Pasolini, di Abel Ferrara

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da PRODUZIONE MARIAROSARIA*

Più che un romanzo, Petrolio dovrebbe essere un misto di elementi grafici, figurativi, fotografici, ecc., anche se al pubblico è arrivata solo la parte narrativa

Willem Dafoe ha dichiarato, in un'intervista a Jorge Mourinha, di rappresentare “non 'il' Pasolini ma 'un' Pasolini”, interpretando sullo schermo il ruolo dello scrittore e cineasta italiano, evidenziando così la questione delle diverse possibili letture di un pubblico di carattere. La dichiarazione dell'attore è in linea con le intenzioni del regista Pasolini (2014) ricreando gli ultimi giorni del controverso intellettuale.

Una ricostruzione incollata alle vicende degli ultimi istanti di Pier Paolo Pasolini, ma basata anche su licenze poetiche, poiché Abel Ferrara cercò di confrontarsi anche con due progetti incompiuti del suo biografo, che non necessariamente lo occupavano in quei giorni: Petrolio e Porno-Teo-Kolossal.,

Il film inizia con l'intervista rilasciata dal cineasta ad Antenne 2, il 31 ottobre 1975, durante la quale sequenze di Salò o le 120 giornate di Sodoma (Saló o i 120 giorni di Sodoma), in uscita in Francia. Sull'aereo che lo riporta a casa, dopo il viaggio a Stoccolma e la sosta parigina, Pasolini sta progettando un'inquadratura cinematografica e, sopra le immagini che lo ritraggono in macchina per le strade di Roma, si alza la sua voce recitando una lettera scritta al “caro Alberto” [Moravia], in cui spiega l'ultimo romanzo che sta scrivendo, chiedendo consigli e sottolineando che il protagonista gli fa schifo, nonostante le “analogie tra la sua storia e la mia”.

Si innesca così una sequenza apparentemente sciolta della diegesi, in cui un uomo, di notte, in un luogo degradato, si avvicina a un gruppo di ragazzi per fare sesso con l'uno, poi con un altro e così via. È con il condensato di “Annotazione 55 – Il grande prato della Casilina” che il regista nordamericano comincia a visualizzare per il pubblico alcuni estratti del libro Petrolio, pubblicato postumo (1992).,

Il tono cupo di questa sequenza è sostituito dalla luminosità di tre inquadrature dell'EUR, il quartiere in cui viveva il cineasta. Assistiamo poi all'intellettuale svegliarsi e fare colazione, chiacchierare con la cugina Graziella, che gli consegna messaggi e resoconti sugli incarichi svolti, leggere diversi giornali in cui titoli parlano di violenza e morte, temi da lui trattati come polemista.

Il rumore della macchina da scrivere introduce una sequenza su Carlo (che ha lo stesso nome e lo stesso aspetto dell'uomo sul prato della Casilina), il quale, mentre passeggia tra gli invitati ad una lussuosa festa, cattura frammenti di conversazioni su argomenti scottanti. Dopo una rapida sequenza in cui Pasolini definisce il libro una parabola, l'attenzione torna su Carlo, che ora si unisce a un gruppo più selezionato per ascoltare un intellettuale raccontare una storia che finisce sotto il segno della morte, dopo aver affermato che la narrazione è morta, facendo eco alla stessa frase espressa poco prima dallo stesso scrittore.

Lo spettatore, ancora una volta, si trova di fronte alla messa in scena di brani tratti da Petrolio, che l'autore iniziò a redigere nel 1972. Più che un romanzo, Petrolio dovrebbe essere un mix di elementi grafici, figurativi, fotografici, ecc., anche se al pubblico è arrivata solo la parte narrativa.

Ritornando alla diegesi, durante il pranzo con la madre e i cugini, si parla delle interviste da rilasciare su Salò e il poeta Sandro Penna, a cui avrebbe dovuto essere assegnato il Premio Nobel. L'arrivo di Laura Betti, di ritorno dalle riprese in Jugoslavia, ravviva la tranquilla vita familiare. Una fusione segna il passaggio ad un campo periferico, dove Pasolini gioca a calcio con un gruppo di ragazzi. La sequenza sembra più un ricordo che uno degli eventi del 1° novembre. È uno dei tanti momenti del film in cui la realtà perde i suoi contorni a causa del linguaggio onirico adottato da Ferrara, anche se questo è più evidente in altre sequenze: la prima su Petrolio, quello delle incursioni notturne e quello della morte.

