Breve storia della peste - V

Image_Oto Vale
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram

da YURI ULBRICHT*

Il significato della peste nella letteratura portoghese

1.

Attraversando il grande mare / sono venuto a volerti vedere.[I]

La peste giunse sulle coste dell'attuale Brasile a causa della traversata atlantica dei portoghesi, di cui erano già a conoscenza, come si legge nell'elogio di Marystela di Luys Anrriquez, o Estrela do Mar, emulazione con aggiunte al liturgico e popolare inno ave maris stella, essendo nell'era del 1506 il regno portoghese molto malato di peste e fama:

Marystela, Dio ti salvi,
madre de deos, tanta santa,
che sempre vergine ti canta
la chiesa, muy soave!
Oh così benedetto,
porta del çeo, mater pya,
prima del secolo cryada,
nelle tue lodi me guya!
Ave maris stella,
ho dato mater alma,
Atque sempre vergine,
Félix coeli porta.
uccello stella marina,
anima madre di Dio,
e sempre vergine,
felice porta del paradiso.

 

Tu, prendi quell'uccello
per bocca di Gabriele,
hai concepito Emmanuel
per mesajem entrambi gravi.
Uniscici in pace, signora;
pois hai cambiato il nome di Eva,
ogni peccatore osa
chiedi grazia, qu'en ty mora.
Sumens illud Ave
Gabrielis minerale,
Ci ha trovato in pace,
Mutans Evae nomen.
Supponendo che Ave
dalla bocca di Gabriele,
ci ha trovato in pace,
cambiando il nome Eva.

 

Tyras arresta i colpevoli,
il cieco di crarydade.
distruggi i nostri peccati
per tua grazia.
I nostri mali ci gettano,
ci dà stato spirituale,
deruba i poli temporali,
secondo il tuo decreto.
Risolvi vincla reis,
Profer lumen cecis,
valigia nostra pelle,
Bona cuncta posce.
Risolvi le obbligazioni dell'imputato,
dà luce ai ciechi,
i nostri mali respinge,
i beni comuni richiede.

 

Dimostra di essere una madre,
ricevere le richieste per anno
che carne ha preso da ty
e vedi la destra del sacerdote.
& poys che sono nati per noi
tuo figlio lo ha dimostrato di essere,
salvaci dalla sofferenza
lui essere per ty pydydo.
mostro tu quel matrem,
Sumat per le tue preghiere,
Qui pro nobis natus,
Tulit esse tuus.
Dimostra di essere una madre:
assumere le preghiere per te
quello che è nato per noi,
ammesso di essere tuo.

 

Uirgo singulari, manssa
forse tutti sono nati,
l'anno del prete amanssa,
possano non morire così tanti vyda!
& essendo noi slegati
di colpa e male,
nella mansuetudine e nella castità
mamma ci ha
onservito.
Vergine singolare,
Inter omnes mitis,
Diamo la colpa ai soluti,
Acari fac et castos.
singolare vergine,
tenero tra tutti,
liberato dalla colpa,
nel tenero e casto.

 

Dacci vyda pulito e puro
via, dove stiamo andando,
ci rinforza l'assicurazione
questo essere che desideriamo,
Sicché, vedendo Gesù,
con lui rallegriamoci;
che non meritiamo,
se il nam ti raggiunge.
Vitam praesta puram,
Iter per tutum,
Ut veggenti Jesum,
Sempre colleetemur.
Donaci la vita pura,
prepara una via sicura,
perché vedere Gesù
siamo sempre felici.

 

Il prete di eyçelençya,
lode a Christo vytorya,
lo spirito santo, grorea,
tres em huum deos per essence!
Grazie alla nostra signora!
che merito tanto,
e il prete l'ha scelta
pera il nostro intercessore!
Siedi Laus Deo Patri,
Summo Christo decus,
Spirito Santo,
I tribuni onorano Unus.                                      Amen.[Ii]
Sii lode a Dio Padre,
al Cristo Supremo, decoro,
e allo Spirito Santo,
unico onore ai tre.                            Fiat.

 

Fim.    

