Ruy Fausto: portata e limiti della dialettica

Immagine: Severino Canepa
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Di Bento Prado Jr.*

Commento al secondo volume di Marx, Logica e politica

1.

Quattro anni dopo la pubblicazione del primo, Ruy Fausto pubblica il secondo volume di Marx, Logica e politica In. Ancora una volta, l'autore riunisce testi già pubblicati in Brasile e Francia, accanto a testi inediti, che costituiscono materiali o fari per una riflessione continua sulla portata o sui limiti della dialettica, soprattutto nel suo aspetto marxiano.

Il secondo volume non ha la forma annunciata dal primo (che prevedeva un'organizzazione tematica) e riprende curiosamente la struttura a zig-zag del precedente scrittore: quattro saggi, divisi in tre parti. Anche la distribuzione dei temi, nelle tre parti, sembra rispecchiare, in questo libro, la struttura dell'altro. L'autore spiega il cambio di progetto con il “modo non lineare in cui è stato scritto il libro”.

Senza dubitare dell'argomentazione, mi sembra ragionevole immaginare che l'adattamento della forma al contenuto del libro richiedesse il mantenimento del primo stile. Se, nel pensiero dialettico, “la verità è il risultato”, come dice Hegel, è comprensibile che ogni totalizzazione frettolosa blocchi il libero procedere di un pensiero che non può essere unificato se non al termine del lavoro di riflessione. Il libero gioco di diversi “materiali” è una condizione necessaria per realizzare questa proposta teorica. La dialettica si è sempre opposta alle procedure puramente lineari, preferendo passaggi zigzag o circolarità.

controcorrente

Come prima caratterizzazione del libro di Ruy Fausto, possiamo dire a riguardo quanto detto da Michael Löwy a proposito del libro precedente, nelle pagine di La Quinzaine Litteraire (1-15 giugno 1987): “Questo volume va quindi controcorrente. Non perché si rifiuti di criticare il marxismo, ma perché ritiene che tale critica – per molti aspetti necessaria – sia impossibile dal punto di vista teorico, se non si va fino in fondo alla razionalità dialettica classica”. Controcorrente che vale sia per il pubblico brasiliano che per quello francese, a cui il libro è rivolto.

Molto si potrebbe dire sullo stile di questo pensiero che si ostina a contraddire il movimento generale delle mode intellettuali. Ci limitiamo ad indicare un punto sensibile per il lettore brasiliano e che riguarda la domanda: “Il marxismo è vivo o morto?”, recentemente riattivata. Ruy Fausto non condivide un profilo né con José Guilherme Merquior né con Francisco de Oliveira. Direi piuttosto che “il marxismo è vivo… ed è morto”, sconvolgendo certamente il buon senso, ma anche i logici meno mondani. Contraddizione? Sì, certamente, questa è una contraddizione. Ma la dialettica non è proprio un discorso che abbraccia la contraddizione nella sua aspirazione alla verità?

Ma questa prima caratterizzazione è, diciamocelo, un po' astratta. Forse potremmo esprimerlo in modo meno vago dicendo che per Ruy Fausto una buona connessione con il marxismo implica una minima distanza da esso. La Dialettica certamente muore per chi si allontana assolutamente dal suo territorio; ma muore anche per chi vi si tuffa ignorando il proprio Altro. In una parola: fondare la Dialettica è delimitarne il campo, ovvero scatenare una Dialettica tra Dialettici e Non-dialettici.

Una dialettica, insomma, in cui il Medesimo non dissolve il suo Altro nella sua tranquilla identità interiore. In effetti, la dialettica non è mai stata nemica della tensione e della differenza, come indica la critica di Hegel alla notte dell'identità dei romantici. Che la Dialettica abbia dei limiti non è una novità, e questo già nell'idealismo assoluto di Hegel, che, come osserva Ruy Fausto, non annullava l'autonomia dell'Intelletto.

