Quale democrazia?

Immagine: Elyeser Szturm
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram

Di Luís Felipe Miguel*

Dall'inizio del 2014 alla fine del 2018, il giornale Folha de S. Paul contese, con tutto il resto della grande stampa brasiliana, il titolo di “Gazzetta Ufficiale di Lava Jato”.

Ha esaltato Sergio Moro e Deltan Dallagnol come i salvatori del Brasile, si è imbarcato felicemente in qualsiasi denuncia che colpisse Lula, ha tenuto un incontro con la polizia e i pubblici ministeri per criminalizzare il PT e la sinistra. Fu addirittura l'antesignana di quella che oggi è conosciuta come la “dottrina Gebran della proprietà”, con i famigerati “scoop” che riportavano i pedalò e lo “yacht di latta”.

Quando la sua campagna per la vittoria di quel sant'uomo, Ezio, non ebbe successo, il Foglio subito aderito all'idea di un colpo di stato.

Di fronte a Bolsonaro oggi, Folha dice: è necessario contenerlo. Di fronte a Dilma, ha detto: è necessario rovesciarla.

Basta confrontare le notizie da una volta all'altra. che ha letto il Foglio negli ultimi anni di Dilma ha visto un paese sulla via del caos. Valuta svalutata, aumento dei prezzi, disoccupazione, scarsa crescita economica e un governo coinvolto in scandali di corruzione.

Oggi abbiamo una moneta svalutata, prezzi elevati, disoccupazione e scarsa crescita economica, ma il Foglio non ritrae l'economia come in bilico sull'orlo. Anzi, non si stanca di elogiare la politica economica del Guedes. Vengono segnalati scandali di corruzione, ma a intermittenza. E il coinvolgimento del più alto livello di potere con la criminalità comune è praticamente nascosto alle cronache.

Quando il colpo di stato del 2016 ebbe successo, il Foglio salutò il governo di Temer. Fedele al suo stile, con critiche puntuali, ma fortemente favorevole al congelamento della spesa sociale, alla consegna del patrimonio nazionale, alla riduzione dei diritti del lavoro. Non ha mai trascurato di negare il colpo di stato ed ha espresso simpatia per i tentativi di censura da parte di coloro che hanno cercato di discutere l'illegittimità del rovesciamento di Dilma.

A Foglio ha approvato la condanna inventata e l'incarcerazione incostituzionale di Lula. La sua adesione alle regole della democrazia si è rivelata così lassista che era disposto a partecipare a brogli elettorali - la rimozione illegale del candidato favorito - per garantire una legittimità di facciata al colpo di stato che aveva sostenuto.

Nelle elezioni del 2018 ha insistito sulla ridicola tesi dei “due estremi”, equiparando l'amico dei miliziani e appassionato di torturatori Jair Bolsonaro a un politico dalle impeccabili credenziali democratiche (e anche molto gradito ai gruppi liberali), Fernando Haddad. Continua a premere lo stesso tasto, infatti, come dimostra il deplorevole articolo di Hartung, Lisboa e Pessôa, con storia di copertina nell'edizione del 01° dicembre, il cui titolo, nell'edizione digitale, è “Il Brasile vive tra l'estrema destra e ala rischi e ricaduta lulista” – e la cui sintesi è che il Paese “ha bisogno di riprendere il dialogo per evitare il radicalismo”.

Con Bolsonaro al potere, il Foglio ha lavorato attivamente per frenare la discussione sulle politiche distruttive di Paulo Guedes.

La “democrazia” che il giornale difende è compatibile con il divieto di partecipazione della classe operaia al dibattito pubblico e la restrizione delle sue organizzazioni.

È lo stesso Foglio, non dimentichiamolo, che fino ad oggi non è riuscita a farne nemmeno uno mea culpa ipocrita del suo sostegno, anche materiale, al golpe del 1964 e alla dittatura militare. lei lo farà mea culpa della sua partecipazione attiva alla distruzione dell'ordine definito dalla Costituzione del 1988? Certamente no.

Gli attacchi di Bolsonaro a Foglio sono senza dubbio riprovevoli manifestazioni di autoritarismo. Ma la solidarietà che il giornale merita, pur con tutti i suoi tanti vizi, per il principio di libertà di espressione che vorremmo fosse esteso anche a gruppi storicamente taciuti, è frenata dalla repulsione per il suo spudorato tentativo di autoproclamarsi come martire della democrazia brasiliana.

Come ho già scritto l'altro giorno: se è per dare soldi a favore della pluralità dell'informazione, sia per portali alternativi, per la Rede Brasile Atual, per il Brasile di fatto, al TVT. Per quanto riguarda la Foglio, che è sostenuto da coloro a cui vuole dare voce: la borghesia “illuminata” di San Paolo, la destra “civile”, i conservatori “freddi”. Che, tra l'altro, hanno condizioni materiali più che sufficienti per mantenere il proprio ufficio stampa, se lo desiderano.

*Luis Filippo Miguel è professore di scienze politiche all'UnB.

Originariamente pubblicato su https://www.facebook.com/luisfelipemiguel.unb

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI

Iscriviti alla nostra newsletter!
Ricevi un riepilogo degli articoli

direttamente sulla tua email!