Teixeira Coelho (1944-2022)

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da CELSO FAVARETTO*

Omaggio al professore, scrittore, curatore e critico culturale recentemente scomparso

Si può dire che il viaggio di Teixeira Coelho si compie, da un capo all'altro, sotto il segno del presente. L'attualità è insieme radicata in un oggi mobile, scorrevole, che attraverso continui spostamenti genera l'immagine di ciò che si chiama contemporaneo, e indice di azione: una presenza viva nel tempo, discontinua, ambivalente, oscura. Una certa idea del percorso è strategica per delineare le linee di forza in Teixeira: il percorso, dice J.-L. Nancy, è “uno spostamento e un raggruppamento, fugace o prolungato, ma sempre perfetto, compiuto, che non vuol dire riempito. Nessun programma, nessuna intenzione, nessun compimento – nessuna interiorità, nessuna segretezza. Né un paesaggio né un volto, o è un volto dispiegato, o anche un volto secondo le sue pieghe, non lo specchio di un'anima, ma il luogo di una verità presente”.[I]

Un breve passaggio su alcune idee di ciò che significa questo contemporaneo, che ci costituisce, può permettere una rapida approssimazione di questo indicatore che, a mio avviso, costituisce il fulcro di un pensiero in transito che attraversa la diversità delle attività di Teixeira. E, in questo modo, si può accedere a un altro marker, anch'esso significativo: la critica delle immagini "di questo Paese”, Brasile, mediata nella produzione culturale, universitaria, artistica, politica e manifestata incisivamente nella critica culturale.

Fin dal suo primo libro, la domanda di attualità appare come inquadrata da questi marcatori: il presente, il contemporaneo, “le condizioni materiali e teoriche dell'arte attuale”[Ii], e in modo fazioso, la condizione problematica di questo Paese, significativamente proiettato, come si dice nel suo ultimo romanzo, sotto la risata sarcastica della storia.

I testi e gli interventi di Teixeira sono l'espressione sensibile degli attacchi critici che, fin da quel primo libro, problematizzano il desiderio-bisogno, l'imperativo, della modernità e della modernizzazione di oggi, in questo Paese, secondo una prospettiva suggestiva del rapporto arte-società , soprattutto quella che ribadisce, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, le possibilità, oltre alle impossibilità, della sperimentazione artistica partecipando efficacemente alle trasformazioni del contesto politico e culturale, articolando sempre l'ampio campo della modernità alle particolarità di questo Paese.

Alcune delle idee di Foucault, commentando il testo di Kant Cosa significa Aufklarung? può anche aiutarci a capire come la questione del tempo presente sia così importante nel percorso di Teixeira Coelho. Dice: “Cosa succede ora? E cos'è questo 'adesso' in cui siamo l'un l'altro; E cosa definisce il momento in cui scrivo?”. E continua: “Qual è la mia attualità? Qual è il significato di questo tempo presente? E cosa faccio quando parlo di questa situazione attuale? In questo, mi sembra, consiste questa nuova interrogazione sulla modernità”.

Ora, questa nuova interrogazione, questa interrogazione, nel pensiero e nell'arte, sulla propria attualità, sul “campo attuale delle esperienze possibili”, si distingue dalla novità moderna, dall'atteggiamento moderno, cioè da “un modo di relazionarsi il che [implica] (...) una scelta volontaria fatta da alcuni; infine, un modo di pensare e di sentire, un modo di agire e di comportarsi che, allo stesso tempo, segna una pertinenza e si presenta come un compito.[Iii]

E Agamben, a sua volta, nel proporre una risposta alla domanda, Cos'è il contemporaneo, in una lucida chiosa sulla questione kantiana, avverte che tutta la difficoltà del concetto contemporaneo deriva dalla fissazione sul presente, perché in esso si percepiscono “non le luci, ma il buio”. Riferendosi a Barthes e Nietzsche, per i quali “il contemporaneo è il prematuro”, Agamben sottolinea che il rapporto con il presente implica sempre la dissociazione – riferendosi a Nietzsche, che in considerazioni intempestive “Situa la sua esigenza di 'attualità', la sua 'contemporaneità' rispetto al presente, in una disconnessione e dissociazione.

