, nelle arti e altrove, alla preziosità e alla riproduzione del valori secondo forme di reddito monopolistiche, cioè senza una produzione effettiva di valori radicalmente nuovi.

Ora, infatti, troviamo concretamente sulla scena storica successiva al 1918 la produzione di modi collettivi di enunciazione e di percezione. Tale produzione consisteva nel ricorso a processi di produzione post-artigianali e nell’elaborazione di materiali potenzialmente suscettibili di appropriazione da parte dell’esperienza storica e collettiva, favorendo in definitiva la costituzione di forme e generi epici. Essa risiedeva principalmente in media e supporti non pittorici, collettivi e accessibili ai più, come, ad esempio, il cinema, i manifesti e i giornali, o nell’espropriazione collettiva di antichi dispositivi simbolici di massa, che un tempo funzionavano secondo schemi aulici nell’assolutismo, come risorse unilaterali ed esclusivamente riproduttrici di privilegi: l'architettura, il teatro, la grande orchestra, l'artigianato di lusso di mobili e abiti, ecc.

 

Rivoluzione

In virtù di questa delimitazione, ma al di là del collage come modalità di crisi della pittura, troveremo effettivamente il cinema costruttivista, organicamente legato alla Rivoluzione d'Ottobre e che lavora secondo nuove pratiche, nuovi materiali e una nuova concezione di ciò che è discorsivo prima l'economia. il processo storico reale – che trabocca e non si piega all’economia dei segni, ma anzi, inevitabilmente, la invade.

A causa delle circostanze storiche e delle contingenze attuali, si può affermare che la vasta ristrutturazione delle arti e della cultura avvenuta negli anni successivi alla Rivoluzione d’Ottobre è ancora in gran parte sconosciuta. Ciò è dovuto in particolare alla sistematica devastazione della memoria e ad altre istanze critiche e riflessive da parte dello stalinismo.

Concentriamoci, dunque, su alcuni frammenti che abbiamo di un insieme ancora in gran parte sommerso, e concentriamoci principalmente su due temi, e cioè: la cosiddetta “teoria del montaggio” come regime discorsivo dialettico, fondato sul conflitto, secondo Eisenstein (1898-1948); e la nozione di “ordine sociale” (zotzialny zakaz), idea chiave sulla genesi e la funzione dell'opera linguistica nel processo rivoluzionario, che implica una nozione concreta del destinatario dell'opera: lo spettatore specifico, socialmente determinato nella sua classe, e con desideri e bisogni concreti - opposta alla nozione di pubblico indeterminato e astratto (che presuppone il soggetto contemplativo cosiddetto “autonomo”) e consumatore di beni simbolici circolanti nel mercato culturale borghese.

Cominciamo la nuova fase della nostra indagine con il secondo tema, che ha un impatto maggiore su larga scala. La nozione di “ordine sociale” non solo contraddice concretamente il dispositivo di un ordine governativo o addirittura un potere di classe economica, ma conduce anche, in termini materialistici, al processo di produzione e circolazione dell’arte, cioè ci chiarisce circa il situazione, funzione, criteri e destinazione delle opere linguistiche legati, in questa chiave, alla prevalenza dei diritti sociali collettivi. Con tali qualità che combinano origine, scopo e funzione in una sintesi unica e radicalmente nuova, il costrutto in questione costituiva forse la forma collettiva più concreta ed efficace – come un’assemblea rivoluzionaria – di un dispositivo regicida nelle arti.

 

ordine sociale

È in questo senso che il Kino Gazeta (12.01.1926) ha notato il'La corazzata Potëmkin (1925): “Oggi l’espressione sotzialny zakaz, un ordine sociale, è di moda (…) ma dobbiamo intendere con questo un ordine di un ente governativo? Sarebbe un grosso errore (…). L'ordine sociale non nasce nell'ufficio del direttore di uno studio, né in una commissione statale. Eisenstein ricevette l'incarico dalla rivoluzione proletaria, nel corso della quale divenne un artista. Questa esigenza sociale non gli è giunta sotto forma di una risoluzione o di una proposta cinematografica, ma come un processo organico di evoluzione della Rivoluzione e dell'evoluzione di Eisenstein”.

“Siamo convinti che, anche se il prossimo film di Eisenstein non deriva da una richiesta del VTSIK (comitato esecutivo centrale del PC, per tutta la Russia) e la sua sceneggiatura non tratta un tema che riguarda la Rivoluzione, Eisenstein, comunque , rispondono all'ordine sociale del proletariato”.[I]

In altre parole, «L'ordine sociale (…) programma il lavoro – è il suo contenuto – in funzione del compito di ricostruire il 'modo di vivere' (byt) e percezione”.[Ii] Il concetto di “stile di vita” (byt) e l'economia percettiva ad essa collegata costituirono temi decisivi negli anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre.[Iii] Torneremo su questo.

In questo modo, l'ambiente storico o il luogo in cui si esercitava la nozione di ordine sociale si componeva di un processo di dialoghi e dibattiti da parte del costruttivismo rivoluzionario, andando oltre l'ambito strettamente artistico, per rispondere direttamente a domande e forme storico-sociali . Il concetto fu delineato dal critico e scrittore Ossip Brik (1888-1945) e formulato da Tretyakov (1892-1937), drammaturgo e collaboratore diretto di Eisenstein. Il suo scopo era proprio quello di collegare organicamente le opere al processo rivoluzionario.

