Sii un emarginato, sii un eroe

Immagine: Marcelo Guimarães Lima
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da MARCELO GUIMARÉS LIMA

La violenza quotidiana in Brasile è spettacolo, intrattenimento per molti e sfruttamento da parte di media venali e politici venali

Secondo alcune fonti, il bandito la cui persecuzione è stata recentemente presentata dai media in pompa magna, non è morto in uno scontro con la polizia, o con i carabinieri, che lo inseguivano: è stato catturato e giustiziato. La polizia in Brasile a volte sembra svolgere (molti) ruoli di giudice, giuria, pubblico ministero e carnefice tutti allo stesso tempo. E anche come “legislatrice”: fa le sue leggi. Da un lato: i criminali. Dall'altra: i rappresentanti della “legge”. Resta da vedere quale sia la legge: legge del paese o legge del cane, legge del più forte, legge della giungla, ecc.

Secondo queste stesse fonti, il criminale Lázaro non lo era omicida seriale, ma un sicario che serviva contadini e persone con soldi per contratti. Chi lo sa? O forse è già noto.

La violenza quotidiana in Brasile è spettacolo, intrattenimento per molti e per lo sfruttamento di media venali e politici venali (qui, per la destra e l'estrema destra attualmente al potere, vale il pleonasmo). Per altri, è una minaccia costante e permanente, una realtà quotidiana.

Si ripete, come si ripetono i fatti, ieri come oggi, in modo alquanto prevedibile, il racconto poliziesco-mediatico sui banditi uccisi negli scontri. Il giornalismo di massa in Brasile sembra assolvere funzioni esclusive di pubbliche relazioni dell'apparato istituzionale legale e repressivo. Il bandito, perché bandito, non ha mai “ragione”, come non ha diritti, in fondo, la ragione appunto è quella del potere, e il diritto come garanzia universale, cioè per tutti, contro l'arbitrarietà, diventa una finzione pubblicamente “necessaria”, cioè racconti (o racconti, come direbbe Guimarães Rosa) a cui nessuno crede realmente, ma che è buona norma, o più sicuro, non problematizzare.

Narrazioni formalmente simili furono usate durante la dittatura militare iniziata nel 1964: militanti contro il regime furono catturati, torturati a morte o rapidamente giustiziati. Altre volte, direbbe qualcuno, storie o racconti curiosamente simili. Nella narrazione ufficiale, i resistenti erano caratterizzati come banditi, fuorilegge, che morivano sempre in combattimento con le forze dell'ordine dittatoriale, infatti, polizie politiche organizzate come squadroni della morte che riunivano agenti di polizia civile, con una vasta esperienza nello sterminio di popolazioni emarginate, e i militari che agiscono al di fuori delle leggi del paese e della stessa “legalità” dittatoriale, coperti dal potere dello stato comandato dal potere militare, il partito delle caserme, con una lunga tradizione di golpisti, reazionari e autoritari nel paese.

La dittatura militare ha utilizzato, tra gli altri, i metodi e l'esperienza dei cosiddetti squadroni della morte, le milizie dell'epoca, che si organizzavano e agivano contro la legge all'interno delle organizzazioni di polizia, terrorizzando le comunità emarginate, per combattere gli oppositori politici del regime. , contro il movimento di guerriglia sorto in Brasile come risposta alla distruzione delle precarie istituzioni della democrazia brasiliana dell'epoca, alla chiusura della vita pubblica, alla distruzione degli spazi democratici di opposizione politica.

La pratica secolare della tortura nel paese, storicamente diretta contro gli indigeni, la popolazione schiava, le popolazioni emarginate, era diretta contro i resistenti politici e gli oppositori della dittatura civile-militare, che includeva membri della classe media, intellettuali, studenti, ribelli militari , come l'intrepido soldato e guerrigliero Carlos Lamarca, o soldati banditi dal golpe del 1964, e vari professionisti.

È chiaro che la violenza di stato in Brasile non è iniziata con il golpe militare del 1964. Basti ricordare la carriera istituzionale e politica di Filinto Müller, noto capo dei torturatori dell'Estado Novo, mai ritenuto responsabile e che ha concluso la sua carriera pubblica di molti anni come politico eletto da ARENA, il partito della dittatura militare. La dittatura militare iniziata nel 1964 ha esteso e sistematizzato la tortura e l'assassinio degli oppositori come pratica generalizzata e politica statale.

Gli squadroni della morte della polizia in un passato non così lontano hanno agito per contenere gli emarginati, hanno agito per punire extralegalmente criminali, o persone considerate tali dalle autorità locali, e hanno agito non per “convinzioni” alla maniera della Repubblica di Curitiba di oggi, ma per compensi materiali da parte delle rappresentanze locali e per compensi professionali istituzionali per “un'efficace lotta alla criminalità” di grande interesse per i poteri pubblici. I tempi cambiano, ma non le volontà, direbbe forse oggi il poeta.

Dagli squadroni della morte del recente passato ai miliziani di oggi, è all'interno dell'apparato repressivo legale dello Stato brasiliano che polizia e banditi, “extralegalità” e diritto, volto pubblico e volto nascosto del potere di uno Stato basata sul grilletto delle armi come potere decisionale di ultima e anche di prima istanza, e coesistente con iniziative di “forze extralegali”, allo stesso tempo alleate e autonome.

In questo contesto, cosa si può dire dell'apparato legale brasiliano, dalla formazione ai tribunali superiori, che dire delle istituzioni legali del paese, dei suoi agenti e assistenti? Forse tutta questa stessa “industria legale” si regge su fondamenta molto precarie che alimentano dall'interno, in vari casi, forze che possono rapidamente sovvertirla e distruggerla al momento giusto.

Inutile dire che questa è la scommessa dell'attuale capo dello Stato. In questo senso, il fascismo in Brasile ha una delle sue basi più stabili nella lotta quotidiana del potere statale contro gli emarginati. Come già osservava a suo tempo l'artista Hélio Oiticica nell'opera “Seja Marginal, Seja Herói” sulla criminale Cara de Cavalo, uccisa a Rio de Janeiro da un gruppo di poliziotti che, secondo gli specialisti, avrebbe dato origine alla futura morte della polizia squadre.

Il caso del bandito Lázaro Barbosa ucciso dalla polizia ci ricorda tutto questo passato. Più specificamente, ci riporta a una dimensione specifica della temporalità del dominio nella storia brasiliana: la dimensione del passato che, paradossalmente, insiste a non tramontare.

*Marcello Guimarães Lima è un artista, ricercatore, scrittore e insegnante.

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