da ANNATERES FABRIS & TESSUTO MARIAROSARIA*
Considerazioni su Anna Bella Geiger come videoartista, in occasione della sua mostra retrospettiva a San Paolo, che presenta questo aspetto meno noto del suo lavoro
1.
La produzione culturale brasiliana degli anni Settanta può essere considerata un campo di tensioni tra margine e storia, tra un desiderio esplicito di sovvertire i codici stabiliti e l'attaccamento ai modelli tradizionali, che potevano essere sia critici sia corroboranti l'immagine patriottica che il regime militare stava forgiando in quel periodo.
In questo panorama verranno evidenziati due margini: quello rappresentato dal Cinema Marginale e quello rappresentato dalle prime esperienze videografiche, che tentano di ricercare nuove possibilità del visibile al di fuori dei supporti tradizionali.
Con il suo apice tra il 1968 e il 1973, il cinema marginale può essere considerato un tipo di produzione che rivendica apertamente il suo carattere marginale, come conseguenza della perdita di funzione sociale del cinema, in due sensi: (i) come azione politica, a causa dell'intensificarsi del regime repressivo nel paese; (ii) – come trasmissione di un'idea che, provenendo da un autore, dovrebbe raggiungere (e cambiare) il pubblico.
La constatazione dell’impossibilità della partecipazione politica porta i registi di Cinema Marginal a rivolgersi verso se stessi, abolendo dalle loro opere l’urgenza di intervenire nell’ordine sociale per cercare di trasformarlo.
Pur rinnegando la vocazione messianica dei cineasti che li avevano preceduti, i registi marginali non mancarono tuttavia di esprimere la repressione politica vigente, sebbene lo facessero in modo non razionale: il clima di tensione in cui viveva il Paese si traduceva nell'assenza di prospettive e nell'idea di morte e di smembramento corporeo presente in quasi tutti i loro film.
Una situazione analoga si riscontra nel campo delle arti visive. Vivendo in un clima di autocensura dopo l'entrata in vigore dell'AI-5, l'arte degli anni Settanta fu posta da Frederico Morais sotto l'egida di una stabilizzazione negativa, all'interno della quale alcune esperienze più radicali assunsero una posizione marginale rispetto al sistema.
In quel periodo il sistema assunse due configurazioni fondamentali: (a) il manifesto interesse, da parte del governo di Ernesto Geisel, a includere la cultura nell'ambito degli obiettivi della politica di sviluppo sociale; (b) l'intensificazione del mercato a partire dal 1972, grazie alla promozione delle aste, all'ampliamento dei punti vendita, alla moltiplicazione dei saloni e al crescente apprezzamento dei principali esponenti del Modernismo.
Alla luce di questa istituzionalizzazione, un numero considerevole di artisti si è ritirato e si è rivolto all'esplorazione di mezzi extra-artistici, attraverso i quali ha iniziato a mettere in discussione pratiche e concetti artistici tradizionali. Tra questi mezzi, spicca la videoarte, inizialmente concepita come strumento di ricerca che permette di incorporare il suono e il tempo nel processo di configurazione dell'immagine e di sviluppare una visione critica del circuito artistico e del suo prodotto principale, l'opera-merce.
2.
Anna Bella Geiger, che negli anni Settanta si dedicò a una lettura critica di questo circuito, trovò nella videoarte un terreno fertile per presentare situazioni che sfidavano contemporaneamente l'istituzione dell'arte e quella della televisione.
Attratto da ciò che definisce la “visualità grafica” del video – quella bidimensionalità che ci permette di pensarlo come una pagina di un quaderno –, l’artista vede nel nuovo medium uno strumento per sfidare i codici di rappresentazione convenzionali (e i rispettivi supporti), senza aderire al modello comunicativo insito nella televisione. Se da questo deriva l’inserimento dell’azione in tempo reale, ne prende le distanze quando sottolinea ciò che, nella logica televisiva, costituirebbe un errore tecnico.
