Papa Francesco – contro l’idolatria del capitale

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da MICHAEL LÖWY*

Le prossime settimane decideranno se Jorge Bergoglio è stato solo una parentesi o se ha aperto un nuovo capitolo nella lunga storia del cattolicesimo.

La morte di Jorge Bergoglio, Papa Francesco, segna la fine di una figura singolare, che si è distinta, in un’Italia governata dai neofascisti e in un’Europa sempre più reazionaria, per il suo sorprendente impegno etico, sociale ed ecologico.

Dopo che Pio XII scomunicò i comunisti, la sinistra non poteva che aspettarsi anatemi dal Vaticano. Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger non hanno forse perseguitato i teologi della liberazione perché utilizzavano concetti marxisti? Non hanno cercato di imporre un “silenzio ossequioso” a Leonardo Boff? Naturalmente, fin dal XIX secolo, nel cattolicesimo ci sono sempre state correnti di sinistra, ma hanno incontrato solo ostilità da parte delle autorità romane.

D'altro canto, le correnti clericali critiche nei confronti del capitalismo erano generalmente piuttosto reazionarie. Criticare il socialismo feudale o clericale in manifesto comunista, Marx ed Engels notarono “la loro assoluta incapacità di comprendere il corso della storia”; ma riconoscevano in questa miscela “di echi del passato e di minacce al futuro” una “critica pungente e arguta” che poteva talvolta “colpire la borghesia dritto al cuore”.

Max Weber propone un’analisi più generale del rapporto tra Chiesa e capitale: nel suo lavoro sulla sociologia delle religioni, egli nota la “profonda avversione” (Abbandono sicuro) dall'etica cattolica allo spirito del capitalismo, nonostante adattamenti e compromessi. Questa è un'ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione se vogliamo capire cosa è successo a Roma con l'elezione del papa argentino.

Jorge Bergoglio, Papa Francesco

Cosa potevamo aspettarci dal cardinale Jorge Bergoglio, eletto? Pontifex Massimo nel marzo 2013? Naturalmente era latinoamericano, il che era un segno di cambiamento. Ma era stato eletto dallo stesso conclave che aveva intronizzato il conservatore Joseph Ratzinger, e proveniva dall'Argentina, un paese in cui la Chiesa non è nota per il suo progressismo, dato che diversi suoi dignitari avevano collaborato attivamente con la sanguinaria dittatura militare.

Con Jorge Bergoglio non è stato così: secondo alcuni resoconti, avrebbe addirittura aiutato le persone perseguitate dalla giunta a nascondersi o a lasciare il Paese. Ma non si oppose nemmeno al regime: un “peccato di omissione”, potremmo dire. Mentre alcuni cristiani di sinistra, come Adolfo Pérez Esquivel (premio Nobel per la pace), lo hanno sempre sostenuto, altri lo vedevano come un oppositore di destra del governo dei “peronisti di sinistra” Néstor e Cristina Kirchner.

In ogni caso, una volta eletto, Francesco – nome da lui scelto in riferimento a san Francesco, amico dei poveri e degli uccelli – si distinse subito per il suo atteggiamento coraggioso e impegnato. In un certo senso, ricorda Papa Roncalli, Giovanni XXIII: eletto “papa di transizione” per garantire continuità e tradizione, ha avviato il più profondo cambiamento nella Chiesa da secoli: il Concilio Vaticano II (1962-65). Inizialmente Bergoglio aveva pensato di adottare il nome “Giovanni XXIV” per onorare il suo predecessore degli anni Sessanta.

Il primo viaggio del nuovo pontefice fuori Roma ebbe luogo nel luglio 2013, nel porto italiano di Lampedusa, dove centinaia di migranti illegali sbarcarono mentre molti altri annegarono nel Mediterraneo. Nell’omelia, non ha esitato ad opporsi al governo italiano – e a gran parte dell’opinione pubblica – denunciando la “globalizzazione dell’indifferenza” che ci rende “insensibili al grido degli altri”, cioè alla sorte degli “immigrati morti in mare, in quei barconi che, anziché essere una via di speranza, erano una via di morte”. Vorrei ritornare più volte su questa critica alla disumanità della politica europea nei confronti dei migranti.

