da JUAREZ GUIMARÉS*
Prefazione al libro recentemente uscito, a cura di Marcello Musto
Il lavoro collettivo La rinascita di Marx: concetti principali e nuove interpretazioni, a cura di Marcello Musto, è certamente il libro più importante pubblicato in Brasile negli ultimi decenni in termini di proposta di una piattaforma di incontro e reincontro con l'attualità del lavoro di Marx. A più di due secoli dalla nascita di Marx, a 175 anni dalla pubblicazione di Manifesto comunista e 156 dopo l'edizione del I volume di La capitale”, abbiamo finalmente tra le mani una serie di 22 saggi che, nella loro unità plurale, rivendicano e documentano una nuova lettura del significato coerente, in costruzione e incompiuto della prassi di Marx. È il tempo aperto di un classico la cui temporalità è inscritta nella genesi moderna e nello sviluppo della critica al capitalismo.
Il campo della storia del marxismo era già stato sottoposto a uno sforzo di riflessione monumentale attraverso la serie di dodici libri, curata da Eric J. Hobsbawn, che iniziava con Il marxismo ai tempi di Marx e concluso con il Il marxismo oggi, in due volumi (pubblicato in Brasile tra il 1983 e il 1989 dalla Editora Paz e Terra, tradotto da Carlos Nelson Coutinho e altri). Questo campo di riflessione, che si ispirava fortemente all’intellettualità eurocomunista e ai suoi dialoghi in senso lato, segnava già un distacco critico dal marxismo dogmatico del PCURSS e si apriva a un tentativo di documentazione, di riflessione e di ricerca di senso nella un tempo che era già di aperta crisi della cultura marxista.
Più recentemente, il libro Compagno critico del marxismo contemporaneo (Haymarket Books, 2009), a cura di Jacques Bidet e Stathis Kouvelakis, nei suoi quaranta capitoli, ha cercato di mappare le eredità e le proiezioni del marxismo negli ultimi decenni, sulla base delle sue diverse sottoculture e temi di analisi. L’intelligenza viva del marxismo si è affermata dopo la fine dell’URSS, in totale smentita delle diagnosi liberali e neoliberiste della fine di questa tradizione, che già si sviluppava senza un paradigma centrale di riferimento e, come ha sottolineato André Tosel, in un “mille di marxismi”. È attraverso la dispersione, quasi sconvolgente, che si è manifestata la coscienza critica del marxismo nei confronti del capitalismo contemporaneo, come ivi documentato.
La novità proposta da La rinascita di Marx, più che un ritorno tematico, temporale o parziale da parte dell'uno o dell'altro canone del marxismo, all'opera di Marx significa pensarla nella sua integrità di significato attraverso la ricerca attorno a concetti chiave che strutturano il suo campo teorico nella costruzione e nel movimento. Riunire, assemblare, ricongiungere ciò che è disperso attraverso la viva forza magnetizzante dell'opera di Marx sembra un'ottima e adeguata strategia per una cultura in crisi di paradigmi. Il paradigma del marxismo del XXI secolo è l’opera viva di Marx, pensata riflessivamente nel suo nucleo concettuale, nella sua unità di significato e nella sua proiezione aperta.
Ci sono certamente molti vantaggi nel rileggere Marx come proposto in questo libro. Un lavoro che fin dall'inizio è stato inscritto nelle lunghe temporalità del capitalismo nel XIX secolo, avanti e indietro, rimane referenziale e inevitabile nella sua capacità di contribuire a una diagnosi critica della crisi di civiltà del capitalismo nel XXI secolo. Dopo la crisi internazionale del 2008, durante e intorno al bicentenario della nascita di Marx, di fronte alla crisi sistemica dell'egemonia nordamericana e all'aggravarsi di fenomeni tipici della barbarie capitalista, come la crisi ecologica e sociale, la critica di Marx al capitalismo è sintomaticamente diventato un motto spesso evocato. L’intelligence di sinistra ha bisogno, più che mai, di acquisire la capacità pubblica e collettiva di pensare storicamente e globalmente alla crisi del capitalismo. È proprio in questo che continua lo sforzo di Marx.
In secondo luogo, leggendo Marx, si guadagna in moralità critica e nella struttura stessa dell’indignazione di fronte alle manifestazioni estreme e onnipresenti dell’etica mercantile nella vita quotidiana del nostro Paese e del mondo. Se Marx fin da giovane fu critico nei confronti delle manifestazioni meramente moralizzanti e superficiali delle ingiustizie del capitalismo, se fin dal suo dialogo con Hegel cercò di iscrivere questa critica nelle realtà immanenti del capitalismo, è necessario prendere sul serio la sua etica radicale incompatibilità con il modo di vivere nelle società borghesi. Contro ogni naturalizzazione della vita commerciale in un’epoca satura della sua celebrazione, leggere Marx significa partecipare ad un inevitabile “indignarsi!” che è alla base di grandi momenti storici di rivoluzione e di emancipazione.
Leggere Marx è anche e soprattutto respirare, con gioiosa gioia, l'aria di ciò a cui aspiriamo: un'alternativa alla civiltà del capitalismo. Molto spesso si notano i giudizi di Marx, non confermati nella sua vita, sulle rivoluzioni imminenti. Alla fine della sua vita, come documentato, cercava spiragli per l'inizio della rivoluzione, contro la corrente delle tesi deterministe ed evoluzioniste della storia, in Oriente, nella Russia zarista. Più importante dell’errore o della circostanza è il fondamento dell’aspirazione: il capitalismo, inteso come movimento contraddittorio che organizza all’infinito la propria riproduzione e allo stesso tempo la possibilità del suo superamento, è storico e, quindi, può avere una fine. Senza questa aspirazione non si può più respirare.
