da MICHAEL LÖWY*
Commento all'autobiografia del filosofo italiano
Il secondo volume dell'autobiografia di questo celebre filosofo copre i suoi anni di prigione (Galera) in Italia ed esule in Francia (1979-1995). Scritto con l'aiuto di un amico (De Michele), si riferisce a “Toni” in terza persona, eppure riconosciamo la sua voce inimitabile. È una lettura affascinante: che condividiamo o meno le sue scelte filosofiche e strategiche, non possiamo fare a meno di ammirare il suo coraggio di fronte all'ingiustizia statale e la sua incrollabile fedeltà all'idea di comunismo. La sua storia di filosofo radicale imprigionato per le sue idee lo ha reso una figura leggendaria in tutto il mondo.
Negri e diversi suoi colleghi del autonomia operativa sono stati arrestati con l'accusa di “terrorismo”. Lo stesso Negri è accusato di insurrezione armata di banda e, soprattutto, dell'assassinio (da parte delle Brigate Rosse!) di Aldo Moro (l'ex premier), oltre a una dozzina di altri omicidi, rapine e sequestri! Nonostante il carattere assurdo, ridicolo e grottesco dell'accusa, sarebbe stata ripetuta all'unisono dalla stampa e dalle “autorità” dello Stato, evidenziando il commento “scientifico” di grande profondità di Pertini, il Presidente della Repubblica: “ Lombroso avrebbe classificato Negri come un delinquente nato”. Probabilmente a causa della forma troppo tonda del suo cranio? A poco a poco, nel corso degli anni, i tribunali italiani avrebbero archiviato queste prime accuse, troppo stupide, per concentrarsi sul “reato” di intenti rivoluzionari e insurrezionali contro il regime.
Durante i quattro anni in cui rimase in carcere, il filosofo non smise nemmeno per un istante di riflettere, resistere e lottare insieme ai suoi compagni operisti. Fu durante questo periodo che scrisse una delle sue opere più importanti, L'anomalia selvaggia. Saggio su potere e potenza in Baruch Spinoza (1981), vibrante omaggio a questo pensatore razionalista, ateo, materialista e democratico – vera e propria “anomalia” nel Seicento –, in cui scoprì non solo la lotta del potere contro il potere, ma anche una “ontologia della liberazione comunista ”. ”! Spinoza, infatti, è per Negri molto più di un semplice riferimento filosofico: egli trova nel suo pensiero «un'arma etica per resistere all'arresto, superare la sconfitta e rifondare piani di lotta»
Scriverà ancora allora, da solo o con i suoi compagni, una serie di documenti politici che rappresentano la dissociazione politica tra l'eversione sociale voluta dall'Autonomia Operária e il militarismo omicida delle Brigate Rosse. In dichiarazioni del genere, che sarebbero state pubblicate sul quotidiano indipendente di sinistra IlManifesto, grazie al fedele appoggio di Rossana Rossanda – una persona rara, che “coniuga intelligenza e generosità” –, Negri condanna l'assassinio politico sistematicamente praticato dalle BR come “l'assassinio della lotta”. Quanto all'assassinio di Aldo Moro, pretesto utilizzato per la massiccia repressione statale di ogni opposizione radicale, ha contribuito in maniera sostanziale alla sconfitta del grande movimento sociale degli anni 1970. Inutile dire che questa “dissociazione” non ha nulla a che fare con la comportamento abietto dei “pentiti” (spesso ex BR) che denunciavano non solo i loro ex compagni, ma anche tutti coloro che la polizia chiedeva loro di accusare.
In questi anni di “calvario”, il filosofo effettuerà ancora molte letture: dal Libro di Giobbe, di cui dà una mirabile interpretazione materialista, al grande pensatore italiano dell'Ottocento Giacomo Leopardi. Un'assenza notevole dalle sue letture (anche in seguito, in esilio) fu Antonio Gramsci... Un'assenza tanto più sorprendente, in quanto vi era un'evidente somiglianza tra i due, come prigionieri comunisti che tentano, dietro le sbarre, di continuare a pensare e scrivere. : l'operaista degli anni '80 considererebbe ancora Gramsci il pensatore ufficiale del PCI? Questo secondo volume dell'autobiografia non offre una spiegazione di questa lacuna, se non una breve allusione al carattere “troppo storicista” del pensiero dell'autore. Quaderni del carcere...
Il processo a Negri e compagni – da lui paragonato a “un gioco del gatto col topo” – iniziò nel marzo 1983, quattro anni dopo il loro arresto. L'atteggiamento coraggioso del filosofo in tribunale è illustrato dalla bella foto a pagina 177, in cui punta il dito accusatore contro i suoi giudici, seguendo la grande tradizione comunista irremissibile: “La difesa accusa”! Nella sua magnifica e ardita difesa orale, Negri proclama: “L'accusa di insurrezione armata mi onora”, riferendosi alla gioia di aver partecipato alla ribellione del 1968. “Mi accusi di essere stato un maestro prigioniero (un cattivo insegnante, un cattivo esempio). Hai ragione, ho insegnato che la rivoluzione non è solo possibile ma necessaria”. La sua accusa, conclude, è falsa, perché confonde volutamente l'eversione sociale con il terrorismo.
Mentre il processo si svolgeva all'infinito, nel giugno 1983 avvenne un colpo di scena degno di una finzione: candidato alle elezioni parlamentari per il Partito Radicale, Toni Negri fu eletto deputato con circa 400.000 voti! Le autorità sono quindi costrette a rilasciarlo, e il nuovo parlamentare, dopo alcuni giorni di riposo a casa di Claudia Cardinale e del marito, si lancia nella lotta politica. Il filosofo ebbe un'opinione a dir poco poco lusinghiera dell'istituzione che lo accolse: “l'unica banda clandestina a cui abbia mai aderito è il Parlamento”. Lo stesso vale per Marco Panella, il leader del Partito radicale: anticomunista limitato.
Poco dopo le elezioni, il Parlamento italiano inizia a discutere il status del nuovo deputato: la destra propone di togliergli l'immunità e rimandarlo in carcere, mentre la sinistra è divisa. Di fronte all'incertezza, i suoi amici gli consigliano di andare in esilio in Francia, cosa che alla fine avrebbe fatto. La votazione avviene dopo la sua partenza: 230 contrari a Negri, 293 favorevoli, con dieci astenuti del Partito radicale! Senza questa oscura manovra di Marcos Panella – “una vera pugnalata alle spalle” – Negri sarebbe potuto tornare subito in Italia. Pochi mesi dopo uscirà la prima sentenza contro il filosofo: 30 anni di carcere! La pena sarebbe stata generosamente ridotta a 12 anni dalla Corte d'Appello nel 1987.
Esiliato in Francia, Negri è oggetto di critiche da parte di alcuni suoi compagni: pur respingendo vigorosamente le accuse di “tradimento” per la sua fuga – atto di rivolta e rifiuto – si sente in colpa per aver lasciato in carcere i suoi amici in Italia , così come la tua famiglia. Ben presto riallaccerà legami di profonda amicizia con Félix Guattari, ma tenendo le distanze dai circoli intellettuali francesi – i nuovi filosofi, ma anche, in un altro registro, Castoriadis – divenuti dogmatici anticomunisti. Ma sarebbe necessario accusare di anticomunismo anche le correnti di sinistra, trotskiste, maoiste e anarchiche? Sembra piuttosto discutibile...
Con Ginnasta lenta. Saggiosull'ontologia di Giacomo Leopardi (1987), Negri riprende un'analisi accorta e innovativa iniziata con gli appunti del carcere, mettendo in luce il feroce sarcasmo di Leopardi contro "l'indecente ideologia reazionaria" e il suo illuminismo pieno di speranza rivoluzionaria. Tuttavia, è ancora Baruch Spinoza, come sempre, ad essere al centro della sua riflessione filosofico-politica: in spinoza sovversivo (1992), definisce il pensatore ebreo di Amsterdam il “potente e assoluto” oppositore della modernità individualista, come si pensava da Descartes e Hegel a Heidegger.
