Proteste per la mobilità urbana

Immagine: Clem Onojeghuo
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da FERNANDO BONADIA DE OLIVEIRA*

Confronto dei reclami sul prezzo del carburante e sull'aumento delle tariffe dei trasporti pubblici

Il recente aumento del prezzo del carburante ha portato la sinistra istituzionalista e partigiana brasiliana a ricordare ciò che non ha mai capito: la rivolta del giugno 2013. Confrontando un aumento dei prezzi, che colpisce soprattutto la classe media, con l'aumento del trasporto pubblico, che ha sempre colpito i più poveri classi lavoratrici, si chiede questa sinistra nei post sui social: come faceva la gente a scendere in piazza nel 2013 a causa dei 20 centesimi e ora, di fronte alla crescita mostruosa del prezzo della benzina, non fa niente?

In primo luogo, vale la pena notare quanto sia frivolo questo modo di pensare quando si ignora la storia della lotta per una "tariffa zero" guidata dalla classe operaia e, soprattutto, dai giovani. La storia di questo tipo di lotta non è esclusiva del Brasile. In Germania, nel 1968, gli studenti di Brema provocarono diverse rivolte urbane per un aumento delle tariffe; in Cile, nel 2019, l'aumento delle tariffe di trasporto ha portato ad atti continui, cristallizzati in mobilitazioni di piazza che ora culminano nell'elaborazione di una nuova Costituzione. Le urla contro l'aumento della spesa per il pendolarismo urbano ci sono state e, dove non regna il trasporto pubblico democratico, continueranno a esserci. Che la classe media motorizzata lo voglia o no.

In secondo luogo, la sinistra istituzionale non colloca mai in una corretta cronologia gli atti del giugno 2013. Pensa ai giorni difficili di quel mese e dei mesi successivi come se fossero comete che non sono mai passate vicino alla Terra. Ricorda, quindi, che prima del 13 giugno 2013, c'erano già stati tre atti nella città di San Paolo (06, 07 e 11/06). Tali atti non erano nuovi in ​​Brasile; nel febbraio dello stesso anno, a Porto Alegre, si svolsero rilevanti azioni popolari per la stessa causa. Ma per quale motivo il quarto atto a San Paolo, giovedì sera (13 giugno), ha causato, durante il fine settimana, l'indignazione che si è impadronita del Brasile e i principali giornali dei media hanno cambiato la loro posizione dalla critica del movimento di strada al tono di lode e di incoraggiamento? Ricordiamo quel giorno.

Dopo tre atti condotti da un certo numero di giovani che sono stati instancabilmente vessati e oppressi da agenti di polizia comandati dal governo dello Stato di San Paolo, il quarto atto si è svolto in un'atmosfera tesa, mentre il capo della repressione, il sig. Geraldo Alckmin, aveva assicurato (al mattino) che avrebbe massacrato le manifestazioni di piazza di notte. Sempre nel pomeriggio, prima del gesto, il giornalista José Luiz Datena (lo ricordano tutti) aveva fatto una domanda nel suo programma televisivo: “Sei favorevole alla protesta con tumulto?”. Con sorpresa di Datena, la maggior parte del pubblico ha risposto di sì. Anche prima che gli atti finissero quel giovedì, il Giornale Nazionale esclamò con Arnaldo Jabor: questi manifestanti non sono altro che playboy non vale “nemmeno venti centesimi”! Tuttavia, le scene brutali della violenza della polizia contro i manifestanti hanno preso il sopravvento su Internet da venerdì mattina e, subito dopo, quello che abbiamo visto è stato un oltraggio senza fine che ha preso il sopravvento sull'intero paese.

I media hanno cambiato discorso e hanno iniziato a sostenere gli atti. La nota chiave, tuttavia, non era più la critica all'oppressione della polizia, che a quel punto era già praticata in tutte le città dove si erano fatte mobilitazioni contro la tariffa o altri ordini del giorno. L'accento è stato posto sulla lotta alla corruzione, seguendo, non a caso, il mea culpa realizzato da Jabor at Giornale Nazionale del 18/06 (in relazione al discorso del 13), e il suo appello ai giovani del Paese a lottare contro la “PEC dell'impunità” di cui si discuteva al Congresso. Ecco, il "gigante sorse". E non manchiamo di riconoscerlo: fu solo in quel momento che una buona parte della sinistra del partito entrò a capofitto nel movimento.

Si tratta, com'è chiaro, di una strana sinistra, che cerca sempre un passaggio per scendere in strada. Una sinistra, peraltro, costretta a fare i conti con il risentimento, perché una certa notte di giugno si è vista strappare le bandiere del partito da neonazisti che considera ancora anarchici e membri di movimenti che lottano per la tariffa zero (proprio quelli che hanno preso posizione in la sua difesa!). Una sinistra, sottolineo ancora, che non ha capito il passato e che è contro ogni atteggiamento radicale perché rivendica una democrazia con basse dosi di conflitto. Una sinistra che vuole una democrazia leggera, accontentandosi di un governo sostenuto da partiti come il PP o simili, potendo avere alla guida dei vertici politico-economici rappresentanti del grande capitale senza il minimo problema. Una sinistra, insomma, che prende le critiche ai radicali come se fossero un sabotaggio delle loro alleanze infondate.

Infine, il controsenso totale: assumere come uguali e complementari le lotte per la tariffa zero portate avanti fino al 13 giugno 2013 e le “proteste” contro Dilma che iniziarono a manifestarsi nel 2015 sull'onda della rabbia della classe media contro la benzina definito a BRL 3,40. È una grande negligenza storica da parte nostra dire che questo provenga da una sinistra consapevole. Non ha quindi alcun senso confrontare l'attuale aumento del prezzo del carburante (che colpisce chi utilizza l'auto) con l'aumento delle tariffe del trasporto pubblico pagate da chi non utilizza l'auto.

È evidente che l'aumento dei prezzi del carburante influenzerà (e sta influenzando) l'aumento delle tariffe, ma quando compaiono, si tratta di problemi di ordini molto diversi. Per quanto riguarda la sinistra leggera e frivola, quello che conta è, alla maniera di Tom Zé, mandare “la coscienza insieme alle lenzuola in lavanderia”, quindi va tutto bene. Confronta giugno 2013 con marzo 2022 e il gioco è fatto.

*Fernando Bonadia de Oliveira è professore di filosofia dell'educazione all'Università Federale Rurale di Rio de Janeiro (UFRRJ).

 

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