Anche per quanto riguarda l'America Latina si è verificato un cambiamento notevole. Nel settembre 2013, Papa Francesco ha incontrato Gustavo Gutiérrez, fondatore della teologia della liberazione, e il quotidiano vaticano Osservatorio Romano pubblicò, per la prima volta, un articolo favorevole a questo pensatore. Un altro gesto simbolico fu la beatificazione, e poi la canonizzazione, dell'arcivescovo Romero di El Salvador, assassinato nel 1980 dai militari per aver denunciato la repressione antipopolare, un eroe celebrato dalla sinistra cattolica latinoamericana ma ignorato dai precedenti pontefici.

Durante la sua visita in Bolivia nel luglio 2015, Jorge Bergoglio ha reso un intenso e vibrante omaggio alla memoria del suo confratello gesuita Luis Espinal Camps, sacerdote missionario, poeta e regista spagnolo assassinato durante la dittatura di Luis García Meza il 21 marzo 1980 per il suo impegno nelle lotte sociali. Incontrando Evo Morales, il presidente socialista boliviano gli ha offerto una scultura realizzata dal martire gesuita: una croce di legno sostenuta da una falce e un martello…

Durante la sua visita in Bolivia, Papa Francesco ha partecipato all'incontro mondiale dei movimenti sociali nella città di Santa Cruz. Il suo discorso in quell’occasione illustra la “profonda avversione” al capitalismo di cui parlava Max Weber, ma a un livello che nessuno dei suoi predecessori era riuscito a raggiungere. Un passaggio ormai celebre del suo discorso: «Abbiamo punito la terra, i popoli e gli individui in modo quasi selvaggio. E dietro tanto dolore, tanta morte e distruzione, c'è l'odore di quello che Basilio di Cesarea chiamava "lo sterco del diavolo": l'avidità sfrenata del denaro che regna sovrana. Il servizio al bene comune passa in secondo piano. Quando il capitale si erge a idolo e domina tutte le scelte umane, quando l'avidità di denaro guida l'intero sistema socioeconomico, rovina la società, condanna l'uomo, lo rende schiavo, distrugge la fratellanza tra gli uomini, spinge i popoli gli uni contro gli altri e, come vediamo, mette persino in pericolo la nostra casa comune».

Non sorprende che l'approccio di Papa Francesco abbia incontrato una notevole resistenza da parte dei settori più conservatori della Chiesa. Uno degli oppositori più attivi è il cardinale americano Raymond Burke, fervente sostenitore di Donald Trump, che è entrato in contatto anche con Matteo Salvini, il leader della Lega Nord, durante un viaggio in Italia… Alcuni di questi oppositori hanno accusato il nuovo pontefice di essere un eretico, o addirittura un… marxista travestito.

Quando Rush Linebaugh, un giornalista cattolico reazionario (americano), lo ha definito un "papa marxista", Papa Francesco ha risposto confutando educatamente l'aggettivo, aggiungendo di non essersi offeso perché "conosceva molti marxisti che erano brave persone". Nel 2014, infatti, il Papa ricevette in udienza due importanti rappresentanti della sinistra europea: Alexis Tsipras, allora leader dell’opposizione al governo di destra di Atene, e Walter Baier, coordinatore della rete Trasformare, formato da fondazioni culturali legate al Partito della Sinistra Europea (come la Fondazione Rosa Luxemburg in Germania).

In quell'occasione decise di avviare un processo di dialogo tra marxisti e cristiani, che portò a diversi incontri, tra cui un'università estiva congiunta nel 2018 sull'isola di Syros, in Grecia. Nel 2014 il Papa ha ricevuto una delegazione di partecipanti (cristiani e marxisti) a questo dialogo (tra cui l'autore di questa nota).