Si trattava, in altri termini, di una nozione normativa, contrapposta a quella astratta e illusoria di “autonomia estetica”. Tuttavia, la “commissione sociale” non escludeva l'autonomia degli artisti, poiché “è (era)”, secondo le parole di Albera, “un'interpretazione autonoma di questa commissione, che potrebbe (dovrebbe) entrare in contraddizione con le commissioni della rappresentanti della classe”.[Iv]

 

montaggio contro collage

Analogamente all'ordine sociale, altri costrutti del gruppo di artisti che costituiva il gruppo Frente de Esquerda das Artes-LEF integravano la stessa costellazione di idee nel suo insieme: la nozione di “stranezza” o “de-automatizzazione della percezione” di Chklovski (1893-1984),[V] La “cultura dei materiali” di Tatlin – che concepiva la forma come “il prodotto della forza dinamica che risulta dalle loro relazioni” –,[Vi] fotomontaggio, la biomeccanica di Meyerhold (1874-1940) e la “teoria dei fotogrammi” di Eisenstein, nonché le idee di Eisenstein sugli effetti del tempo e del movimento nel cinema. Questo insieme di nozioni e tecniche solidali e interdipendenti, di medesima origine storica, avevano come principio fondamentale l'affermazione politica del processo di organizzazione operaia indipendente dal partito unico e la valorizzazione filosofico-materialista dell'idea di lotta.

Tali elementi, insieme alla teoria del montaggio, costituivano un sistema. La distinzione decisiva tra la teoria del montaggio e la pratica del collage risiedeva proprio nella dimensione teorica, storica e politica concretamente sintetizzata nell'appartenenza a tale sistema. Tale collegamento, dotato di contenuto sistemico, attribuiva infatti alla teoria del montaggio un potere critico-riflessivo molto superiore a quello del collage (quest'ultimo, come abbiamo visto, emergeva come tecnica critica e negativa nei confronti tradizione metafisica della pittura, e un espediente operativo circostanziato; realistico, infatti, certamente innovativo nel contesto storico-pittorico d'origine, ma limitato – in quanto constatazione tecnica distaccata e puntuale – e, pertanto, condannato all'assimilazione nel processo di riproduzione dei rapporti produttivi e sociali).

In sintesi, mentre la teoria del montaggio combinava l’uso della discontinuità discorsiva e una riflessione totalizzante e sistematica, il collage, a sua volta, era concretamente vincolato dalle circostanze originali. Verrà così presto addomesticato, inserito come genere nell’ambito di procedimenti discorsivi in ​​cui assumerà il segno dell’improvvisazione artigianale, anche nelle sue migrazioni in altri campi come la scultura, la musica, la scenografia, la letteratura, ecc.

Un segno inequivocabile dell'addomesticamento del collage, della sua incapacità di totalizzare e di dominare criticamente e riflessivamente una situazione nuova, per espandere il proprio lessico e l'universo tematico, è che, nel periodo che seguì la sua invenzione in pieno cubismo, il collage passarono da un fulminante reperto prebellico a un modello per dipinti ad olio che imitava il genere del collage, dimostrandosi al tempo stesso evidentemente impotenti a far fronte alla nuova situazione storica. In effetti, era in corso una guerra civile di classi generalizzata, estesa a diversi paesi, alcuni dei quali, come la Germania, erano sull’orlo della crisi rivoluzionaria. Altre operazioni, nate dalla crisi e anche di effimera durata critica, come le pratiche dada, e, più duraturamente, il fotomontaggio, hanno poi preso il posto del collage.

Insomma, pur essendo costituita da due modi, a prima vista affini e vicini (di articolare frammenti discorsivi discontinui), la teoria del montaggio si distingue concretamente dal collage non ontologicamente, ma storicamente, per il contesto politico in cui è emersa e per la qualità del relazioni sistemiche implicate.

In questo modo, la questione del montaggio è entrata nella riflessione e nella pratica di Eisenstein – non solo di lui, ma anche di molti altri registi russi, come Lev Koulechov (1899-1970), Dziga Vertov (1896-1954), Vsevolod Pudovkin (1893-1953), tra gli altri – attraverso diversi modi di elaborazione. Qui, per ragioni di economia e per sottolineare sinteticamente il contrasto raggiunto dalla pratica della discontinuità attraverso il montaggio con collage, mi concentrerò solo sulla discussione della teoria del montaggio, legata alla nozione di “cinema intellettuale”, cioè come viene è stato sviluppato nel film Ottobre (1927-8).

 

Un nuovo sistema dell’arte

Come sono nati i concetti di teoria del montaggio e di “cinema intellettuale”? Il primo punto da considerare è la stretta associazione tra le opere di Eisenstein e il costruttivismo – un movimento artistico emerso nella prima metà del 1921 durante la guerra civile e di cui Mayakovsky (1893-1930) dichiarò: “Per la prima volta un nuovo termine in il dominio dell’arte – il costruttivismo – venne dalla Russia e non dalla Francia”. [Vii]

Come sintetizzare la prima ragione della novità del costruttivismo? Pratica e teoria costituivano un tutto inseparabile in un simile movimento, e questo tutto era, a sua volta, inseparabile dal processo rivoluzionario. Questa qualità fondamentale distingue il costruttivismo dall’insieme delle pratiche artistiche del capitalismo – governate dalla divisione delle opere e delle conoscenze – così come dalle fantasmagorie correlate: specializzazione, astrazione, solipsismo e feticismo autoriale, ecc.

Pertanto, come pratica critica nelle arti e riflessivamente focalizzata sull’insieme, considerato in termini storici e materialistici, il costruttivismo venne a costituire la matrice di un nuovo sistema estetico, marcatamente interdisciplinare. Corrispondeva quindi, come sintetizza Nikolaj Tarabukin (1889-1956), al corollario del processo di sviluppo critico-riflessivo delle forze produttive dell’arte moderna.[Viii]

Organizzando una nuova congiunzione delle arti, il costruttivismo propone il rovesciamento e la sostituzione del sistema pittorico ed estetico generato a metà del XV secolo, in stretta connessione con il potere della finanza fiorentina associata al papato.[Ix] Di natura metafisica, questo sistema si costituiva attraverso una combinazione di geometria, retorica ed elementi di filosofia neoplatonica – e principalmente dalla distinzione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. Sulla base della “pittura da cavalletto” favorevole all’appropriazione individuale, un tale sistema traduceva il modello di immaginazione che, nel cosiddetto Rinascimento – la rinascita, soprattutto, del latifondo romano preso a modello per l’espansione coloniale del Paesi iberici –, monetizzarono e rifondarono l’economia delle potenze mercantili europee dalla combinazione di mercantilismo, alta finanza, colonialismo e schiavitù.

 

Ottobre

Si può quindi dire che l'emergere di Eisenstein fu preceduto dalla distruzione del campo estetico della contemplazione e dall'elaborazione dei principi del dominio estetico materialista. Sul piano biografico, Eisenstein, nato nel 1898, fu il frutto tardivo, forse l'ultimo, dell'ondata di artisti che prepararono e portarono avanti la rivoluzione artistica inseparabile dalla Rivoluzione d'Ottobre. Eisenstein era vent'anni più giovane di Malevitch (1878-1935), tredici anni più giovane di Tatlin, otto più giovane di El Lissitzky (1890-1941), sette più giovane di Rodchenko (1891-1956), cinque più giovane di Mayakovsky (1893 -1930). È maturato precocemente per la storia che lo ha preceduto e coinvolto.

Una dinamica produttiva di tale portata, che non si ripeté per lo stesso autore in altri periodi della sua movimentata esistenza (in parte soffocata sotto la tirannia stalinista), si svolse ancora con quella intensità sotto l'influsso della Rivoluzione d'Ottobre, scaturita da un processo sociale che non si oppose alla critica e all’invenzione delle forme, ma anzi le esigette con vigore, per portare avanti il ​​processo – purtroppo breve – di espropriazione di beni e privilegi.

Nell'anno di completamento del film OttobreNel 1928, già alle prese con la controrivoluzione burocratica, Ejzenstejn si unì ad altri artisti in un gruppo chiamato anch'esso Ottobre e composto da architetti, fotografi e pittori, grafici e letterati.[X] Il manifesto fondatore, volto alla radicalizzazione critica del costruttivismo e di fronte al riflusso del processo rivoluzionario, sosteneva di organizzare “nel modo più efficace la coscienza e la sfera emotiva e volitiva del proletariato e delle masse lavoratrici che lo seguono”.[Xi]

Tali parole riecheggiavano il programma di “deautomatizzazione della percezione (…) contro la routine della vita”, proposto da Victor Chklovski (1893-1984), un pensatore della corrente formalista russa. La stessa linea guida della “stranezza” o della “deautomatizzazione della percezione” è stata applicata anche dall'architettura costruttivista nell'elaborazione di progetti per circoli operai, tra gli altri.

 

teoria del conflitto

Mentre facevo parte del gruppo October e preparavo le prove per una conferenza in Germania,[Xii] Eisenstein elaborò le nozioni di “cinema intellettuale” e quella di teoria del montaggio. Entrambi si riferivano esplicitamente al lavoro svolto sul film. Ottobre.

Il saggio affermava l’idea di conflitto o lotta come principio generale non solo di tutta la metodologia artistica, ma anche di tutta l’esperienza estetica e cognitiva, messa in termini di scontri di frammenti, indipendenti gli uni dagli altri. Sebbene non si faccia qui alcun riferimento alle lotte interne al partito bolscevico, non è possibile trascurare gli echi che emergono dal testo, mescolando il primato filosofico del conflitto, postulato dal cineasta, e l’affermazione della dialettica propriamente detta non solo alla riflessione filosofica, ma soprattutto inerente al conflitto irriducibile delle lotte sociali.[Xiii]

Sembra che in seguito lo stesso Eisenstein, arrendendosi al contesto di terrore instaurato dallo stalinismo,[Xiv] ritaglia i segni dal tuo testo e metti da parte alcune idee. Così, ad esempio, l’affermazione del conflitto o della lotta come principio generale non solo di tutta la metodologia artistica, ma di tutta l’esperienza estetica e cognitiva, descritta come scontri di frammenti indipendenti l’uno dall’altro, è stata sostituita dalla nozione di “unità organica”. , presente nel libro incompiuto del 1945-7, intitolato La natura non indifferente.[Xv]

Le nozioni di “cinema intellettuale” e di montaggio si inscrivevano quindi al confine tra due periodi storici, poiché, sebbene fossero contemporanee all’ascesa della tirannia stalinista, facevano parte della resistenza ad essa finché fu possibile. Così, il conflitto ideologico in campo artistico portò il gruppo Outubro a denunciare, nel manifesto “Dichiarazione sulla cultura nazionale”, del 1929, il nazionalismo e la “russificazione”, e ad affermare, d’altro canto, posizioni internazionaliste in vista di rinnovare lo “stile di vita”.[Xvi]

Nel 1931 il gruppo pubblicò un altro manifesto, “La lotta per le posizioni di classe nel campo delle arti spaziali”.[Xvii] in cui respingeva la nazionalizzazione dell’“ordine sociale” e riaffermava le linee del manifesto fondatore. In questo, sulla base della nozione di ordinamento sociale, tale richiesta è stata inviata a “collettivi di consumatori che ordinano opere per scopi specifici e partecipano attivamente alla progettazione di oggetti”. Tuttavia nel 1932 il Comitato Centrale del Partito Comunista, già completamente assorbito dallo stalinismo, stabilì lo scioglimento di tutte le associazioni artistiche.

 

Potere delle avanguardie, frammentazione e anarchia nelle arti

In questo tragico contesto storico, e per comprendere oggi la traiettoria storica dell’ascesa e della caduta della nozione politica e filosofica di conflitto come radicalizzazione riflessiva della discontinuità, è illuminante stabilire un parallelo tra la teoria del montaggio cinematografico – come uno scontro di frammenti – e alcune riflessioni di Trotsky (1879-1940) sul processo storico espresse in una lettera del 17 giugno 1938 da Coyoacán (Messico) alla rivista Recensione partigiana (Stati Uniti) – lettera inclusa sotto il titolo “L'art et la révolution (Lettre à la rédaction de Recensione partigiana)” nell'edizione francese di Letteratura e rivoluzione (1934)