L'intelligenza di questo ritorno a Marx risponde, infine, all'esigenza stessa di ricostruire una narrazione della crisi del marxismo. L’analisi e la retorica del tradimento, mobilitate dai fondatori della Terza Internazionale dopo la debacle nazionalista della Seconda Internazionale, rispondono solo e molto parzialmente all’esigenza di una visione critica dell’impasse genetica del Partito socialdemocratico tedesco, che era il suo centro. Tra la Seconda Internazionale e l'opera di Marx, come è già stato documentato in storia del marxismo, a cura di Hobsbawn, si registrano movimenti di volgarizzazione, dogmatizzazione dottrinale e perdita di centro programmatico (come del resto già documentato nella Critica del Programma di Gotha e nella Critica del Programma di Erfurt). In realtà, l’impasse si era già affermato come tensione creativa irrisolta nella stessa prassi di Marx ed Engels.
Marcello Musto, in Ripensare Marx e i marxismi (Boitempo), dopo alcuni eruditi esercizi di marxologia e incursioni in momenti decisivi nelle controversie interpretative del marxismo nel XX secolo, propone nel capitolo 10 “L'odissea della pubblicazione degli scritti di Marx e le nuove scoperte di MEGA2” un ritorno a il pensiero di Marx “problematico e polimorfo”, al di là dei marxismi. Richiede “un altro Marx”, non esattamente un “Marx sconosciuto”, ma il Marx a cui possiamo pensare sulla base dell’edizione completa in corso delle sue opere. Come hanno modificato le letture storicamente effettuate dell'opera di Marx?
Un evento importante nella cultura del marxismo
La continua pubblicazione critica esauriente delle opere di Marx ed Engels è senza dubbio il più grande evento nella storia della cultura marxista. Il progetto iniziale, 1 MEGA, guidata da Riazanov tra gli anni Venti e Trenta del secolo, fu interrotta dall'intervento diretto del PCUS, sotto il governo di Stalin. Dei 42 volumi previsti, 12 furono pubblicati (in 13 volumi), con lo stesso Riazanov destituito, processato e assassinato.
Tra il 1975 e il 1989, su iniziativa del Partito Comunista Tedesco e del PCURSS, il progetto venne ripreso 2 MEGA, con un'edizione di quaranta volumi, interrotta nuovamente dalla caduta dei regimi in URSS e nella stessa Germania dell'Est. Dal 1998 a oggi, questa volta con sede presso l'Internationale Marx-Engels-Stiftung (IMES) di Amsterdam, sono stati pubblicati trenta nuovi volumi. In totale è prevista la pubblicazione di 114 volumi. In Brasile, questo sforzo di modificare o rimontare per la prima volta, in modo critico e con traduzioni più attente, le opere di Marx è stato compiuto in modo memorabile soprattutto dagli editori Boitempo e Expressão Popular.
I volumi più recenti di 2 MEGA includere nuove bozze di importanti scritti di Marx (come L'ideologia tedesca), tutti i manoscritti preparatori di La capitale, la corrispondenza completa di Marx ed Engels, oltre a circa duecento quaderni di brani e studi di Marx.
Il libro collettivo La rinascita di Marx è ancorato centralmente al lavoro di MEGA2, cioè in materiale che solo di recente è stato reso noto integralmente. Ora, per un autore come Marx, che durante la sua vita vide pubblicata solo una piccolissima parte della sua opera, questa nuova conoscenza globale di abbozzi e studi rinnova ampiamente e profondamente, in questioni decisive, la comprensione del suo pensiero.
In particolare, i duecento quaderni e estratti di studio ci permettono di entrare nel laboratorio di Marx: l'identificazione delle sue letture, il suo commento critico, l'uso delle note nei testi definitivi. La pubblicazione integrale dei manoscritti preparatori del “Capitale”, che vanno dal 1857 al 1875, permette di seguire passo dopo passo la stesura del capolavoro incompiuto da parte di Marx, nonché di comprendere come Engels abbia arbitrato le diverse possibilità di edizione dei volumi II e III. La nuova edizione di Ideologia tedesca modifica sostanzialmente la visione di un libro considerato dai marxisti fondamentale per sostenere la comprensione del cosiddetto “materialismo storico”.
Da un punto di vista metodologico, il nuovo accesso a questo materiale critico e integrale affronta tre questioni centrali. Il primo è l'unità di senso antiliberale e anticapitalista che muove l'intelligenza di Marx fin dall'inizio, nel suo dialogo costruttivo con Engels. C'è una formazione concettuale in corso, un'espansione del campo della conoscenza storica ed epocale, dei campi della conoscenza scientifica, cambiamenti di enfasi, comprese importanti revisioni, ma un senso di autoemancipazione dei lavoratori e degli oppressi inscritto nelle contraddizioni del capitalismo stesso emergerà, affermandosi e approfondendosi fino alla fine, come propone Michael Löwy. Non ci sono rotture, valoriali o epistemologiche, né mera continuità come se l’intelligenza critica fosse già formata fin dall’inizio. Questo è decisivo: una visione integrata e integrativa dell'opera di Marx è fondamentale per la ricostruzione dell'unità del marxismo stesso.
Una seconda decisiva questione di metodo riguarda la comprensione dell'opera di Marx come una filosofia della prassi antiliberale e anticapitalista. È ormai più noto quanto importante sia stato per la sua prima formazione critica il suo inserimento nella cultura giovanile hegeliana di sinistra. Quanto è stata decisiva la sua lettura degli autori socialisti che lo hanno preceduto nelle sue immaginazioni ed esperimenti anticapitalisti. Come le culture socialiste francesi già in atto a partire dagli anni Trenta del XIX secolo formarono il primo socialismo di Marx.