Così, dice Agamben, «è veramente contemporaneo chi appartiene veramente al suo tempo, chi non coincide perfettamente con esso, né è adeguato alle sue pretese ed è quindi, in questo senso, inattuale: ma, proprio per questo, proprio attraverso questo spostamento e da questo anacronismo, riesce, più di altri, a percepire e cogliere il suo tempo. (…) La contemporaneità, dunque, è un singolare rapporto con il tempo stesso, che aderisce ad esso e, al tempo stesso, ne prende le distanze: più precisamente, questo è il rapporto con il tempo che aderisce ad esso attraverso una dissociazione e un anacronismo . Chi coincide pienamente con l'epoca, chi vi aderisce perfettamente sotto ogni aspetto, non è contemporaneo perché, proprio per questo, non può vederla, non può tenervi fisso lo sguardo.[Iv].(...). “un contemporaneo è colui che tiene lo sguardo fisso sul suo tempo, per percepire non le luci, ma il buio. (...) Un contemporaneo è proprio colui che sa vedere questa oscurità, che è capace di scrivere immergendo la penna nel buio del presente. Ma cosa significa 'vedere il buio', 'percepire il buio'”? (…) “ Cos'è il buio che non vediamo[V] . Ciò implica, dice Agamben, “una particolare attività e abilità”, qualcosa che ci “sfida” costantemente.. Questa dissociazione cui allude Agamben, quando si tratta di scrittura, critica o narrativa, è ciò che permette al filosofo, allo scrittore, all'artista, “di condurre la vita allo stato di un potere non personale”, proprio perché, dice Deleuze, “la vita non è qualcosa di personale”.[Vi]

Pensando al “compito” a cui allude Foucault, un altro riferimento, sempre di JL Nancy, contribuisce a un'approssimazione dell'opera critica e dei romanzi di Teixeira: “Un contemporaneo non è sempre qualcuno che vive nello stesso tempo, né qualcuno che parla di questioni apertamente "attuali". Ma è qualcuno di cui riconosciamo la voce, o il gusto, come proveniente da un luogo finora sconosciuto e immediatamente familiare, che abbiamo scoperto, che aspettavamo, o che ci aspettava, che era lì, imminente. Sappiamo subito che è una possibilità che fa la presenza del presente e che deve farla”.[Vii]

Niente, quindi, della ricerca, molto comune, di ricostituire una totalità – quella della vita frammentata, della forma destrutturata, del significato desublimato – come se ci fosse un'unità perduta o ancora da venire, per ricostituire un insieme organico, quando la posta in gioco è aprire varchi tra i giochi eterogenei dei linguaggi, dei saperi, dell'etica, della politica, senza aspirare a una fine unitaria della storia ea un soggetto sostanziale, come nell'Illuminismo, come diceva J.-L. Lyotard[Viii]. Questo atteggiamento è visibile nei testi critici, è palpabile nei testi di combattimento e, soprattutto, nella narrativa.

In questo, c'è la figurazione di quanto si inscrive nella produzione teorica, critica e culturale - nella direzione dei musei, nelle curatela, nei libri di teoria e critica delle arti visive, del teatro, dell'architettura, della semiologia, della politica culturale, nei giornali e articoli di rivista, nell'organizzazione e nell'edizione di libri, nelle traduzioni –, luoghi che, concentrando le derive dei propri interessi e il senso dell'opportunità, kairos, mobilitare l'angelo della storia che cammina ovunque dove la sua opera inscrive segni di attualità, indicatori di un pensiero errante, dell'incommensurabile dell'esperienza contemporanea, inglobati da un atteggiamento pulsionale che si configura attraverso un'analisi prismatica tutta fatta di sovrapposizioni di sentimenti, sensazioni e Pensiero.

È necessario evidenziare un aspetto inerente alla sua attività, in cui è più sensibile il compito a cui si alludeva con Foucault: quello di combattente, in cui l'interesse critico sotto il segno del presente mobilita interventi critici, spesso con la spinta ironia, linee guida di politica culturale. Sebbene sia presente, incidentalmente o esplicitamente, in molti libri e articoli, è più concentrato in L'intellettuale brasiliano: dogmatismi e altre confusioni, 1978 quando gli intellettuali tornano sulla scena tra tante confusioni motivate dalla convergenza del declino delle avanguardie, dalla mobilitazione per la fine della dittatura, dalle divergenze di posizioni politiche che stigmatizzano e perlustrano gli intellettuali, i cui discorsi mancheranno della “chiarezza” dovuta a quella che pensava fosse la posizione giusta per il lavoro in vista della ricostruzione della democrazia in questo paese.