 

Per la tua grande crema,
il raynha anjelycal,
pyd'ao rrey çelestryl,
sollevando la peste
e fama dal Portogallo.[Iii]
   

 

La provenienza portoghese della peste che è arrivata qui si rivela sia cristiana che celeste. Il nome Maristela per intercedere presso Dio per l'assoluzione delle colpe e dei mali del regno del Portogallo discerne due domini su cui la santa ha i suoi antenati, il mare e lo stellare. La frequenza delle flotte sulle coste portoghesi, dove la peste itinerante viaggiava per mare, tanto in alto, man mano che aumentavano le coste dominate, diffondendo il commercio e il regno, le rendeva sempre più suscettibili a tali insicurezze; la giustizia, invece, si concentra nel dominio celeste, che copre allo stesso tempo l'orientamento astrale delle navi, seguaci della luce della metropoli, e le deviazioni e imputazioni di colpe temporali, giustificate da un dio essenziale.

La bocca di Maristela diventa un doppio astro guida, quello dei sentieri che si percorrono, quello dell'assoluzione dai mali in cui ci si trova coinvolti, perché, se l'uomo, per Eva, si è chiuso il cielo, che l'Ave da vergine rovesciata converta la caduta al rialzo. È per questa grande grazia che al tenero mediatore intercessore è chiesto di chiedere al Figlio la salvezza, il perdono al Padre, la conservazione della mansuetudine e della castità, una vita pura, un cammino puro. Vita e pace che si pervertono nella via della peste, ma la vergine portinaia del cielo, il mite tra i miti, doma l'ira paterna, raggiunge il Figlio, per mezzo del quale coloro che lo meritano possano bene, desiderandolo, gioiscano, perché la sua pietà distrugge i loro peccati e fa cessare loro di soffrire e di perire. La grazia che abita nella madre annuncia il modo in cui si chiede clemenza, lodata madre, Dio Padre, Figlio e Alito Santo, l'eletta, invece dell'uomo, raggiunge il cielo, perché senza l'intervento angelico di una tale regina ella non può risorgere la peste, che cade con carestie dall'alto, soffocando tante vite. Santo combattimento spirituale della peste che il divino soffia. Più la figlia bastarda della malattia, la fama ingloriosa nata dall'evento gregario, la trinità è compiuta, tre in molteplici apparenze: malattia, fama, vento.

Nel suo nessun amore, Gil Vicente mette in bocca tragicomica la città di Lisbona, rappresentata nella figura di una principessa nell'era del 1527, davanti alla cattolicissima regina D. Caratina, quando la famiglia reale tornò in quella città, da dove, vedendo il la peste cresce, se ne andarono nel 1523[Iv], il saluto della città alla corte splendente, bella, leale, dorata, onorata in scherzi e galà, che ricambiava, perché era fuggita. La città entra piena di molta musica, esalta il re, la regina, la corte e la benedizione del Signore e racconta le cause per cui la peste l'ha colpita:

Oh alto e potente in grande grandezza
mio prezioso Re per grazia divina,
di mi apartado per non essere dina,
Per la mia angoscia Vostra Altezza se n'è andata:
vieni in un punto simile, in un giorno simile, a un'ora simile,
come quello in cui Dio non ha creato
creato tutti così ben rifiniti
come sarà ed è stato fino ad ora.

(...)

Quindi, molto forte e chiaro,
anche se la peste mi dà molta guerra,
Dio sia lodato in cielo e sulla terra,
Conosco le cause per cui sono feriti.
Quanto lussureggiante,
dolce, bella, molto gentile,
se la peste non fosse, tutte le mie erezioni[V]
non avrebbero saputo che c'era Dio;
che sarebbe una piaga molto più pericolosa.

Per questo taccio e non vado fuori strada,
ma piuttosto stimo che Dio è con me:
io l'adoro e ricevo il castigo,
dove mi mostri il tuo potere.
perché in realtà
nulla toglie alla mia bontà,
ma come città che vuole se stessa,
mostrami la morte mille volte qui,
perché non esco dalla tua volontà.[Vi]

La peste tiene il suo re lontano dalla sua metropoli per circa quattro anni, dalla figlia al padre, che poi è tornato. Cantando la principessa Lisbona il vero ritorno, amplificando questo punto, si incolpa della partenza dell'altro, tanto che si dice che lo stupore della peste fosse il suo scherno, che la rendeva indegna della sua corte, il cui ritorno, coincidente con la partenza della peste, è uguale all'origine divina della luce, che, come era buona, Dio separò dalle tenebre, chiamando quest'ultima notte, il primo giorno.[Vii]. Gli anni tenebrosi della peste, perché, svuotato lo spazio, è andata la bontà, che, appena ritorna, sarà il primo giorno, in cui tutto tornerà a ciò che fu sempre, perché ciò che fu sarà per sempre.