Così come per Marx (è sempre Ruy Fausto a parlare) che, dopo aver sottoposto l'Economia Politica al lavoro critico-categorico della Dialettica, ha ristabilito, contro di essa, i limiti imposti dalle esigenze della Comprensione o della Positività. Si veda, a questo proposito, il libro di Ruy Fausto, pp. 168-174, che, se compreso dai fautori del marxismo audiovisivo e populista che ha invaso le nostre università, potrebbe liberarli dall'orrore per la Scienza che accomuna il peggior pensiero della destra, e non ha nulla a che vedere con la tradizione dialettica.

Teoria e pratica

In questo secondo tentativo di descrivere la delimitazione della Dialettica di Ruy Fausto, siamo ancora in piena stratosfera. Il libro, infatti, porta il sottotitolo “Logica e politica” e, in esso, un faro non logico-speculativo. È vero che, almeno nel programma, Ruy Fausto aspira alla riunificazione tra Teoria e Pratica, la cui assenza nel marxismo occidentale è lamentata in tono elegiaco o nostalgico da Perry Anderson.

Un ragionamento essenziale è il destino recente del capitalismo e del cosiddetto socialismo reale, che delimitano praticamente l'orizzonte della Dialettica. Da un lato (un po' come quello di Sartre Critica della ragione dialettica, sebbene in un linguaggio attinto più dalla “Logica” che da Fenomenologia dello spirito), se il marxismo non è morto, è perché il capitalismo non è morto. D'altra parte, tutta la storia più recente dell'Economia, della Società e della Cultura intacca con sospetto la Dialettica classica tra teoria e prassi. Così, a pagina 166 del suo libro, Ruy Fausto ci fa passare dalla logica alla politica, commentando la rielaborazione della logica hegeliana all'interno del post-facio del “Contributo alla critica dell'economia politica”.

Il testo afferma le differenze nell'uso della prova ontologica nella “Logica” di Hegel e nell'opera di Marx: “Il post-facio del 'Contributo alla critica dell'economia politica' direbbe addirittura che è solo attraverso la pratica che questa seconda trasgressione potrebbe operare; là dove il concetto come concetto sarebbe impotente, pratica, sui cui miracoli oggi siamo molto meno ottimisti (sottolineiamo, BP Jr.), prenderebbe il suo posto, e la pratica avrebbe così il posto che ha l'argomentazione ontologica nella filosofia classica”.

Questa è un'allusione ai limiti storico-pratico (o al fondo dell'esperienza, che è anche un'altra forma essenziale del fondamento o orizzonte della Dialettica) che rimangono determinate in modo consapevolmente astratto in questi primi due volumi. Ma, ripetiamo, che indicano, nel futuro dell'opera, qualcosa come a telos che il lettore deve anticipare, pena il salto dell'essenziale.

In una parola, prima di tutto è necessario comprendere la Dialettica (ricordiamo che la comprensione si traduce in begreifen, avvolgendolo letteralmente da tutte le parti, come quando teniamo un sasso nel pugno, le dita chiuse come artigli), circoscrivendolo nei suoi limiti logici e pratici. Non si può criticarlo senza capirlo, né capirlo senza criticarlo.

Con questa descrizione schematica del progetto di Ruy Fausto, forse l'affermazione che il marxismo è, allo stesso tempo, vivo e morto, o che non si può parlare dialetticamente senza parlare anche dall'esterno della dialettica, diventa meno paradossale. Ma la piena comprensione di questi paradossi o di questi "giudizi riflessivi" è inseparabile dalla comprensione della materia che formano, o dei diversi contenuti del saggio.

2.

Non sarei certo la persona più adatta per recensire criticamente il libro di Ruy Fausto. Mi manca, almeno, la familiarità dell'autore con l'opera di Marx, con i suoi posteri e con la riflessione contemporanea sull'economia politica. Ma la Filosofia non è materia per specialisti e, quindi, occorre trasformare il destino in virtù.

