Pier Paolo Pasolini

Paulo Pasta, Senza titolo, 2005, monotipo fronte, 78,5 x 54 cm
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram

da JOSÉ EDUARDO FERNANDES GIRAUDO*

In condizioni di tardo capitalismo e sotto l'ombra omologante del “Wokismo” neoliberista, forse il modo migliore per rivendicare Pasolini se non celebrarne il centenario

Konstantinos Kavafis scrisse, nel 1911, la poesia Che Fece... Il Gran Rifiuto, il cui titolo è tratto da un verso al terzo cant Inferno da Dante:

Il giorno, l'ora, arriva per alcuni
Come dire il grande sì
O il grande n. Presto appare chi
Dirà di sì, dicendolo aggiungendo

Le tue certezze e la tua stima.
Chi rifiuta non se ne pente. Direi
Di nuovo No, se richiesto. pagherò
Il No, il giusto No, per tutta la vita.

La poesia descrive perfettamente la caratteristica centrale della vita e dell'opera di Pier Paolo Pasolini, uno dei più grandi intellettuali del Novecento, nato il 5 marzo 1922 e morto il 2 novembre 1975, all'età di 53 anni, nel idroscala da Ostia, alle porte di Roma. Secondo la versione ufficiale, assassinato da una prostituta.

Pier Paolo Pasolini è stato professore, giornalista, poeta, romanziere, saggista, drammaturgo, traduttore, sceneggiatore, regista, critico e teorico del cinema, incarnando una sorta di “intellettuale totale” come pochi prima o dopo di lui.

È stato, come pochi altri prima o dopo di lui, il grande artista del “N". Ho detto “no” al fascismo (in un momento in cui questo non era facile e non cedeva piace sulle reti). Comunista e cattolico, ha detto “no” al Partito e alla Chiesa (idem). Scrittore, ha detto no alle mode, alle cricche, allo snobismo.

Maledetto, non ha mai accettato la carica di “dannato” ufficiale. Filmmaker, ha detto "No" a Hollywood e all'idea stessa di intrattenimento: "Il cinema è una forma di conoscenza".  Bambino terribile della rivoluzione, ha rifiutato di diventare, come tanti, cancello infantile della borghesia.

Marxista, rivendicava il sottoproletariato e coloro che “non possono essere rappresentati”. Rivoluzionario, ha detto “no” al facile rivoluzionarismo post-68. Ha avuto il coraggio di chiamare i figli di papà figli di padri, e figli del popolo a poliziotti provenienti dal sottoproletariato del sud Italia, figli di braccanti disprezzati e talvolta uccisi dai figli “rivoluzionari” di giudici, ingegneri e avvocati.

Omosessuale, non ha mai accettato di essere trattato con condiscendenza, come un “pet” delle pagine di gossip o delle sezioni B. Dovevano essere vittime tragiche o pazzi carnevaleschi.

A Laico, amico inseparabile di femministe come Oriana Fallaci, non è mai stato perdonato di aver espresso le sue riserve filosofiche sull'aborto.

Vivendo in “tempi progressisti”, ha rivendicato, senza diventare un reazionario o un romantico, l'eredità della cultura contadina, preindustriale, italiana, investendo contro l'industria culturale, il consumismo e l'“omologazione” promossa dal tardo capitalismo.

Letterato e cosmopolita, nato nella dotta Bologna, scriveva le sue poesie nell'arido dialetto friulano, appreso da bambino nella casa della nonna materna a Casarsa della Delizia.

Di recente, la scrittrice americana Maya Angelou è stata omaggiata con l'impronta della sua effigie su una moneta da venticinque centesimi, per celebrare i tanti sprovveduti che qui hanno salutato il “riconoscimento”.

Riconoscimento, forse. Per nessuno dei "recupero" si può parlare, poiché gli scritti del "poeta laureato" dell'amministrazione Bill Clinton non hanno mai minacciato nessuno: puzzano di edificante letteratura per ragazze, tipo Pollyanna e Ragazza Pollyanna (Harold Bloom la descrive come una "scrittrice ispiratrice e auto-aiuto") e ha il volto di "progressismo neoliberista omologato e omologato, ideologia ufficiale del discorso politico nordamericano, in cui le “differenze" vengono ipostatizzati e trasformati in “identità”, che a loro volta si trasformano in “stili di vita”, o meglio, modelli di consumo. Nessun riconoscimento sarebbe più naturale, in una cultura dove letteralmente tutto si trasforma in denaro.

Pasolini era irrecuperabile. Come forse lo era, negli Stati Uniti, solo un James Baldwin. Come un Jean Genet, un Rainer Werner Fassbinder, un Eduard Limonov. Immangiabile, indigesto, inassimilabile. Intimamente odiato anche da chi affermava di ammirarlo.

Come i santi e i pazzi, che ci affrontano con ogni parola, ogni gesto, ogni "No”, con le nostre meschinità, i nostri compromessi e la nostra mediocrità. Come Jenny, brava a sculacciare, brava a sputare, brava a buttare merda, dannazione.

A differenza di quella di Celestino V, che Dante attribuisce alla "bassezza" o alla codardia, le dimissioni di Pasolini furono sempre un atto di coraggio, forse anche di temerarietà. Di masochismo. O santità. E a differenza di Dante stesso, e del suo maestro e guida Virgilio, primo dei poeti laureati, Pier Paolo Pasolini non ha mai reclamato allori, onori.

Nel Giorno dei Morti del 1975, all'idrobase di Ostia, alla foce del Tevere, alle porte di Roma, Pier Paolo Pasolini disse il suo ultimo “No".

In condizioni di tardo capitalismo e sotto l'ombra omologa del “wokismo” neoliberista, forse il modo migliore per vendicare (e “vendetta”, come opportunamente suggerisce l'etimologia) Pier Paolo Pasolini è non celebrare il suo centenario. Non coniare monete con la sua effige. Non ridurlo a logo, una marca, una meme, una montatura.

Forse proprio ripetendo le parole di Sofia de Mello Breyner Andresen, scritte tre anni prima della morte di Pier Paolo Pasolini, e cinque dopo quell'altro apostolo del grande rifiuto, Che Guevara:

Contro di te si è levata la prudenza degli intelligenti e l'ardire degli stolti
L'indecisione del complicato e il primarismo
Di quelli che confondono la rivoluzione con la vendetta
Di poster in poster la tua immagine aleggia nella società dei consumi
Come aleggia il Cristo insanguinato nell'ordinata estraniazione delle chiese
Però,
davanti al tuo viso
L'adolescente medita di notte nella sua stanza
Quando cerchi di emergere da un mondo che marcisce.

PS Questo testo è stato scritto alla vigilia del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, nel marzo 2022.

José Eduardo Fernandes Giraudo è un diplomatico. Autore di Poetica della memoria: una lettura di Toni Morrison (ed. UFRGS).


la terra è rotonda esiste grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI

Iscriviti alla nostra newsletter!
Ricevi un riepilogo degli articoli

direttamente sulla tua email!