Ecco perché si avvicina al cinema-veritàun lavoro come Passaggi no. 1 (1974), in cui imperfezioni e rumori vengono incorporati come elementi strutturali della narrazione video.
Realizzato con un'attrezzatura portapack, che Jom Tob Azulay aveva portato dagli Stati Uniti nel 1974, Passaggi no 1 può essere considerata una videotrasposizione nei termini proposti da Costa: utilizza il dispositivo tecnologico per registrare un'azione-operazione, il cui significato lo trascende.
Sebbene Anna Bella Geiger sia la protagonista delle tre azioni che compongono Passaggi no 1, la proposta non può essere definita una video performance, poiché l'uso del corpo non è concepito come mezzo di espressione personale. D'altra parte, nulla in essa rimanda a quell'immagine di alterità-identità, tipica della concezione narcisistica che plasma questa specifica categoria di videoarte.
Il corpo-simulacro di Anna Bella Geiger, da lei stessa definito "figura egizia" per la bidimensionalità che acquisisce nel terzo segmento, compie un'azione che, pur autoreferenziale, non si chiude in se stessa, acquisendo un significato più ampio che lo rimanda inequivocabilmente al clima politico dominante al momento della sua produzione. Cosa c'è di autoreferenziale in Passaggi no 1?
L'interesse per le tematiche archetipiche legate a situazioni difficili, seguendo l'esempio di pensatori come Mircea Eliade e Carl Gustav Jung. La visione di Rio de Janeiro come luogo di miti e simboli. L'evocazione dell'infanzia.
Nessun caso, Passaggi no l, la cui azione si svolge in tre luoghi specifici: le scale di un edificio in procinto di essere demolito nel Giardino Botanico, la scala situata in via Santo Amaro ao 29 e la scalinata del Benjamin Constant Institute su Pasteur Avenue no 350 –, presenta un’immagine forte in termini simbolici, in quanto connotata dall’idea di ascensione, di verticalità.
3.
Tra i diversi significati simbolici che la scala porta con sé, l'artista sembra aver voluto esplorare esaustivamente quello psicoanalitico, facendone un veicolo di angoscia. L'azione ripetitiva, che non porta a nulla – testimonianza di uno sforzo vano che si conclude bruscamente con la riduzione del corpo di Anna Bella Geiger a simbolo grafico –, non evoca nessuno degli altri significati della scala: ascensione spirituale, passaggio graduale dal mondo sensibile a quello intelligibile, trascendenza della vocazione umana, elevazione integrale dell'essere intero.
I tre segmenti sono articolati in modi diversi. Nel primo, l'artista sale tre volte le scale dell'edificio dell'Orto Botanico in un movimento iterativo che fa perdere di vista la nozione esatta del referente in termini temporali e spaziali.
Nella seconda, la difficoltà dell'azione è accentuata dalla scala scelta, quella di via Santo Amaro, sporca, con i gradini consumati, salita con andatura barcollante catturata da una macchina da presa altrettanto barcollante, che in questo modo non ne nasconde la presenza.
Nel terzo, l'astrazione dell'immagine è l'elemento dominante, tanto che l'edificio che fa da sfondo all'azione finisce per diventare irriconoscibile. La macchina da presa è posizionata in modo da allargare la scalinata e conferire all'immagine un aspetto bidimensionale. L'approccio più concettuale ricercato dall'artista non è la mera creazione di un'immagine piatta.
Deve inoltre essere collocato nell'incrocio delle diagonali che scandiscono la salita, da cui si origina una X, simbolo di una centralità che, nella prima versione del video, potrebbe riferirsi al potere dello Stato, in quanto accompagnato da un segno di lutto: due drappi neri incrociati.
Creando un percorso circolare attraverso Rio de Janeiro, che comprende tre luoghi distinti – Jardim Botânico, Glória e Urca –, Anna Bella Geiger si lascia guidare da un'idea spaziale che si espande progressivamente e diventa ancora più geometrica nel terzo segmento.
