da RICARDO ANTUNES*
Prefazione al libro appena uscito di Vanessa Patriota
Ho conosciuto l'avvocato del lavoro Vanessa Patriota qualche anno fa, durante un seminario sul Platform Work, tenutosi a Fortaleza, di cui lei è stata una delle organizzatrici. Ho potuto constatare, durante la sua presentazione, che nella sua riflessione si mescolavano chiarezza, lucidità e forza. Tratti che oggi si ripetono in questo libro, frutto della sua tesi di dottorato difesa presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federale di Pernambuco (UFPE), nel filone di ricerca sul diritto del lavoro e sulla teoria sociale critica, ricco e originariamente sviluppato nel corso di decenni , sotto la guida del professor Everaldo Lopes Gaspar de Andrade.
Autonomo o subordinato? Questo è il dilemma centrale di questo libro, debitamente dettagliato e svelato. Per realizzare questa impresa sono state studiate diverse tipologie di lavoro sulle piattaforme digitali, in particolare quelli svolti da autisti e fattorini, definiti come crowdwork offline (ma contemplando anche un parallelo con una gamma più ampia di altre piattaforme caratterizzate come crowdwork online), evidenziando l'effettivo predominio della subordinazione reale e giuridica, contrariamente alla proposta centrale delle grandi piattaforme che utilizzano tutti i meccanismi e le trappole possibili per presentare il lavoro come “autonomo”, al fine di disattendere la legislazione di tutela del lavoro vigente nei paesi in cui operano.
Sappiamo che questo processo distruttivo nei confronti del lavoro è stato possibile solo a causa di una combinazione complessa e simultanea di più causalità: (i) lo scoppio di una crisi strutturale a partire dal 1973, aggravatasi a partire dal 2008/9, successivamente, con il Covid-19 e più recentemente con il grave contesto bellicoso internazionale; (ii) un processo sistematico e ininterrotto di ristrutturazione produttiva permanente e globale del capitale e delle imprese.
(iii) Una rigorosa egemonia finanziaria modellata in chiara armonia con le idee neoliberiste; (iv) l’aumento della disoccupazione su scala globale, anche se più pronunciato nel Sud del mondo; (v) con l’esplosione delle tecnologie dell’informatizzazione e della comunicazione, della robotizzazione, prima nel settore industriale e poi in quello agroalimentare e soprattutto nei servizi privatizzati, diventati laboratori per la rapida espansione di algoritmi, Industria 4.0, Intelligenza Artificiale, ChatGPT, ecc.
La principale conseguenza di questo complesso movimento, nell’universo del lavoro, è stata l’avvento e l’espansione esponenziale di un mosaico differenziato di attività lavorative, l’esempio più recente è il cosiddetto lavoro “platformizzato” o “uberizzato”. Utilizzando gli artefatti digitali e l’abbondanza di forza lavoro disoccupata, nonché la “flessibilità” della legislazione del lavoro che ha generato l’outsourcing, l’aumento dell’informalità e l’“invenzione” del lavoro intermittente, ecco come le grandi piattaforme digitali sono state in grado di gestire le attuali tipologie del lavoro la cui caratteristica distintiva centrale è il rifiuto di rispettare la legislazione del lavoro che esiste nei diversi paesi e che regola i rapporti tra capitale e lavoro.
Non per altro le grandi piattaforme si presentano come “fornitori di servizi”, “fornitori di tecnologia”, per cancellare la reale condizione di retribuzione e subordinazione che configura la realtà del lavoro ivi svolto, oltre a consentire loro di l'esclusione del pagamento delle tasse che regolano il mondo degli affari.
Questa era la sfida che Vanessa Patriota si proponeva di risolvere. Nelle sue stesse parole: “Questa tesi si concentra sullo studio delle piattaforme di lavoro digitali con l’obiettivo di: (a) identificare l’aspetto della subordinazione legale presente crowdwork offline di autisti e addetti alle consegne.
(b) Analizzare le caratteristiche del crowdwork online, al fine di verificare se i lavoratori in esso ricompresi possano essere coperti dalla normativa del lavoro e se, a tal fine, sia necessario riconfigurare il concetto di subordinazione nel rapporto di lavoro”. Attraverso questo percorso, la tua indagine dimostra che le grandi piattaforme, nelle loro diverse modalità di lavoro, utilizzano tutti i mezzi e le forme, con l’obiettivo “non negoziabile” di mantenere i dipendenti sempre esclusi dai diritti del lavoro in Brasile.
Per ottenere le sue principali risposte analitiche, l’autrice ha perseguito le seguenti domande: le nuove modalità di organizzazione e processo di lavoro, sviluppate dall’espansione delle tecnologie informatiche e digitali, possono fornire un “mantello protettivo” nell’ambito del diritto del lavoro? La regolamentazione esistente in Brasile offre e include gli elementi necessari per riconoscere la subordinazione presente nel lavoro su piattaforma? Oppure, al contrario, è necessario “ampliare lo spettro della tutela del lavoro” affinché la subordinazione possa essere sostenuta dal diritto del lavoro?
Per portare avanti questa sfida, Vanessa Patriota, attraverso nove solidi capitoli, ha percorso un ampio spettro di evidenze empiriche e ha percorso densi percorsi analitici, dialogando ampiamente, sia con la bibliografia presente negli studi giuridici sul lavoro, sia portando avanti un fertile dialogo anche con la critica politica economia e anche con la sociologia del lavoro, che diede ancora più forza e vigore al suo studio. Grazie a questo movimento, il tuo libro può essere letto e utilizzato sia in ambito giuridico, nell’ambito del diritto del lavoro, sia da coloro che cercano di comprendere meglio la materialità economica, sociale, politica e ideologica che plasma il mondo giuridico che si occupa di il lavoro.
Uno sguardo al riepilogo completo di Subordinazione (male) camuffata dimostra la ricchezza dello studio effettuato.
Nella Prima Parte si analizzano i significati del lavoro e il ruolo del diritto nel capitalismo, con le sue trasformazioni nella sfera produttiva e nell'ambito delle classi sociali nei loro scontri. Un’adeguata analisi della subordinazione giuridica, della parasubordinazione e dell’autonomia è supportata da un’attenta comprensione di concetti quali lavoro umano, tecnologia, rapporti di lavoro, merce, individualismo contrattuale, classe e coscienza di classe, taylorismo, fordismo, stato sociale, crisi, flessibilità accumulazione, cercando sempre di mettere in relazione la realtà del Brasile con il contesto internazionale, che gli permette di dimostrare come si sviluppa la frode sul lavoro.
Nella Seconda Parte, l’autore affronta il difficile e decisivo dibattito sul lavoro produttivo e improduttivo, nonché l’importanza di questa riflessione per una migliore comprensione dei significati essenziali del lavoro su piattaforma nell’attuale capitalismo, fortemente finanziarizzato e rapidamente digitalizzato. Analizza le principali caratteristiche presenti nella ricerca focalizzata sul lavoro sulle piattaforme di trasporto e consegna delle persone. Effettua una solida diagnosi di questa realtà, utilizzando il materiale empirico presente nelle evidenze ottenute nelle indagini del Pubblico Ministero del Lavoro, che hanno coinvolto le piattaforme Rappi, iFood, Cabify, 99 e Uber, che consente di indicare i tratti che configurano la subordinazione classica che permea questo tipo di lavoro.
Mette inoltre in luce i principali dispositivi utilizzati dalle piattaforme per negare il rapporto di lavoro, che sono in netta contraddizione con le condizioni di lavoro vissute dai lavoratori. Così facendo, si dimostra come le piattaforme ribadiscano il carattere subordinato presente nell’effettività e nel diritto del lavoro, accentuando le contraddizioni che esistono tra le diverse legislazioni esistenti nei diversi paesi e la forma assunta dal lavoro sulle piattaforme, che ha ampiezza e portata transnazionale, aspetto ciò che è decisivo per affrontare il dilemma della regolamentazione.
Conclude il suo studio con la necessità imperativa di affrontare il dilemma centrale del diritto del lavoro in Brasile (e nel mondo di oggi), quando si pensa al lavoro sulle piattaforme: si tratta di lottare per il lavoro regolamentato e protetto o di preservare ed espandere l’enorme battuta d’arresto e devastazione sociale presente in queste attività? Il che porta l’autore a riaffermare l’importanza delle lotte di emancipazione per dare concretezza alla regolamentazione del lavoro, nonché ad affrontare la questione chiave del controllo sociale degli algoritmi, utilizzati dalle grandi piattaforme digitali, che sono ad uso segreto, ristretto e assoluto delle piattaforme , mirando sia ad intensificare lo sfruttamento del lavoro che al suo occultamento.
E, per respingere la mistificazione secondo cui il mondo algoritmico sia espressione distinta di “una nuova realtà” nel mondo del lavoro, Vanessa Patriota aggiunge un argomento centrale, in modo cristallino: anche se “si può parlare di controllo algoritmico e digitale manageriale o cibernetica, non viene rimossa l’intensità degli ordini e delle pratiche disciplinari tipiche della subordinazione classica. Questa conclusione è di estrema importanza poiché il concetto di subordinazione classica è ancora prevalente nella giurisprudenza e nella dottrina, sia nazionale che straniera”.
Ciò sottolinea l’importanza di “spogliare la subordinazione dalle sue vesti attuali, per rivelare ciò che realmente presenta: ordini intensi, costanti e vincolanti, che danno luogo a sanzioni disciplinari in caso di inosservanza e che vengono emessi direttamente dalle aziende, ma attraverso la programmazione algoritmico”.
Confutando, con forte evidenza empirica e ricca argomentazione, l'errore dell'"imprenditorialità", questo libro ci offre un ritratto della realtà in cui un'enorme massa di lavoratori lavora durante orari di lavoro lunghi e intensi, ritrovandosi, però, completamente incustoditi e privati dei diritti presenti nella legislazione protettiva del lavoro in Brasile.
Le sue conclusioni sono precise: “Le piattaforme di lavoro digitali analizzate sono nate in un contesto in cui il lavoro occupa tutti gli spazi della vita […]; in cui i sindacati sono estremamente fragili, rendendo difficili le loro lotte; in cui gli stati-nazione vengono catturati dalle grandi aziende, e sono loro che stanno dietro la piattaforma dei servizi; in cui la precarietà del lavoro è estremamente elevata e le aziende che possiedono piattaforme digitali la intensificheranno ancora di più; infine, in un contesto in cui la razionalità neoliberista ci fa credere che non ci siano alternative al proletariato, se non quella di accettare i lavori precari che gli vengono offerti per benevolenza”.
Ecco perché il libro di Vanessa Patriota non poteva essere pubblicato in un momento migliore e più cruciale, proprio mentre nel Congresso Nazionale si stanno esaminando diversi progetti di legge nefasti che, una volta approvati, faranno un passo disastroso verso la devastazione dei diritti dei lavoratori in Brasile , conquistata dalla classe operaia nel suo insieme in molte lotte, combattute per innumerevoli decenni.
*Ricardo Antunes è professore ordinario di sociologia presso Unicamp. Autore, tra gli altri libri, di Capitalismo pandemico (boitempo).
Riferimento

Vanessa Patriota. Subordinazione (mal) camuffata: il dominio capitalista all’opera sulle piattaforme digitali. Belo Horizonte, RTM educativo, 2024.
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