da VITOR GUIMARÉS VIANA*
Commento al romanzo recentemente uscito di Mauricio Salles Vasconcelos
Il protagonista Ivo de Arruda Salva ha scritto che ogni discorso apre un portale. IL Libro della borsa di studio (sottotitolo del romanzo) che trae spunto da quanto scritto in tanti libretti, quaderni e quaderni portati sempre così vicini al corpo (“marsupiale”, si aggiunge, in riferimento a tale supporto/recipiente posto in transito), riunisce innumerevoli portali portatili, attraverso i quali si è portati in un intenso movimento attraverso il tempo-spazio.
La diversità di documenti, avvenimenti, sentimenti, meditazioni, riflessioni, poesie, tesi, critiche cinematografiche (i cui limiti si confondono e traboccano), che in esso sono accomunati da una forte sensibilità, consente a chi lo legge (compreso chi lo legge) di scrivere ), essere contemporaneamente a San Paolo, Finlandia, Città del Messico, Petrópolis e New York. Si penetra così in strati incessanti di spazi e tempi, sempre rifatti. Al ultimi decenni contenere futuri, talloni armati, in agguato.
Come indica il titolo del libro, Gli ultimi decenni al cinema sono, da un lato, quelli messi in discussione con la presenza di film recenti (anche personaggi del romanzo, insieme ad alcuni registi, come Sean Price Williams e Aki Kaurismäki) disposti insieme, con la storia/e del cinema, per citare il lavoro cartografico di Godard. Questo è un altro regista avvicinato,[I] dall’epigrafe – il cui movimento saggistico è condiviso dal narratore nella sua capacità cinefilo-critica di cogliere, nel vortice di immagini ricevute (nel corso di una vita), una diversità di connessioni in divenire seriale.
Vedi, ad esempio, il punto di contatto tracciato tra Il giglio spezzato, di Griffith e Cime gemelle, Lynch, così come i legami prematuri di Glauber Rocha con Carlos Reichenbach, ma anche quelli tra Shirley Clarke e l'africana Rosine Mbakam, in infinite reinterpretazioni di filmografie e formati cinematografici.
Storie di cinema e di esistenza si accumulano in varie ricorrenze. Appaiono direttamente quando non passano sottilmente inosservati, nascosti o repressi, indicando un campo extra, “la complessità del documentario e della favola” (p. 138), per rivelare il potere della finzione di toccare il reale in modo unico, in ciò che non può essere riportato, raccontato, estratto dall'esistenza in corso.
D'altronde ci sono anche i tanti decenni trascorsi nel cinema, dentro e fuori le sale, da chi è nato insieme all'altezza di un'arte, in stanze grandi e dimensioni scopiche, e con essa ha vissuto appassionatamente. La “vita/viaggio” di Ivo al cinema, che, oltre (e insieme ai) tanti anni di attività come critico, presenta un amalgama inscindibile tra esistenza e cinema, ad esempio, dalla bellissima scena ricordata fin dall'infanzia: la madre sedersi davanti allo specchio del water, gesto ripetuto frequentemente, soprattutto nei film di Douglas Sirk, esteso al piano dell'intimità, della domesticità.
Si tratta di una sequenza del romanzo-saggio di Salles Vasconcelos capace di evidenziare il movimento tra strati di spazio-tempo, in registri diversi, così come emerge da un flusso di memoria del narratore mentre contempla il corpo della madre al suo funerale. Questo momento si intervalla, non solo con la sua immagine passata, ma prosegue, approfondendo gli attuali viaggi al cinema della protagonista, nella ricomposizione dei rifugi memoriali (madre/specchio/tomba, come avviene nel circuito femminile nel classico Lo specchio della vita, 1959, di Douglas Sirk).
L'atto del ricordare non si ferma alle evocazioni, ai ricordi. Si rivela al tempo stesso personale e storico, quando, ad esempio, presenta il rapporto tra i genitori di Ivo Arruda Salva strettamente tracciato con le immagini cinematografiche di un certo periodo sotto il segno di trasporti/trascrizioni meccaniche.
Alla velocità del taxi del padre (sotto l'incessante sguardo cinematografico, rispetto al rubacuori Tyrone Power) corrisponde la dattilografia stenografica della madre (in una figurazione melodrammatica tipica di Sirk oltre che dotata di accorgimenti tecnici), dotata di scritte in codici che il il critico-narratore in qualche modo riconosce nella propria opera, percependo i segni di un film tanto familiare quanto documentario dei decenni, tra un secolo e l'altro.