“Nessuna idea progressista [disse Trotsky nella lettera] è emersa da una 'base di massa' (…) Tutti i grandi movimenti iniziarono come 'frammenti' di movimenti precedenti. Il cristianesimo una volta era un “frammento” dell'ebraismo. Il protestantesimo, un frammento di cattolicesimo, cioè di cristianesimo degenerato. Il gruppo Marx-Engels emerse come un frammento della sinistra hegeliana. L’Internazionale Comunista è stata preparata (…) dai frammenti della socialdemocrazia internazionale. Se tali iniziatori riuscirono a crearsi una base di massa, fu solo perché non temevano l’isolamento. Sapevano in anticipo che la qualità delle loro idee si sarebbe tradotta in quantità. (...) Sono i piccoli gruppi che hanno fatto progredire l'arte. Quando la corrente artistica dominante esaurì le sue risorse creative, i suoi 'frammenti' creativi si separarono e seppero guardare il mondo con occhi nuovi (…)”.[Xviii]

Da questa prospettiva, il potere del frammento implicava la lotta e il confronto delle idee come strategie permanenti. La stessa posizione fu assunta da Trotsky, che rivisita ora criticamente, anche se non esplicitamente come tali, le sue posizioni precedenti all’ottobre 1917 (in particolare quando polemizzò contro i “futuristi” e i “formalisti”, mentre era al vertice del partito bolscevico) festa),[Xix] nel famoso manifesto “Per un’arte rivoluzionaria indipendente” “Pour un art révolutionnaire indépendant” (1938) – pubblicamente co-firmato da Diego Rivera (1886-1957) e André Breton (1896-1966), ma scritto da Trotsky. Il manifesto affermava che, nell’ambito delle forze produttive, la Rivoluzione avrebbe dovuto combinare “un regime socialista di pianificazione centrale”, con l’instaurazione e la garanzia “di un regime anarchico di libertà intellettuale. Nessuna autorità, nessuna restrizione, nemmeno la minima traccia di comando.[Xx] 

Allo stesso modo, la nozione di “rivoluzione permanente” di Trotsky, direttamente opposta alla nozione stalinista di “socialismo nazionale”, era basata sull’affermazione del protagonismo e dell’indipendenza politica della classe operaia e si rivolgeva di riflesso a una prospettiva totalizzante sul sistema ineguale ma combinato dell’economia mondiale.[Xxi] In breve, il concetto di rivoluzione permanente affermava il conflitto di classe e l’indipendenza della classe operaia come struttura centrale e principio fondamentale del processo rivoluzionario.

 

Cinema-conflitto

Torniamo a Ejzenštejn per osservare quale specifico beneficio poetico il cineasta ha tratto dal principio dei frammenti in conflitto o dell'opposizione permanente tra parti discontinue. Sul piano filosofico, la sua posizione costruttiva comprendeva una critica alle concezioni vitaliste bergsoniane allora in voga in Francia, nonché una critica all’apologetica dell’informe, tipica dell’espressionismo tedesco dell’epoca – entrambe posizioni di derivazione non dialettica. da presupposti che oscillavano tra vitalismo e idealismo.

Le linee guida del “cinema intellettuale” divergevano così da quelle dell’avanguardia franco-tedesca, che proponeva l’idea di un cinema puramente visivo sulla falsariga dell’“arte pura” e della dottrina formalista della “visualità pura”, Fiedler (1841-95) e altri. . Le linee guida del “cinema intellettuale” si scontrarono anche nel quadro della Russia rivoluzionaria, sia con certe posizioni di esponenti del nuova sinistra che, secondo Vertov, contrapponeva la “messa in scena” alla “non messa in scena”,[Xxii] ma si scontravano soprattutto con la dottrina naturalista dominante nell'apparato produttivo.

In sintesi, non si è trattato di cedere, diminuire o indebolire il ruolo del dispositivo narrativo cinematografico – ma al contrario, consolidandolo e promuovendolo, nonché ravvivando la tensione degli opposti tra il discorso cinematografico e il discorso di interpretazione della storia – che il “cinema intellettuale” costituiva il suo principio narrativo dialettico, sempre nutrito da una sintesi o totalizzazione storica.

Analogamente in relazione all'economia del processo cinematografico, Eisenstein, per non basarsi (a differenza delle avanguardie francesi) sulla notoria specificità ontologica del discorso cinematografico – cioè sulla reificazione del fenomeno filmico, o della presunta leggi e codici del nuovo medium –, non privilegiava né la questione del tempo né quella del movimento, entrambi illusori.

Il “cinema intellettuale” non è dunque partito dall’effetto isolato dell’immagine o dall’unità minima dell’inquadratura. In questi termini scarta ogni strategia volta a rendere positivo il cinema, secondo l'apologia della sua presunta essenza o dell'apparente specificità del mezzo rispetto alle altre arti più antiche. Da questo punto di vista, la centralità dell' teoria del montaggio. Invece di risiedere nell’inquadratura – il cui effetto principale consiste nell’illusione stessa della continuità –, le basi materiali del “cinema intellettuale” risiedevano nel fotogramma e nel montaggio.

In cosa consisteva, in questo schema, la cornice? Nella forma meccanica più semplice del montaggio, contenuta nel rapporto materico fondamentale del film, in cui la discontinuità tra un fotogramma e l'altro è responsabile dell'effetto cinematografico.

L'analisi di questo effetto centrale del fenomeno cinematografico si è così tradotta in un concetto di mobilità, descritta anche come la non congruenza dei contorni nella memoria, generata “dalla sovrapposizione – dal contrappunto – di due diverse immobilità”.[Xxiii]

In breve, Eisenstein designava il conflitto dell’immobilità, cioè il contrasto tra un fotogramma e l’altro, come fondamento materiale del cinema. Così affermava: “Il segreto della dinamica del movimento nel dipinto risiede nel confronto tra la sensazione che si conserva e quella che nasce”. Il conflitto.[Xxiv]

Nello stesso senso, l’impressione stessa di profondità era concepita in termini discontinui come “una sovrapposizione di due dimensioni non identiche”,[Xxv] cioè in termini molto diversi dall'idea di continuità assunta come nucleo del sistema geometrico e lineare nella prospettiva albertiana, egemone fin dal Rinascimento.

D’altro canto il montaggio, in quanto articolazione riflessiva degli opposti, fondata sul principio filosofico del conflitto, si presentava come una sintesi riflessiva estratta dal principio stesso della materia filmica e corrispondeva quindi a un’espressione materialistica inerente alla materia della sua realizzazione. propria riflessione, vale a dire quella dei materiali che sono emersi, dall'inerzia all'attività riflessiva.

 

ponti di Pietrogrado

Em Ottobre – un film che inizia con l’emblematica sequenza antitotemica del regicidio, cioè quella in cui la statua dello zar viene abbattuta e decapitata, per lasciare spazio poi al racconto –, questa sintesi – quello dello sconvolgimento o della salto dall’inerzia all’azione – è venuto da inscritto nella metafora del movimento dei ponti. Questi ultimi e la loro congiunzione hanno avuto un ruolo cruciale nel tessuto narrativo del film, ovvero: da un lato la repressione, la rottura dei contatti, lo smantellamento dei ponti; e, dall'altro, il movimento dialettico inverso: ponti interconnessi, traffico libero, montaggio, potere operaio, Lavoro - rivoluzione – in corso.

L’obiettivo ultimo della teoria del “cinema intellettuale” era quello di convertire il linguaggio cinematografico nell’equivalente di forme dirette di pensiero e di concetti, e questi ultimi, a loro volta, come forme mentali, in equivalenti di forme di lotta.

In un tale schema, vale la pena insistere, l’idea di conflitto era l’antitesi dell’“automatismo” – che era caratteristico dello “spirito piccolo-borghese”, come affermava Eisenstein. Il parallelo mostra che la burocrazia era già diventata, nella seconda metà degli anni ’20, il principale nemico del momento. È ciò che mostra anche il film La linea generale (1929) in seguito all'Ispezione operaia-contadina che invase l'ufficio. Questa appare scenicamente rappresentata come un covo di burocrati, le cui attività caratteristiche – maneggiare accessori superflui – assumono un significato equivalente a quello dei rapporti di inerzia e di automatismo.

Proprio per rompere l'automatismo al centro della burocrazia, Eisenstein privilegia l'effetto shock, di due immagini sovrapposte nella percezione dell'osservatore. Provocato dallo scontro di idee, discorsi e interessi esposti, spettava allo spettatore riflettere, cioè produrre in sé le immagini-concetto (immagine): la scintilla (scintilla); scintilla per la quale le rappresentazioni di immagini (izobrajénie) erano proprio, secondo Albera, il cibo, “il carburante destinato a produrre gli altri fuori dal cinema!”.[Xxvi]

 

Il ritorno del Minotauro

Nel corso degli anni successivi, sotto la dura repressione stalinista, Eisenstein smise di lavorare con la nozione di conflitto come paradigma o struttura eidetica, e il suo ultimo film, la seconda parte di Ivan il Terribile (1946), incentrato sui temi della stirpe e del potere assoluto. Tuttavia, nonostante i limiti imposti dallo stalinismo, il film è riuscito, nella Russia della restaurazione dell’assolutismo e dell’ideologia dell’unità monolitica, a rivelare il delirante discorso del monopolio politico-burocratico e l’atmosfera tirannica e paranoica dell’apparato di potere paragonato indirettamente da il cineasta al neo-zarismo. L'opera fu censurata fino al 1958, cinque anni dopo la morte di Stalin.

Insomma. Juan Antonio mi aveva commissionato, come ho riferito all'inizio, una storia dell'arte moderna alla luce del regicidio. Spero di aver soddisfatto la tua richiesta presentando il culmine dello sviluppo rivoluzionario delle forze produttive dell'arte moderna, combinato con la Rivoluzione d'Ottobre, attraverso gli strumenti costruttivisti-produttivisti dell'ordine sociale e la "teoria del conflitto" come fondamenti del montaggio di Eisenstein teoria, e tutto questo articolato verso l’affermazione della lotta di classe come principio generale e nucleo della nozione di “rivoluzione permanente”. Detto questo, tali idee riguardano un futuro che era stato appena abbozzato nella fase iniziale del processo della Rivoluzione d’Ottobre, prima che fosse confiscato ai soviet e alle organizzazioni operaie di base per essere soffocato dalla controrivoluzione.

In questa conclusione arriviamo al tema della mitologia paranoica della tirannia assolutista. In effetti, la forza delle cose o la nostra stessa situazione attuale ci hanno spinto verso questo. In effetti, il nostro problema attuale, introdotto dalla transizione conservatrice globale post-1968, è quello del ripristino dell’assolutismo nella forma del cosiddetto “pensiero unico” o quello di una nuova escalation di tirannia, guidata dalla liquidazione neoliberale delle organizzazioni e delle istituzioni dei lavoratori, dello Stato democratico.

Per quanto sorprendente possa sembrare a molti, tra i legatari della cultura organizzativa dello stalinismo c’è la nuova cultura imprenditoriale del neoliberismo. Ma questa è un'altra storia. La storia dell'arte, come quella delle formazioni sociali, non è lineare e comporta innovazioni apparenti, ibridate da battute d'arresto, cancellature, distruzioni e restauri. Di qui l’inflessione storica e il sinistro labirinto che ci troviamo ad affrontare, soprattutto in paesi come Spagna, Brasile e Cile [in quest’ultimo infatti prima delle insurrezioni (2019-20) che portarono alla nuova assemblea costituente (2021-22 )], ad esempio, in cui molti suppongono di essersi lasciati alle spalle il totalitarismo, senza accorgersi della sua ombra proiettata, come una minaccia permanente – come una pistola in una cassaforte, pronta a sparare.

*Luiz Renato Martins è professore-consulente di PPG in Storia economica (FFLCH-USP) e Arti visive (ECA-USP. Autore, tra gli altri libri, di Il complotto dell'arte moderna (Chicago, Haymamercato/ HMBS).

Estratto dal brano finale della versione originale (in portoghese) del cap. 11, “Da un pranzo sull'erba ai ponti di Pietrogrado (appunti da un seminario di Madrid): regicidio e storia dialettica dell'arte moderna”, dal libro Il complotto de l'Art Moderne e altri saggi, edizione e introduzione di François Albera, traduzione di Baptiste Grasset, Parigi, edizioni Amsterdam (2024, primo semestre, proc. FAPESP 18/26469-9).

Per vedere gli altri articoli della serie segui i link:

Regicidio e arte moderna – I

Regicidio e arte moderna – II

Regicidio e arte moderna – III

note:


[I] Vedere Kino Gazeta, 12.01.1926, citato in Kleiman, Levina, La corazzata Potemkin, P. 213, apud François ALBERA, Eisenstein et le Construtivisme Russe/ Stoccarda, Dramaturgie de la Forme, Losanna, collezione Histoire et Théorie du Cinema/ ed. L'Age d'Homme, 1990, pp. 193-4 (di seguito ALBERA, on. cit. [diciannove novanta]); ripubblicazione: Sesto San Giovanni, edizioni Mimésis, 1990, pp. 2019-301 (di seguito ALBERA, on. cit. [2019]); trans. it.: Eisenstein e il costruttivismo russo / La drammaturgia della forma in “Stoccarda” (1929), trad. Eloísa A. Ribeiro, San Paolo, Collezione cinema, teatro e modernità/ Cosac & Naify, 2002, p. 260 (di seguito ALBERA, trad. br.: on. cit. [2002]). “Il comitato esecutivo centrale incaricato della celebrazione dell’anno 1905, che ha dato origine alla realizzazione del film, era composto da Lunacarskij, Maliêvitch, Meyerhold, Pletniev e N. Agadzanova-Chutko (…).” Cfr. F. ALBERA, on. cit. [1990], n. 45, a pag. 194; [2019], n. 49 a pag. 303; trans. it.: on. cit. ,, N. 49, a pag. 267.

[Ii]  « La commande sociale (…) program l'oeuvre – elle en est le 'contenu' – en fonction de sa tâche de ricostruition du 'mode de vie' et de la percezione ». Cfr. F. Albera, op. cit. [1990], pag. 135; vedi anche, sull’“ordine sociale”, pp. 136-7; [2019], pagg. 204-5; trans. br.: op. cit. [2002], pagg. 180-2.

[Iii] Questioni di “stile di vita” – o il cosiddetto dibattito in giro Perestrojka Byta [ricostruzione del modo di vita], come modalità di rivoluzione culturale che implicava allo stesso tempo un cambiamento nelle relazioni sociali e, in particolare, nei rapporti di lavoro – sono stati tra i temi nevralgici e spinosi dei dibattiti rivoluzionari, se non fin dalla fondazione del Proletkult (movimento di cultura proletaria) nell'ottobre 1917, certamente dall'aprile 1918, quando le direttive di Lenin riguardanti l'adozione del sistema di lavoro taylorista furono apertamente contestate dalla rivista L'Arte del Comune (1918-1919), pubblicato dalla sezione moscovita del Proletkult. I suoi membri – i cosiddetti kom-fut  (comunisti futuristi) – si ritroveranno, nel marzo 1923, sulla rivista Budella, il cui redattore capo e diversi collaboratori erano appartenuti alla L'Arte del Comune. Si veda al riguardo Gérard Conio, "De la Construction de l'objet à la Construction de la vie [Dalla costruzione dell'oggetto alla costruzione della vita]", in Le Costruttivisme Russe, volume II, Il costruttivismo letterario. Testi teorici – manifesti – documenti, Cahiers des avant-gardes/Lausanne, l'Âge d'Homme, 1987, p. 9. In effetti, per sua natura illimitato e funzionante come una sorta di sismogramma, anche il dibattito sullo stile di vita, come punto di convergenza, era direttamente collegato - tale è il punto di vista iceberg –, a un dibattito più ristretto, ma dal forte potenziale sismico: quello dei privilegi ottenuti all’interno del regime monopartitico. Si veda al riguardo il rapporto (a lungo tenuto segreto) di Evgenij Preobrazenskij (allora uno dei tre segretari della direzione del partito), datato luglio 1920 e indirizzato al Comitato Centrale, in cui si affermava che «tra i militanti comunisti dai quartieri, l'espressione “dal Cremlino” viene pronunciata con ostilità e disprezzo », per concludere con un'ultima raccomandazione: « (…) quella di elaborare rapidamente tutte le misure necessarie per combattere la decomposizione nelle file del nostro partito» (Fonte: RGASPI, fondo 17, inventario 86, dossier 203, pagina 3, pubblicato come I. Preobrazenskij, “La questione dei privilegi dell'apparato del partito comunista dell'URSS/documento non pubblicato” in Quaderni del movimento operaio, , NO. 1, San Paolo, Editore WMF Martins Fontes/ Sundermann, 2021, pp. 107-17 (precedentemente pubblicato in I Cahiers du Mouvement Ouvrier, NO. 24, settembre-ottobre 2004, Parigi). Sulle direttive di Lenin sui rapporti di lavoro, vedi "Les tâches immédiates du pouvoir soviétique [I compiti immediati del potere sovietico]" (Pravda, N. 83, 28 aprile 1918 e supplemento a Izvestia VTsIK, n. 85). Per il dibattito sui rapporti di lavoro si veda, in questo volume, il capitolo “Dal costruttivismo al produttivismo, secondo Tarabúkin” (LR MARTINS, “Nota sul costruttivismo russo”, la terra è rotonda,19.11.2022, disponível em: < https://dpp.cce.myftpupload.com/nota-sobre-o-construtivismo-russo/>). Ainda pertencente ao grupo dirigente, mas logo na Oposição de Esquerda (em outubro de 1923), o comissário do Povo para o Exército e a Marinha, Trótski, também interveio com uma coletânea de textos nesse debate (tardiamente com relação a outros autores) em julho e setembro de 1923 (Les Questions du Mode de Vie [1923], trad. Joëlle Aubert-Yong, introduzione di Anatole Kopp. Parigi, Union Générale d'Éditions, 10-18, 1976; ed. Ing.: Léon TROTSKY, Questioni relative allo stile di vita/L'era del "militantismo culturale" e i suoi compiti (1923), prefazione Anatole Kopp, trad. A. Castro, Lisbona, Antidoto, 1969).

[Iv] "(...) d'une compréhension autonome de cette commande che può entrare in contraddizione con i comandi reali dei rappresentanti di quella classe“. Cfr. F. ALBERA, on. cit. [1990], pag. 136, cfr. anche sull'“ordine sociale”, pp. 135-7; [2019], pag. 205, cfr. anche sull'“ordine sociale”, pp. 206-7; trans. br.: [2002], pag. 181, v. anche, sulla “commissione sociale”, pp. 180-2.

[V] Cfr. F. ALBERA, on. cit. [1990], pag. 173; [2019], pagg. 260-1; trans. br.: [2002], pag. 238.

[Vi] Cfr. F. ALBERA, on. cit. [1990], pag. 174; [2019], pagg. 261-3; trans. br.: [2002], pag. 239.

[Vii]  "Pour la première fois un mot nouveau dans le domaine de l'art – costruttivismo – est venu de Russie, non de France". Budella, nf. 1, 1923, apud F.ALBERA, on. cit., [1990], pag. 118; [2019], pag. 177; trans. fratello : [2002], pag. 165.

[Viii] Vedi Nikolaï TARABOUKINE, Le Dernier Tableau/ Du Chevalet a la Machine / Pour une Théorie de la Peinture/ Écrits sur l'Art et l'Histoire de l'Art à l'Époque du Constructivisme Russe, présentés per Andrei B. Nakov, traduction du russe par Michel Pétris et AB Nakov, Parigi, Champ Libre, 1980.

[Ix] Vedi Wallace K. FERGUSON, Il Rinascimento/ Un simposio/ 8-10 febbraio 1952, New York, The Metropolitan Museum of Art, 1953 (vedi copia dattiloscritta, disponibile solo nella biblioteca del museo); tuttavia, dello stesso autore, esiste un lavoro pubblicato (che non ho potuto consultare): Wallace K. FERGUSON, “The Interpretation of the Renaissance: Suggestions for a Synthesis”, in Karl H. DANNENFELDT (ed.), Il Rinascimento: medievale o moderno?, Boston, DC Heath and Company, 1959, pp. 101-109. Vedi anche Giovanni ARRIGHI, Il lungo Novecento / Denaro, potere e le origini del nostro tempo, trad. V. Ribeiro, rev. C. Benjamin, San Paolo, Unesp, 1996; Giovanni Arrighi, Il lungo ventesimo secolo: denaro, potere e origini dei nostri tempi, Londra/New York, Verso, 1994.

[X] Oltre a Eisenstein hanno preso parte, tra gli altri, la regista Esther Choub (1894-1959), l'artista e fotografo Aleksandr Rodchenko, il pittore messicano Diego Rivera (1886-1957). Sul gruppo d'Ottobre, i primi firmatari e il manifesto fondatore (1928), cfr. F. ALBERA, on. cit., [1990], pp. 140-8; [2019], pagg. 213-23; trans. br.: [2002], pp. 186-94.

[Xi] apud F.Albera, on. cit., [1990], pag. 141; [2019], pagg. 213-4; trans. br.: [2002], pag. 191.

[Xii] Intitolato nei manoscritti “Stoccarda/ La drammaturgia della forma”, il saggio in questione fu preparato per un convegno che si sarebbe svolto a Stoccarda, nell’ambito della mostra Film e Foto (FIFO), tenutasi dal 18 maggio al 7 luglio 1929. Eisenstein fu invitato ad una conferenza che avrebbe avuto luogo dopo il 18 maggio dal pittore El Lissitzky e da sua moglie Sophie Lissitzky-Küppers (1891-1978), che collaborò con l'organizzazione dell'evento, per conto della VOKS (Società per i legami culturali tra l'URSS e l'estero). All’epoca, la Germania fece da cassa di risonanza al dibattito russo, facendone eco (generalmente) favorevolmente. O La corazzata Potëmkin (1925), ad esempio, nacque in Germania per poi diffondersi in tutta Europa e perfino negli Stati Uniti. Tuttavia, il regista non ha potuto partecipare alla conferenza a causa della ripresa delle riprese La linea generale (1929), dopo le valutazioni ostili di Stalin (1878-1953).

[Xiii] Un esempio illustrativo del profondo interesse politico e personale di Eisenstein per la dimensione dialettica insita nelle lotte sociali è attestato dalla prima epigrafe del film La corazzata Potëmkin: “Lo spirito di ammutinamento ha spazzato il paese. In innumerevoli cuori si svolgeva un processo formidabile e misterioso: i vincoli della paura si rompevano, la personalità individuale, che aveva appena avuto il tempo di prendere coscienza di sé, si dissolveva nella massa, e la massa stessa si dissolveva nello slancio rivoluzionario” . Questa frase riprodotta dal rapporto di Trotsky intorno al 1905, e ancora presente in una copia importata dalla Film Society (Londra) nel 1928, fu sostituita, forse nel 1930, secondo Montagu, dalla frase di Lenin impressa su gran parte delle copie del film esistente oggi. Per la citazione di Trotsky, cfr 1905, traduzione Anya Bostock, Chicago, Haymarket Books, 2016, p. 167. Sull'episodio della sostituzione della frase di Trotsky nell'epigrafe con una di Lenin, vedi Ian CHRISTIE e Richard TAYLOR, Eisenstein Riscoperto, Londra, Routledge, 1993, p. 215, apud Marcela Fleury, 1921: l'anno dei contrari, tesi di master sotto orient. di LR Martins, PPGHE – FFLCH/ USP, 2022, pag. 29-30. Ringrazio il ricercatore per aver segnalato questo passaggio.

[Xiv] Sulla sparatoria di diversi amici e stretti collaboratori di Eisenstein – come Vladimir Nilsen (1905-1938), Sergueï Trétiakov (1892-1939), Isaak Babel (1894-1940), Vsevolod Meyerhold (1874-1940), Léonid Nikitine (1896 - 1942) – e le pressioni che costrinsero il cineasta all'autocritica, vedi Eric SCHMULEVITCH, A “Procès de Mosca” au Cinéma/ Le Pré de Béjine d'Eisenstein, Parigi, L'Harmattan, 2008, p. 50; (alla lettera di autocritica di Eisenstein, 16.04.1937), pp. 68-70. Questa autocritica è stata pubblicata sulla rivista La Letteratura Internazionale, NO. 7, 1937, con il titolo “Les erreurs du Pre de Bejine".

