da CRISTINA DINIZ MENDONÇA*
Commento al libro Riptide: The Best of New Left Review
“Per te non ci sono vie di mezzo. Non lasciarti ingannare". Questo monito, tratto dall'universo romanzesco di Stendhal e aggiornato da Franco Moretti in un saggio di teoria letteraria che integra controcorrente, è il filo conduttore che definisce il colore di tutti i saggi politici del libro. Ma non si tratta qui, come si vede, di illustrare testi politici con riferimenti letterari. Si tratta piuttosto di suggerire quale potrebbe essere un buon punto di partenza per la lettura di questa raccolta: il nesso interno tra soggetti e generi diversi, in un ventaglio che comprende letteratura, politica ed economia.
E non mi riferisco solo al tentativo di alcuni suoi autori di permeare i rapporti tra cultura e politica con elementi che vengono dall'economia (come è il caso, ad esempio, di Fredric Jameson, e anche dello schema bifocale di Moretti, che contemporaneamente analizza forme e mercato). Ciò che rende il set ancora più interessante, al di là di questi tentativi individuali di fondamentale importanza, è la forte impressione che, invece del mero parallelismo tra i vari articoli, ci sia forse un modo sui generis si sovrappongono tutti, come se gli aspetti letterari, politici ed economici del libro convergessero verso un comune punto di fuga.
Azzardando, si può affermare che una linea delicata allo stesso tempo delimita e unifica i vari generi e soggetti della raccolta, articolandoli in un unico (ma non uniforme) movimento. Cultura? Politica? Economia? Un po' (o molto) di tutto questo, a seconda dell'angolazione da cui si colgono i molteplici materiali offerti dal libro. Quando guardi il set, gli articoli sono lì, distinti l'uno dall'altro, ma come se sfidassero il lettore a metterli insieme. Se affrontiamo la sfida, vedremo che, dal punto di vista dell'insieme, le cose formano un sistema, consentendo analogie a prima vista impensabili (ma non per questo meno complicate a seconda vista). E vedremo anche la cosa principale: l'elemento centrale dei vari argomenti specifici è una prospettiva più ampia di resistenza (per usare il termine con cui Jameson, in uno dei saggi di controcorrente, designa la piattaforma di un'opposizione antisistemica). Qui sta il nocciolo duro della collezione, che mette in risalto ciò che il Nuova recensione a sinistra ha la meglio: il tentativo di recuperare, in tempi di così poca resistenza, il senso storico di un'intellighenzia veramente oppositiva.
Cosa ci dice il libro sul presente politico? In questa prova del nove c'è un sostanzioso motivo per leggerlo, visto che i recenti avvenimenti lo hanno reso ancora più attuale. Sottoposti alla prova dell'immediata realtà politico-economica, alcuni articoli della raccolta, scritti circa un anno prima degli attentati negli USA e dei bombardamenti in Afghanistan, si sono rivelati profetici – e questo perché hanno fornito elementi che permettono di raggiungere la logica che permea i rapporti di potere politico in un'epoca governata dalla legge del capitale"un mondo".
Infatti, il lettore che aveva raccolto materiale disperso in diversi articoli di controcorrente avrebbe un arsenale capace di liberarlo dalla sorpresa di chi ha visto gli eventi dell'11 settembre come un lampo in un mattino dal cielo azzurro sull'isola di Manhattan e Washington. La controprova sarebbe il movimento opposto, cioè cercare di vedere questi avvenimenti non con gli occhi ancora offuscati dalla polvere del World Trade Center, ma di fronte a un orizzonte storico più ampio in cui questo tragico esito (o soglia) non è altro che un momento, più precisamente un punto cruciale di intersezione di più linee di forza che attraversano la scena contemporanea.
Una di esse, la cui conclusione è avvenuta all'epoca del binomio Clinton-Blair, si chiama Terceira Via e la sua radiografia è impressa proprio all'inizio della raccolta, nell'articolo di Perry Anderson: veicolo ideologico del movimento neoliberista consenso, questa “formula vincente per suggellare la vittoria del mercato”. Ciò che è stato scambiato in frattaglie in tutto il libro, in particolare da Jameson, per il quale la “nuova versione di quello che si chiamava imperialismo” si riduce alla “subordinazione degli altri stati-nazione all'americano, o per consenso e collaborazione, o mediante l'uso della forza bruta e della minaccia economica".
Visto dalla prospettiva della logica di questo sistema mondiale (forzatamente) unificato, il bombardamento dell'Afghanistan è solo la continuazione di una strada a senso unico in cui l'impero sta ora cercando di distruggere uno dei suoi ultimi ostacoli: il fondamentalismo islamico. Va ricordato che questa politica della terra bruciata viene venduta – grazie a media addomesticati e al calo generalizzato della capacità di reazione intellettuale – con l'etichetta di “libertà”, “democrazia” e “modernità”. Il che implica una doppia operazione: la costruzione del mito dell'Islam militante (con una funzione analoga a quella degli indiani nel mito del Far West, costruito dal cinema, e quella dei comunisti nel periodo della guerra fredda) , e la disumanizzazione dei Dannati della Terra.[I]
Conclusa questa doppia operazione, si pone il terreno per una contrapposizione stereotipata tra società “liberali” e persone estranee ai valori democratici. Ma qui siamo semplicemente alla stessa cosa, cioè di fronte alla struttura fondamentale di ogni ideologia: separare ciò che si raccoglie e trasformare gli interessi particolari in interessi universali. Molto prima del contrattacco dell'impero, l'articolo di Jameson su controcorrente hanno già denunciato le “pretese di universalismo americano”, che servono a giustificare “interventi militari di tipo poliziesco” – “gli Stati Uniti vogliono che consideriamo universali gli interessi americani”.[Ii] dietro il personaggio ingenuo dalla cosiddetta “lotta del Bene contro il Male” muove l'astuzia della “ragione strumentale”.
Ecco, infine, il nodo in cui il lettore può imbattersi mettendo insieme i diversi materiali offerti da questa raccolta: il legame strutturale tra tutti gli eventi della società globalizzata. Ciò che l'irrazionalità degli atti di megaterrore ha evidenziato è l'irrazionalità del sistema stesso – in particolare nella nuova figura del capitale globalizzato, il cui nucleo irrazionale è esposto solo nei momenti di crisi acuta,[Iii] ma la cui natura distruttiva si fa sentire nella vita quotidiana dei milioni di persone che subiscono i suoi colpi. Fanatismo e irrazionalità, dunque, da tutte le parti, sintomi di una più ampia patologia sociale, una forma esasperata di “civiltà e malessere”. Lo scoppio del terrore religioso è l'altro aspetto dello scoppio del terrore economico.
In questa prospettiva – quella che cerca di dipanare l'intricata rete di mediazioni tra i due schieramenti in conflitto, perché ora, ancor più di prima, vale la formula che Adorno ha estratto da Hegel: “non c'è nulla tra cielo e terra che non sia mediata” –, diventa inevitabile riconoscere che tra “civiltà” e “barbarie” c'è molto di più di quanto il fallace tema “scontro di civiltà” ci permetta di percepire. Come ha insistito Edward Said, l'Islam è già “entrato” in Occidente. Va aggiunto: la modalità di questo inserimento, come quella di altri popoli del Terzo Mondo, è (senza paradosso) l'esclusione. Nulla è più "out", ma il vero volto della "globalizzazione" è lo stesso che è stato messo a nudo l'11 settembre. Come a confermare il “crollo della modernizzazione”, l'elemento “esterno” che nega l'ordine dominante non poteva che emergere dall'interno delle contraddizioni di quello stesso ordine.
Queste contraddizioni stavano già emergendo dove meno ce l'aspettavamo: Hollywood, il “centro nevralgico dell'ideologia americana”, nella definizione di Slavoj Zizek. È diventato luogo comune sottolineare la parentela tra l'immaginario hollywoodiano e lo “spettacolo” terroristico, ma per arrivare ai fondamenti dell'anticipazione del nuovo tipo di mega-terrore nei vecchi cliché dei film catastrofici, sarebbe necessario raggiungere il cuore del sistema. Questa anticipazione è stata possibile solo perché aspetti dello stesso processo sociale in corso hanno finito per eruttare attraverso una sorta di "crepa" nella forma cinematografica, una sorta di "scarto" che corre tra il mondo e la visione del mondo (liberamente adattata alla finzione forma del cinema un'idea sviluppata da F. Moretti, da Roberto Schwarz, per la forma letteraria). Incorporando involontariamente eventi sedimentati nella memoria collettiva del Paese, ma repressi, Hollywood ha finito per anticipare, ironia della sorte, la terrificante visione degli attentati. È come se il cinema permettesse al suo Altro represso di germogliare attraverso i vuoti della finzione. La condizione di apparente esposizione del lato eternamente bello e giovanile del mondo coltivato nelle fantasie hollywoodiane è l'orribile vero ritratto nascosto. Quello che si è visto l'11 settembre, dal vivo e senza ritocchi, è stato il ritratto segreto della “civiltà del denaro” – la barbarie. Il risultato del processo di modernizzazione si è condensato nell'atto tragico dei terroristi: il soggetto sepolto dalla valanga di capitali.
Di questa terribile lezione di cose rimane, a sinistra, il monito fatto nell'articolo di Zizek su controcorrente, e che riecheggia in tutta la raccolta, sul caro prezzo da pagare quando si rinuncia a un “progetto politico radicale” e si accetta “il capitalismo di mercato come unica partita in corso”. La critica del terrore del fondamentalismo islamico non può fare a meno della critica del terrore del fondamentalismo economico. Questa è la condizione necessaria perché l'opera del lutto assolva la sua funzione, culminando in una liberazione. O World Trade Center sarà una “vera rovina” (per usare il linguaggio di Hegel) solo se saprà risvegliare la “coscienza addormentata”, trasformandola in coscienza critica – critica radicale del capitalismo globalizzato. Anche qui non ci sono vie di mezzo.
*Cristina Diniz Mendonca Ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia presso l'USP.
Originariamente pubblicato su Giornale delle recensioni, numero 84, Folha de Sao Paulo, 13 aprile 2002.
Riferimento
Riptide - Il meglio di New Left Recensione. Emiro Sader (a cura di). Record, 322 pagine.
note:
[I]) In un articolo che include anche controcorrente, Edward Said ha mostrato questa disumanizzazione nel caso specifico dei palestinesi.
[Ii]) A cui hanno prontamente risposto innumerevoli intellettuali, Habermas in prima linea, dichiarando, ancora a caldo, che l'11 settembre ha significato un attacco contro “l'intera civiltà occidentale”, cioè contro i fondamenti universalisti della ragione occidentale e modernità. Cinismo illustrato a parte, se non altro per ricordarvi che, ormai da tempo, Stati liberali del tutto “illuminati” brillano “sotto il segno di una trionfante calamità”.
[Iii]) Quando, ad esempio, la “bolla” finanziaria minacciava già di scoppiare, Greenspan fu costretto a rendere pubblico il suo famoso monito contro quella che chiamò, suggestivamente, “l'irrazionale esuberanza” del mercato. Cfr. per quanto riguarda l'articolo di Robert Brenner in controcorrente, "IL boom e la bolla”.