La figura della città, alta e illuminata perché celebrata, ma abbandonata, parla con le sue altezze paterne della peste divina che ferisce l'intera città, perché la divide, ma che, nonostante le tante guerre dove imperversa, è ancora il modo di vivere Dio adorava far conoscere il suo essere, dando punizione alla città lussureggiante, dolce, gentile, per evitare le più pericolose, le pesti derivanti dai vizi derivanti da coloro che escono dalla loro volontà. La peste mostra mille volte la morte, mostra la potenza di Dio, un modo di stare con essa, Dio vuole per sé la città, che silenziosamente l'accoglie, senza sgomenti.

Da quella stessa grande pestilenza, durante la quale pellegrinò la corte, quando, dopo aver sostato a Coimbra, se ne partì, in una lettera a Pero de Carvalho, Francisco de Sá de Miranda, nativo della città, dice la verità che sembra lui:

Che guerra gli hai fatto
alla terra che mi ha creato,
tanto per le lingue di questi!
Perché, cosa ti ha avvicinato,
della peste con cui sei venuto?

Eri avvolto male?
Giusto no, per quanto riguarda le fattorie
ti hanno dato degli onorevoli sciocchi.
Perché? perché il privato
avevi gli affitti lontano?

Quello che io per parzialità,
nessun altro rispetto dico:
dell'antica e nobile città
Sono naturale, sono un amico,
ma io sono più della verità.

Come te ne sei andato,
presto al riparo ho trovato,
dove mi sono srotolato;
sicuramente ho dormito,
certo che ho navigato.

Città ricca di Santi
prima il corpo del tuo re,
abbiamo visto con stupore
c'è anche poco, tutto intero
degli anni che possono tanto.

(...)

Ma, tornando al riparo,
in cui fuggii ai venti:
io, dopo essere diventato me,
che risate, che cotta
di tempo così mal speso!

E il fuoco che ora si accende,
la tempestività dei cambiamenti,
male che si estende molto lontano,
breve vita difende
prendere lunghe speranze.

(...)

Chi agli appetiti dà fede
ũuna mano prende, un'altra chiede,
non aspettarti mai di vincere;
segno di una brutta malattia:
più acqua c'è più sete.

La cupidigia, quella con la bocca aperta!
Questo ti sembra
e dietro sei così vigile,
fuori luce e risplende,
dentro non c'è una cosa certa.

Giudizio e ragione vincolano,
tutto diventa oscuro e in errore,
le leggi e Dio sfida,
d'oro bianco e d'argento
fa dure prigioni di ferro.

Questa entrata nei nostri petti,
ha fatto loro un tale caos,
che mentono e disfatti,
aperto da mille portali,
soggetto a qualsiasi voce.

Cosa non cambierà
ci ha reso la pace con la guerra,
fatevi uccidere a vicenda,
andò dalla villa al mare
uomini naturali della terra?

Schiavi più che schiavi
per ragione e per giustizia,
lascia il tuo bestiame,
che ti ha venduto l'avidità
il mare agitato e i venti selvaggi!

Spiriti del cielo,
steso in piazza!
Con ciò che nulla ti ha sopraffatto,
perché nada ci ha venduti!
Meglio gratis.

Metalli bassolegati,
che noi sulla terra abbiamo nascosto
natura, madre e amica,
e tra alcuni e hanno messo
quanto lavoro e fatica!

(...)

Ma cosa puoi sfruttare?
se facciamo una guerra del genere
c'o continuare a trasferire,
ora agitando il mare,
ora rivoltando la terra?

Nelle alte miniere dico,
rivolta la terra al centro,
ciò che rende l'uomo nemico
del tuo riposo, dentro,
con tale lavoro e pericolo?

Sotto la fredda terra,
vergognarsi della ragione,
c'è l'anima, che dovrebbe più:
che si lasciano alle spalle il giorno,
per la notte in cui vanno.

Non esiste termine uomini audaci,
dalla sua saggezza all'impotenza,
tutto andava a tastoni;
per quest'aria così sciolta e rara,
c'erano quelli che volavano.

Gente che non ha paura di nulla,
con tutto è sfidato,
attraverso mari senza fondo nulla;
superato la zona tostata,
vai per il freddo.

(...)

Ti do Enius per autore:
chi lo usa non conosce l'ozio
stancati e vai in giro,
e arriva ad avere più affari
Che grande negoziatore.

Perché sa che dopo aver camminato,
quello stesso non capisce,
mentre vai, tanto vai,
né obbedire né comandare,
a volte si spegne, a volte si accende.

Guardalo andare, guardalo tornare,
vederlo stanco e gemere,
e alla ricerca di se stessi per camminare,
caricare il colore e perdere
che non puoi incontrare.

Ma io, perché va così,
lascia che sia troppo, dirò;
giorni fa mi sono nascosto;
con quello che ho letto, con quello che ho scritto,
Non mi annoiavo ancora.[Viii]

Cita gli affitti lontani, poi immobili, senza i quali le fattorie locali furono prese, come motivo della partenza di privati, tra cui il destinatario della lettera, che, insieme al tribunale, lasciò il cappotto di Coimbra, che li ha liberati dalla peste, avendo anche se il popolo di Lisbona maledisse la terra che li proteggeva al sicuro, mostrando le differenze nei consigli e nelle intenzioni degli uomini che camminano per i loro interessi e profitti, dimenticando i sani e comuni rispetti[Ix].

La pestilenza difficilmente si estende lontano, poiché accompagna la prontezza dei cambiamenti con cui i credenti negli appetiti forniscono la breve vita, male di cui si nutre l'avidità, un vizio che apre le bocche a ciò che fuori risplende, chiudendolo alla ragione e al giudizio, lasciando il buio dentro. Come un'ombra, la peste insegue i corpi dell'avidità e, aggrappandosi a questo vizio sensuale, entra nei seni viziati in cui c'è la cecità della ragione e del giudizio. Il vizio avido si diffonde, avvolgendo non pochi, sottomettendo le città ai suoi movimenti. Il governo della pulsione appetitiva esterna, all'interno, lascia errori, che sfidano le leggi di Dio, che da morbido diventa duro.

La cupidigia disfa il deserto, poiché le voci di splendori dall'esterno li sottopongono alle mille porte attraverso le quali passa l'appetito, attraverso le quali la peste si ritira. I desideri infiniti portano l'uomo ad attraversare mari senza fondo, ribaltando la sua casa naturale; a faticare nelle profondità della terra, percorrendo la notte delle alte miniere, cancellando i giorni, affinché il traffico continuo posto da tante fatiche che girano la terra e il mare comporti le opere in pericolo. Sotto il comando dell'avidità, l'uomo diventa, con giustizia, il nemico del suo riposo, senza la vergogna della ragione e dell'anima, si muove attraverso venti e mari, secondo l'irragionevole sfida, non teme nulla, volendo toccare tutto. Negare l'uso dell'ozio e della natura selvaggia, dove ci sono salute e sanità mentale[X], cammina e vaga, va e torna, senza sapere per cosa cammina, ecco, inciampa nella peste. Più valido, quindi, il motivo addotto dalla volpe al leone malato:

Mio re, mio ​​signore Liao,
guarda qua e guarda là,
Vedo impronte sul pavimento,
che tutti ci vadano,
nessuno viene qui.[Xi]

Non avevo tale motivo re di Castiglia, quando le impronte della peste nel campo non gli impedirono di entrare in Portogallo con il suo numeroso esercito, il quale, non temendo la minaccia divina, invece di fuggire, dice Fernão Lopes, nella Cronaca di D. João I, allega va al lavoro e si lancia in città:

E dopo che il Re entrò nel Regno, e si trovò ad arrivare contro Lisbona, sbarcando in quei villaggi, a due o tre leghe di là, alcuni del contado, gente di bassa condizione, cominciò a morire di peste.

E quando un cavaliere, o quello scudiero che lo meritava, accettava di morire, i suoi seguaci lo portavano a Sintra, o Alanquer, o in uno qualsiasi degli altri luoghi che avevano una voce in Castiglia, e lì aprivano e salgávom, e mettevano in bare all'aperto; oppure li cucinavano e conservavano le ossa, in modo che potessero poi essere riportate da dove erano venute.

E per questo il re si mosse di villaggio in villaggio, con la sua gente, finché vide la sua flotta, e attaccò la città, come già si è detto. E avendolo assediato, cominciarono a morire nella flotta, e lo stesso di quelli di terra, tanto che ambedue erano molto adirati, dando talvolta consiglio al re che se ne andasse subito, e poi lo faceva avere molto tempo per venire in giro ogni volta che voleva. Ma costui, rigettando le sue buone ragioni, era molto propenso a non demarcare il luogo, per qualunque cosa potesse accadere, ben sapendo che la città era molto povera di rifornimenti, e che non era potere avere uno spazio grande, che non facesse pagare il prezzo.la tua volontà.

Ora com'è, fra tutte le cose in cui si vede che più risplende la divina potenza, così è, in quelle che sono in ogni modo disperate, produrle con frutto, quando piacerà: così operò allora con la sua pietà per questa città. Perché, essendo molto turbati dalle folli vie della fame, se ne andarono tutti pieni del raffreddamento di qualche speranza che avrebbero potuto avere altrove, se non quella che avevano nell'altissimo Dio, e nella loro preziosa Madre, che li avrebbe aiutati, - nell'avventurarsi un giorno tutti muoiono o vincono, come abbiamo detto, quel Signore che è Principe degli eserciti e Vincitore delle battaglie, fa' che non ci sia altra battaglia o battaglia che la tua; e comandò all'angelo della morte di stendere ancora di più la mano e di colpire duramente la moltitudine di quel pover'uomo.

E, non permettendo loro di morire abbastanza, la pestilenza cominciò a divampare così coraggiosamente in loro, così via mare, come via terra, che giorno era lì che cento, centocinquanta e duecento, e così via e così via meno è morto, come si adatta. Sicché la maggior parte della giornata erano quelli del contado che si davano da fare a seppellire i loro morti; così era stupefacente vedere coloro che ne soffrivano, e strano sentire coloro che erano circondati. Ca del giorno in cui la trama è finita[Xii] il Maestro di Santiago, D. Pedro Fernandes Cabeça de Vaca, fino a questa data erano morti più di duemila uomini d'arme, tra i migliori che ebbe il Re di Castiglia, oltre a molti capitani che non possiamo nominare. (...)

E fu maraviglia, spergiuro a noi ignoto, che nel fervore di tanta pestilenza, nessuno dei nobili portoghesi che erano lì, né prigionieri, né in altro modo, nessuno morì per la congiura, né fu toccato da tale Dolore. E i Castigliani, per vendetta e per l'omaggio che non gli rendevano, liberarono i prigionieri portoghesi che portavano con quelli che erano malati di complotti, sicché morirono di pestilenza; e morirono i castellani che erano infermi, e non perì alcuno dei Portoghesi, né dentro la città, che era sì vicina al confine, né fuori del confine.

Che cosa forte sembra credere, essere un re così accompagnato e servito da tali e tali nobili nobili come vi aveva portato, e vedere senza alcun profitto tanti di loro morire prima di lui, oltre al gran numero di altri persone povere; e non mutando il suo desiderio da ciò che aveva cominciato, con tutti i consigli che gli erano stati dati, come se gli fosse impedito di offrirli alla morte![Xiii]

L'esercito straniero accampato accanto ai villaggi circostanti la metropoli, dove arriva, attenua l'evento della peste, che si abbatte prima su persone di bassa condizione. L'incontro con i corpi estranei generato dall'assalto bellico consiste anche nel movimento delle truppe attraverso il territorio altrui, non necessariamente coinvolto nel confronto stesso, ma solo nella compresenza di estranei, la cui mediazione è solitamente svolta da persone meschine , che forse finiscono per trasferire la pestilenza ai più meritevoli, gli unici di cui si conserva il ricordo della morte, perché le ossa tornano dov'erano.