Tralasciamo, in questa recensione, la prima e la terza sezione del libro, dedicate rispettivamente alla critica della presentazione marxista della Storia (sulla successione dei modi di produzione) e all'elaborazione dei concetti di Classe e di Stato nella Critica dell'economia politica. La seconda sezione, infatti, dal titolo di “Presupposto e posizione: dialettica dei significati 'oscuri'” (in continuità con la seconda sezione del primo volume su “Astrazione reale e contraddizione”) di carattere più spiccatamente “filosofico” sembra corrispondere a The chiave di voto (nonché la fondazione) di questo edificio in costruzione.

È chiaro che il ragionamento propriamente filosofico o speculativo (nel senso positivo attribuito a questa parola nel lessico hegeliano) è inseparabile dalla critica del capitalismo. Ma è anche vero che solo a questo livello la critica del capitalismo può ricevere la sua verità propriamente teorica. (Si tratta di un complicato rapporto tra una teoria della Ragione e le condizioni effettive che esse verificano, e che non è lontano da quello che lega, nella “Scienza della Logica”, lo sviluppo puramente logico del concetto alla Osservazioni – osserva – che incarnano il concetto nell'atmosfera meno rarefatta della Storia della filosofia).

Logica e ontologia

Non è un libro di facile lettura: è particolarmente sconcertante (volutamente anacronistico e provocatorio) per il lettore abituato al linguaggio dominante della filosofia contemporanea. A cominciare dal significato attribuito alla parola Logica: si tratta, infatti, di una concezione della logica in cui essa è immediatamente intesa come ontologia. Lo scopo della seconda sezione è, inoltre, definire questa concezione della logica (o mostrare l'attualità, con alcune restrizioni, della logica hegeliana) in contrappunto con la logica formale e la logica trascendentale. O, in altre parole, assicurare un posto alla tradizione della dialettica, tra le tradizioni rivali della filosofia analitica e della fenomenologia.

Il compito è mostrare che questo modo di “mescolare” concetto e oggetto, linguaggio e mondo, corrisponde a qualcosa di diverso da un mero delirio (sebbene Hegel parlasse della necessità di sintonizzarsi con “il dionisiaco delirio della Sostanza”).

Una prima giustificazione di questo procedimento è stata già data nel primo volume con l'analisi della nozione di “astrazione reale”. È quanto appare nella critica che Ruy Fausto fa, già nel primo volume, alla critica rivolta da Cornelius Castoriadis (il “miglior critico di Marx”, secondo RF) al celebre brano da O Capitale su Aristotele e il concetto di valore. Semplificando all'estremo (o caricaturando) l'analisi di Ruy Fausto: il grande interesse del testo di Marx sta nell'indicare che l'apparente "cecità" di Aristotele è inspiegabile in termini di una sociologia della conoscenza, o che si riferisce a una sorta di oggettiva invisibilità della determinazione di valore nella società greca. In altre parole, l'articolazione logica dei concetti è preparata da una sorta di genesi oggettiva o da un processo reale che rende trasparente o pensabile la realtà. Non c'è confusione tra linguaggio e mondo, ma movimento necessario (o tempo) perché il mondo diventi dicibile.

È questo continuo andirivieni tra mondo e linguaggio, o tra il dicibile e l'indicibile, che è alla radice della proliferazione di un intero sistema di opposizioni concettuali, come presupposto e posizione, chiarezza e oscurità, possibilità e negazione. Questa rete concettuale si presenta come uno sfondo essenziale per comprendere il cuore della Dialettica, cioè la tesi secondo cui la Ragione può e deve accettare la contraddizione, se vuole mappare adeguatamente l'Esperienza.

In un certo senso, Hegel e Marx – nell'analisi del mondo culturale e del capitalismo – svolgono un lavoro concettuale logico-ontologico simile a quello di Aristotele, quando generò categorie come la potenza e l'atto per rendere pensabile il movimento – una condizione metafisica per capire la fisica

La cosa più interessante nel ragionamento di Ruy Fausto – per quanto posso seguirlo – è il modo in cui viaggia, non solo tra le Scienza della Logica e planimetrie ou La capitale, ma anche dalla preistoria metafisica della Dialettica.

il cattivo lettore

Le prove dell'esistenza di Dio in Sant'Anselmo, Cartesio, Leibniz sono nel sfondo – e anche dentro scena d'avanguardia – del recupero hegeliano, contro Kant, della prova ontologica, che illumina la dialettica che Marx intesse tra Valore e Capitale, o tra Presupposto e Posizione, o anche tra oggetto e se stesso fattosi soggetto (per usare l'enigmatico linguaggio hegeliano) .

Storia della Filosofia ed Epistemologia dell'Economia Politica concorrono a questa esplorazione delle modalità del giudizio, Giudizio di riflessione, di genesi, di divenire, tali sono i modi in cui il discorso si articola differenzialmente con un mondo di modi di costituzione e, contro Bertrand Russell , insiste nel parlare di sé.

A questo punto, un lettore malevolo potrebbe chiedersi se la speculazione (positiva, come abbiamo già visto) non corra il rischio di diventare mera speculazione. O, più grave, se il ragionamento di Ruy Fausto non risulta tautologico, invece che allologico, come richiederebbe lo stile della Dialettica (allelogico è il neologismo che qui uso, pur invertendo i segni, ricordandomi Schelling che, contro la tradizione dell'Euhemerismo e la sua interpretazione allegorica della Mitologia, affermò che quest'ultima richiedeva un'interpretazione tautegorica).

Mi spiego: questo malevolo lettore potrebbe dire che si guadagna poco quando la Logica hegeliana è cucita insieme al linguaggio hegeliano usato da Marx, specialmente nel planimetrie. Un viaggio poco dialettico, appunto, quello che mi porta dallo stesso allo stesso. Questo argomento – che può o può essere falso – non manca di alcun fondamento. Non è lo stesso Marx che da qualche parte si riferisce al civetteria o il flirtare al gergo hegeliano al quale avrebbe ceduto La capitale? L'osservazione ironica di Marx significa, almeno, una presa di distanza rispetto alla proliferazione amazzonica del “Logos” dialettico. E il che suggerisce che la Critica dell'economia politica potrebbe avere a Rappresentazione (presentazione) in un gergo diverso da quello hegeliano.

Di fronte a questa prospettiva, certamente ingenua, la compagnia di Ruy Fausto sarebbe minacciata di sterilità. Ma questa possibilità non sfuggì all'astuzia del mio antico maestro. In una recente intervista tocca proprio questo punto cruciale, avvertendo che la ricostruzione-delimitazione della Dialettica sarebbe possibile solo per chi potesse mettere un piede nella pratica delle scienze umane così come si producono oggi, mantenendo l'altro nella barca di Dialettica Classica.

È, infatti, la seconda appendice della terza parte del suo libro che appare a dimostrazione di questa tesi. In questa appendice, Ruy Fausto svolge una lettura particolarmente astuta di un saggio del nostro compianto e comune amico Pierre Clastres. Con il titolo “A proposito di modalità in Pierre Clastres”, Ruy Fausto commenta il capitolo 11 di Società contro Stato. Tutta l'artiglieria pesante della logica dialettica è mobilitata per spiegare il testo di Clastres e per trovare in esso qualcosa di simile a una controprova “empirica” dello stile di Reason. Il tema del testo di Clastres è quello della leadership tra i nostri antenati indigeni: il paradosso, per noi, di una leadership senza potere, o di una società che si organizza per impedire o impedire la nascita del Potere Separato (lo Stato).