Allo stesso tempo, tutto ciò che viene vissuto (presente o ricordo) viene anche riflesso, raddoppiato o doppiato, come una voce che pensa a ciò che sta accadendo, o che rilegge ciò che è stato annotato in quel circuito, all'interno di un movimento tra zone di testo/tempi che definire il potere saggistico del romanzo. Ecco perché l'associazione, fatta dalla narrazione, del libro di borsa di studio con la figura di marsupiale, trasmette un'intimità profonda, un incapsulamento corporeo, ma allo stesso tempo induce un'apertura, una gestazione in corso, anche se già esposta come storia di vita passata (l'esistenza del personaggio si avvia verso la fine del suo sesto decennio).
Libro della borsa di studio appare come una sorta di supporto in movimento. Si rivela portabile, sempre pronto per un nuovo inizio (di ciò che viene narrato, scritto, archiviato nel tempo), non considerando come necessariamente chiuso il processo di scrittura e il corso dei decenni/epoche. Al contrario, permette che ciò che è scritto in un libro di studio, nei suoi molteplici formati, sia sempre un inizio, una riscoperta di ciò che è stato dimenticato, ma anche una coltivazione ricorrente di ossessioni, di pensieri che sempre ritornano e ridisegnano il presente. , in incessante divenire.
L'intimità dello scritto custodito nella borsa ha certamente un carattere (auto)biografico, dettagliato nei dettagli e nella molteplicità dell'esperienza. Tuttavia è sempre permeabile agli scontri con l’esterno, soprattutto all’agonia politica contemporanea. Vale la pena menzionare qui il riferimento fatto al regista Philippe Garrel, presente non solo nell'analisi del film Il Grande Carro (nella cui favola si ritrova anche un elemento in comune con il libro: gli effetti che la morte di una figura genitoriale produce sui bambini), ma anche nel personaggio intitolato al cineasta, Garrel das Neves, già presente in Il piccolo Bezos (2023), romanzo precedente di Mauricio Salles Vasconcelos.
Garrel (das Neves) diventa una sorta di terapeuta sperimentale che nella sua missione, spesso, pensando proprio ai rapporti tra l'intimo e il politico, arriva ad un punto di quasi morte (qualcosa allo stesso tempo, diverso e molto vicino al Garreliano film e i loro personaggi, sopravvissuti per eccellenza – prossimi al limite esasperato – ma anche fantasmi, suicidi).
Con Garrel condividiamo sia l'aspetto autobiografico sia qualcosa di presente nell'idea di film d'amore politico[Ii], per i momenti ricercati dal regista francese, la cui produzione getta uno sguardo sulla vita intima in connessione con i continui shock dell'esteriorità. Oppure, avvicinandoci alle parole di Garrel das Neves, pensare e agire sulla piccola e inosservata Storia che accade giorno dopo giorno.
Una forma di resistenza, inseparabile da un atto di creazione (per dirla con Agamben, in dialogo con le proposizioni di Deleuze), dalla produzione del linguaggio, avviene nel modo in cui sono scritte le pagine del libro. Libro della borsa di studio. Da lì si proietta l’intreccio degli ultimi decenni con il cinema, portali inscindibili di esistenza, arte, cultura, memoria e storicità.
Le linee riempite a caldo stampano l'alto voltaggio delle microurgenze che le innescano. Tuttavia, in costante retrospezione, abbracciano la sovversione poetica (il suono, il ritmo della scrittura, la capacità di esporre significati e risignificazioni della parola).
Leggi Gli ultimi decenni al cinema (Libro di borsa di studio) un progetto radicalmente opposto all'istantanea irriflessiva, alla verbosità massiva e robotica di un semplice documento (qualcosa di ricorrente nell'“autofiction”), oltre a destabilizzarsi come elaborazione di un documento radicato in intenti storicistici. Tutto ciò che va contro gli standard letterari attuali.
*Vitor Guimarães Viana Ha una laurea in cinema e un master in letteratura presso l'Università Federale di Santa Catarina (UFSC)..
Riferimento
Mauricio Salles Vasconcelos. Gli ultimi decenni al cinema (libro). San Paolo, Letra Selvagem, 2024, 248 pagine. [https://amzn.to/4dOywa3]
[I] Da notare il fatto che l'autore è anche il saggista di Jean-Luc Godard – Storia(i) della letteratura. Belo Horizonte: Reliquiario, 2015.
[Ii] GARREL, Filippo. “Mon but c'est de faire de film d'amour politiques”. Intervista a Nicolas Azalbert e Stéphane Delorme. Quaderni di cinema, N. 671, ottobre 2011c.
la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE