Sarebbe tragico... se non fosse comico

Roger Hilton, Fogliame con bruco arancione, 1974
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da BENTO PRADO JR.*

Commento al libro di Daniel Kupermann

Non mancano le battute sulla psicoanalisi, sia come pratica che come teoria. Anche quelli di origine interna, autenticamente freudiani. O che può essere interpretato come tale. Così, ad esempio, non si può leggere, senza contenere il riso, la frase in cui Freud afferma, quasi drammaticamente, di non sapere “cosa vogliono le donne”…

Dopo tutta la metapsicologia? Un mistero che nemmeno la straordinaria ginnastica intellettuale di Lacan, in una delle sue imprese più sottili e complicate, è riuscita a dissipare del tutto. Per ora, almeno, se non per sempre, rimarremo inquieti e indecisi...

Em Sarebbe tragico... se non fosse comico, precisamente, troviamo una riflessione interna e ricca sull'articolazione tra il tragico e il comico in psicoanalisi. Non aspettarti, caro lettore, sfogliando queste pagine, di trovare una sorta di antologia di barzellette... Anche se queste non possono mancare (come non potrebbero esserlo in nessun libro serio).

Il comico e il tragico si articolano all'interno della psicoanalisi come i volti (o l'unico volto) di un anello di Moebius. Potrebbe essere diverso? Ricordando Erich Auerbach [1892-1957], la letteratura greca ha separato due generi letterari come specchi di personaggi di diversi ceti sociali (re ed eroi da una parte; umili dall'altra). Come potrebbe la psicoanalisi servirsi della tragedia classica e moderna (Edipo e Borgo), per comprendere l'uomo volgare e moderno, senza incorrere in confusione?
Ci sono storici della filosofia e filologi (come l'ottimo Jean-Pierre Vernant) che criticano questo cortocircuito tra il passato classico e il nostro presente, come effetto di un anacronismo che comprometterebbe l'impresa teorica della metapsicologia, se non l'iniziativa terapeutica della psicoanalisi.

Ma il nostro mondo moderno non ci costringe a un tale cortocircuito? In questo mondo di individualismo “negativo”, non siamo tutti re tragicomici, condannati a “senza senso”?. Riconosciamolo: ci sono ottimi anacronismi, come ci ha insegnato la filologia (con Pierre Hadot, ad esempio) che ci sono errori riccamente produttivi. È da notare che queste trasformazioni sociali che stiamo vivendo ci pongono un nuovo problema: il discredito di una terapia, come se fosse originariamente mitologica e inefficace, sostituibile dalla semplice farmacologia (quell'elemento della nuova “economia-militare-farmaceutica complesso”).

Naturalmente non vogliamo negare alcun effetto benefico della chemioterapia: sarebbe sciocco. Ma come si può comprendere tale pratica e la sua efficacia al di fuori dell'incontro clinico, interpretativo e quasi dialogico?

Di certo non mancherebbero le belle battute a riguardo. Come la storia del paziente che, colpito da una profonda depressione ontologico-metafisica, viene curato con un farmaco che gli permette di raggiungere l'obiettivo desiderato"apatheia” (almeno in Epicuro, la mancanza di sofferenza). O in realtà totale apatia o la controparte greca di “idiozia” (la chiusura dell'individuo in se stesso, al di fuori del “socius" Viene da "cosmo”). In tal caso, il paziente sarebbe diventato un completo idiota, in senso moderno, come il presidente George W. Bush.

L'allusione all'impresa di Foucault, nella sua archeologia della “cura di sé”, non sarebbe qui impertinente.

Quali che siano le critiche che questa iniziativa merita, essa delinea, almeno, una storia dell'individualità che è sempre stata ignorata e consente, al di là delle distanze storiche, un'approssimazione riflessa delle terapie del soggetto (non del corpo). E l'umorismo o l'ironia (che sicuramente non coincidono) non sarebbero una costante di questa storia? Lasciamo da parte l'ironia romantica – che ci porterebbe troppo lontano – con il romanticismo tedesco e il suo destino nell'idealismo filosofico. Limitiamoci a riflettere sul destino contemporaneo dell'idea di sé e su come essa implichi una nuova prospettiva sulla teoria e sulla pratica. Il nuovo "Penso"implica un"De mecum rideo: somma”. Ma rido e piango anche per il mondo contemporaneo.

Le sole battute non bastano per affrontare il "marea e quantità“di alienazione. Fin dalle origini della filosofia greca, la conoscenza razionale è stata integrata in una "medicina dell'anima".

E i filosofi erano anche terapeuti fino in fondo loghi. La filosofia era essenzialmente un modo per cercare di capire se stessi e modificare la propria vita verso il benessere o la salute dell'anima. In una parola: “Cambiare vita”, vista la crescente difficoltà di “trasformare il mondo”. La filosofia insegnata oggi nelle università sembra aver perso completamente questa radice vitale che la psicoanalisi, nel bene e nel male, ha conservato.

Il lettore trarrà beneficio dalla lettura di questo libro su più livelli. Almeno nelle tre affermazioni della sua prefazione: (a) “scherzare” e umorismo; b) L'umore sul divano; e c) Umorismo e risate oltre il divano. Alcuni dei migliori nomi della psicoanalisi (brasiliani e stranieri) dispiegano così i diversi livelli della “scherzare”, che emerge al centro della teoria e della pratica analitica. Viene così realizzato un circuito completo del legame tra psicoanalisi e umorismo, per una maggiore illustrazione e divertimento del lettore.

* Bento Prado jr. (1937-2007) è stato professore di filosofia all'Università Federale di São Carlos. Autore, tra gli altri libri, di Errore, illusione, follia: saggi (editore 34).

Originariamente pubblicato sul giornale Folha de S. Paul, notebook more!, l'11 gennaio 2006.

 

Riferimento


Daniele Kupermann. Sarebbe tragico... se non fosse comico. Rio de Janeiro, Civiltà brasiliana, 2005, 352 pagine.

 

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