Come può una società difendersi da ciò che non conosce? Presente, passato e futuro saltellano nell'aria e si confondono, confondendo anche il lettore intrappolato nelle categorie della Comprensione. Ruy Fausto esplora questo bellissimo testo, allo scopo di confermare la dialettica Presupposto-Posizione, o di mostrare (contro Quine e le “ontologie potenti” della logica formale) l'intelligibilità della nozione di “possibilità oggettiva”. Una nozione che, se ben compresa, renderebbe di nuovo comprensibili e utilizzabili i concetti di negazione o negazione della negazione.

Per caso (o per necessità, non so, inciampo così nella logica modale), ho dedicato alcune pagine a questo stesso testo di Pierre Clastres in una direzione esattamente opposta a quella di Ruy Fausto. Per me, nella Prefazione alla traduzione brasiliana di prova di Antropologia politica di questo autore (pubblicato dopo la traduzione di Società contro Stato), quello che mi interessava era mostrare proprio come il testo di Clastres fosse leggibile con categorie che prescindono dal riconoscimento della positività del negativo. Tra parentesi, va detto, per amor di verità e per portare acqua al mulino di Ruy Fausto più che al mio, che Pierre Clastres era un lettore ossessivo del Filosofia del diritto di Hegel.

All'epoca pensavo (e citavo) a Bergson e alla sua bellissima critica all'idea del Nulla. In una parola, il conflitto tra le due letture mostra, almeno, che il testo di Clastres può essere tradotto in più di un gergo. o che non c'è esperimento crucis concettuale, che mi permette di scegliere con sicurezza un linguaggio come orizzonte universale della Ragione.

Perché non spiegare Clastres in lacaniano o in qualsiasi altra lingua esotica insegnata dall'Istituto Berlitz? Il mio sospetto – con le riserve della mia ignoranza in materia in cui Ruy Fausto è maestro – è che il suo lavoro sia simile a quello di Skinner, in termini di Scienza e comportamento umano, quando traduce il contenuto di Sociologia ed Economia nel linguaggio della teoria operante. Solo uno trucco della traduzione, come M. Scriven caratterizza il procedimento teorico di Skinner.

3.

Il bel libro di Ruy Fausto dà spunti di riflessione o, come direbbero i tedeschi, lo è Denkwurdig. Consente, tra l'altro, ma forse contro l'intenzione dell'autore, un'interpretazione della Dialettica (contraria anche all'ultimo Lukács) che non la condanna alla via dell'ontologia aristotelica. Lo stesso Ruy insiste giustamente che, per Hegel, la dialettica non può essere applicata.

Il che mi ricorda la conclusione del libro di Gérard Lebrun su Hegel. Lebrun chiude il suo libro (La pazienza del concetto) nei seguenti termini: “Così, la tradizione è esposta davanti a noi, con i suoi concetti che possono essere manipolati e deformati a discrezione dell'operatore. Lei quindi non ha nulla da dirci. Perché, allora, ascoltarlo? Lei non fa altro che deglutire. Ancora una volta, abbiamo la libertà di lavorare con i testi e giocare con i loro contenuti, senza dover sintonizzare le nostre orecchie. Un filosofo – infine – non propone rotture, evasioni o conversioni, niente che assomigli alle grandi decisioni in cui rischiamo la nostra felicità. Non c'è altro che un'onda ascendente che copre i significati 'noti', altro che un discorso senza fretta, che non costituisce altro che se stesso”.

Georg Wilhem Friedrich-Hegel e Ludwig Wittgenstein? Quella che è una domanda finale, seppur provvisoria, si rivolge a tutti ea nessuno.

* Bento Prado jr. (1937-2007) è stato professore di filosofia all'Università Federale di São Carlos. Autore, tra gli altri libri, di Errore, Illusione, Follia (Editore 34).

Articolo originariamente pubblicato sul giornale FSP, il 28 novembre 1987.

Riferimento

Ruy Fausto. Marx: logica e politica - Volume II. San Paolo, Brasile, 1987.

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