da JEAN PIERRE CHAUVIN*
Sono modellati sull’ideologia politica, economica e morale degli Stati Uniti, di Israele e di altri paesi. Parlano e gesticolano, interpretando il ruolo di esseri arrabbiati
C'è chi ama la città di San Paolo ed esprime tale affetto acclimatandosi alla famosa dichiarazione I Love New York ai tropici. Nei negozi di spazzatura e souvenirs da Pauliceia, è molto facile trovare portachiavi o targhette con la frase Amo San Paolo. C'è anche chi, in assenza di temperature miti e nebbia I londinesi, a una certa ora della notte, si avvolgono in un cappotto, che può produrre fumi di malinconia culto e ben vestito.
Si noti che non si tratta di condannare i costumi dei connazionali. Questo cronista è lungi dal recriminare chiunque ami una delle città più ricche (e più diseguali) dell’emisfero meridionale. Inoltre, non possiamo biasimare gli abitanti di qui per aver espresso ciò che hanno come cosmopoliti.
C'è chi preferirebbe essere nato in un altro paese. Per loro, il Brasile è un incidente nel loro percorso iperindividuale. Nel corso del XIX secolo, il più grande orizzonte delle élite era l'Europa: territorio della cultura, delle arti, della ragione e del libero pensiero. Tuttavia, a partire dal colpo di stato repubblicano e dalla prima costituzione post-imperiale del 1891, questo paese ha formalizzato alleanze di ogni grado e livello con gli Stati Uniti d'America.
Erano pochi quelli che resistevano a interiorizzare il “complesso bastardino” di cui parlava Nelson Rodrigues. Ciò che maggiormente si nota, in certi esempi di questa condizione e apparenza, è il desiderio di distinguersi a tutti i costi dal “piccolo popolo”. Qui esercitano la loro tradizionale appiccicosità, che si rivela nell'anacronistica architettura; sul cancello le iniziali dei familiari in lettere d'oro; nei veicoli blindati che occupano due corsie; negli abiti e negli accessori che li trasformano in girasoli che sbocciano nella serra urbana – detta anche centro commerciale.
Finora abbiamo accennato a due tipi sociali comuni nella capitale San Paolo (il cui comportamento può avere qualche ripercussione a livello federale) a cominciare dal modo in cui concepiscono se stessi e gli altri, secondo l'errore della meritocrazia. Succede che spesso non percepiscono la loro condizione sociale, culturale ed economica come conseguenza dei privilegi di classe; ma come risultato del “lavoro onesto” e dell’“intelligenza” dei loro antenati di quattrocento anni.
Con lodevoli eccezioni, tra coloro che si definiscono politicamente “non polarizzati” o “non radicali”, è facile trovare coloro che giustificano il voto per il candidato che meno interferisce con i “loro” svago e affari. Non importa se il candidato è corrotto, violento, misogino, esclusivista, privatista e non fa nulla per i più svantaggiati. Come spiegare questo fenomeno elettorale? Sarà speculare? Cinismo? Mantenere la distanza rispetto alle “persone diverse”?
Parliamo di un altro personaggio caricaturale, i cui esemplari si trovano a profusione in America Latina: mi riferisco all'agitatore che opera localmente a favore dell'impero. Di solito viene incoraggiato dalle emittenti nazionali, che parlano in nome della libertà e della democrazia, ritenendo la “sinistra” responsabile della presunta “tirannia” esercitata contro il libero mercato, contro la libera concorrenza, contro la presunta libertà di espressione. Fattorino, propaganda l'apologia degli pseudovalori difesi dagli ultraliberali.
Come dovremmo già sapere, uno dei sintomi più comuni del neoliberismo è l’aumento delle tattiche violente contro coloro che resistono all’arbitrarietà delle istituzioni che ci governano male. I suoi portavoce sono modellati sull’ideologia politica, economica e morale degli Stati Uniti, di Israele e di altri paesi. Parlano e gesticolano, interpretando il ruolo di esseri arrabbiati.
Con un linguaggio istrionico, mirano a sembrare sinceri; con gli occhi iniettati di sangue e le mani minacciose, fingono convinzioni; senza credenziali né riferimenti credibili, diffondono falsità come se fossero dogmi; facendo del governo un affare privato, si scagliano contro coloro che “succhiano le mammelle dello Stato”. E poiché non vanno oltre la condizione di frode, questi agitatori devono compensare il risentimento, la frustrazione e la loro nullità intellettuale, psicologica ed emotiva.
Per interpretare il loro ruolo “libertario” con maggiore efficienza ed efficacia, manifestano i manierismi inerenti al discorso fascista, che non mancano termini chiave come “patria”, “famiglia” e “proprietà privata” – termini, in generale, collegati al fondamentalismo religioso: monocromatico, manicheo e ipocrita. Resta da vedere se queste figure abiette, che non sono in alcun modo umanitarie, urbane o patriottiche, si danno davvero credito; o se l’immagine che proiettano sia il risultato di una mera finzione opportunistica che distrae i signori della guerra e coopta nuovi apologeti dell’impero.
* Jean-Pierre Chauvin Professore di Cultura e Letteratura brasiliana presso la Scuola di Comunicazione e Arti dell'USP. Autore, tra gli altri libri di Sette discorsi: saggi sulle tipologie discorsive (Editore Cancioneiro).[https://amzn.to/3sW93sX]
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