Il presidente Mitterand aveva rifiutato, nel corso degli anni '1980, l'estradizione di (molti) esuli italiani – senza però offrire loro asilo politico o documenti. Con l'elezione di Chirac a primo ministro (1986), questa pratica rischiava di essere messa in discussione. I membri del nuovo governo consigliano a Negri, tramite i suoi avvocati, di andare in... Burundi! Il filosofo pensa di partire per il Brasile, ma Chirac alla fine si allinea alla “dottrina di Mitterand”: resta a Parigi.
Toni Negri si considera ancora marxista – pur rifiutando il marxismo dogmatico del PCF –, ma il suo rapporto con Marx è curioso: l'unico testo che cita, sempre con entusiasmo, è il “Frammento sulle macchine” del planimetrie - riguardo a intelletto generale –, che egli considera “per un comunista, l'equivalente di Discorso sul metodo per un borghese! Gli altri scritti di Marx non sembrano avere per lui lo stesso interesse.
Da sempre critico nei confronti dell'Urss, Negri vede nella caduta del muro di Berlino (1989) un'opportunità: “per noi è la possibilità di ricominciare a parlare di comunismo”. Uno dei suoi contributi più importanti al rinnovamento della prospettiva comunista è il suo libro Il potere costituente. Saggio Salle Alternativa del Moderno (1992), che fa risalire l'idea del potere rivoluzionario costituente da Machiavelli e Spinoza alle rivoluzioni francese e russa.
Quell'anno vide anche un cambiamento importante nella situazione personale di Negri in Francia: dopo un decennio di lavori precari e instabili, fu ammesso da Jean-Marie Vincent al dipartimento di scienze politiche dell'Università di Paris 8 (Saint-Denis). Contemporaneamente, con JM Vincent e Dénis Berger – eroe della lotta alla guerra d'Algeria divenuto anche professore a Saint-Denis – inizia per lui una nuova avventura politico-intellettuale: la rivista Futuro Anterio (1989-1996), cinquanta volumi di altissima qualità, seppur con scarso successo commerciale. Grazie a editori e redattori dedicati – come Michele Riot-Sarcey, Helena Hirata, Marie-Edith Thevenin – e alla collaborazione di Maurício Lazzarato e Michael Hardt, la rivista ha prodotto un pensiero controcorrente, basato sulla produzione autonoma di soggettività, seguendo da vicino il della lotta di classe, come l'esperienza del Chiapas, esempio di potere costituente alternativo che provocò in Negri questa esclamazione di ammirazione: “Ben scavato, vecchia talpa!”. La rivista è stata per lui anche una piacevole esperienza di fraterna collaborazione, che gli ha dato la sensazione di “reinventare la propria vita a sessant'anni”.
Le ultime pagine del libro sono dedicate al grande movimento sociale del 1995, quell'immenso “sciopero metropolitano” di nuovo tipo, il cui soggetto non è più la vecchia classe operaia delle fabbriche, ma una “folla” proletaria altamente colta (un'altra concezione spinoziana), incentrata sui servizi pubblici e auto-organizzata in assemblee di base. Questa rivolta “ferocemente anticapitalista” rivela la capacità dei movimenti sociali di diventare poteri costituenti. È una nuova forma di operaismo che si manifesta qui, sotto l'egida del lavoro cognitivo, intellettuale e cooperativo.
L'esperienza del 1995 fece desiderare a Negri di tornare in Italia, per poter nuovamente partecipare direttamente alle nuove esperienze di lotta di classe che necessariamente sarebbero nate. Qui, come in tutta questa storia di lotte sociali, arresti, fughe, esili e riflessioni, si manifesta l'incorreggibile ottimismo di Toni Negri, la sua “spinoziana fede nella ragione”, il suo ostinato rifiuto di rinunciare alla speranza rivoluzionaria.
*Michael Basso è direttore della ricerca presso Centro nazionale per la ricerca scientifica (Francia); autore, tra gli altri libri, di Walter Benjamin: allarme incendio (Boitempo).
Traduzione: Ilan Lapida
Riferimento
Tonino Negri. Galleria ed Esilio. Storia di un comunista, la cura di Girolamo De Michele. Milano, Adriano Salani Editore, “Ponte alle Grazie”, 443 pp.