Paul Rutebeuf

Josef Albers, Dittico, 1934
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da MARCELO GUIMARÉS LIMA*

Presentazione e traduzione del testo della canzone composta da Léo Ferré

Di Ruthebeuf, poeta francese del XIII secolo, si sa poco. Poeta satirico e confessionale, oltre che scrittore di agiografie e opere teatrali, si distingue non solo per la diversità del suo lavoro, ma anche per il suo modo di esprimersi franco e diretto, al di là delle convenzioni trobadoriche del suo tempo. La poesia satirica del XIII secolo è, infatti, considerata uno dei momenti importanti (e uno dei principali mezzi letterari) del processo storico di sviluppo del francese antico, il cosiddetto (generalmente parlando, come insieme di lingue). o dialetti) lingua d'olio.

Nella poesia di Rutebeuf, il poeta è protagonista di tanti suoi versi in cui si lamenta e si appella al re e ai potenti dell'epoca per la sua condizione di vita avversa, le difficoltà materiali, la povertà, la solitudine. Della figura del poeta, infatti, apparentemente non rimane nulla nella letteratura e nelle cronache contemporanee, ma i posteri gli hanno reso un po' di giustizia da parte dei letterati e degli studiosi dell'Ottocento.

Dal linguaggio dei suoi versi si deduceva che Rutebeuf era parigino, di adozione se non di origine, lì viveva, soffriva e scriveva, esercitando la precaria professione di trovatore. Dai suoi versi, alcuni studiosi hanno dedotto che la sua produzione fosse prevalentemente letteraria in senso stretto, cioè da leggere, il che pone il poeta, nonostante tante e aspre lamentele sulla sua condizione, su una scala di poco superiore ai menestrelli del pubblico piazze. Superiore, ma non meno instabile.

Comunque sia, l'espressione franca e vigorosa del poeta ci dice tanto sulle difficoltà della sua vita quanto sulla sua creazione poetica: la poesia della miseria umana si dispiega in essa nella necessaria o inevitabile "miseria" della poesia, cioè: dalla sofferenza personale il poeta estrae la materia dalla sua arte, come protesta, come denuncia che consola e, insieme, nel risultato, nella poesia come creazione, come una sorta di celebrazione: la trasmutazione, per così dire , del dolore personale in espressione artistica. La sofferenza trasfigurata è qui la prosperità della poesia.

La voce personale e potente del poeta chiamato Rutebeuf, il “bue rustico”, ci parla da vicino, attraversando i secoli. Ha ispirato una delle più belle melodie della canzone popolare francese del XX secolo, una composizione di uno dei suoi creatori e interpreti più ispirati, il geniale musicista e poeta Léo Ferré.

Nato a Monaco, Léo Ferré (1913-1993), di origine franco-italiana, è stato uno dei grandi compositori e interpreti della canzone francese del XX secolo. Come un moderno trovatore, ha espresso nella sua opera, intensamente personale e ricca di musica, i conflitti e le speranze del suo tempo e del nostro. In musica, come in poesia, l'opera di Ferré colma il divario tra erudito e popolare (e ricorda, a questo proposito, la stessa fecondazione tra registri diversi che caratterizza la migliore tradizione della moderna musica popolare brasiliana, da Pixinguinha a Tom Jobim, Egberto Gismonti, Hermeto Pascoal, tra molti altri).

Dalla sua formazione erudita, Ferré ha portato nella musica popolare la raffinatezza melodica e armonica della moderna tradizione francese, da Debussy a Ravel. Dalla sua immersione nella letteratura e nella poetica del surrealismo, ha creato versi e immagini poetiche di grande impatto e bellezza. La sua sensibilità poetica lo ha portato a musicare poesie di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Apollinaire, Aragon, tra gli altri. Uomo immerso nel suo tempo, ha dato una voce poetica all'anarchismo come progetto rivoluzionario di emancipazione umana nella seconda metà del XX secolo e ha celebrato la ribellione, l'utopia e la rivoluzione dei primi di maggio del 1968.