In questa particolare geografia, il momento di massima intensità autoreferenziale è rappresentato dalla scalinata di via Santo Amaro. Una finestra aperta sul passato, che permette alla bambina Anna Bella di vedere un mondo diverso da quello della sua vita quotidiana: un mondo di marginalità e povertà.
4.
Anche per Julio Bressane il passato è un elemento da esplorare e nei suoi film compie questa operazione grazie al metalinguaggio e al recupero di un'immagine mitica di Rio de Janeiro.
Dalla lanterna magica al film surrealista, dal film poliziesco al musical, dal avanguardia à nouvelle vague, dagli albori del cinema brasiliano alla chanchada – per omaggio, imitazione o parodia, un'intera cinematografia consacrata finisce per essere presente nel processo creativo di Julio Bressane. Il regista, tuttavia, sfugge ai canoni del cinema diegetico, privilegiando la discontinuità narrativa, la frammentazione, la reiterazione.
Se all'interno di uno stesso film l'ordine delle inquadrature o delle sequenze è spesso intercambiabile, da un film all'altro è come se il regista scrivesse e riscrivesse la stessa storia, in un'operazione molto simile a quella di Anna Bella Geiger che, in Passaggi no 1, attraverso la struttura circolare, sembra invitare l'osservatore a seguire un percorso il cui inizio, svolgimento e fine sono dettati dal caso.
Come i film di Julio Bressane, la videoarte pionieristica di Anna Bella Geiger (e di altri registi brasiliani degli anni Settanta) può essere classificata come "impura". Sebbene rilevi in un medium già consolidato come la televisione una struttura e una luminosità che permettono di ridefinire il campo del visibile, l'artista utilizza queste possibilità in modo inquietante, negando l'ideologia fondamentale del medium: lo status di realismo e oggettività conferito all'immagine.
Inoltre, la videoarte può essere definita ibrida, in quanto si colloca all'intersezione tra arte e tecnologia e perché fa riferimento ad altre forme di visualità come, ad esempio, cinema e fotografia. Infatti, il terzo segmento di Passaggi no 1 evoca la scala di La corazzata Potëmkin (1925), di Sergei Eisenstein, e la foto sfalsato (1930), di Alexander Rodchenko, per la diagonale che struttura la sequenza.
Anche Julio Bressane ha fatto di Rio de Janeiro il territorio in cui vagano i suoi personaggi. L'itinerario rionale che propone, simile a quello di Anna Bella Geiger, è un viaggio molto personale, in cui i punti di riferimento non sono mai le icone tradizionali della città, ma frammenti di una realtà che spesso non esiste più. In questo paesaggio incontaminato, in questa ambientazione originale, gli "eroi" di Bressane si aggirano per labirinti, salgono scale e proseguono il loro viaggio, sempre aspirando al cielo, alla ricerca di un'identità che si è frantumata e che non sono in grado di ricostruire.
La deterritorializzazione interiore si riflette nell'assenza di preoccupazioni naturalistiche in termini spaziali: il che è in linea con le idee di alcuni critici d'arte (come Gazzano) quando affermano che il referente di un'immagine, di qualsiasi immagine, "non è la 'realtà' naturalisticamente intesa, ma la soggettività e la 'cultura'" che ogni artista porta dentro di sé.
Anche la nozione di tempo diventa assolutamente soggettiva: ciò si esplicita nell'allungamento delle inquadrature e nella frammentazione della narrazione, che corrispondono all'assenza di prospettiva per i personaggi e al loro smembramento. È come se la percezione dell'impossibilità di intervenire sulla realtà portasse ad assumere un'importanza che si traduce nell'impossibilità di un'evoluzione drammatica nei film.
5.
Anche Anna Bella Geiger, pur privilegiando il tempo reale nelle sue inquadrature, lo trasforma in una temporalità soggettiva attraverso la reiterazione della stessa azione. Un'azione chiusa in se stessa, poiché, in Passaggi no 1, la scala è qualcosa che si estende e termina senza portare da nessuna parte, proprio come i vagabondaggi nei film di Bressane non portano da nessuna parte.