È vero che quando si tratta del diritto delle donne a disporre del proprio corpo e della morale sessuale in generale – contraccezione, aborto, divorzio, omosessualità – Francesco rimane fedele alle posizioni conservatrici della dottrina della Chiesa. Ci sono però alcuni segnali di apertura, di cui il violento conflitto del 2017 con la leadership dell'Ordine di Malta, una ricca e aristocratica istituzione della Chiesa cattolica, è un sintomo lampante.

Il Gran Maestro ultraconservatore dell'Ordine, il principe (?!) Matthew Festing, ha chiesto le dimissioni del cancelliere dell'Ordine, il barone de Boeselager, per il terribile peccato di aver distribuito preservativi ai poveri minacciati dall'epidemia di AIDS in Africa. Il Cancelliere fece ricorso al Vaticano, che si pronunciò a suo favore contro Festing; quest'ultimo, sostenuto dal cardinale Burke, si rifiutò di obbedire e venne rimosso dai suoi incarichi dal Vaticano. Non si tratta ancora dell'adozione della contraccezione da parte della dottrina morale della Chiesa, ma è un cambiamento…

Naturalmente, Papa Francesco non è affatto un marxista e la sua teologia è molto lontana dalla forma marxista di teologia della liberazione. La sua formazione intellettuale, spirituale e politica deve molto alla teologia del popolo, variante argentina non marxista della teologia della liberazione, i cui principali ispiratori sono Lucio Gera e il teologo gesuita Juan Carlos Scannone. La teologia del popolo non intende basarsi sulla lotta di classe, ma riconosce il conflitto tra il popolo e l’“anti-popolo” e sostiene l’opzione preferenziale per i poveri. Rispetto ad altre forme di teologia della liberazione, si occupa meno di questioni socioeconomiche e presta maggiore attenzione alla cultura, in particolare alla religione popolare.

In un articolo del 2014, “Papa Francesco e la teologia del popolo”, Juan Carlos Scannone sottolinea giustamente quanto le prime encicliche del Papa, come Evangelium Gaudí (2014), criticato dai suoi critici di sinistra come “populista” (nel senso argentino, peronista e non europeo del termine), deve la sua eredità a questa teologia popolare. Mi sembra però che Jorge Bergoglio, nella sua critica all’“idolo del capitale” e a tutto l’attuale “sistema socioeconomico”, vada oltre i suoi ispiratori argentini. Soprattutto nella sua ultima enciclica, Laudato si ' (2015), che merita una riflessione marxista.

Laudato si '

L’“enciclica ecologica” di Papa Francesco è un evento di importanza mondiale, dal punto di vista religioso, etico, sociale e politico. Data l'enorme influenza della Chiesa cattolica, esso ha rappresentato un contributo fondamentale allo sviluppo di una coscienza ecologica critica. Sebbene accolta con entusiasmo dai veri ambientalisti, suscitò preoccupazione e rifiuto tra i conservatori religiosi, i rappresentanti del capitale e gli ideologi dell'“ecologia di mercato”.

Si tratta di un documento di grande ricchezza e complessità, che propone una nuova interpretazione della tradizione giudaico-cristiana – rompendo con il “sogno prometeico di dominio del mondo” – e una riflessione critica sulle cause della crisi ecologica. Per certi aspetti, come il legame inscindibile tra il “grido della terra” e il “grido dei poveri”, è chiaro che la teologia della liberazione – in particolare quella dell’ecoteologo Leonardo Boff – è stata una delle sue fonti di ispirazione.

Nelle brevi note che seguono, vorrei sottolineare un aspetto dell'enciclica che spiega la resistenza che ha incontrato negli ambienti economici e mediatici: il suo carattere antisistemico.

