Rappresentazioni culturali dell'agroalimentare

Immagine: Tom Fisk
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram

da MARCONI SEVERO*

Dal linguaggio dell'agricoltura o perché l'agricoltura è quella che è?

La presenza dell’agrobusiness nei giornali a grande diffusione non è rara. In generale, può essere classificato in due categorie: una in cui il settore è direttamente responsabile del discorso, come nelle campagne pubblicitarie e nelle notizie tematiche (congressi, fiere, ecc.), e una in cui esso stesso è oggetto di il discorso. Per comprendere l’agrobusiness è necessario padroneggiare entrambe le rappresentazioni: la prima racconta come il settore immagina se stesso e come vuole essere visto; il secondo riguarda la ricezione e l'influenza del primo, ed è su questo che ci concentreremo.

Il materiale da analizzare è costituito da un resoconto pubblicato dal quotidiano Posta Braziliense, il cui focus è la rappresentanza femminile nel settore agroalimentare. Più che la questione del sesso/genere, analizzeremo la sua costruzione discorsiva, concentrandoci sulle sue associazioni, ambiguità e portata. Si tratta di un caso emblematico, quanto frequente nei grandi media, che permette di analizzare non solo il “linguaggio dell’agricoltura”, ma anche il motivo della sua rilevanza sociale, economica e politica, poiché mette in luce il profondo rapporto tra la sua rappresentazioni universalizzanti e i principali media.

Come ho sostenuto in altre analisi, una parte significativa del potere dell’agrobusiness deriva dalle sue prestazioni linguistiche e, per estensione, legali e culturali. La vicinanza allo standard colto della lingua portoghese, utilizzata in ambito giuridico e politico, sommato al suo fondamento nella realtà oggettiva, conferisce al linguaggio dell'agroalimentare un enorme potere di persuasione, al punto da essere utilizzato con naturalezza in situazioni che, spesso , includono anche i loro critici e oppositori (come è il caso).

Per quanto riguarda i suoi contenuti, il rapporto in questione evidenzia la diversità delle attività svolte dalle donne legate all'agrobusiness, che vanno dall'allevamento del bestiame all'artigianato, passando per la floricoltura e l'orticoltura. Abbiamo già qui la prima contraddizione. In primo luogo, il testo non menziona se si tratti di allevamento di bovini da carne o da latte, il che suggerisce che chi lo ha scritto non padroneggiava le differenziazioni tecniche utilizzate nelle aree rurali (cosa prevista, nel caso di una produzione testuale tratta dai centri urbani).

In ogni caso, a giudicare dalle attività, sono stati inseriti tra i partecipanti all'agroalimentare coloro che si dedicano ad attività che caratterizzano pubblici diversi, se non dichiarati oppositori: mentre l'allevamento del bestiame è un'attività caratteristica delle medie e grandi proprietà, quindi tipica dell'agroalimentare, artigianato, floricoltura e orticoltura sono attività frequenti tra i piccoli agricoltori, molti dei quali sono direttamente o indirettamente legati ai movimenti sociali popolari, e quindi ai principali critici e oppositori. dell'agroalimentare.

Poiché il testo utilizza modelli convenzionali di linguaggio ed espressione (da qui la sua importanza empirica), non sorprende che non vengano osservate le differenziazioni care ai diversi attori, gruppi e classi presenti nello spazio sociale rurale brasiliano. Questo spiega il peculiare utilizzo di categorie che, agli occhi del grande pubblico, possono passare del tutto inosservate. Facciamo un esempio. Il primo intervistato è un “produttore rurale” che lavora “nel sistema agricolo familiare” in un “insediamento”.

Ebbene, se è una produttrice rurale, allora fa parte dell'agrobusiness. Questo è ciò che presuppone questa categoria, su cui si basa il discorso del settore. Oppure sarebbe un’agricoltrice di famiglia, visto che lavora in questo “sistema”? O addirittura un colono, quindi qualcuno potenzialmente legato ai movimenti sociali popolari, che a volte si oppongono agli agricoltori familiari, chiamati dai primi agrinegocinho, e sempre all'agrobusiness?

È improbabile, se non impossibile, classificare la stessa persona in tre profili distinti, soprattutto quando tra loro esiste almeno un'opposizione. La sequenza del testo è però illuminante: l'intervistato appartiene al gruppo dei piccoli agricoltori. Ma come siamo arrivati ​​a questa realizzazione? Ebbene, perché oltre ad essere insediata, produce ortaggi agroecologici che vengono venduti localmente, caratteristica dei movimenti sociali popolari.

La domanda è: il grande pubblico sarà in grado di capirlo? Riuscirai a leggere tra le righe qualcosa che il testo stesso sembra ignorare? Oppure seguirete la guida testuale e concluderete che questa donna fa parte dell’agrobusiness, come già anticipa il titolo? L’ultima opzione, ovviamente, è la più probabile. Ma non anticipiamo le conclusioni. Torniamo al testo.

Dopo aver affrontato il caso di un altro “produttore rurale”, seguito dalla dichiarazione di un divulgatore della Compagnia di Assistenza Tecnica e di Divulgazione Rurale – Emater-DF, il testo prosegue problematizzando la “disuguaglianza di genere in agricoltura”, sulla base di un’indagine condotta realizzato dal Movimento Agroligadas simile all’Associazione Brasiliana dell’Agrobusiness – Abag.

Si noti che l’attenzione ritorna esplicitamente all’agrobusiness, come suggerisce l’espressione “gender in agro”, la menzione del Movimento Agroligadas, “un movimento formato da donne legate all’agrobusiness”, secondo il suo site ufficiale, e ad Abag, la principale istituzione del settore. Tuttavia, quella che sembra una ripresa di questa prospettiva ritorna bruscamente nelle linee guida che caratterizzano proprio i suoi oppositori.

È quanto suggerisce la dichiarazione, discussa subito dopo, di una professoressa universitaria che, pare, condivide un'opinione molto comune tra i suoi coetanei, poiché “lotta” contro le donne che “lottano contro il land grabbing, la speculazione immobiliare, la monocultura e l'uso dei pesticidi”. Infine, il rapporto sottolinea che questo professionista, il cui intervento mira a dare un aspetto accademico-scientifico al testo, vede nel “quaderno agroecologico” un’alternativa al “dimensionamento della produzione” di “agricoltori e contadini familiari”.

In sintesi, ciò che abbiamo qui è un insieme di posizioni e prese di posizione contrarie all’agrobusiness. In primo luogo, l’agroecologia, la riforma agraria popolare e i contadini costituiscono le tre principali agende che caratterizzano i movimenti sociali popolari nella loro lotta contro l’agrobusiness. Anche qui c’è un’interessante confusione concettuale. I contadini, una categoria che non esiste nei media mainstream e la cui mobilitazione è estremamente puntuale e ambigua, sono presenti fianco a fianco con gli agricoltori familiari in una situazione che non solo ignora i confini tra loro ma li pone anche, nonostante le critiche esplicite, come parti dell’agroalimentare.

Ancora una volta vale la pena chiedersi: il lettore sa che il land grabbing, la speculazione immobiliare, la monocoltura e l’uso di pesticidi costituiscono accuse contro l’agrobusiness? O sarà più probabile che si limiti a individuare i punti che devono essere combattuti, e combattuti proprio dalle donne nell’agrobusiness? L’ultima opzione è senza dubbio la più probabile. Ma torniamo al testo.

Nell'immediata sequenza, l'accento è posto sulle politiche pubbliche promosse dal Ministero dello Sviluppo Agrario e dell'Agricoltura Familiare – MDA, che “sono state possibili solo grazie alla mobilitazione dei movimenti sociali”. Dopo aver citato alcune azioni, il testo si conclude con il riferimento al Programma di Organizzazione Produttiva ed Economica delle Donne Rurali, che mira a “fornire sostegno alla strutturazione delle attività produttive, alla commercializzazione dei prodotti, alla gestione e all'accesso al credito e alle politiche di marketing”. Secondo una logica quindi tipica dell’agrobusiness, pur essendo stato sviluppato insieme ai suoi avversari.

La cosa più interessante, però, è quella che potremmo definire, con René Magritte, La trahison des immagini: sotto un titolo in cui appare in primo piano la parola “Agro”, c’è una donna che indossa la maglietta del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra – MST.

Immagine 1: Riproduzione visiva del report, concentrandosi sul titolo e sull'immagine principale.

Fonte: Posta Braziliense, Brasilia, n. 22.496, 20 ott. 2024, pag. 15.

L’opposizione testo/immagine non solo è evidente, ma va anche a scapito del MST, che sembra essere preso in consegna da “Agro”. Ma ancora più interessante è che tutto questo possa passare inosservato, poiché coerentemente elaborato in un discorso rivolto al grande pubblico, tanto più curioso se si sa che non è stato preparato direttamente dal settore.

È possibile che a questo punto il lettore abbia l'impressione che il testo sia di dubbia qualità: al contrario, è stato scritto molto bene, al punto da coprire tutte le note prese, motivo per cui ne consiglio la lettura fin da ora. SU. Lo consiglio a maggior ragione considerando le due letture proposte: quella che il testo richiede naturalmente e quella che qui propongo. Il primo mobilita, senza saperlo, il linguaggio dell’agrobusiness in un discorso che gli è completamente favorevole; il secondo cerca di demistificare il primo nei suoi aspetti più sconsiderati.

Quindi, poiché ha assorbito le rappresentazioni del settore, come quella in cui “agro” e spazio sociale rurale sono assunti come sinonimi, il testo non fa altro che riprodurle nella loro forma più efficace ed efficiente, cioè naturalizzando loro. Le contraddizioni sono molte, e per comprenderle è necessario avere uno sguardo sociologicamente attento, motivo per cui possono passare inosservate al lettore profano, soprattutto quando si tratta di un argomento intriso di buona fede, come l'importanza delle donne nella vita sociale. l'ambiente rurale.

L’agrobusiness è quello che è proprio perché il suo linguaggio, quindi le sue rappresentazioni culturali, differiscono poco da quello utilizzato dai singoli individui nella loro vita quotidiana, il che significa che ha complicità che non sempre vengono viste come tali. Il semplice contrasto del MST considerato come parte dell'agrobusiness, secondo un'interpretazione apparentemente non impegnata, parla da solo e dimostra la profondità e la portata delle rappresentanze del settore all'interno della società brasiliana.

Ecco perché è necessario comprenderli non solo per ciò che significano, ma per ciò che la gente pensa che significhino (come illustra il caso esemplare della figura del contadino, spesso contrapposta a quella del produttore rurale), e solo allora assumere una posizione o un’azione che sia veramente coerente con le loro pratiche e rappresentazioni. E questo vale sia dal punto di vista epistemologico che politico.

*Marconi Severo ha conseguito un dottorato in Scienze Sociali presso l'Università Federale di Santa Maria (UFSM).


la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI

Iscriviti alla nostra newsletter!
Ricevi un riepilogo degli articoli

direttamente sulla tua email!