Pauvre Rutebeuf, una delle più belle melodie del compositore francese, è stata creata nel 1955, ispirandosi ai versi e alle esperienze del poeta del XIII secolo. Il testo della canzone di Léo Ferré raccoglie i versi del trovatore in un'unità a sé stante. La traduzione che qui proponiamo (con il perdono degli specialisti) non è intesa per fedeltà filologica (visto che il francese del trovatore medievale è stato in parte modernizzato nel canto) o addirittura letteraria, ma piuttosto per indicare al lettore il significato generale dei versi , cioè una lettura possibile e “soggetta a possibili modifiche”.

La canzone è stata registrata e ri-registrata dal suo autore e da diversi interpreti, in Francia e all'estero, tra i quali possiamo citare Catherine Sauvage, Nana Mouskouri e Joan Baez (in un'interpretazione sensibile, sobria e in un francese più che ragionevole che merita di essere essere ascoltato). L'interpretazione di Nana Mouskouri, accompagnata dalla chitarra, evidenzia la sofisticata semplicità e purezza della melodia di Léo Ferre e, nella sua espressione misurata e un po' “intima”, la caratteristica “franchezza” confessionale della poesia.

 

Pauvre Rutebeuf / Povero Rutebeuf

Leo Ferrè, 1955
[Traduzione: Marcelo Guimarães Lima]
Que sont mese amico devenus
Qua j'avais de si près tenus
Et tan aimés

Sono stati troppo chiari
Je crois le vent les a ôtés
L'amour est morte

Ce sont amis que venta portage
Et il ventait devant ma porte
meno questioni

Avec le temps qu'arbre défeuille
Quando non mi riposo sul ramo,
Qui n'aille à terre

Avec pauvreté qui m'atterre
Qui Departout mi ha fatto la guerra
L'amour est morte

Ne conveniente pas que vous raconte
Commenta je me suis mis à honte
In quella maniera

Que sont mese amico devenus
Che tu j'avais di te stesso près tenus
Et tan aimés

Sono stati troppo chiari
Je crois le vent les a ôtés
L'amour est morte

Le mal ne sait pas seul venire
Tout ce qui m'était à venir
m'est avenue

Pauvre sens et pauvre mémoire
M'a Dieu donné le roi de gloire
Et pauvre rent

Et droit sur me quando bise vente
Lasciami venire
Le vent m'évente
L'amour est morte

Ce sont amis que venta portage
Et il ventait devant ma porte
Le questioni…

cosa è successo ai miei amici
che li avevo così vicini
E li ho amati così tanto

Sono diventati così radi
Credo che il vento li abbia presi
l'amore è morto

Sono tali amici che il vento prende e porta
Ed è esplosa davanti alla mia porta
Sono stati presi

Con il tempo che defoglia gli alberi
Quando non ci sono più foglie sui rami
Che non è stato lasciato cadere a terra

Con la miseria che mi affligge e mi massacra
Questo mi fa fare la guerra ovunque
l'amore è morto

Non è appropriato dirglielo
In che situazione vergognosa mi sono trovata
e in che modo

Cosa è successo ai miei amici,
Che li avevo così vicini a me
E li ho amati così tanto

Sono diventati così radi
Credo che il vento li abbia presi
l'amore è morto

Il male non sa arrivare senza accompagnamento
tutto ciò che mi stava aspettando
mi è successo

Cattivo senso e scarsa memoria
Mi ha dato il mio Dio, il Re della gloria,
e magro reddito

E quando la brezza fredda soffia su di me
il vento viene da me
E il vento mi scopre
l'amore è morto

Sono tali amici che il vento prende e porta
Ed è esplosa davanti alla mia porta
Sono stati presi...

*Marcello Guimarães Lima è uno scrittore, ricercatore, insegnante e artista visivo. autore di Heterchroniaand Vansihing Viewpoints – cronache e saggi d'arte (Edizioni Metasenta).

Riferimenti


Cast:

Leo Ferré: https://www.youtube.com/watch?v=o3zqKZiLDmg

Nana Mouskuri: https://www.youtube.com/watch?v=kVgxQXDk54E

Giovanna Baez: https://www.youtube.com/watch?v=fYG0suOjx7k

Caterina Sauvage: https://www.youtube.com/watch?v=6MvQ3JUWxk0

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