A metà pomeriggio arriva Fulvio Colombo per quella che sarà l'ultima intervista di Pasolini (“Siamo tutti in pericolo”), in cui parla ancora una volta di violenza e del suo odio per le istituzioni. Il colloquio tra i due è molto rigido, quando in realtà è stato più informale, come ha registrato lo stesso giornalista in un altro articolo, in cui ricorda che, nel riceverlo, lo scrittore aveva in mano il documento appena rilasciato La scomparsa di Majorana). Il suo commento al libro di Leonardo Sciascia - che nel film viene citato nella chiacchierata mattutina con il cugino, e poi viene focalizzato vicino alla macchina da scrivere mentre Pasolini scrive Petrolio – sembra un’anticipazione degli eventi che seguiranno tra sei ore e trentacinque minuti:

“È bello, è bellissimo majorana di Sciascia. È bello perché ha visto il mistero, ma non ce lo dice, capisci? C'è una ragione per quella scomparsa. Ma sa che in questi casi un'indagine non rivela mai nulla. È un libro bellissimo perché non è un’indagine, ma la contemplazione di qualcosa che non potrà mai essere chiarito”.

La frase finale di questo apprezzamento dello scrittore bolognese ci porta a pensare anche alla complessa elaborazione del suo ultimo romanzo, se si accetta l'interpretazione di Enzo Siciliano: “Il lettore, scorrendo quelle pagine, ha la sensazione di penetrare un segreto che non non voglio essere rivelato”.

Dopo l'intervista, Pasolini esce per incontrare Ninetto Davoli in una cantina e, strada facendo, osserva, dalla sua macchina, i ragazzi che si prostituiscono nella zona centrale della città, al suono di Ti porterò lì, una canzone soul che parla della ricerca del paradiso. Parla con il proprietario del locale della violenza che affligge le strade e dichiara che Roma è finita., Guarda il disegno che ha fatto sull'aereo e una delle cantate della canzone. Massa Luba presenta un globo terrestre visto dallo spazio, sul quale si leva la lettura della lettera a Eduardo De Filippo nell'inviargli l'argomentazione di Porno-Teo-Kolossal.

Ciò motiva l'inserimento della prima sequenza ispirata a questo film non realizzata dal cineasta italiano. C'è una scena della vita familiare di Epifanio, dopo la quale si reca al mercato con il servo Nunzio, dove apprende della nascita del Messia e vede la Stella Guida, che lo porterà a lasciare la sua città.

dopo uno flash con l'arrivo al ristorante di Ninetto, moglie e figlio, sempre a suon di Massa Luba, assistiamo all'arrivo in treno dei due viandanti in una città dove gli uomini dormono con uomini e le donne con donne, tranne che in un solo giorno dell'anno. È la Festa della Fecondazione, alla quale Epifanio e Nunzio vengono portati da un compaesano che si è adeguato alle leggi della città. Durante i baccanali, uomini e donne si accoppiano per consentire la perpetuazione della specie, tra urla, fuochi d'artificio e musiche tribali, davanti a tutti.

La musica della messa congolese riporta il globo terrestre e con esso la voce di Pasolini che termina di leggere la sua sceneggiatura, esprimendo il desiderio di iniziare presto le riprese, prima di salutare i suoi amici. Dopo un'altra incursione nella zona della stazione centrale, vedendo diversi ragazzi, finisce per invitarne uno e portarlo a cena in un altro ristorante. Lasciano il luogo e il suono di L'angolo della lavanderia del Vomero segue il viaggio in macchina fino alla spiaggia di Ostia, dove Pasolini verrà aggredito da due uomini che lo insultano per il suo orientamento sessuale e lo picchiano. Il ragazzo, alla fine, partecipa anche al pestaggio e finisce per passare sopra il corpo inerte della vittima.