L'arrivo della peste dà prontezza al mutamento del campo tenebroso, proprio perché dilaga. L'arrivo della flotta, la chiusura marittima dell'assedio, dovuta al movimento degli uomini in piedi tra i navigatori, la porta in mare: anche quelli della flotta, ma a causa di un incontro domestico, cominciano a morire. el re, insistente sul sito, non discendendo il luogo, irragionevole e mosso dalla sua volontà e affari, conclude il ciclo della peste.

Se la peste era contro i popoli stranieri, nello stesso tempo, all'interno della città, varie forme di carestia recano selvagge tribolazioni, contro le quali però, a chi Dio pone l'aiuto nell'alto e nella Madre preziosa, l'effetto della pestilenza, che è quindi di vantaggio per alcuni, che non operano diversamente, poiché hanno la mano dell'angelo della morte sulla moltitudine degli inconvertiti.

Con le preghiere si accende la peste, avanzando coraggiosamente sulla terra, sul mare; prendendone molti, converte le occupazioni di ognuno, in quanto ne altera le esigenze quotidiane: essendo incerta la loro sorte, i cambiamenti sono tanto più certi, sicché anche chi la vede soffre del suo stupore, che sembra strano a chi ascolta. Dei duemila uomini d'arme castigliani rimangono alcuni nomi, D. Rui Gonçalves Mexia, D. Pedro Rodrigues Sandoval, Pero Fernandes Valasco, D. Fernão Sanches de Toar, Lopo Uchoa de Avelaneda, ma la maggior parte è perduta.

La diffusione di appestare è fuoco, perché, divampando, arde, ribolle, consuma: cosa stupefacente, dove comincia a prendere nuova efficacia, impulso alla diffusione che genera confusione, perché c'è chi, per stupore, non si tocca da tanto dolore. La sua manifestazione è divina, il suo dolore non tocca nessun portoghese: lo chiamano con un nome indigeno: trama, quale “vale come il filo della spola, con cui il tessitore passa più fili, e sembra che da lì chiamiamo trama o inganno la trama”[Xiv]; infatti la peste intreccia le sue trame con i suoi percorsi, prendendo il Signore come garante, come tessitore, la fede artefatta, tessendo una trama portoghese molto cattolica. Contro tali poteri e schemi, anche coloro che guidano in gran numero non possono, perché la peste viene gettata dal regno dei cieli su quelli della terra, e mai su un solo uomo, in modo che le tensioni e i desideri comuni che non convergono a Dio genera l'ecatombe degli empi.

Nell'anno 1506, tuttavia, sebbene guidato da Cristo D. Manuel I, deo in celo tibi autem nel mondo[Xv], arriva la peste contro Lisbona. Tristão da Cunha e Afonso de Albuquerque, come aveva concordato il re, le flotte di entrambi avrebbero formato un unico corpo fino a quando l'isola di Çocotorá non avesse preso la fortezza dai Mori, e quante più navi e persone armate fossero adatte a tale scopo, avendo preparate le vele, per le molte opere della peste, gli uomini la trovarono a caro prezzo, come si legge nel capitolo I del primo libro del secondo Decennio di João de Barros:

A quel tempo, la peste era così grande a Lisbona che vi furono molti giorni di centoventi persone, e gli uomini dell'esercito ne furono così adescati, che sulla nave di Tristan da Cunha, il primo a partire, sei, morirono sette o sette, e per questo c'erano così poche persone per il numero che doveva prendere, che il re acconsentì a far liberare alcuni prigionieri, i quali furono giudicati andare a compiere esili altrove, perché la gente del regno non non voglio essere coinvolto in questo pericolo.

Infine, il meglio che si potesse fare in tempo di tanto lavoro, Tristão da Cunha lasciò il porto di Lisbona, la domenica delle Palme, il sesto giorno di marzo dell'anno cinquecentosei, con quattordici vele (...).

