da LEONARDO BOFF*
La paura che ci attanaglia riguarda il futuro della vita e la garanzia che possiamo ancora sopravvivere su questo pianeta
Ci troviamo al centro di una crisi spaventosa e diffusa nel modo in cui abitiamo e ci relazioniamo con il nostro pianeta, devastato e attraversato da guerre di grande distruzione e guidato dall’odio razziale e ideologico. Inoltre, l’era della ragione scientifica ha creato l’irrazionalità del principio di autodistruzione: possiamo porre fine, con armi già costruite, alle nostre vite e a gran parte se non all’intera biosfera.
Sono molti gli analisti della situazione mondiale che ci mettono in guardia sul possibile utilizzo di tali armi di distruzione di massa. Il motivo di fondo sarebbe la disputa su chi è responsabile dell’umanità e chi ha l’ultima parola. Ha a che fare con il confronto tra l’unipolarismo sostenuto dagli Stati Uniti e il multipolarismo richiesto da Cina, Russia e, infine, dal gruppo di paesi che formano i BRICS. Se ci fosse una guerra nucleare, in questo caso, si realizzerebbe la formula: 1+1=0: una potenza nucleare distruggerebbe l'altra e insieme si prenderebbero l'umanità e una parte sostanziale della vita.
Date queste circostanze, ci troviamo a dover tirare il freno di sicurezza sul treno della vita, poiché, se sfrenato, può precipitare in un abisso. Temiamo che questo freno sia già ossidato e reso inutilizzabile. Possiamo uscire da questa minaccia? Dobbiamo provarci, come diceva Don Chisciotte: “prima di accettare la sconfitta, dobbiamo combattere ogni battaglia”. E noi daremo.
Utilizzo due categorie per chiarire meglio la nostra situazione. Uno del teologo e filosofo danese Soren Kierkegaard (1813-1885), l'angoscia, e un altro del teologo e filosofo tedesco, illustre discepolo di Martin Heideger, Hans Jonas (1903-1993), la paura.
L'angoscia (Il concetto di angoscia,Voci) per Soren Kierkegaard non è solo un fenomeno psicologico, ma un fatto oggettivo dell'esistenza umana. Per lui pastore e teologo, oltre che ottimo filosofo, sarebbe l’angoscia di fronte alla perdizione o alla salvezza eterna. Ma è applicabile alla vita umana. Appare fragile e soggetto a morire da un momento all'altro. L’ansia non lascia la persona inerte, ma la spinge continuamente a creare le condizioni per salvaguardare la vita.
Oggi dobbiamo alimentare questo tipo di angoscia esistenziale di fronte alle minacce oggettive che gravano sul nostro destino, e che possono essere fatali. È qualcosa di sano, che appartiene alla vita e non qualcosa di malsano da curare psichiatricamente.
Hans Jonas nel suo libro il principio di responsabilità (Contrappunto) analizza la “paura” di trovarsi sull'orlo del baratro e di precipitarvi fatalmente. Siamo in una situazione di non ritorno. Non è più un’etica del progresso o del miglioramento. Ma la prevenzione della vita contro le minacce che possono portarci la morte. La paura qui è salutare e salvifica, poiché ci costringe ad adottare un’etica di responsabilità collettiva nel senso che tutti contribuiscono alla preservazione della vita umana sulla Terra.
La situazione attuale a livello planetario è fuori dal controllo umano. Abbiamo creato un’intelligenza artificiale autonoma che ora è indipendente dalle nostre decisioni. Chi, con i suoi miliardi e miliardi di algoritmi, gli impedisce di scegliere di distruggere l’umanità?
In primo luogo, abbiamo un compito da svolgere: dobbiamo assumerci la responsabilità del danno che stiamo visibilmente causando al sistema vitale e al sistema Terra, senza la capacità di prevenirlo o fermarlo, ma solo mitigandone gli effetti dannosi. Il sistema globale di produzione energetica è così ben oliato che non può né vuole fermarsi. Non rinuncia ai suoi mantra fondamentali: aumento illimitato del profitto individuale, concorrenza feroce e sfruttamento eccessivo delle risorse della natura.
Inoltre, è importante assumerci anche la responsabilità del male che non abbiamo saputo evitare fisicamente e spiritualmente in passato e le cui conseguenze sono diventate inevitabili, come quelle che stiamo subendo come il crescente riscaldamento del pianeta e l’erosione della biodiversità.
La paura che ci attanaglia riguarda il futuro della vita e la garanzia che possiamo ancora sopravvivere su questo pianeta. Alla luce di questo desideratum, Hans Jonas ha formulato un imperativo etico categorico: «Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla Terra; oppure, espresso negativamente: agisci in modo tale che gli effetti della tua azione non siano distruttivi per la possibilità futura di tale vita; o, semplicemente, non mettere in pericolo la continuità indefinita dell’umanità sulla Terra” (Op.cit., p. 47-48). Aggiungiamo noi: “non mettere a repentaglio la continuità indefinita di ogni forma di vita, della biodiversità, della natura e della Madre Terra”.
Queste riflessioni ci aiutano ad alimentare una certa speranza nella capacità degli esseri umani di cambiare, poiché dispongono di libero arbitrio e flessibilità. Ma poiché il rischio è globale, è necessario un organismo globale e plurale (rappresentanti dei popoli, delle religioni, delle università, dei popoli indigeni, della saggezza popolare) per trovare una soluzione globale. Per fare questo dobbiamo rinunciare al nazionalismo e ai confini obsoleti tra le nazioni.
Come si può vedere, le varie guerre che si svolgono oggi riguardano i confini tra le nazioni, l’affermazione del nazionalismo e la crescente ondata di conservatorismo e di politiche di estrema destra allontanano questa idea di un centro collettivo per il bene di tutta l’umanità.
Dobbiamo riconoscere: questi conflitti sui limiti tra le nazioni si staccano dalla nuova fase della Terra, divenuta Casa Comune, e rappresentano movimenti regressivi contrari al corso irresistibile della storia che unifica sempre più il destino umano con il destino del pianeta vivente .
Siamo una Terra e una Umanità da salvare. E con urgenza, perché il tempo corre contro di noi. Cambiamo mentalità e pratiche.
*Leonardo Boff È teologo, filosofo e scrittore. Autore, tra gli altri libri, di Terra matura: una teologia della vita (Pianeta).
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