Nei romanzi, personaggi concettuali e figure emblematiche, attuali e ripetute ripetutamente – questo paese, moderno, contemporaneo, storia, memoria, esperienza – costituiscono una figurazione dell'intellettuale e una presa di posizione su questioni culturali e politiche inscritte in varie concezioni dell'arte , in cui la criticità, l'incompiutezza, l'indeterminazione operano una necessità: suggerire l'impossibilità di ogni significato che possa dare forma al presente. Un'esigenza che implica, nel suo senso primario, l'attenzione alle frizioni storiche, non alle immagini redentrici di un'esperienza delusa; bisogno, piuttosto, è sperimentare la tensione delle relazioni, è ascoltare gli impulsi. in unla furia della mente, Niemeyer, un romanzo, L'uomo che vive, Storia naturale della dittatura, Colosso, si nota la ripetizione di gesti e sensazioni che configurano un pensiero apparentemente inconcludente, in realtà un linguaggio che allegorizza il balbettio di un pensiero che, pur essendo racconto, rende conto dell'impossibilità di dire, di esprimere, data l'intollerabilità del contemporaneo esperienza; dell'accentuazione della disperazione e dell'impotenza di fronte alla quasi impossibilità di senso, sprigionando, nella lettura, una strana sensazione, come di qualcosa di fermo, indeciso, di imprecisione di sentimenti – sensazione come quella suggerita da Scott Fitzgerald: i suoi personaggi sembrano sempre come se fossero “al calar della notte, in una vasta regione desertica, con un fucile scarico in mano ei bersagli a terra ai miei piedi. Nessun problema: semplice silenzio, tagliato solo dal suono del mio stesso respiro.[Ix]

Si intravede nelle narrazioni un tentativo di pensare alle esperienze moderne proiettate sull'orizzonte di un dopo; che in alcuni casi è diventato un progetto, a posteriore dell'emergere delle opere, e che oggi, nel nostro tempo, hanno perso quella virulenza critica che vedeva tali progetti e opere nascere per necessità. E, al momento, che bisogno c'è di scriverlo? Dopo le grandi opere che hanno ridimensionato l'interiorità, che hanno messo a dura prova le relazioni sociali e politiche che funzionavano a immagine di una totalità cui si aspirava e che si supponeva in uno stato di realizzazione; una volta messe a tacere le tirannie dell'intimità e le precostituite, utopiche relazioni tra soggettività e contesto socio-politico, in quanto desostanzializzate – pur rimanendo riferimenti irriducibili, una sorta di sfondo che ringhia sotto forma di concezione del mondo di oggi, della coscienza di un paese così, dell'inceppamento della storia, del business della cultura, della mania per l'arte e altro, cosa rimane?

Nella figurazione di questi stati e idee, come memoria di atti o sensazioni, l'interesse è tutto nei modi di vedere e nei modi di enunciare – “Tutto è nel come, tutto è nel modo, il segreto è nel modo, il trucco è nel modo", si dice in L'uomo che vive -, nello sguardo e nelle sue deformazioni, componendo una letteratura di “oggettività”, centrata sulla materialità della parola. La difficoltà di scrittura, che è il soggetto centrale dei libri, sta forse nell'accentuazione delle parole evidenziate graficamente, infine nell'esitazione, nell'esitazione - che forse ha molto a che fare con la scissione tra ciò che si osserva e ciò che si fa sentire. , tra pensiero e azione, come sempre. La scissione moderna dell'io è evidente.

Questi libri secernono, diffondono, un processo, ripetitivo e angosciante, di corrosione di identità, scelte, decisioni e obiettivi dissolti nella massa della folla, nell'apparizione tra tanti volti: un vero processo di demolizione, ricordando ancora Scott Fitzgerald: cadiamo a pezzi, “fatti in schegge come un vecchio piatto”.[X] Il lettore si trova di fronte a una sequenza di sintomi, che si ripetono, indicativi del vero processo, come la vita che si costruisce come linguaggio, materializzazione di un'elaborazione analitica, della scrittura come cura – perché lo scrittore, dice Deleuze, “non è malato, ma piuttosto medico, medico di se stesso e del mondo”[Xi] –, un processo che, nella scrittura, nella letteratura e nella critica, nel tracciare linee di fuga in cui l'attrito del linguaggio nell'esperienza solo balbetta, inseguendo la possibilità di dire il senso degli eventi.