Nella quale armata andrebbero milletrecento uomini d'arme; e tutto fu tanto infierito dalla peste, che ancora in Capo Verde, mentre si portava l'acqua in un'isola detta Palma, che è sulla faccia del capo, per la moltitudine che vi morirono, fece fare un romitorio di pietra e argilla, ricoperta di paglia in onore di Nostra Signora della Vocazione della Speranza, dove si diceva messa, e si seppellivano i morti, e non c'era dove si trovava un morto dentro una camera, mangiato dai piedi di topi, senza sapere che era morto, tanto lavoro era in tutti. Con la quale, partendo ancora da Tristão da Cunha, da Capo Verde, piacque a Dio, che, arrivando alla linea equinoziale, dove cessano queste brezze, tutti fossero completamente liberi, e in questo ritorno ci fosse una vista di Cabo Santo Agostinho nella provincia di Santa Croce.[Xvi]

In tempo di peste sono pochi gli uomini disposti a confrontarsi, perché i pericoli si sommano, rendendo pericolosi anche i più garantiti, figuriamoci gli ultimi. La peste adesca gli uomini, perché li nutre, li cattura quando li raccolgono, e li consuma quando li coglie. Le navi appestate sputano sulle rive dove ormeggiate le frecce pestilenziali, fermate dai malati si moltiplicano, esportando il morbo, che appare in altre parti. Il suo clamore travolge tutti, mentre si moltiplicano i lavori che, confusi, precipitano nell'incuria. Per liberarsi del castigo si ricorre ai soli rimedi conosciuti, lodi e messe, che, graditi a Dio, fanno cessare l'aria puzzolente, confondendo l'aereo e il divino.

*Yuri Ulbricht Ha conseguito un master in filosofia presso l'USP.

Per leggere la prima parte vai a https://dpp.cce.myftpupload.com/uma-breve-historia-da-peste-i/

Per leggere la seconda parte vai a https://dpp.cce.myftpupload.com/uma-breve-historia-da-peste-ii/

Per leggere la terza parte vai a https://dpp.cce.myftpupload.com/uma-breve-historia-da-peste-iii/

Per leggere la quarta parte vai a https://dpp.cce.myftpupload.com/uma-breve-historia-da-peste-iv/

note:

[I] Anchieta, J. POESIE. Testi in portoghese e tupi. pp. 114-115. Traduzione di Eduardo de A. Navarro.

[Ii] La via per il paradiso. Una raccolta completa di tutte le devozioni pubbliche e private di uso comune. Londra: Burns, Lambert e Oates, senza data. Inni: Ave Maris Stella. P. 443.

[Iii] Resende, G. canzoniere generale. Altportugiesische Liedersammlung. Stoccarda, 1848. Di Luys Anrryquez. pp. 252-253.

[Iv] Braamcamp. Gil Vicente. P. 332.

[V] Bronzi.

[Vi] Vincenzo, g. Opere complete. Nessun amore. Tomo IV. Libreria Sá da Costa, Editora Lisboa, 1953.

[Vii] volgare Gn. Io, 4-5.

[Viii] Sa de Miranda, F. Lavori completi. 137. A Pero de Carvalho. Tomo II. Livraria Sá da Costa, Editora Lisboa, 1943. pp. 56-68.

[Ix] Sa¡ de Miranda, F. Opere del dottor Francisco de Sã¡ de Miranda. Tipografia Rollandiana, 1784. A Pero Carvalho. Lettera giovedì. pp. 252-253.

[X] De Vasconcellos, Simon. Libro quarto della Chronica della Compagnia di Gesù dello Stato del Brasile (anno 1569). P. 80: “La peste, che era entrata in Portogallo, stava già arrivando in alcuni quartieri di Lisbona: la Città non era nemmeno sicura; né il Collegio né la Casa de S. Roque d'ella potevano accogliere comodamente tanti ospiti. Fu la forza, o dell'occasione, o del Ceo, che Ignacio con i suoi compagni si ritirò, dove pare che lo spirito lo guidasse, in un luogo deserto, separato come due leghe dal trambusto della città, in nel mezzo di una brughiera tra Caparica e Azeitão , vestita di erbe profumate, rosmarino, rosmarino e grandi pini, dove oltre al belato del bestiame, il sussurro delle api e l'eco dell'Oceano, che da un lato circonda di esso, si odono poche altre voci: i suoi dintorni sono aspri e selvaggi, circondati in parte da paure di un'area informe, in parte da moutas di rovi e ginestre, tane di bestie e orrore di persone umane. Qui, però, si fa conoscere l'armonia discordante della natura sagace; perché dove il sito stesso è così selvaggio, proprio lì dalle vette di questi timori, e ruvide eminenze, si scopre uno dei panorami più belli che si possano vedere ad occhio umano”.