[Xv] Sergueï EISENSTEIN, La Natura della Non-Indifferenza/1. Opere 2, trad. L. e J. Schnitzer, pref. di P. Bonitzer, Parigi, 10/18 – UGE, 1976.

[Xvi] Cfr. F.Albera, on. cit., [1990], pp. 141-2; vedere anche la nota 38 sopra; [2029], pagina 214; trans. br.: [2002], pag. 187.

[Xvii] Cfr. F.Albera, on. cit., [1990], pag. 142; [2019], pag. 214; trans. br.: [2002], pag. 187.

[Xviii] « Aucune idée progressiveiste n'a émergée d'une 'masse base'. (…) Tous les grands mouvements ont commincé comme des 'debris' de mouvements antérieurs. Il cristianesimo all'abord è una "debris" del giudaismo. Le protestantisme un 'debris' du catholicisme, c'est-à-dire de la chrétienté dégénérée. Il gruppo di Marx-Engels è emerso come un residuo della gauche hégélienne. L'Internatinale Comunista a été préparée (…) par les débris de la social-democratie internationale. Se questi iniziatori sembrano capaci di creare una base di massa, fu solo perché non si preoccupano dell'isolamento. Ils savaient d'avance que la qualité de leurs idées Transformerait en quantità./ (...) ce sont des petits groupes qui ont fait progresser l'art. Lorsque la tendence artistique dominant a eu épuisé ses ressources créatrices, des 'debris' créateurs s'en sont séparés qui ont su awarer le monde avec des yeux neufs (…) ». La lettera, datata 17 giugno 1938, e scritta da Trostky a Coyoacan, in esilio messicano, è inclusa nell'appendice dell'edizione francese di L. TROTSKY, Letteratura e rivoluzione, trans. P. Frank, C. Ligny, J.-J. Marie, Parigi, 10/18 – UGE, 1974, p. 459-60.

[Xix] Cfr. Leon Trotsky [1922], «El Futurismo», dans Letteratura e Rivoluzione, nota preliminare, traduzione e note di Alejandro Ariel González, introd. di Rosana López Rodriguez e Eduardo Sartelli, Buenos Aires, Ediciones Razón y Revolución, 2015 [ed. francese. : Letteratura e rivoluzione, Parigi, 10/18, UGE, 1974].

[Xx] « Un regime socialista a pianta centrale ", combinata con "un regime anarchico di libertà intellettuale. Aucune autorité, aucune contrainte, pas la moindre trace de commandement ». Cfr. André BRETON, Diego Rivera e Léon TROTSKY, “Pour un art révolutionnaire indépendant (Messico, 25 luglio 1938) » in idem, pag. 492-500. Per la dichiarazione di Breton, che nomina Trotsky come autore, vedi idem, P. 500.

[Xxi] Cfr. L. TROTSKY, “Risultati e prospettive”, in idem La rivoluzione permanente e i suoi risultati Prospects, con introduzioni di Michael Löwy, Londra, Socialist Resistance, 2007, pp. 15-100, e M. LÖWY, La politica dello sviluppo combinato e irregolare: la teoria della rivoluzione permanente (1981), Chicago, Haymarket, 2010. In francese esiste l'edizione (non consultata): Léon TROTSKY, 1905 suivi de Bilan et Prospettive, trad. Paul Bukauskas, Parigi, Le Club Français de Livre, 1969, disponibile su: .

[Xxii] Vedi Vv. AA., “Il (gruppo) LEF e cinema” (stenogramma di un dibattito), nella rivista Critica marxista, n. 40, trad. Maria L. Loureiro, rev. tecnica LR Martins, San Paolo, Fundação Editora Unesp, 2015, pp. 91-119; A sinistra e film, note di discussione (estratti), vv.aa., in Screen V. 12, n° 4, pp.74-80, trad., modificato e introd. di R. Sherwood, 1971; Il LEF e il cinema, in revisione Documentaire, nn. 22-23, 1er trimestre 2010, trad. F.Albera, 2010.

[Xxiii] Cfr. F. ALBERA, on. cit., [1990] pag. 76; [2019], pag. 117; trans. br.: [2002], pag. 93. I termini di Albera, che riproduco qui in forma abbreviata, seguono da vicino gli appunti di Eisenstein per la conferenza “Stoccarda…” di cui sopra. Eisenstein conservò il testo del convegno, riferendosi ad esso più volte come parte di un libro che raccogliesse i suoi scritti, e rielaborandolo nel periodo successivo che comprendeva il suo viaggio negli Stati Uniti e in Messico. Sottoposto a varie vicissitudini, il testo diede origine a numerose traduzioni e versioni, ricevendo diverse denominazioni tra il 1930 e il 1932, mentre servì a dar vita a convegni e altri testi. Manca la sua prima versione, ma la seconda, scritta a Mosca nell'aprile 1929, fu depositata nel 1937 da Jay Leida, assistente di Eisenstein, negli archivi del Museum of Modern Art di New York (MoMA). Sul confronto tra le diverse versioni del testo del convegno, cfr idem [1990], pag. 56; [2019], pag. 50; trans. br.: [2002], pag. 79.

[Xxiv] Cfr. S. EISENSTEIN, «Stoccarda», foglio 7, apud F.ALBERA, on. cit., [1990] pag. 67; [2019], pag. 140; trans. br.: [2002], pag. 86.

[Xxv] Vedere idem, [1990], pag. 67; [2019], pag. 101; trans. br.: [2002], pp. 86; 93.

[Xxvi] "(...) il combustibile destinato a produrre i secondi fuori cinema! ». Cfr. F. ALBERA, on. cit., [1990], pag. 181; [2019], pagg. 272-3; trans. br.: [2002], pag. 247.


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