Al tragico destino di Pasolini viene associata la morte e resurrezione di Epifanio, poiché lo spettatore si trova nuovamente di fronte alla parte finale dell'opera Porno-Teo-Kolossal, praticamente lo stesso discorso per Ninetto al ristorante. E l'opera cinematografica prosegue presentando il ritrovamento del cadavere nella sabbia, ancora le tre inquadrature dell'EUR, Laura che va a dare la notizia a Susanna, e si conclude concentrandosi sul tavolo di lavoro e sull'agenda aperta del 6-7 Novembre, con gli impegni presi.

Tra successi e soluzioni dubbie, Abel Ferrara potrebbe aver realizzato non “un film su Pasolini, ma un film per Pasolini”, come suggerisce Vasco Câmara, per dimostrare la sua ammirazione. La scelta di Willem Dafoe come protagonista è stata giusta, poiché è riuscito ad apparire fisicamente simile al suo personaggio reale. L'attore, però, è nordamericano e questo porta a qualche errore, oltre all'alternanza, non solo da parte sua, tra inglese e italiano, che provoca stranezze e alcuni momenti di ilarità indesiderata.

Il repertorio musicale è abbastanza adeguato, fatta eccezione forse per l'inserimento di due brani nordamericani, che appartengono all'universo di Abel Ferrara piuttosto che a quello di Pasolini: Ti porterò lì e Annie, insalata di pollo. Per quanto riguarda le altre canzoni, sono presenti le stesse Passione secondo San Matteo, che fungeva da leitmotiv alle peregrinazioni del protagonista Accattone (Disadattamento sociale,, 1961); lo stesso L'angolo della lavanderia del Vomero utilizzato in alcune sezioni di Il Decamerone (decameron, 1971); IL Massa Luba, nella quale si udì “Glória”. Il Vangelo secondo Matteo (Il Vangelo secondo Matteo, 1964) e che, insieme alla canzone popolare croata Kako, sono a casa tua arrivano a ricordare i canti etnici a cui il cineasta era interessato, inserendoli nella colonna sonora dei suoi film; oltre all'aria “Una voce poco fa”, di Il Barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini, con la voce di Maria Callas, che incarnava la Medea di Pasolin.

Non è solo attraverso le canzoni che Abel Ferrara cerca di recuperare l'universo della sua biografia, ma anche attraverso alcuni amici e attori. Della cerchia degli amici, oltre a Moravia, Penna e Sciascia, lo scrittore e pittore Carlo Levi, autore del manifesto di Accattone. Tra gli interpreti, Adriana Asti, già presente in Accattone, quando diede vita ad Amore, ora nei panni di Susanna Pasolini, e Ninetto Davoli, che, da Il Vangelo secondo Matteo, partecipò a diverse realizzazioni pasoliniane, avendo l'incarico di sostituire Eduardo De Filippo nel ruolo di Epifanio e venendo sostituito da Riccardo Scamarcio nel ruolo di Nunzio.

Se Scamarcio non avesse la spontaneità e quella malizia maliziosa che caratterizzavano Ninetto in Uccellacci e Uccellini (falchi e uccelli, 1966), di cui Porno-Teo-Kolossal è una sorta di revival, Davoli non ha le capacità interpretative né la verve artistica del celebre attore e drammaturgo napoletano. Citare Eduardo, Ninetto e Scamarcio significa soffermarsi su uno dei punti più arditi della Pasolini: le sequenze in cui Ferrara ha cercato di “sostituirsi” al cineasta italiano nella regia di un film che non è riuscito a realizzare.

Le prime notizie su Porno-Teo-Kolossal risalgono al 1966 e Pasolini comincia a fare riferimento ad un'impresa sui Magi nel prologo di “Che cosa sono le nuvole?” (“Che cosa sono le nuvole?”), terzo episodio del film Capriccio all'italiana (caprice à italiano, 1967), soffermandosi sui manifesti delle quattro parti che avrebbero dovuto comporre il progetto Che cos'è il cinema?. Pasolini riprese il progetto nel 1973, dopo aver preparato un argomento di 75 pagine intitolato Il cinema, che si concluse nel 1975, quando scrisse una lettera a Eduardo De Filippo, inviandogli una bozza della sceneggiatura e sperando che l'attore non solo accettasse di interpretare Epifanio ma lo aiutasse anche a improvvisare i dialoghi.