[Xi] Sa de Miranda, F. Lavori completi. 137. A Pero de Carvalho. Tomo II. Livraria Sá da Costa, Editora Lisboa, 1943. pp. 64-65.

[Xii] Bluteau, R. Vocabolario portoghese e latino. “Trama della peste. Nel suo libro sull'origine della lingua portoghese. pagina 109. vuole che questa espressione sia portoghese, nativa e non presa in prestito da altre persone”.

[Xiii] López, F. Prima parte della cronaca del re João I. Tomo III. antologia portoghese. Librerie Aillaud & Bertrand, Parigi-Lisbona, 1922. XX – La peste nel campo. pp.153-157.

[Xiv] Bluteau, R. Vocabolario portoghese e latino. Cfr. Complotto.

[Xv] Frase che si legge sul filatterio tenuto dal re Manuele I, in una xilografia dell'edizione del 1514 del Ordinanze manueline, stampata da João Pedo Buonhomini a Lisbona, che significa: “a Dio nei cieli, ea te nel mondo”.

[Xvi] DeBarros, J. Decenni. Volume II. Livraria Sá da Costa, Editora Lisboa, 1945. II, 1, 1. pp. 188-190.

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

Forró nella costruzione del Brasile
Di FERNANDA CANAVÊZ: Nonostante tutti i pregiudizi, il forró è stato riconosciuto come manifestazione culturale nazionale del Brasile, con una legge approvata dal presidente Lula nel 2010
Il complesso dell'Arcadia della letteratura brasiliana
Di LUIS EUSTÁQUIO SOARES: Introduzione dell'autore al libro recentemente pubblicato
Incel – corpo e capitalismo virtuale
Di FÁTIMA VICENTE e TALES AB´SÁBER: Conferenza di Fátima Vicente commentata da Tales Ab´Sáber
Il consenso neoliberista
Di GILBERTO MARINGONI: Le possibilità che il governo Lula assuma posizioni chiaramente di sinistra nel resto del suo mandato sono minime, dopo quasi 30 mesi di scelte economiche neoliberiste.
Cambio di regime in Occidente?
Di PERRY ANDERSON: Dove si colloca il neoliberismo nel contesto attuale dei disordini? In condizioni di emergenza, è stato costretto ad adottare misure – interventiste, stataliste e protezionistiche – che sono un anatema per la sua dottrina.
Il capitalismo è più industriale che mai
Di HENRIQUE AMORIM & GUILHERME HENRIQUE GUILHERME: L'indicazione di un capitalismo industriale di piattaforma, anziché essere un tentativo di introdurre un nuovo concetto o una nuova nozione, mira, in pratica, a indicare ciò che viene riprodotto, anche se in una forma rinnovata.
Il marxismo neoliberista dell'USP
Di LUIZ CARLOS BRESSER-PEREIRA: Fábio Mascaro Querido ha appena dato un notevole contributo alla storia intellettuale del Brasile pubblicando “Lugar peripherical, ideias moderna” (Luogo periferico, idee moderne), in cui studia quello che chiama “il marxismo accademico dell’USP”
L'umanesimo di Edward Said
Di HOMERO SANTIAGO: Said sintetizza una contraddizione feconda che è stata capace di motivare la parte più notevole, più combattiva e più attuale del suo lavoro dentro e fuori l'accademia
Gilmar Mendes e la “pejotização”
Di JORGE LUIZ SOUTO MAIOR: La STF decreterà di fatto la fine del Diritto del Lavoro e, di conseguenza, della Giustizia del Lavoro?
Il nuovo mondo del lavoro e l'organizzazione dei lavoratori
Di FRANCISCO ALANO: I lavoratori stanno raggiungendo il limite di tolleranza. Non sorprende quindi che il progetto e la campagna per porre fine al turno di lavoro 6 x 1 abbiano avuto un grande impatto e un grande coinvolgimento, soprattutto tra i giovani lavoratori.
Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI