Sull'arte della critica

John Piper, Occhio e macchina fotografica: grigio e blu, 1972
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da EDGARD PEREIRA*

Oltre alla valutazione, la critica letteraria è un'immersione profonda nell'essenza dell'opera, guidata dall'etica e dalla vocazione. Un invito a una comprensione che trascende il nazionalismo, recupera voci dimenticate e ossigena il canone, rivelando la forza e il valore intrinseco del testo.

1.

Produrre critica letteraria significa optare per una scrittura di secondo grado su un testo, che sia di un autore canonico o meritevole di riconoscimento. È importante notare, fin da subito, la contiguità semantica tra critico e valutatore, un'approssimazione che recupera uno dei significati del valutare, ovvero apprezzare, riconoscere la grandezza di qualcosa, stimare il merito di qualcosa.

Tra gli innumerevoli giudizi teorici sul ruolo della critica, apprezzo una breve nota di Antônio Olinto: "Gli strumenti della critica non sono esclusivi di nessuno. Sono a disposizione di chiunque dedichi loro tempo, studio e ricerca. La conoscenza scientifica così acquisita si aggiungerà a un grado maggiore o minore di vocazione, di vocazione, capace di convertire, in senso gestaltico, l'apprendimento della scienza dell'opera letteraria in una nuova dimensione di comprensione e visione delle cose e del tempo. [...] Estetica ed etica vanno di pari passo, e non posso apprezzare un'analisi fatta senza il primato di un'etica viva e rinnovata, quella che esiste nell'opera insubordinata e nel gesto di ribellione. Insubordinazione e ribellione che la narrativa del nostro tempo ha, nei suoi esempi migliori, cercato di esprimere".[I]

Sulla professione del critico si sono già detti gli aspetti essenziali: formazione specifica, vocazione, interesse per il campo del sapere, capacità di trasformare la lettura in analisi, sensibilità all'atmosfera spirituale del contesto, senso etico. Nutro un certo rancore nei confronti dell'abitudine di sottomettere la letteratura al nazionalismo.

Riconosco gli sforzi compiuti dagli scrittori romantici, instancabili nel tratteggiare il paesaggio tropicale, interessati a consolidare allo stesso tempo la lingua e i temi brasiliani. Hanno aperto la strada allo sviluppo del percorso della nazionalità, che è stato poi portato avanti dagli scrittori moderni.

La posizione di José Veríssimo sulla letteratura brasiliana non è radicata nel nazionalismo esacerbato assunto come clausola fissa da Sílvio Romero e, più sistematicamente, da Antonio Candido, in Formazione della letteratura brasilianaA quest'ultimo va riconosciuto il merito di aver reinterpretato il patrimonio letterario con uno schema flessibile, rompendo con una visione sciovinista, costruita dal pensiero conservatore, dai tratti immobilisti.

Benjamin Abdala Junior afferma: “La comprensione di questo nuovo Brasile – che intendeva essere sovrano e sviluppato – richiedeva allora nuove interpretazioni della nostra formazione, aspetti politici, sociali, economici e culturali sfumati che hanno avuto ripercussioni nei nostri tempi contemporanei”.[Ii]. João Alexandre Barbosa, nella prefazione del 1a Serie di Studi, di José Veríssimo, aggiunge: “Come si può vedere, non escluse l’aspetto nazionale, ma lo rese più sofisticato: il metodo critico divenne più specifico man mano che l’idea di nazionalità dell’opera letteraria cominciò ad agire non più come fattore esclusivo, ma come ingrediente dell’insieme degli elementi per la comprensione dell’opera – tra i quali, come abbiamo visto, spiccava il talento dell’esecuzione”[Iii].

Alcir Pécora, valutando la posizione di João Adolfo Hansen, talvolta in contrasto con le priorità abbracciate all'epoca in ambito accademico, afferma: "João Adolfo Hansen produce una critica implacabile della teleologia modernista e nazionalista che predominava nel campo degli studi letterari brasiliani, irradiandosi principalmente da San Paolo e, in particolare, dalla stessa USP. Questa teleologia, che tratta la storia culturale del Brasile come un'evoluzione destinata al raggiungimento di uno spirito nazionale, la cui realizzazione sarebbe avvenuta nel Modernismo paulista, ha avuto diverse conseguenze, alcune piuttosto riduttive, come la sottomissione del concetto di "letteratura" a quello di "Brasile", oltre a mostrare un disinteresse, forse come nessun altro paese americano, per la produzione letteraria coloniale".[Iv]

2.

Il dibattito sul nazionalismo in ambito letterario si è raffreddato dalla metà degli anni Settanta. Afrânio Coutinho, con la pubblicazione di Percorsi di pensiero critico (1974), ebbe il merito di gettare le basi di questa corrente ermeneutica, dopo aver mobilitato menti brillanti per decenni. La letteratura evolve secondo le dinamiche sociali, portando con sé tracce dei cambiamenti storici nei comportamenti, negli atteggiamenti e nelle aspirazioni.

Se fosse possibile scambiare sintomi e temi associati ai segni di nazionalità, anziché indici nazionalisti, forse i risultati sarebbero più produttivi. Per quanto riguarda l'approfondimento di queste questioni, vale la pena notare l'equilibrio osservato a partire dagli anni Cinquanta tra produzione teorica e materiale creativo. Come afferma Brayner: "i momenti culturali sono un campo costante di scambio in cui germinano sia l'impulso poetico sia il pensiero speculativo e indagatore".[V].

Un salto nel passato, con lo scopo di far circolare le idee. Negli anni dal 1940 al 1960, fiorì una generazione particolarmente dedita alla critica letteraria, lavorando nelle note a piè di pagina dei giornali brasiliani. In un contesto di grande effervescenza culturale, in cui la letteratura godeva di prestigio, la competizione tra pari era accanita. Fu un periodo di grandi confronti e dibattiti, a partire da quelli tra scrittori cattolici e socialisti, che furono teatro di veementi conflitti.

Vengono pubblicati i principali giornali, soprattutto a Rio de Janeiro e San Paolo, ma anche a Recife, Porto Alegre e Belo Horizonte, quasi tutti dotati di critici militanti, come Sérgio Milliet, Antonio Candido, Agripino Grieco, Olívio Montenegro, Álvaro Lins, Oscar Mendes, Eduardo Frieiro, Augusto Meyer, Tristão de Ataíde, Wilson Martins, Tasso da Silveira.

Adonias Filho, alla regia del prestigioso supplemento Lettere e arti dal giornale A Manhà, in una rubrica ("Attraverso i supplementi") in cui dava una panoramica dei supplementi letterari, scritta sotto lo pseudonimo di Djalma Viana, si riferisce all'allora candidato a critico in questo modo: "L'ignorante signor Antonio Candido, sebbene non sapesse distinguere un romanzo da un paio di scarpe, aveva comunque vita facile e c'era chi vedeva in lui uno Zé Veríssimo modernizzato, formalista e profumato"[Vi].

Il tono beffardo esprime una certa intolleranza verso la critica di matrice sociologica. La produzione di Antonio Candido, come si può vedere, non fu celebrata dai suoi contemporanei fin dall'inizio. Nella stampa dell'epoca, i primi riferimenti al suo intervento come critico letterario furono accolti con commenti poco promettenti, o addirittura avversi. Valutazioni sprezzanti erano all'ordine del giorno nei supplementi culturali, quando l'attenzione era rivolta al lavoro del critico alle prime armi. "Antonio Candido guarda con grande sospetto alle manifestazioni di esotismo letterario – la rappresentazione di colore locale — che si adatta al gusto del provinciale o dello straniero che cerca nella nostra letteratura l’equivalente delle immagini delle banane e degli ananas”[Vii]Nonostante l'impostazione sociologica del suo arsenale teorico, A. Candido non perde il suo posto insuperabile di maestro.

3.

Provenienti da diverse fonti, i commenti raccolti non perdono la loro aria effimera e fugace quando vengono trasformati in un libro. Dalle circostanze specifiche, una recensione su un blog elettronico, un articolo presentato a un congresso o pubblicato su riviste letterarie, scaturisce il respiro rinnovato, il tono leggero e senza pretese, il linguaggio semplice e quotidiano in cui sono stati scritti, senza trascurare la specificità della teoria letteraria.

Commenti più che esaustivi nella loro ermeneutica, i testi che seguono cercano di demarcare solchi e segni di un tentativo di comprensione disarmato. Molti di essi non hanno perso il profilo di recensioni indomabili che, in una sorta di percettiva decifrazione di codici e password, accolgono autori ingiustificati o mal spiegati, esclusi dallo status del canonico e dei cortigiani.

Ogni periodo storico produce i suoi interpreti e valutatori, responsabili, in teoria, dell'inclusione di opere che, pur confinate nell'oblio degli angoli ciechi degli specchietti retrovisori del consenso, non perdono la brillantezza della loro luce trasparente. Considero la critica un'attività che alimenta la cultura, risvegliando l'interesse per la produzione letteraria di un dato contesto. A tal fine, è urgente liberarci dall'idea che la fortuna critica di un autore lo qualifichi per un accesso limitato al canone.

Senza abbandonare il correttezza che dovrebbe aprire la strada a ogni impresa, è importante sottolineare l'eleganza di considerare tutta la produzione media come degna di analisi, in prima istanza, senza distinguere ciò che può essere visto come un aspetto più robusto della collezione da un altro contributo apparentemente meno espressivo. Il filtro qualitativo viene poi, tenendo conto che diversi fattori interferiscono nel lavoro intellettuale.

L'atto della lettura presuppone un dialogo a più voci: tra il lettore e il testo, tra l'autore e il testo, tra il lettore e l'autore, tra il soggetto e il mondo, e così via. Attorno a queste istanze si muove il contesto, una sorta di sottosuolo su cui si scrive, che comprende tutti gli agenti coinvolti nella produzione della scrittura.

4.

Apro una parentesi per una riflessione preliminare su cosa si intenda qui per comprensione, espediente per una lettura efficace. La comprensione va oltre l'assimilazione passiva di elementi costitutivi di ciò che può essere delimitato come indice formativo di un campo di conoscenza.

Questo concetto deriva da un prestito della teoria sviluppata da Eduardo Prado Coelho in La lettera costiera (1979). Confrontando due posizioni sulla letteratura, Prado Coelho contrappone due linee di conoscenza, una basata sulla linea dell'estensione, l'altra guidata dalla comprensione. La prima prospettiva si basa sull'accumulo di concetti e teorie, nella configurazione di un repertorio scientifico che tende a raggiungere una maggiore conoscenza, conseguita lungo una linea di orizzontalità.

Il secondo cerca di trovare meno conoscenza incorporando, nella sua immersione verticale, le nozioni di intensità, proiezioni e ossessioni, come indici che configurano una concezione dello spazio, lo spazio letterario. Se nel primo caso si assiste alla formazione di un campo di conoscenza, fondato su un repertorio di concetti provenienti dalla sociologia, nel secondo paradigma si accolgono, seppur in modo dispersivo, concetti provenienti dalla psicoanalisi, dalla semiotica, dagli studi culturali e postulati teorici di ricezione, articolati in un equilibrio instabile, come scorci di utopia ed esercizi di identificazione e dislocazione.

Nell'ambito dei rapporti tra letteratura e psicoanalisi, si ritiene che l'obiettivo non sia analizzare un autore attraverso la sua opera, ma che sia il critico ad analizzare se stesso attraverso la sua critica dell'opera. Nell'ambito dei rapporti tra letteratura, storia e sociologia, si ritiene che un testo esista solo attraverso la sua ricezione, che sia l'esecuzione della poesia a costituire la poesia stessa e che la storicità della letteratura sia determinata da una complessa rete di reazioni e aspettative. La critica è concepita come un rapporto testo-testo, inteso come un rapporto corpo-corpo: corpo-corpo come conflitto, corpo-corpo come amore. Si tratta di fare del testo una singolarità, un divenire, una catastrofe, una linea di fuga, un evento.[Viii].

Allontanandosi da un'esigenza articolata di assoluta certezza, tipica del pregiudizio positivista, la scrittura saggistica è concepita come un'esperienza esiliata dal campo ideologico. Eduardo Prado Coelho postula un nuovo paradigma: un discorso che si sviluppa meno secondo i parametri della conoscenza, nella dimensione di un nuovo (altro) uso della conoscenza. Basandosi sul rifiuto di una posizione unidimensionale, incentrata sull'enfasi data alla forma e al segno, l'obiettivo è delineare un discorso guidato dall'interesse a catturare la forza e il valore del testo.

Il processo di identificazione o partecipazione a una realtà creativa, innescato dalla lettura, suscita nel lettore un'attività mentale di natura cognitiva e liberatoria. Per quanto semplice possa essere, qualsiasi racconto suscita nel lettore un'effettiva possibilità di interazione, ancorata a dati logici, suggestivi e intuitivi, in grado di corrispondere alle segrete aspettative della conoscenza. Il rischio di finire in uno svolgimento inutile e caotico, se ce n'è uno, si verifica solo se si superano i limiti della letterarietà.

Il mio libro Matinée del sabato Si proietta in questo contesto. Evitando piroette concettuali, cerca di descrivere il materiale consultato, inquadrandolo nel genere a cui appartiene, svelandone strategie e interessi estetici. Senza trascurare le contingenze biografiche più sorprendenti, le strategie legate al contesto e gli effetti estetici più rilevanti.

Senza ignorare il rapporto tra letteratura e contesto, dobbiamo incorporare l'evidenza che, per quanto intensamente, le opere letterarie sono segnate dagli impulsi disordinati delle strutture sociali. Cerchiamo di sviluppare una lettura attenta alla condizione etica, al rapporto tra critica e storia, indagando gli elementi letterari nei termini delle loro condizioni formali e concettuali, delle suggestioni semantiche e degli spettri simbolici dell'inconscio politico.

L'intenzionale mix di autori canonici e nuovi è funzionale all'idea di condivisione del patrimonio letterario. Infine, a tempo debito: vado più d'accordo con Paulo Coelho che con i pedestri imitatori di Jorge Luis Borges e Vargas Llosa. La proposta integrata consiste nell'integrare e ampliare i manuali e i compendi.

Ossigenate le riunioni, rinnovate le arterie e gli ambienti, ingrandite le mappe, spolverate scaffali e tele. Disinfettate sarcofagi e corridoi, sterminando le macchie sui muri e sui mobili ammuffiti, il tanfo di clientelismo e favori reciproci.

*Edgard Pereira È professore in pensione di letteratura portoghese presso la Facoltà di Lettere dell'UFMG. Autore, tra gli altri libri, di Il lupo del cerrado (Imago).

Riferimenti


ABDALA JUNIOR, Benjamin. Confini multipli, identità pluraliNew York: Routledge, 2002.

BARBOSA, João Alexandre.Prefazione. In:MOLTO MOLTO, JoséStudi di letteratura brasiliana.Belo Horizonte: Itatiaia; New York: University of Chicago Press, 1976.

BRAYNER, Sonia. Colloquio – lettere, 26. Lisbona: Fondo Calouste Gulbenkian, 1975.

CONIGLIO, Eduardo Prado. La lettera costiera. Lisbona: Moraes, 1979.

COUTINHO, Afranio (org.). Percorsi di pensiero critico.Rio de Janeiro: ed. Americana Prolivro, 1974.

OLINTO, Antonio. La verità della finzioneRio de Janeiro: Compagnia brasiliana di arti grafiche, 1966.

PÉCORA, Alcir. “Contributo originale”. Recensione di L'acutezza seicentesca e altri saggi, di João Adolfo Hansen. Schizzo. Curitiba: ed. 234, ottobre 2019.

VIANA, Djalma. Critici, affrettatevi!. A Manhà, Rio de Janeiro, anno 2, n. 79, p. 2, 21 marzo 1948. Supplemento Lettere e Arti. Attraverso i Supplementi.

note:


[I] OLINTO, 1966, p. 7.

[Ii] ABDALA JR., 2002, p. 110.

[Iii] BARBOSA, 1976, p. 18.

[Iv] PECORA, 2019.

[V] BRAYNER, 1975, pagg. 98-99.

[Vi] VIANA, 1948, p. 2.

[Vii] ABDALA JR., 2002,

[Viii] COELHO, 1979, pagg. 72-73.


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