Trovare il luogo che si vuole raggiungere significherebbe trovare un significato, un centro. Il centro, che finisce per configurarsi nel terzo segmento del video di Anna Bella Geiger, è problematico. È vicino a quell'impossibilità di determinare un orientamento spaziale omogeneo che ha plasmato Circulaambulazione (1972) e quella frammentazione della totalità dell'immagine delle incisioni come Centro (1973) e Giusto-Sbagliato (1973), in cui la X che ritagliava la composizione testimoniava l'annullamento di ogni punto fisso, di ogni luogo determinato.
Non ricercare il significato significa rompere con i parametri della razionalità e le sue convenzioni di rappresentazione. Significa non scartare quegli elementi spuri che fanno parte dell'atto creativo e che vengono eliminati al termine dell'opera, come nel caso di Bressane e di altri cineasti marginali che hanno optato per una forma estetica "sporca", un'immagine "cattiva" che rasentava la mancanza di adeguate condizioni tecniche di esposizione, il che ha spesso portato a una consapevole rinuncia al dialogo con il pubblico.
Anna Bella Geiger, anch'essa volontariamente isolata dal circuito artistico convenzionale, non ha conferito all'immagine alcuna raffinatezza formale. Eliminando ogni segno di soggettività dal suo corpo, lo ha trasformato in un piano di tensione, riducendolo a una linea che attraversa la superficie dell'opera, in un procedimento, ancora una volta, vicino a quello di Bressan, in cui il corpo dell'opera viene esposto con tutti i suoi segni, cioè con tutte quelle impurità della pellicola che verrebbero eliminate in un montaggio tradizionale.
L'elevazione dello "sporco" a elemento costitutivo dell'opera stessa si esplicita anche nel suono ambientale (rumori di strada) incorporato nelle opere di entrambi gli artisti. È una sorta di ritorno al cinema muto, o a un "cinema innocente" (in termini bressaniani), in cui l'immagine parla da sola o, al massimo, è accompagnata da suoni o musiche primordiali.
In molti film di Julio Bressane, i personaggi sembrano guardare uno schermo bianco, lontano, dove lo sguardo dello spettatore non può arrivare, proprio come Anna Bella Geiger, in Passaggi no 1, sembra guardare nel vuoto, perché non c'è controcampo. Ma stanno guardando nel nulla o dentro se stessi?
In questa immersione interiore, l'incessante attraversamento dei passaggi di Rio, luoghi angosciosi e angoscianti (per la loro stessa configurazione, per il modo in cui sono focalizzati), non conduce a un punto di arrivo perché non c'è un luogo dove arrivare. La disomogeneità degli spazi delle azioni simboleggia una situazione "in cui non è possibile raggiungere alcun orientamento" (come l'artista ha dichiarato a Cocchiarale).
Questa concezione, che permea Circulaambulazione, può essere esteso a Passaggi no 1 e la filmografia di Bressan. Queste opere non cercano semplicemente di problematizzare l'attuale nozione di razionalità. Cercano anche di dare sfogo a un senso di provvisorietà, di perdita di riferimenti, simboleggiato dall'incessante e senza meta vagabondare dei personaggi di Julio Bressane e dall'azione senza scopo di Anna Bella Geiger.
* Annateresa Fabris è professore in pensione presso il Dipartimento di Arti Visive dell'ECA-USP. È autrice, tra gli altri libri, di Realtà e finzione nella fotografia latinoamericana (UFRGS Editore).
*Mariarosaria Fabris è professore in pensione presso il Dipartimento di Lettere Moderne della FFLCH-USP. Autore, tra gli altri libri, di Neorealismo cinematografico italiano: una lettura (Edusp).
Riferimento
Anna Bella Geiger – Soglia
28 giugno – 21 settembre 2025
Museo ebraico di San Paolo
Via Martinho Prado, 128 – Bella Vista
Martedì-Domenica, 10:18-XNUMX:XNUMX (Sabato, gratuito)
Bibliografia
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