da MARCELLO AITH*
Il problema del sovraffollamento delle carceri brasiliane è strutturale e sistemico e la magistratura è una delle principali responsabili dell’incarcerazione di massa in Brasile
La Plenaria del Tribunale Supremo Federale (STF) ha ripreso, il 3 ottobre, il dibattimento sulla denuncia di inosservanza del precetto fondamentale (ADPF) n. 347/SP, presentata dal Partito Socialismo e Libertà (PSOL), che ha adduce come motivo di denuncia la situazione incostituzionale nelle carceri brasiliane.
La petizione iniziale del PSOL, accompagnata da prove solide, evidenzia che i prigionieri sono sottoposti a celle sovraffollate, sporche e antigeniche, con una proliferazione di malattie infettive, oltre a temperature estreme, mancanza di acqua potabile e prodotti igienici di base; segnala inoltre che viene fornito cibo non commestibile, spesso avariato e scaduto; Evidenzia inoltre i frequenti omicidi, percosse, torture e violenze sessuali contro i detenuti, perpetrati sia da altri detenuti che da agenti dello Stato.
La questione del sovraffollamento delle carceri è latente da tempo in Brasile. Secondo le informazioni del Dipartimento penitenziario nazionale (Depen), con dati fino al 30 giugno 2023, abbiamo una popolazione di 839.672 persone con libertà limitata, di cui 649.592 si trovano in celle fisiche in carceri sovraffollate, in condizioni subumane e 190.080 agli arresti domiciliari. Tuttavia, il numero totale dei posti nelle carceri, al 30 giugno 2023, è di 482.875. Pertanto, ci sono circa il 35% in più di detenuti rispetto alla capacità installata per accoglierli.
Qual è l’esito di questo terrificante scenario? Carceri sovraffollate, condizioni subumane dei detenuti, mancanza di controllo disciplinare, continue ribellioni con morti, senza contare che le carceri sono dominate da fazioni criminali che dettano le regole al loro interno.
Il problema del sovraffollamento delle carceri brasiliane è strutturale e sistemico. Strutturale perché deriva dal cronico malfunzionamento del sistema penitenziario, visto che in due decenni la popolazione detenuta è passata da 232.775 (2000) a circa 649.592 (giugno 2023), con la capacità installata non rispondente ai bisogni. Il problema è sistemico, dato che permea tutti gli Stati brasiliani, cioè non è una questione specifica o locale, ma è presente nell’intero sistema penitenziario.
Marcello Bortoloto sottolinea che il sovraffollamento è “la causa e l’effetto di politiche schizofreniche che producono incarcerazione e poi cercano modi per ripararla, che proclamano la tolleranza zero e rivendicano la certezza della pena, ma non promuovono né la libertà, né la legalità, né la sicurezza” . Per Marcello Bortoloto il sovraffollamento non nasce dalla crescita della criminalità, ma piuttosto dalla crescita della criminalizzazione.
Rodrigo Duque Estrada Roig sottolinea che “l’imposizione di qualsiasi forma di trattamento inumano o degradante – come l’incarcerazione in condizioni di sovraffollamento – è un atto che trascende la semplice privazione della libertà, rendendo illegale la reclusione”. Sottolinea inoltre che “l’incarcerazione in condizioni che violano la dignità umana pregiudicherebbe l’intenzione punitiva dello Stato stesso, rendendola priva di legalità”.
Lungi dal cercare i responsabili di questa situazione disastrosa, non possiamo non riconoscere che la magistratura è una delle principali responsabili dell’incarcerazione di massa in Brasile. Questa affermazione può essere corroborata dall’enorme numero di persone provvisoriamente arrestate nel Paese. Dati aggiornati a giugno 2023, il Brasile conta 180.167 persone detenute provvisoriamente, cioè senza sentenza penale definitiva, quindi legalmente innocenti.
Tra i principi che informano l'esecuzione penale abbiamo il principio di numero chiuso (numero chiuso), senza ombra di dubbio mancato di rispetto da parte delle autorità pubbliche nei tre ambiti di potere. Spiegare.
il principio di numero chiuso, in sostanza, stabilisce che il numero dei detenuti deve necessariamente corrispondere al numero dei posti nel sistema penitenziario, cioè ad ogni nuovo ingresso di una persona nel sistema penitenziario deve necessariamente corrispondere almeno un'uscita, affinché il detenuto-vacante il rapporto rimane sempre stabile. Tuttavia, secondo i dati sopra presentati, non è affatto adottato in Brasile.
In effetti, la delegittimazione del sistema penale brasiliano per imporre la privazione della libertà a una persona, dato lo stato di cose incostituzionale, è inequivocabile. Un sistema ostile, selettivo, perverso e disumanizzante. Una vera e propria fabbrica delinquenziale, il cui unico scopo è imporre a una persona una retribuzione, peraltro, assolutamente sproporzionata nella stragrande maggioranza dei casi, a causa di un danno da questa causato ad un bene giuridicamente protetto.
Esiste un modo per mitigare questa offesa alla dignità dei detenuti nel sistema penitenziario brasiliano, utilizzando la legislazione attuale e l’esperienza internazionale con strumenti che accorciano la durata del carcere o addirittura consentono la non carcerazione? Credo di si.
Metto in evidenza le alternative penali estratte dal quadro normativo brasiliano che, se adeguatamente utilizzate, potrebbero contribuire in modo significativo a ridurre la popolazione carceraria: l'indulto e la commutazione della pena; sospensione condizionale della pena; applicazione di sanzioni pecuniarie invece della privazione della libertà; applicazione di sentenze restrittive dei diritti anziché privative della libertà; remissione della pena e; liberazione condizionale.
Un esempio di mancato rispetto della normativa vigente è stato presentato nel Rapporto di informazione penale – RELIPEN, del Segretariato nazionale per le politiche penali – SENAPPEN, in cui si sottolinea che sono 9.712 i detenuti in regime chiuso che hanno progredito e sono in attesa di trasferimento a il regime semiaperto, con il precedente vincolante n.56/STF, stabilisce che nessuno può rimanere detenuto in un regime più grave.
Inoltre, ci sono altri meccanismi che possono ridurre il sovraffollamento nelle carceri brasiliane: (a) conversione dei regimi semi-aperti e aperti, che rimangono nelle celle fisiche durante il riposo notturno, attraverso il monitoraggio elettronico; (b) revisione, ogni 90 giorni, su base obbligatoria, degli arresti provvisori; (c) libertà vigilata per i detenuti condannati per reati punibili con la detenzione; (d) La libertà dei detenuti affetti da malattie gravi: una questione di dignità; (e) Processo di estricazione delle donne incinte e di quelle con bambini di età inferiore ai dodici anni; e (f) Giustizia riparativa per coloro che non subiscono violenza o gravi minacce alla persona.
Ovviamente si tratta di meccanismi che possono alleviare questo stato di cose nelle carceri brasiliane, ma non risolvono neanche lontanamente la situazione attuale. Per raggiungere l’ideale, è necessario uno sforzo congiunto da parte di tutti i soggetti coinvolti, magistratura, esecutivo, legislativo, pubblici ministeri, oltre ad un’intensa consapevolezza della società, che il carcere non recupera quasi nessuno, ma contribuisce in modo significativo a formare un esercito di delinquenti.
La Corte Suprema si avvia verso il riconoscimento definitivo dello stato di incostituzionalità. Mi auguro che la decisione produca i suoi effetti regolari, migliorando la situazione disumana, crudele e degradante in cui vivono le persone detenute in Brasile.
*Marcello Aith È avvocato, studia per un master in diritto penale presso la PUC-SP e presidente della Commissione statale per il diritto penale economico presso Abracrim-SP.
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