Quanto ha imparato dal cartismo e dai movimenti operai in Inghilterra e, in particolare, dalle rivoluzioni del 1848 e dall'esperienza della Comune di Parigi. Ora sappiamo di più su come i movimenti per l’indipendenza in Polonia, Irlanda, la lotta democratica in Spagna, la lotta contro la schiavitù negli Stati Uniti, le rivolte in Cina e India siano stati decisivi per la loro comprensione del capitalismo. La lunga serie della sua attività giornalistica in New York Tribune gli ha fornito materiale fondamentale per riflettere sul processo di globalizzazione del capitalismo nelle sue dinamiche coloniali. Non c'è quindi modo di isolare il corpus teorico centrale dell'opera di Marx dal suo inserimento nella lotta dei lavoratori e degli oppressi del suo tempo.
La terza grande questione di metodo che si pone leggendo Marx è l’incompletezza della sua opera, non nella sua area di espansione o applicazione ma nel suo centro concettuale, perfino nella sua critica dell’economia politica. Questa incompletezza può essere banalmente interpretata come una contingenza, cioè come un'interruzione posta dai fatti. Sarebbe meglio, però, intenderlo come una sorta di antidoto al centro della teoria alla dogmatizzazione, alla semplificazione del complesso, alla chiusura in un sistema, alla mancata conoscenza delle singolarità, alla risoluzione a priori di questioni aperte. processi storici. E metterlo in relazione con le dinamiche metamorfiche del capitalismo stesso e con la pratica vivente delle lotte contro l’oppressione e lo sfruttamento nella sua varietà e potere sociale e geografico.
In questo senso, la proposta di redazione del libro è stata molto intelligente: collegare una lettura non dogmatica dell'opera di Marx alle sfide contemporanee che sono nuove, ma certamente alla continuità del passato del capitalismo che si sta restaurando. Ogni capitolo del libro, quindi, rilegge Marx e propone nuove agende di riflessione e programmazione del marxismo. Ciò che rende questo lavoro di successo è che rivendica la tradizione socialista democratica nei termini del suo passato che viene aggiornato e nei termini del suo futuro annunciato dalle lotte del passato.
Alla fine di ogni capitolo che tratta un concetto fondamentale di Marx, gli autori propongono una bibliografia aggiornata dei progressi e delle reinterpretazioni marxiste sull'argomento. Nel loro insieme, queste bibliografie costituiscono una nuova e feconda biblioteca marxista, aperta ai marxisti brasiliani che in questi decenni neoliberali, salvo rare eccezioni, hanno visto i principali editori e circuiti universitari del Paese chiudersi all'edizione e allo studio di Marx. Esiste oggi un divario profondo e impressionante tra la letteratura internazionale e quella brasiliana su Marx che dovrà essere colmato nei prossimi anni.
Successivamente, cerchiamo di esprimere i cinque principali contributi di questo libro in dialogo con le sfide attuali di un'intera generazione che fa della critica e della lotta per la trasformazione del capitalismo il significato della propria vita.
Superamento definitivo del Diamat
Il primo e più grande contributo di questo libro è quello di approfondire e documentare una lettura e interpretazione dell'opera di Marx in autonomia e in imprescindibile opposizione al cosiddetto Diamat, la sistematizzazione del marxismo che si cristallizzò sotto Stalin in URSS e che divenne il massimo paradigma e un'influenza più ampia sulla cultura del marxismo nel XX secolo. La rinascita di Marx nel XNUMX° secolo è già libera dall'epistemicidio stalinista. Questo è fondamentale perché non è possibile costruire una cultura del socialismo democratico a partire da un marxismo creato organicamente ed espressivamente negli stati autocratici. Se Diamat ha già perso il potere fondamentale di polarizzare e deformare, esercita ancora un peso morto sul marxismo nella misura in cui un paradigma può essere effettivamente superato solo se ne viene costruito uno alternativo.
In quella che fu la lettura più strumentale dell'opera di Marx, che poteva realizzarsi solo in un regime di dogmatizzazione, di partito unico e di forte limitazione al libero dibattito, Diamat ha compiuto sette operazioni di rottura con l'opera di Marx: la centratura e la decontestualizzazione dell'opera di Marx la nozione di “dittatura del proletariato”, intesa come un regime autocratico monopartitico con pianificazione statale burocraticamente centralizzata; l'autocomprensione del marxismo come una sorta di grande e autoproclamata scienza generale, applicata alle società e alle scienze naturali, una vera incorporazione del dogmatismo come metodo; una concezione rigidamente deterministica ed evolutiva della storia, come successione di modi di produzione; un anatematizzazione dei diritti umani come borghesi attraverso il linguaggio classista, nella negazione o nella secondarizzazione del femminismo e dell’antirazzismo; territorializzazione e rottura con l’internazionalismo attraverso la previsione di una possibile costruzione del “socialismo in un paese solo”; l'adozione di una cultura centrata sul produttivismo in rottura con la critica ecologica della predazione organica sui modi di riproduzione del capitalismo; infine, la rottura con i fondamenti umanisti onnipresenti nell'opera di Marx, che lo identificano come un radicale aggiornamento di questa tradizione nella storia, così come interpretata da Antonio Gramsci.