Si può dire che Teixeira afferma nei testi critici e nelle narrazioni un pensiero dell'esperienza, in cui la sovrapposizione di esperienza e pensiero è calamitata dall'affetto. Così, se, come dice lui, l'arte non è da capire, non è conoscenza, deve scendere sulle persone come una nuvola, è un enigma che vuole essere decifrato ma non subito, i pensieri, dice Lyotard, sono nuvole; anch'esse fatte di cuore e pelle cambiano continuamente posizione a seconda di come ci si avvicina ad esse.[Xii]

*Celso Favaretto è critico d'arte, professore in pensione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'USP e autore, tra gli altri libri, di L'invenzione di Helio Oiticica (Edusp).

Originariamente pubblicato nel libro Espansione della sfera di presenza dell'essere – riflessioni sull'opera di Teixeira Coelho, a cura di Lúcia Maciel Barbos de Oliveira São Paulo, Edições Barbatana, 2016.

 

note:


[I] NANCY, J.-L., “piega deleuziana del pensiero”. Trans. Maria Cristina Franco Ferraz. in-ALLIEZ, Éric (org.), Gilles Deleuze: una vita filosofica. San Paolo: Editora 34, 2000, p. 116.

[Ii] NETTO, TC e GOLDBERGER, AM Arte contemporanea: condizioni per l'azione sociale. São Paulo: Documentos 1968 (Col. Nova Crítica 5) Questa casa editrice, fondata e diretta da Teixeira Coelho e Ana Maria Goldberger, ha pubblicato tra il 1968-69 una serie di libri importanti e attuali: i dossier della rivista L'ARC: Sartre oggi, Lévi-Strauss, Joyce e il romanzo moderno, Ritorno a Freud; Per una nuova storia d'amore,di Alain Robbe-Grillet; Dibattito sullo strutturalismo, di H. Lefebvre e L. Goldaman; Il diritto alla città , Posizione: contro i tecnocrati e l'irruzione, di Henri Lefebvre; Diritti dello scrittore, di A. Solzenicyn; Le opzioni della nuova società, di Ota Klein e Radovan Richta e altri.

[Iii] FOUCAULT, M. “Cosa sono gli illuministi?”. Detti e Scritti – II. Trans. Elisa Monteiro. Rio de Janeiro: Forense Universitária, 2000, p. 251 e ss.

[Iv] AGAMBE, G. Cos'è il contemporaneo? e altre prove. Trans. Vinicio N. Honesko. Chapecó-SC: Argos, 2009, p. 62 e 58-59.

[V] id. ib. P. 62-63.

[Vi] DELEUZE, G. Dialogo - Gilles Deleuze/Claire Parnet. Trad.Eloisa Araújo Ribeiro. San Paolo: Escuta, 1998, p.63.

[Vii] NANCY, JL. operazione. cit. P. 111.

[Viii] cfr. LYOTARD, J.‑F. Il postmoderno spiegato ai bambini. Trans. Teresa Coelho. Lisbona: Dom Chisciotte, 1987, p. 14-15

[Ix] SCOTT FITZGERALD, F. “Il crollo”. A derrocada e altri racconti e testi autobiografici. Trans. Álvaro Cabral. Rio de Janeiro: Civiltà brasiliana, 1969, p. 47. Ma i suoi personaggi sembrano incarnare qualcosa di ancora più forte, come descritto da Fitzgerald: “Certo, la vita è tutta un processo di collasso, ma i colpi che si sommano formano il lato drammatico di questo lavoro, o sembrano provenire dall'esterno. – quelli che ricordiamo e di cui incolpiamo le cose, quelli che, nei momenti di debolezza, confidiamo ai nostri amici, non rivelano i loro effetti non appena ci colpiscono. C'è un altro tipo di colpo che viene da dentro, che sentiamo solo quando è troppo tardi per fare qualsiasi cosa, quando finiamo per renderci conto che non saremo mai più quello che eravamo. Il primo tipo di crollo sembra avvenire rapidamente; la seconda avviene quasi senza che ce ne accorgiamo ma viene notata all'improvviso”. ID ib. ,P. 37-38.

[X] cfr. operazione. cit., pag. 40.

[Xi] cfr. G. Deleuze, Critica e clinica . Trans. Peter Pal Pelbart. San Paolo: Editora 34, 1997, p.13.

[Xii] cfr. rispettivamente, L'uomo che vive, pag. 191; pellegrinaggi, trans. Marina Appenzeller, San Paolo: Estação Liberdade, 2000, p. 18.

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