Per Papa Francesco, le catastrofi ecologiche e i cambiamenti climatici non sono solo il risultato dei comportamenti individuali – anche se questi svolgono un ruolo importante – ma degli “attuali modelli di produzione e di consumo”. Bergoglio non è marxista e la parola “capitalismo” non compare nell’enciclica… Ma è chiarissimo che, per lui, i drammatici problemi ecologici del nostro tempo sono il risultato degli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata – ingranaggi costituiti da un sistema globale, “un sistema strutturalmente perverso di rapporti commerciali e di proprietà” (n. 52 del documento).

Quali sono, per Papa Francesco, queste caratteristiche “strutturalmente perverse”? In primo luogo, un sistema in cui predominano “gli interessi limitati delle imprese” e “una razionalità economica discutibile”, una razionalità strumentale che ha come unico obiettivo la massimizzazione dei profitti. Pertanto, “il principio della massimizzazione del profitto, che tende a isolarsi da tutte le altre considerazioni, è una distorsione concettuale dell’economia: se la produzione aumenta, non importa se produciamo a scapito delle risorse future o del benessere dell’ambiente” (195).

Questa distorsione, questa perversità etica e sociale, non corrisponde a un Paese più che a un altro, ma a un “sistema globale, in cui predominano la speculazione e la ricerca di profitti finanziari, che tende a ignorare qualsiasi contesto e qualsiasi effetto sulla dignità umana e sull’ambiente”. «Sembra quindi che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico siano strettamente collegati» (56).

L'ossessione per la crescita illimitata, il consumismo, la tecnocrazia, il dominio assoluto della finanza e la deificazione del mercato sono caratteristiche perverse del sistema. In una logica distruttiva, tutto si riduce al mercato e al “calcolo finanziario dei costi e dei benefici”. Tuttavia, è necessario comprendere che «l’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o promuovere adeguatamente» (190). Il mercato è incapace di tener conto dei valori qualitativi, etici, sociali, umani o naturali, cioè «valori che vanno oltre ogni calcolo» (36).

Il potere “assoluto” del capitale finanziario speculativo è un aspetto essenziale del sistema, come ha dimostrato la recente crisi bancaria. Il commento dell’enciclica è demistificante: «Salvare le banche a tutti i costi, facendo pagare il prezzo ai cittadini, senza una ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma il dominio assoluto della finanza, che non ha futuro e può solo generare nuove crisi dopo una lunga e costosa ripresa apparente. La crisi finanziaria del 2007-2008 è stata l’occasione per sviluppare una nuova economia, più attenta ai principi etici e favorevole a una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza fittizia. Ma non vi è stata alcuna reazione che portasse a mettere in discussione i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo» (189).

Questa dinamica perversa del sistema globale che “continua a governare il mondo” è la ragione del fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente: “gli interessi personali sono innumerevoli ed è molto facile che gli interessi economici prevalgano sul bene comune e manipolino le informazioni per evitare che i loro progetti vengano colpiti”.

Finché prevarranno gli imperativi dei potenti gruppi economici, «potremo aspettarci solo poche dichiarazioni superficiali, azioni filantropiche isolate e perfino qualche sforzo per mostrare una certa sensibilità verso l’ambiente, quando, di fatto, ogni tentativo delle organizzazioni sociali di cambiare le cose sarà considerato un fastidio causato da utopisti romantici o come un ostacolo da superare» (54).

In questo contesto, l’enciclica denuncia l’irresponsabilità dei “responsabili”, cioè delle élite dominanti e delle oligarchie interessate a preservare il sistema, di fronte alla crisi ecologica: «Molti di coloro che detengono la maggior parte delle risorse e del potere economico o politico sembrano fare di tutto per nascondere i problemi o mascherarne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi dei cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti continueranno ad aggravarsi se manteniamo gli attuali modelli di produzione e di consumo» (26).