Non si tratta di riprodurre il modo in cui le ricche e documentate reinterpretazioni dell'opera di Marx nei 22 capitoli del libro riconfigurano concettualmente ciascuna di queste dimensioni. Ma evidenziando come la centralità di una concezione antiliberale di libertà e di rivoluzione come autoemancipazione nell'opera di Marx organizza e dà coerenza a questo marxismo vivo e dedogmatizzato, che fa del rigore della ricerca contestuale e del pluralismo una forza di conoscenza, antideterministica e aperto nella storia. Incentrata su un concetto di libertà opposto a ogni disuguaglianza strutturale di classe, genere o razza, l'opera di Marx è radicalmente democratica e anti-mercantile, internazionalista nella radice e nella prospettiva. È programmaticamente orientato al superamento di una società che preda della natura attraverso la supremazia del valore (di scambio) rispetto al valore d’uso, la mercificazione dei beni naturali e che impone dinamiche tecnologiche predatorie al servizio della massima riproduzione del valore.
Solo un bellissimo esempio: Isabelle Garo, autrice di momenti referenziali di ricerca sul dialogo di Marx con Hegel, scrive nel capitolo 20 della “strana estetica” di Marx, non sviluppata in modo estensivo, ma ispirata, in chiaro senso umanista classico, dall'idea di come la coltivazione della sensibilità artistica individuale, repressa e reificata sotto il capitalismo, serva da critica attiva all'alienazione in un mondo che vuole emanciparsi dalla legge del valore. Non c’è niente di più contrario a qualsiasi idea di uniformazione e standardizzazione delle personalità in una dinamica collettivista che ostacola le libertà individuali. E conclude sul libero pensiero attraverso Marx: “la forza inventiva è più fedele al suo approccio della ripetizione dei testi della sua opera”.
Alternative alla sistematizzazione engelsiana
Un secondo valore di La rinascita di Marx è, nel suo pluralismo di letture documentate, proporre interpretazioni dell'opera di Marx profondamente alternative alla sua prima sistematizzazione proposta da Engels. Non si tratta di ignorare l'immenso contributo di Engels all'opera di Marx e alla fondazione del campo marxista, ma semplicemente di rifiutare criticamente il restringimento e la semplificazione della concezione della scienza in cui ha guidato la lettura dell'eredità dell'opera di Marx.
Già nella generazione dei marxismi della Seconda Internazionale, questa sistematizzazione di Engels si è rivelata incapace di unificare il campo del marxismo, essendo seguita da numerosi tentativi mutuamente esclusivi di fondazione filosofica del marxismo, come è avvenuto nelle opere di Kautsky, Plekhanov, nell'austro-marxismo con Max Adler e Otto Bauer e nell'impresa revisionista guidata da Eduard Bernstein.
Nella sistematizzazione di Engels, le leggi dialettiche che governano la natura sono le stesse che dirigono il movimento della società. Il marxismo come scienza del “materialismo storico” porterebbe a un inutile bisogno della filosofia o a una riduzione del suo ruolo a una dimensione di metodo, inteso come materialista e dialettico. Il marxismo veniva presentato come un monismo materialista e la conoscenza come un riflesso della realtà. Engels propone una visione deterministica e unilineare dell’evoluzione della storia. La libertà era intesa come “coscienza della necessità” del movimento della storia, con il socialismo inteso come “regno della libertà” in opposizione al “regno della necessità”, cioè il controllo cosciente e sistematico della natura e della società umana stesso si è sviluppato al suo massimo grado.
In questa sistematizzazione, occupa un posto centrale una concezione deterministica della storia, che dissemina una serie di antinomie e impasse in tutto il campo concettuale del marxismo. Nelle lettere a Joseph Bloch (21/9/1890), Conrad Schmidt (27/10/1890) e Heinz Starkemburg (25/1/1894), Engels relativizza questo determinismo in sei considerazioni: la determinazione dell’economico sarebbe in definitiva, cioè mediato da altri fattori; Anche questi altri fattori – politici, giuridici, culturali e ideologici – eserciterebbero la loro azione sul corso delle lotte storiche e, in molti casi, ne determinerebbero in modo preponderante le forme; ci sarebbe una reazione reciproca, anche se con peso meno determinante, della politica sull'economia; ci sarebbe una relativa indipendenza delle istanze politiche e ideologiche rispetto a quella economica, in particolare l’influenza dell’economia sullo “sviluppo della materia intellettuale esistente” avverrebbe indirettamente in quanto sono “i riflessi politici, giuridici e morali che esercitare la più grande azione direttamente riguardo alla filosofia”; Infine, il determinismo economico sarebbe più visibile, al di là delle circostanze e delle coincidenze immediate, nei periodi a lungo termine. (Marx ed Engels, Obras Colhidas. Rio de Janeiro: Editorial Vitoria, 1963).
Queste considerazioni di Engels verranno riprese con insistenza nella cultura marxista del XX secolo, costituendo un possibile campo teorico di variazioni interpretative del materialismo storico, pur rivelando, in una lettura più rigorosa, le incongruenze logiche contenute nell'impianto formulato. Proprio queste concezioni deterministiche della storia, fiorite e diventate dominanti, in diverse versioni e paradigmi, sono oggetto di una solida e documentata confutazione nelle reinterpretazioni di Marx proposte in La rinascita di Marx.
Principalmente nei capitoli sui concetti di “Rivoluzione”, “Capitale e temporalità”, “Nazionalismo ed etnicità”, “Colonialismo”, “Globalizzazione”, “Guerra e relazioni internazionali”, è documentato che mentre Marx complessifica la sua critica del XIX secolo capitalismo del secolo, approfondisce la sua conoscenza della storia e prende una conoscenza sistematica della singolarità delle formazioni sociali, abbandona ogni nozione lineare dello sviluppo dell'umanità e delimita la sua analisi della formazione del capitalismo temporalmente e spazialmente all'Europa occidentale.
Apre alla possibilità che le rivoluzioni socialiste non esprimano meccanicamente il grado di sviluppo delle forze produttive e si combinino con le lotte anticoloniali e agrarie. Invece del determinismo, c’è una nozione di pluralismo delle origini, di percorsi diversificati e di un campo aperto di combinazioni con le tendenze alla globalizzazione del capitalismo.
L’indeterminatezza della storia va al cuore della critica stessa dell’economia politica, del capitalismo pensato come struttura dinamica contraddittoria, in rapporto ineguale con il sistema degli Stati nazionali. Se nell'opera di Marx vi sono passaggi testuali inequivocabilmente deterministici, con significato variabile nei vari periodi della sua opera, essi si presentano tutt'al più come tensioni che non raggiungono mai uno statuto teorico coerentemente deterministico e sono sempre contrastate da aperture di significato.
In questo campo teorico in cui opera l'intelligenza critica di Marx, c'è certamente un condizionamento della politica da parte dei fondamenti economici pensati nel rapporto singolare del capitalismo, ma non determinazione o mera riflessività, per citare la consueta metafora di base e sovrastruttura, anche mediata. A differenza del determinismo e della pura indeterminazione, nella dinamica del capitalismo si possono individuare tendenze operative inscritte nel suo movimento contraddittorio. L'emancipazione è intesa prassiologicamente come una possibilità reale ma non come una fatalità, dipendente da una combinazione di condizioni oggettive e soggettive in cui la contingenza ha un'ampia portata.
Infine, cosa ci dice? La rinascita di Marx è un campo strutturato di concetti critici, fondamentali, ma non del tutto conclusi, aperto alla storia, volto a pensare il movimento del capitalismo nelle sue contraddizioni e le sue possibilità aperte a una prassi collettiva di emancipazione. Ed è proprio perché non è deterministico nei confronti della storia, perché non offre alcuna ricetta dogmatica per il futuro, perché è espressione della creazione e della lotta per la libertà, perché è aperto anche alla prova e all'errore, che questo strutturato campo dei concetti è inevitabilmente contemporaneo.
Temi decisivi
È caratteristico del pensiero classico, che considera le lunghe temporalità della formazione della Modernità capitalista e del suo oltre, per aprirsi al futuro e agli aggiornamenti. La rinascita di Marx rilegge tutta la sua opera, esaminando ciò che è diagnostico e potenzialmente critico nei confronti delle impasse della civiltà del capitale nel XNUMX° secolo. Di seguito elenchiamo quattro temi decisivi.
Il primo di questi è il possibile e necessario superamento dei disaccordi tra l'opera di Marx ei fondamenti dell'emancipazione femminile. Come Heather Brown, autrice di Marx su genere e famiglia. Uno studio critico (Haymarket Books), nel capitolo “Uguaglianza di genere”, molte delle sintesi tra marxismo e femminismo nel corso del XX secolo sono cadute negli errori dell’essenzialismo, dell’etnocentrismo e dell’accettazione acritica del determinismo economico. Ma sarebbe possibile documentare che una lettura dell'opera di Marx indica che “le sue categorie e analisi portano nella direzione di una critica sistematica del patriarcato così come si manifesta nel capitalismo”.
La storicizzazione della famiglia e il programma di superamento della sua dimensione patriarcale, l'individuazione delle forme claniche nelle società primitive, non necessariamente strutturate perennemente in modo patriarcale, la denuncia dell'oppressione della donna oltre la dimensione di classe nelle società capitaliste, gli studi sulle donne lavoratrici e la loro partecipazione alle lotte per il socialismo documenta che la teoria di Marx non separa l'anticapitalismo dal femminismo. Al contrario, li combina.
Così, ad esempio, il “Programma elettorale dei lavoratori socialisti”, del 1880, scritto da Jules Guesde, Paul Lafargue e Marx, si apre con la considerazione “che l’emancipazione della classe produttiva è l’emancipazione di tutti gli esseri umani, senza distinzione di sesso e di razza”. Al punto 1 del Programma Politico si chiede la soppressione del Codice napoleonico del 1804, noto per il suo forte patriarcalismo, di tutti gli articoli “che stabiliscono l'inferiorità dell'operaio rispetto al padrone e della donna rispetto al padrone l'uomo".
A sua volta, il capitolo “Ecologia” di John Bellamy Foster, autore di L'ecologia di Marx. Materialismo e natura (Civiltà brasiliana), in modo didattico, consolida l’interpretazione secondo cui Marx, lungi dall’essere un produttivista radicale, cieco di fronte alle dimensioni predatorie del capitalismo, e in alternativa un disprezzo per questo problema, fornisce nella sua opera tre importanti contributi alla comprensione del crisi ecologica contemporanea. In primo luogo, la teoria ecologica della forma valore, basata sulla distinzione tra ricchezza (che include natura e lavoro) e valore (basato solo sul lavoro).
In altre parole, poiché la natura “non era inclusa nel calcolo del valore capitalistico, ma veniva trattata come un dono gratuito al capitale, era impossibile non notare la tendenza distruttiva del capitale a superare tutti i limiti naturali nella sua infinita spinta all’accumulazione” . Il secondo contributo fondamentale, già derivante dagli studi sullo sviluppo del capitalismo nelle campagne, sarebbe la “teoria della rottura metabolica”, secondo la quale il capitale promuove sistematicamente lo sconvolgimento del ciclo metabolico terrestre, minando le condizioni imposte dalla natura del pianeta. La Terra stessa, lo sviluppo umano.
Nel volume I di La capitale, in modo sintetico, scriveva: “La produzione capitalista sviluppa la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo nella misura in cui mina le fonti di ogni ricchezza: la terra e il lavoro”. Il terzo contributo sarebbe l’identificazione di due tipi di crisi ecologiche, quelle causate dall’aumento della scarsità di prodotti naturali e più specificamente la crisi di sostenibilità. Pertanto, conclude l’autore, per Marx “l’accumulazione di capitale può essere mantenuta attraverso le crisi ambientali”.
Un terzo tema decisivo, espressivo di reinterpretazioni dell'opera di Marx, è quello del colonialismo e dell'importanza della lotta nazionale. I capitoli “Colonialismo”, di Sandro Mezzadra e Ranabir Samaddar, “Migrazione”, di Pietro Basso, e “Nazionalismo ed etnicità”, di Kevin Anderson, autore di Marx ai margini: nazionalismi, etnie e società non occidentali (Boitempo), mostrano come Marx ed Engels iniziarono a coniugare, in vari contesti, la lotta di classe e la lotta di liberazione nazionale. I due autori di Il Manifesto del Partito Comunista si sarebbe evoluto da una posizione che vedeva la globalizzazione del capitalismo come una tappa, nonostante tutto, necessaria per l’universalità del capitalismo ethos rivoluzionario socialista ad adottare, dal 1857 in poi, con le rivolte in India e in Cina, una posizione fortemente critica contro la barbarie coloniale e il deciso sostegno alle lotte di liberazione nazionale.
La fondazione della Prima Internazionale è avvenuta in un contesto di campagne a sostegno delle lotte indipendentiste di Polonia e Irlanda, proseguendo con la mobilitazione a sostegno del Nord contro il Sud, per la fine della schiavitù negli USA.
Anche qui, l’analisi di come il capitalismo, nella sua espansione, ha sfruttato le disuguaglianze di razza, genere, nazione e origine geografica, serve a identificare questi diversi soggetti della lotta anticapitalista e la necessità di combinare queste diverse dimensioni della lotta di classe. Così Marx, lavorando sulla dimensione intrinsecamente coloniale del capitalismo, dava grande centralità al tema della schiavitù atlantica, ai rapporti dei lavoratori irlandesi più sfruttati con le dinamiche complessive delle classi lavoratrici inglesi, alle forme servili di sfruttamento nelle colonie e il degrado di classe dei contadini. Anche se, come sostengono Sandro Mezzadra e Ranabir Samaddar, hanno trascurato lo sterminio degli indiani avvenuto negli USA nel XIX secolo.
Molto interessanti, infine, le riflessioni del grande storico del mondo del lavoro Marcel van der Linden, sulla difficoltà di Marx nel delimitare i concetti di proletariato e di sottoproletariato, oltre a sopravvalutare le tendenze dell'epoca, nella portata e nella velocità , del processo di proletarizzazione prodotto dal capitalismo. Il suo capitolo è combinato con una trattazione più classicizzante e contemporanea di come appare il fondamento del lavoro nella critica dell'economia politica di Marx, da parte di Ricardo Antunes.
Marcel van der Linden auspica un campo concettuale del proletariato che includa più che escludere, in due possibilità: quella proposta dagli autori Jairus Banaji e Rakesh Bandhari di “considerare tutte le forme orientate al mercato come variazioni del lavoro posizionato per il capitale”; l’altro, quello di considerare tutta la forza lavoro costretta a essere mercificata e venduta o affittata come proletariato.
Entrambi i concetti portano con sé la nozione di sfruttamento e mercificazione, unificando coloro che sono interessati a superare il capitalismo. È ovvio che questo concetto ha grandi implicazioni per il superamento di qualsiasi visione eurocentrica, essendo più in linea con le realtà storiche e contemporanee della maggioranza della popolazione mondiale che non si adatta o non si inserisce in un concetto rigoroso di proletariato, allo stesso tempo che non lascia includere la nozione classica di lavoro salariato.
Negli ultimi decenni l'opera di Marx è stata fortemente criticata per il suo classismo che esclude la centralità delle lotte femministe e antirazziste, per il suo eurocentrismo, per la sua subordinazione a un concetto di ragione e di tecnica produttivista e antiecologica, in breve, per programmare un destino unitario e universale per l’umanità, ignorando le differenze etniche, di genere, culturali e nazionali.
La rilettura critica dell'opera di Marx indica un percorso opposto a quello intrapreso per separare analiticamente le diverse oppressioni e le impasse contemporanee dalle dinamiche generali del capitalismo. Si tratta invece di pensare a queste oppressioni in relazione alle dinamiche di riproduzione del capitalismo globale, ineguale e combinato, nelle sue dimensioni diverse e unificate. E, così, convergono i diversi processi di lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento, in un concetto allargato di proletariato, in senso anticapitalista.
Marx e l'unità del socialismo democratico
Un quarto contributo storico del libro è quello di indicare un possibile percorso verso l'unità delle tradizioni del socialismo democratico. Il bellissimo titolo, La rinascita di Marx, con la sua risonanza umanista, contiene questa triplice dimensione: quella di essere una risposta all'annuncio neoliberista della morte di Marx, identificato come nemico della libertà; liberarlo dalla prigionia nelle formule dogmatiche, liberandolo per gli aggiornamenti necessari in questo XXI secolo; concentrarsi su un campo di concetti storicamente aperto a una unità teorica di significato.
Quando si parla di tradizioni del socialismo democratico, fondato sulla prassi politica di Marx ed Engels, basato sulla sua condizione organica ai movimenti politici dei lavoratori dell'epoca, la tradizione si differenzia da un senso di partito rigoroso, dettagliato e organizzato e si avvicina alla nozione formulato da Marx di “un partito nel senso eminentemente storico”, come ricorda Peter Hudis, nel capitolo sull'“Organizzazione politica”.
Questa è la tradizione di una critica rivoluzionaria del capitalismo che formula il suo superamento attraverso un processo democratico di autoemancipazione e che si è espressa nelle ali di sinistra dei partiti della Seconda Internazionale, nelle correnti marxiste storicamente critiche nei confronti del marxismo stalinizzato dell'URSS del periodo e che, seppure minoritari, continuano a ispirare i movimenti politici, intellettuali e sociali contemporanei anticapitalisti.
Queste tradizioni del socialismo democratico hanno cercato di resistere al campo teorico frammentato del marxismo della Seconda Internazionale, caratterizzato da codificazioni strettamente deterministiche dell’opera di Marx, dalla grave divisione e rottura del suo fondamento etico-politico di libertà con l’ascesa del paradigma Diamat e, negli ultimi tempi decenni, a una vera e propria dispersione dei marxismi di fronte all’ascesa del neoliberismo e all’assenza di un’esperienza di emancipazione anticapitalista che fungesse da terreno per un processo di convergenza.
Un concetto chiave in questa tradizione del socialismo democratico è quello della rivoluzione democratica, che mira ad essere potenzialmente più trasformativa proprio perché è supportata da poteri di autoemancipazione aperti e sviluppati. Questo concetto di rivoluzione propone di pensare ad un campo storico di transizione dal capitalismo al socialismo attraverso una rottura con l'ordine liberale e un approfondimento delle dimensioni democratiche di un nuovo Stato. Sulla stessa linea di Marx in La guerra civile in Francia, approfondendo e aggiornando il dibattito, Ernest Mandel negli anni '1970, nel documento “Democrazia socialista e dittatura del proletariato”, innovato difendendo il periodo di transizione al socialismo, oltre all'estensione delle forme di autorganizzazione e di auto-organizzazione -governo, la libertà di espressione e di organizzazione ai partiti che non si opposero violentemente alla nuova legalità democraticamente costituita, il diritto di sciopero e di autonomia sindacale, la libera creazione artistica, il diritto al giusto processo e l'universalizzazione dei diritti umani che ha superato anche i limiti oppressione delle donne, delle popolazioni discriminate etnicamente, dei giovani, dei gay.
Quando parliamo di “unità teorica di significato” cerchiamo di differenziare questa diagnosi dell'opera incompiuta di Marx da un campo di concetti senza struttura o direzione definita o, al contrario, da una teoria sistematicamente formalizzata, già pienamente integrata nei suoi concetti fondamentali. . Pertanto, è essenziale comprendere l'opera di Marx come una teoria dell'emancipazione, il cui centro è la libertà. Alla base della sua critica c’è l’incompatibilità tra democrazia liberale e capitalismo con il valore della libertà.
La cultura della cosiddetta “guerra fredda” e del neoliberismo hanno diffuso l'idea dell'incompatibilità di Marx con i fondamenti della libertà. La rinascita di Marx Permette, invece, di accusare l’incompatibilità del capitalismo neoliberista con il valore della libertà, intesa come autogoverno e fondata sul superamento delle disuguaglianze strutturali di classe, razza e genere.
Come sviluppa la grande teorica politica del marxismo contemporaneo, oggi scomparsa, Ellen Melksins Wood nel capitolo “Democrazia”, l’opera di Marx nella critica alla democrazia liberale va oltre il suo limite strutturale derivante dalla disuguaglianza di classe e la comprende nella sua relazione mediata ma strutturante il dominio di capitale. Come insistono diversi autori, incluso lo stesso Marcello Musto nel capitolo “Comunismo”, gli scritti politici di Marx sul socialismo vanno oltre le richieste economiche distributive e propongono il superamento dello stesso modo di produzione capitalistico.
Allo stesso modo, l'umanesimo presente fin dall'inizio nell'opera di Marx autorizza una concezione della libertà socialista che punta a un campo massimo di individuazione della libertà in una civiltà con un minimo di coercizione e vincoli, storicamente possibile attraverso una radicale riorganizzazione democratica dei fondamenti dello Stato e una socializzazione pubblica dell’economia.
Questa unità teorica di significato è valida per riflettere sul concetto di Stato capitalista di Marx. Bob Jessop, il grande teorico erede e continuatore delle riflessioni di Poulantzas, nel capitolo sullo “Stato”, cita i primi studi giovanili di Marx, documentati nei Quaderni Kreusnach, sulla storia degli Stati e sullo sviluppo sociale in Francia, Italia, Inghilterra, Polonia , Germania, Svezia e Stati Uniti, oltre ad appunti sulla rivoluzione francese e ai classici moderni della teoria politica. Nel 1844, in seguito alla sua critica Filosofia del diritto di Hegel, Marx delineò in undici capitoli un “progetto per un lavoro sullo Stato moderno”.
Nei piani per la scrittura incompiuta di La capitale, c'è sempre stata l'indicazione di un momento di trattazione concettuale dello Stato come fondamento della riproduzione del capitalismo. Il libro I tratta ampiamente di come gli stati spagnolo, portoghese, olandese, francese e, in particolare, inglese agirono per abbreviare la transizione feudale al modo di produzione capitalistico. Queste analisi hanno mostrato come lo Stato ha agito per strutturare il mercato mondiale, con la prima potenza inglese dominata dalla borghesia del suo paese. Ma non è stato possibile sviluppare una trattazione teorica dello Stato capitalista.
L’assenza di una trattazione concettuale concentrata dello Stato in Marx ha portato i marxisti, in un artificioso sforzo dottrinale di pensarlo come un’opera sistematica compiuta da un punto di vista teorico, a pensare la politica e lo Stato stesso come un’istanza sovrastrutturale, derivata o determinato dall’economia, anche con mediazioni. In un linguaggio in realtà più vicino all’economia politica liberale, che concepiva la genesi spontanea dell’ordine capitalistico e il suo funzionamento secondo leggi proprie, i marxismi intendevano conformare il marxismo a un ordine scientifico dei concetti in opposizione ai linguaggi della filosofia politica.
La via proposta da Gramsci in Quaderni del carcere è andato esattamente nella direzione opposta. In dialogo con l'opera di Marx, denuncia l'economicismo e il determinismo, proponendo una rifondazione della filosofia marxista intesa come filosofia della prassi di emancipazione dal capitalismo. E attraverso concetti di unificazione di politica, economia e cultura – Stato integrale, blocco storico, intellettuale organico ed egemonia – proiettano un campo unitario di concetti del marxismo, legando la critica dell’economia, della politica e dei valori liberali a un nuovo programma storico alternativo civiltà al capitalismo.
Se l'opera di Marx è stata costruita a partire dagli anni Quaranta del XIX secolo come critica dell'attuale ordine liberale, la ricostituzione di un campo teorico unitario del socialismo democratico nel XXI secolo, centrato sul valore etico-politico della libertà, passa attraverso la critica e la programmazione di superare il capitalismo neoliberista. Il Marx libero che ne deriva La rinascita di Marx Si tratta, per l’intelligenza critica che riunisce, di una piattaforma fondamentale per lo sviluppo di un programma politico storico, unitario e contemporaneo per il socialismo democratico.
La rinascita di Marx e i marxismi brasiliani
Esistono diversi modi per sottolineare l’importanza decisiva di questo libro per i marxisti brasiliani e per la costruzione di una cultura socialista democratica per la sinistra brasiliana.
Il primo di questi è il riconoscimento che la sinistra brasiliana, nella sua storia, ha avuto un accesso parziale, frammentato e discontinuo, o addirittura indiretto, all'opera di Marx. La generazione di marxisti degli anni Trenta e del dopoguerra del XX secolo conobbe Marx in generale attraverso il paradigma del marxismo russo, che fu stalinizzato e dogmatizzato. La generazione di marxisti che si formò durante il periodo di resistenza alla dittatura militare si era già formata in un ambiente di acuta crisi dei paradigmi di lettura di Marx.
A partire dagli anni Ottanta e, soprattutto, dagli anni Novanta, i circuiti marxisti esistenti, nelle università, nelle case editrici, nei centri di diffusione e nelle esperienze formative, furono fortemente disorganizzati attraverso dinamiche neoliberiste. Solo di recente si sono avute edizioni critiche del cosiddetto Mega 2 sono stati messi a disposizione. Comprendere criticamente l’opera del principale fondatore del socialismo democratico è ancora una sfida per la sinistra brasiliana.
Questa conoscenza discontinua e frammentata dell'opera di Marx, in un contesto di crisi delle sottoculture del marxismo che si sono formate nella dispersione dei paradigmi nel XX secolo, è alla base di un divario storico tra la forza politica e sociale della sinistra brasiliana , nella sua espressione dei movimenti sociali elettorali e organizzati, e la costruzione di una cultura pubblica del socialismo democratico che, in una concezione plurale, ha certamente nel marxismo il principale vettore storico di riferimento anticapitalista.
Quella che potrebbe essere definita una cultura pragmatica, focalizzata sulla risposta alle sfide politiche urgenti sulla base delle correlazioni di determinate forze, è cresciuta, imponendo barriere alla formazione di un programma storico socialista di fronte alla pressione neoliberista. Un incontro fruttuoso tra il lavoro di Marx nel suo sforzo di attualizzarlo e la sinistra brasiliana deve ancora essere costruito.
Un fenomeno derivante da questo divario tra Marx e la sinistra brasiliana è la mancanza di una piena espressione programmatica dei sentimenti e delle culture potenzialmente anticapitaliste che prosperano nella società brasiliana basata sul classismo, sulle lotte femministe e antirazziste, sulle lotte dei popoli indigeni, Movimenti LGBTQI+, istruzione pubblica e sanità, movimenti di occupazione nelle città e crescenti lotte ecologiche. In generale, queste culture dei diritti storicamente e strutturalmente violate dal capitalismo brasiliano rimangono senza una convergenza programmatica. Il campo dei concetti e l'unità di significato presenti nell'opera di Marx possono certamente contribuire in modo decisivo a questa costruzione.
Un penultimo contributo decisivo di questo libro sarebbe quello di incoraggiare l’unità storica della sinistra brasiliana, che è sempre stata divisa da diversi paradigmi e interpretazioni del marxismo. L'opera di Marx, nella sua unità di significato, è un percorso inevitabile verso la costruzione di questa unità storica.
Infine, il fallimento nello sviluppo di una cultura socialista democratica in Brasile ha generato un basso standard internazionalista, anche latinoamericano, tra la sinistra brasiliana. Il collegamento con lo sforzo internazionale di rileggere e aggiornare Marx può certamente alimentare una coscienza internazionalista, così formativa nella prassi di Marx ed Engels. Questo internazionalismo, più che una morale solidale con le lotte anticapitaliste che si sviluppano oggi nel mondo, è necessario affinché la stessa sinistra brasiliana possa tracciare la propria prassi nel mezzo del labirinto della crisi globale del capitalismo in questo XXI secolo. .
*Juarez Guimaraes è professore di scienze politiche all'UFMG. Autore, tra gli altri libri, di Democrazia e marxismo: critica della ragione liberale (Sciamano). [https://amzn.to/3PFdv78]
Riferimento
Marcello Musto (org.). La rinascita di Marx: concetti principali e nuove interpretazioni. Traduzione: Fabio Fernandes. San Paolo, Autonomia Literária, 2023, 528 pagine. [https://amzn.to/45n9zOn]

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