Ritornando al tono favoloso, di scusa e picaresco Uccellacci e Uccellini e aggiungendo grandi accenni di erotismo, Pasolini mette ancora una volta in scena due viandanti che, questa volta, inseguono una Stella Guida, metafora dell'ideologia, in un lungo viaggio attraverso tre città emblematiche dell'Occidente – Sodoma, Gomorra e Numanzia – e una città dell'Est , Ur, dove «il Messia è nato, ma è vissuto a lungo, ed è morto e dimenticato», una scoperta che corrisponde alla fine di ogni utopia. Il viaggio inizia in una Napoli mitica, con l'aria di un presepe, nel cui mercato l'Epifania apprende della nascita del Messia.

Seguendo la cometa parte, in compagnia del suo servitore Nunzio, in direzione Nord per raggiungere Sodoma, che non è altro che la Roma degli anni Cinquanta (ancora paleoindustriale), dove gli uomini escono con uomini e le donne escono con donne; Gomorra, che corrisponde alla Milano degli anni Sessanta e Settanta (quindi neocapitalista), e i cui abitanti “non tollerano alcuna diversità, alcuna minoranza, alcuna eccezione”, e Numantia, ovvero Parigi, città socialista assediata da un esercito fascista, che , in qualche modo, risale agli anni Quaranta (società tecnocratica).

Non Porno-Teo-Kolossal di Abele Ferrara, delle tre città europee, ne appare una sola, Roma, anche se non è nominata, nemmeno Sodoma. Ciò provoca confusione negli spettatori che conoscono un po' la capitale italiana, poiché, dopo aver lasciato un luogo dove tutto somiglia alla città eterna e non a Napoli, dove si parla in romanesco e non in napoletano, Epifanio e Nunzio arrivano in una città da cui si intravede per la prima volta la Piramide Cestia, nei pressi della stazione ferroviaria di Roma Ostiense, dove sbarcarono.

Oltre a questo allontanamento, lo scambio di un luogo con un altro è problematico perché tradisce le intenzioni di Pasolin. Dall'inizio degli anni '1970, il cineasta, disilluso dalla città d'adozione che lo aveva abbagliato al suo arrivo, rimase incantato da Napoli, nella quale girò parte di Il Decameron. In esso ricerca ancora una volta una “spontaneità” del vivere che non necessariamente corrisponde alla realtà.

Un altro punto problematico di Porno-Teo-Kolossal Ferrarian è la rappresentazione della Festa della Fecondazione, che il cineasta nordamericano trasforma in una grande orgia, mentre nell'argomentazione di Pasolin il coito è organizzato, come in un bordello per militari: ogni coppia entra in un cubicolo, non si accoppia davanti al altri, nonostante ascoltino le grida di incitamento dei compagni. Si tratta di sesso programmatico, con un obiettivo specifico, non godibile, poiché il godimento tra un uomo e una donna è proibito ed è severamente punito, il che si riferisce al modo in cui il sesso veniva affrontato in Salò: atto compiuto su corpi reificati.

Di questi baccanali, gli estratti dell'ultimo film, la prima sequenza tratta da Petrolio, il tono lubrico con cui Laura Betti parla del film girato in Croazia, la reiterazione delle incursioni notturne, la versione univoca dell'omicidio di Pasolini per la sua omosessualità, se da un lato si riferiscono a uno degli aspetti centrali dell'opera dell'autore bolognese – il grido allo scandalo –, dall'altro offuscano il lato meno “profano” e più intellettuale della sua instancabile opera, nonostante il film non esita a metterli a fuoco. Il risultato è stato un “fan film” (nella definizione di Câmara), rivolto ad altri fan, perché ricco di testimonianze pienamente decifrabili solo da chi conosce la vita e l’opera del biografo, nei suoi molteplici aspetti; un “fan film”, che non ha potuto evitare l'agiografia nei confronti della figura di Pasolini, abbastanza frequente dopo la sua morte, un'opera nonostante tutto senza “scandalo”, nel senso che tutto è già noto, prevedibile, un'opera senza polemiche o contraddizioni, una conquista che, in questo senso, finì per essere non-pasoliniana.

*Mariarosaria Fabris è professore in pensione presso il Dipartimento di Lettere Moderne della FFLCH-USP. Autore, tra gli altri testi, di “Un descampado al chiaro di luna: appunti e frammenti”, che fa parte del volume Un intellettuale nell'urgenza: Pasolini letto in Brasile (Unesp/Unicamp).

Versione rivista di “Pasolini, a Pasolini”, pubblicato in MIGLIORIN, Cezar et al. (org.). Annali dei testi integrali del XXI Meeting Socine.

Riferimenti

BACHMANN, Gedeone.; GALLO, Donata. “[Intervista rilasciata a Gideon Bachmann e Donata Gallo]”. In: PASOLINI, Pier Paolo Cinema di profilo, Milano: Mondadori, 2001.

CÂMARA, Vasco. “La testa di Dafoe, il corpo di Depardieu”; “Il Pasolini di Abel Ferrara non ha scandalo.” Epsilon, Lisbona, dicembre 2014.

COLOMBO, Furio. “'Oggi sono in molti a credere che c'è bisogno di uccidere'”. Francobollo SeraTorino, 3 nov. 1975.

COLOMBO, Furio. “Pasolini: 'Siamo tutti in pericolo'”. Tuttolibri, Torino, anno 1, n. 2, 8 nov. 1975.

FABRIS, Mariarosaria. “Uno spazio aperto bagnato dalla luna: appunti e frammenti”. In: AMOROSO, Maria Betânia; ALVES, Cláudia Tavares (org.). Un intellettuale nell'urgenza: Pasolini leggeva in Brasile. Campinas-San Paolo: Editora da UNICAMP-Editora UNESP, 2022.

MOURINHA, Jorge. “Un attore alla ricerca del fattore umano: Willem Dafoe”. Epsilon”, Lisbona, dic. 2014.

PASOLINI, Pier Paolo. “Porno-Teo-Kolossal”. In: ________. Cinema di profilo , cit.

PASOLINI, Pier Paolo. “Appunto 55 – Il platen della Casilina”; “[Lettera ad Alberto Moravia]”. In: ________. Petrolio. Torino: Einaudi, 1992.

SICILIANO, Enzo. Vita di Pasolini. Milano: Rizzoli, 1978.

note:

[1] Di queste opere di Pasolini esiste una traduzione in portoghese: olio (Barcellona: Planeta DeAgostini, 2002), che fa parte della collana “Scrittori stranieri d'oggi”; Porno-Teo-Kolossal (São Paulo: Sobinfluence, 2024), con una prefazione dello stesso traduttore, Andityas Matos.

[2] Riducendo “Appunto 55” a mera reiterazione della prestazione di prestazioni sessuali da parte di giovani, Ferrara li priva della propria identità presente nel romanzo (nome, tratti peculiari fisici e comportamentali, modo di vestire, professione , una storia). Inoltre, non descrivendo almeno un abbraccio, cancella l'inversione sociale voluta da Pasolini ponendo il borghese sodomizzato in una posizione inferiore rispetto al sottoproletariato a cui si sottomette. Per non parlare dell'aura sacrale di cui l'autore investe i rapporti sessuali, facendo dei corpi dei ragazzi, o meglio delle loro membra, il ricettacolo del mistero. Vedi il testo scritto da me.

[3] Anche se Pasolini cominciò ad allontanarsi dalla capitale italiana all’inizio degli anni Sessanta, quando la città subì trasformazioni urbane e sociali, l’affermazione che Roma era finita fu probabilmente ispirata dalla sua intervista con Gideon Bachmann e Donata Gallo (che appare nel titoli di coda), quando dichiarò che “il potere ha distrutto Roma, i romani non esistono più, un giovane romano è il cadavere di se stesso, che vive ancora biologicamente ed è in uno stato di leggerezza tra gli antichi valori della la sua cultura popolare romana e i nuovi valori piccolo-borghesi che le furono imposti”.

[4] Non esiste ancora una versione definitiva della morte di Pasolini. Secondo Philippe Sollers, qualunque sia la motivazione del suo omicidio – paura che esponesse fatti compromettenti o omofobia – si è sempre trattato di un crimine politico. Vedi il testo scritto da me.


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