Di fronte alla drammatica distruzione dell'equilibrio ecologico del pianeta e alla minaccia senza precedenti rappresentata dal cambiamento climatico, cosa propongono i governi o i rappresentanti internazionali del sistema (Banca Mondiale, FMI, ecc.)? La loro risposta è il cosiddetto “sviluppo sostenibile”, un concetto il cui contenuto è sempre più vuoto, un vero flatus vocis, come dicevano gli scolastici del Medioevo.

Papa Francesco non si fa illusioni su questa mistificazione tecnocratica: «Il discorso della crescita sostenibile tende a trasformarsi in un mezzo di distrazione e di sensi di colpa che assorbe i valori del discorso ecologico nel seno della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese tende a ridursi a una serie di azioni di marketing e di immagine» (194).

Le misure concrete proposte dall’oligarchia tecno-finanziaria dominante sono totalmente inefficaci, come il “mercato del carbonio”. La critica del Papa a questa falsa soluzione è uno degli argomenti più importanti dell'enciclica. Riferendosi a una risoluzione della Conferenza Episcopale Boliviana, Jorge Bergoglio ha scritto: «La strategia di compravendita di “crediti di carbonio” potrebbe dare origine a una nuova forma di speculazione e minare il processo di riduzione delle emissioni globali di gas inquinanti. Questo sistema appare come una soluzione rapida e facile, che dà l’apparenza di un certo impegno per l’ambiente, ma che in ogni caso non costituirebbe un cambiamento radicale commisurato alle circostanze. Peggio ancora, potrebbe trasformarsi in un rimedio che favorisce il consumo eccessivo in determinati Paesi e settori» (171).

Passaggi come questo spiegano la mancanza di entusiasmo nei circoli “ufficiali” e tra i sostenitori dell’“ecologia di mercato” (o “capitalismo verde”) per Laudato si '...

Collegando la questione ecologica a quella sociale, Papa Francesco insiste sulla necessità di misure drastiche, cioè di cambiamenti profondi, per rispondere a questa duplice sfida. L’ostacolo principale è la natura “perversa” del sistema: «la stessa logica che ci impedisce di prendere decisioni drastiche per invertire la tendenza al riscaldamento globale è la stessa logica che ci impedisce di raggiungere l’obiettivo di sradicare la povertà» (175).

Sebbene la diagnosi della crisi ecologica di Laudato si ' è di una chiarezza e coerenza impressionanti, le azioni che propone sono più limitate. È vero che molti dei loro suggerimenti sono utili e necessari, come: “proporre forme di cooperazione o di organizzazione comunitaria che difendano gli interessi dei piccoli produttori e proteggano gli ecosistemi locali dalla predazione” (180).

È anche molto significativo che l’enciclica riconosca la necessità per le società più sviluppate di «frenare un po’, di porre alcuni limiti ragionevoli e anche di fare marcia indietro prima che sia troppo tardi», cioè che «giunga il momento di accettare un certo declino di alcune parti del mondo, ponendo rimedi perché altre possano crescere sane» (193).

Ma sono proprio queste “misure drastiche” che servono, come quelle proposte da Naomi Klein nel suo libro Questo cambia tutto: abbandonare i combustibili fossili (carbone, petrolio) prima che sia troppo tardi, abbandonandoli nel sottosuolo. Non possiamo cambiare le strutture perverse dell'attuale modo di produzione e di consumo senza una serie di iniziative antisistemiche che mettano in discussione la proprietà privata, ad esempio quella delle grandi multinazionali dei combustibili fossili (BP, Shell, Total, ecc.).

È vero che il Papa menziona l’utilità di «grandi strategie che arrestino efficacemente il degrado dell’ambiente e inculchino una cultura del rispetto che impregni tutta la società», ma questo aspetto strategico è poco sviluppato nell’enciclica.

Riconoscendo che «l'attuale sistema mondiale è insostenibile», Jorge Bergoglio cerca un'alternativa globale, che chiama «cultura ecologica», un cambiamento che «non può limitarsi a una serie di risposte urgenti e parziali ai crescenti problemi del degrado ambientale, dell'esaurimento delle risorse naturali e dell'inquinamento. Deve implicare una prospettiva diversa, un modo di pensare, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che accettino la resistenza all'avanzata del paradigma tecnocratico» (111).

Ma ci sono poche prove di una nuova economia e di una nuova società che corrispondano a questa cultura ecologica. Non si tratta di chiedere al Papa di adottare l’ecosocialismo, ma l’alternativa per il futuro resta un po’ astratta.

Papa Francesco ha fatto propria “l’opzione preferenziale per i poveri” delle Chiese latinoamericane. L’enciclica lo definisce chiaramente come un imperativo planetario: «Nelle attuali condizioni della società mondiale, caratterizzata da tanta disuguaglianza e in cui le persone sono sempre più emarginate e private dei più elementari diritti umani, il principio del bene comune diventa immediatamente, come conseguenza logica e ineludibile, un appello alla solidarietà e un’opzione prioritaria per i più poveri».

Ma nell'enciclica i poveri non compaiono come attori della propria emancipazione, il progetto più importante della teologia della liberazione. Le lotte dei poveri, dei contadini e dei popoli indigeni per difendere le foreste, l’acqua e la terra dalle multinazionali e dal commercio agricolo, così come il ruolo dei movimenti sociali, che sono proprio i principali attori nella lotta contro il cambiamento climatico – Via Campesina, Giustizia Climatica, Forum Sociale Mondiale – sono una realtà sociale che non appare molto nei Laudato si '.

Sarà questo però un tema centrale negli incontri del Papa con i movimenti popolari, i primi nella storia della Chiesa. Nell'incontro di Santa Cruz (Bolivia, luglio 2015), Francesco ha dichiarato: "Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete e fate molto. Oserei dire che il futuro dell'umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative, nella ricerca quotidiana delle tre T (lavoro, casa, terra) e anche nella vostra partecipazione come protagonisti ai grandi processi di cambiamento, nazionali, regionali e globali. Non sottovalutatevi! Siete i seminatori del cambiamento".

Certamente, come sottolinea Jorge Bergoglio nell'enciclica, il compito della Chiesa non è quello di sostituire i partiti politici proponendo un programma di cambiamento sociale. Con la sua diagnosi antisistemica della crisi, che lega indissolubilmente la questione sociale e la tutela dell’ambiente, “il grido dei poveri” e “il grido della terra”, Laudato si ' Si tratta di un contributo prezioso e inestimabile alla riflessione e all'azione per salvare la natura e l'umanità dalla catastrofe.

Spetta ai marxisti, ai comunisti e agli ecosocialisti completare questa diagnosi con proposte radicali che mirino a cambiare non solo il sistema economico dominante, ma anche il modello perverso di civiltà imposto dal capitalismo su scala globale. Proposte che includono non solo un programma concreto di transizione ecologica, ma anche la visione di un'altra forma di società, al di là del regno del denaro e delle merci, basata sui valori di libertà, solidarietà, giustizia sociale e rispetto della natura.

È difficile prevedere quale sarà il futuro della Chiesa dopo la morte di Papa Francesco: chi verrà eletto nel prossimo conclave? Seguirà l'orientamento critico e umanista di Bergoglio o tornerà alla tradizione conservatrice dei pontefici precedenti? Francesco ha nominato numerosi nuovi cardinali, ma qual è la loro convinzione più profonda?

Le prossime settimane decideranno se Jorge Bergoglio è stato solo una parentesi o se ha aperto un nuovo capitolo nella lunga storia del cattolicesimo.

*Michae Lowy è direttore della ricerca in sociologia presso Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS). Autore, tra gli altri libri, di Che cosa è il cristianesimo della liberazione?: Religione e politica in America Latina (espressione popolare). [https://amzn.to/3S1rYf4]

Traduzione: Fernando Lima das Neves.

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